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PEOPLE_Steve McCurry

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Steve McCurry da oltre trenta anni è una delle voci più iconiche della fotografia contemporanea a cui si devono innumerevoli copertine sulla stampa internazionale, più di una dozzina di libri e una infinita serie di mostre personali che portano
il suo nome nel mondo.
Nato in un sobborgo di Philadelphia, Pensilvania, McCurry studia alla Pennsylvania State University, prima di iniziare a collaborare con un quotidiano locale.
 Lavora diversi anni come freelance, compie il primo dei suoi successivi numerosissimi viaggi in India.
Con poco più che una sacca di vestiti ed una di pellicole, attraversa tutto il subcontinente, ed esplora il paese con la sua macchina fotografica.
Dopo un certo numero di mesi di viaggio decide di sconfinare in Pakistan.
Qui incontra un gruppo di rifugiati Afgani, che lo travestono e lo portano all’interno del loro paese, proprio nel momento in cui l’invasione russa chiudeva il confine
e gli accessi a tutti i giornalisti occidentali.
 McCurry si unisce per settimane ai Mujaideen, ne riemerge, barbuto in abiti tradizionali, usurati dalle condizioni atmosferiche, per portare al mondo le prime immagini del conflitto in Afghanistan, in grado di dare alla questione afgana un volto umano da cui non si potrà prescindere.
Da allora McCurry non ha mai smesso di creare immagini mozzafiato attraverso i sei continenti nei rispettivi innumerevoli paesi.
 Il suo lavoro spazia dai conflitti, alle etnie in via di sparizione, dalle antiche tradizioni alle culture contemporanee, centrando sempre il suo lavoro su quei valori umani che hanno reso tanto potente il ritratto della sua ragazza Afgana.
McCurry ha ricevuto alcuni dei maggiori riconoscimenti mondiali come la Robert Capa Gold Medal, il National Press Photographers Award, nessuno prima di lui aveva vinto quattro World Press Photo. E’ stato insignito del cavalierato delle Arti e delle Lettere in Francia dal presidente della Repubblica francese e, nel 2014, della Medaglia d’oro alla carriera dalla Royal Photographic Society di Londra.

Numerose, infine, le pubblicazioni tra cui si citano The Imperial Way (1985), Monsoon (1988), Portraits (1999), South Southeast (2000), Sanctuary(2002), The Path to Buddha: A Tibetan Pilgrimage (2003), Steve McCurry(2005), Looking East (2006),
In the Shadow of Mountains (2007), The Unguarded Moment (2009), The Iconic Photographs (2011), and Untold: The Stories Behind the Photographs (2013).

ART & CULTURE_Henri Cartier Bresson in mostra a Roma

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Henri Cartier Bresson, una delle firme più significative della fotografia nonché padre fondatore insieme a Robert Capa, David Seymour, George Rodger e William Vandivert della celeberrima agenzia Magnum Photos, è protagonista della retrospettiva Henri Cartier-Bresson, realizzata a cura di Clément Chéroux.
La mostra, esposta precedentemente al Centre Pompidou di Parigi, è visitabile fino al 25 gennaio 2015 presso il nuovo spazio espositivo dell’Ara Pacis di Roma.
Promossa da Roma Capitale Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e prodotta da Contrasto e Zètema Progetto Cultura, l’esposizione viene presentata a dieci anni esatti dalla morte di Henri Cartier-Bresson. E così che, come per incanto, il genio della composizione, la straordinaria intuizione visiva, la capacità di cogliere al volo i momenti più fugaci ma anche i più significativi, rivivono nelle immagini esposte, riportando ai giorni nostri l’estro creativo dell’artista.
Lungo tutta la sua carriera, Henri Cartier-Bresson (1908-2004) è riuscito sempre a unire la poesia alla potenza della testimonianza, percorrendo il mondo e posando lo sguardo sui grandi momenti della storia: dal Surrealismo alla Guerra Fredda, dalla Guerra Civile Spagnola alla seconda Guerra Mondiale e alla decolonizzazione, è stato uno dei grandi testimoni del tempo e del suo scorrere, che ha cristallizzato nella sua essenza, rendendolo eterno.
La sua opera è scandita da tre grandi periodi: il primo, dal 1926 al 1935, nel quale frequenta i surrealisti, compiendo i primi passi nella fotografia e intraprendendo i primi viaggi; il secondo, dal 1936 al 1946, è quello dell’impegno politico, del lavoro per la stampa comunista e dell’esperienza del cinema; il terzo ed ultimo, dal 1947 al 1970, va dalla creazione della prestigiosa agenzia Magnum Photos fino all’abbandono del fotoreportage.
La mostra propone una nuova lettura dell'immenso corpus di immagini lasciate dall’artista, coprendo il suo intero percorso professionale.
Esposte, oltre 500 tra fotografie, disegni, dipinti, film e documenti: in altre parole, una summa esemplificativa delle immagini divenute icona nel tempo nonché di quelle meno note, ma, al contempo, scrigno di un’arte espressiva senza eguali, capace di emozionare e catturare all’istante, scoprendo, rivelando e invitando a un’esplorazione senza fine. 

Henri Cartier-Bresson
Nuovo spazio espositivo Ara Pacis, Roma

Fino al 25 gennaio 2015

LEISURE_Lo Spazio al Museo

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È stata inaugurata lo scorso 28 ottobre la nuova area Spazio al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano: un’attesissima esposizione permanente dedicata allo Spazio e all’Astronomia, dove immergersi in storie e tecnologie relative all’esplorazione del cosmo.  Affascinanti oggetti originali e inediti, esperienze interattive, approfondimenti e curiosità affiancano l’unico frammento di roccia lunare presente in Italia, raccolto nel 1972 dalla missione Apollo 17.
Un avvenimento epocale per un luogo più unico che raro, realizzato con il contributo di partner istituzionali e privati tra cui aziende italiane leader nel settore aerospaziale.
L’inaugurazione dell’area Spazio è un evento speciale” ha dichiarato Fiorenzo Galli, Direttore Generale del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologiaperché si tratta di un’esposizione di grande fascino, molto richiesta e attesa dai nostri pubblici. Fa parte della nostra missione raccontare le frontiere della ricerca e della tecnologia. L’esplorazione spaziale risponde a un bisogno dell’umanità di conoscere l’ignoto ma ha anche importanti ricadute sulla nostra vita che i cittadini devono conoscere. In questo settore il contributo dell’Italia in termini scientifici e industriali è di grande rilievo e la nostra esposizione intende valorizzarlo. Siamo inoltre orgogliosi di poter rendere visibile per tutti il frammento di roccia lunare portato a Terra dalla missione Apollo 17, l’ultima in cui l’uomo ha messo piede sulla Luna, ed esposto grazie al contributo di oltre mille sostenitori”.
L’esplorazione spaziale si sta riaccendendo dopo una fase di rallentamento” ha commentato Giovanni Caprara, curatore della nuova esposizione e Presidente Italian Space Societye nuove missioni sono all’orizzonte. Entro l’anno compirà il primo volo la nuova capsula Orion della Nasa destinata a portare gli astronauti oltre l’orbita della stazione spaziale internazionale e verso gli asteroidi, la Luna e in prospettiva Marte. La Cina prepara altri sbarchi di sonde automatiche sulla Luna e la Russia guarda al nostro satellite naturale per le nuove strategie. L’Esa europea sta per lanciare missioni verso Marte e Mercurio. L’Asi italiana condivide queste sfide della scienza e della tecnologia comprendenti dai vettori spaziali all’osservazione della Terra impegnando il mondo industriale alla frontiera della conoscenza. La nuova area Spazio del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci seguirà con le sue iniziative le nuove imprese proiettate nel futuro. Nello stesso tempo racconta la partecipazione dei nostri scienziati e tecnologi alle grandi esplorazioni spaziali compiute negli ultimi cinquant’anni le quali hanno collocato l’Italia tra le nazioni protagoniste dell’avventura cosmica”.  
Sono molto orgoglioso” ha commentato intervenendo all’inaugurazione Eugene Cernan, comandante della missione Apollo 17 e brand ambassador Omegache un campione lunare riportato dalla nostra ultima missione sia esposto e condiviso con tutti coloro che visitano il Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano. L’apertura di questa nuova esposizione interattiva sarà d’ispirazione ai giovani per sognare e accrescere il loro interesse verso l’esplorazione spaziale”.
L’area Spazio si trova accanto alla Galleria Leonardo nell’Edificio Monumentale del monastero olivetano in cui ha sede il Museo. Racconta quattro secoli di ricerca astronomica e spaziale, da Galileo ai giorni nostri con uno sguardo anche al futuro.
Attraverso due nuclei principali, Osservare lo Spazio e Andare nello Spazio, il visitatore viene accompagnato in questa esplorazione cosmica. I temi sono presentati secondo una modalità immersiva, interattiva e fortemente suggestiva grazie a Samsung, partner tecnologico del progetto, che mette a disposizione dei visitatori della nuova area i propri dispositivi e soluzioni all’avanguardia.
La prima parte dell’esposizione racconta l’osservazione dello Spazio dalla Terracon un particolare focus sugli “strumenti del mestiere” e sulle attività dell’astronomo del passato e della contemporaneità: osservare, misurare, interpretare e rappresentare gli oggetti celesti e lo Spazio nel suo insieme. Vengono esposti affascinanti oggetti originali tra cui i due globi celesti e i due terrestri di Coronelli e Moroncelli del XVII secolo, il modello di legno dell’Osservatorio Astronomico di Brera, il settore equatoriale di Sisson del 1774 - usato per i primi studi di Urano e per la scoperta dell’asteroide Esperia, prima scoperta scientifica dell’Italia unita ad opera di Giovanni Virginio Schiaparelli. Le postazioni interattive, progettate dal Museo insieme a ETT, mostrano ad adulti e bambini il mondo dell’astronomia nella sua concretezza e attualità.
Il visitatore entra poi in contatto con le tecnologie che permettono di esplorare lo Spazio e migliorare la conoscenza del Cosmo e della Terra, oltre che attivare servizi indispensabili per la vita di tutti i giorni. Viene introdotta inoltre la dimensione umana della conquista dello Spazio: da un lato i personaggi, gli oggetti, l’avventura e il sogno, dall’altro l’esperienza dell’ISS (International Space Station) e la professione dell’astronauta. Poiché i viaggi nello Spazio sono parte dell’immaginario collettivo, non mancano riferimenti alla letteratura, al cinema e ai videogiochi. Grazie alla partnership con Destinysono esposti tre artwork e un’intervista esclusiva: per la prima volta un museo italiano di ambito scientifico espone in una collezione permanente contenuti speciali inerenti a un videogioco.
Sono qui esposti l’imponente Z9 - uno dei tre stadi del lanciatore Vega, il satellite San Marco per lo studio dell’atmosfera, il satellite Sirio per le telecomunicazioni e alcuni straordinari oggetti legati alle missioni lunari, tra cui la rarissima tuta Krechet che avrebbe dovuto essere indossata dai cosmonauti russi nel progetto poi abbandonato di sbarco sulla Luna. È inoltre riprodotta una porzione della Stazione Spaziale Internazionale con la cupola e una ricca selezione di contenuti legati a questo eccezionale laboratorio nello Spazio. Tra un countdown di lancio e i satelliti in sospensione, il visitatore può confrontarsi con le tecnologie fornite dalle aziende partner che permettono di raggiungere e lavorare nello Spazio.
Lungo il percorso di visita 27 postazioni multimediali Samsung, che includono large screen full HD, monitor Touch professionali e tablet, consentono di approfondire la conoscenza dello Spazio e la storia dell’Astronomia e di simulare in modo realistico l’osservazione e l’esplorazione del cosmo. Inoltre, grazie ad un’applicazione mobile Android, è possibile accedere a contenuti multimediali esclusivi.

Spazio
Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci

Via San Vittore 21, Milano

BOOK_Parigi, Magnum

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Parigi, Magnum. Il ritratto di una città vista dai fotografi di Magnum, pubblicato da Contrastoe curato da Eric Hazan, editore e scrittore francese, ritrae a tutto tondo la Ville Lumière dal 1932 al 2012: la sua storia, le sue peculiarità, la parte più turistica e quella più intima. I fotografi di Magnum Photos ci accompagnano in un viaggio fatto di volti, sfilate di moda, jazz club e personaggi. E così, lo scatto della guerriglia urbana durante la liberazione si affianca senza stonare al ritratto di Picasso nel suo atelier e ai souvenir che riproducono la Tour Eiffel. Personalità come François Mitterrand, Edith Piaf, Catherine Deneuve, Alberto Giacometti e Christian Dior contribuiscono al racconto di questa città.
Le fotografie compongono il mosaico da cui emerge il profilo di una metropoli dalle mille sfaccettature, affascinante e coinvolgente, un vero e proprio omaggio alla capitale francese.
Frutto di uno straordinario lavoro negli archivi della Magnum Photos, il libro raccoglie 235 immagini – dagli anni ‘30 ad oggi – di 46 fotografi diversi, da Robert Capa a Henri Cartier-Bresson a Martin Parr, da Elliott Erwitt a Alex Webb a Alex Majoli e Paolo Pellegrin. Una dopo l’altra, le immagini formano il racconto, profondo e sorprendente, di una città che è da sempre al cuore dell’immaginario; un immaginario nato e nutrito, in tutto questo tempo, proprio dalle fotografie degli autori di Magnum.
Una passeggiata nei quartieri vecchi del centro, uno sguardo sui tetti grigi, un inventario di vetrine e facciate, bistrot e monumenti. E poi il lungo Senna e i boulevard: queste sono forse le prime immagini che vengono in mente quando si evoca Parigi, una città vista, sognata, immaginata da tanti. Agli autori della Magnum Photos, che più di ogni altro hanno conosciuto ed esplorato la vita di Parigi, il plauso d’essere riusciti a darne nel tempo un’immagine diversa. A disegnarne un ritratto pieno, vario, intenso, lontano da ogni stereotipo.

Parigi, Magnum. Il ritratto di una città vista dai fotografi di Magnum
A cura di Eric Hazan
Contrasto editore


LEISURE_Bohnchang Koo

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Provvisorietà, passaggio del tempo, scomparsa e patrimonio culturale sono i tratti distintivi della cifra stilistica di Bohnchang Koo, fotografo coreano al quale la Galleria Carla Sozzani dedica un’antologica. Un appuntamento unico nel suo genere: per la prima volta in Italia, infatti, il genio dell’artista trova valorizzazione con un’esposizione di immagini selezionate dalle serie: “Vessels”, “White”, “Masks”, “Portraits of Time”, “Ocean” e “Everyday Treasures”.

Per la serie “Vessel” (Veliero) ha fotografato rare porcellane della dinastia Joseon (1392- 1910), visitando musei in varie parti del mondo per riportare alla memoria questo squisito vasellame bianco, ripreso su uno sfondo bianco con luce morbida.
“Ho cercato di catturare il punto di vista in cui il vaso è più di un antico oggetto prezioso, divenendo un veliero che trasporta un’anima con infinite capacità di accogliere il cuore dell’osservatore e del vasaio” afferma l’artista. Tutto ciò si traduce nel recupero dell’eredità culturale coreana e, al contempo, nella possibilità di trascendenza dell’oggetto.
In “White”, invece, il soggetto è la natura, o meglio quei fragili segni che la natura lascia quando oramai lo splendore è scomparso: esili rami di edera ancora abbarbicati sul muro e punteggiate forme di rampicanti, aghi di pino sulla neve, creano una nuova insospettata “calligrafia”che ci obbliga ad osservare la bellezza racchiusa in semplici ed effimeri scenari quotidiani, sui quali non ci soffermiamo per superficialità.
Non dissimile è l’indagine “Portraits of the Time”: protagonista, una parete, rigorosamente bianca, sulla quale si svolge quasi tutto il lavoro di Koo, utilizzando il più elementare dei cromatismi, ossia il bianco e nero. Ed è così che la parete arriva a portare le tracce del tempo trascorso. Rugosità e pieghe, fenditure, autentica “pelle” di un vissuto.

Anche “Ocean” è leggermente increspato o liscio e morbido come il velluto di seta, metafora di un’altra età dell’uomo.
Al contrario, in “Masks” la curiosità di Koo si appunta sul “visto” - “non visto”. Riprendendo la tradizionale rappresentazione coreana, la maschera nasconde le autentiche emozioni, ma, i goffi gesti riflettono la profonda tristezza che simboleggia nel folklore del suo Paese.
Nell’ultimo lavoro (2014), “Everyday Treasures” l’artista ha radicalizzato ancora di più la sua ricerca. “Everyday Treasures” raccoglie immagini di saponette, tesori di ogni giorno che utilizziamo senza la minima consapevolezza: il sapone, infatti, si consuma come le nostre vite, giorno per giorno. Le immagini sono di una semplicità disarmante al punto da poter apparire persino banali. All’artista, però, il plauso d’aver messo in evidenza, ancora una volta, la fragilità e la fugacità del nostro mondo.
Volendo sintetizzare la creatività di Bohnchang Koo, le sue immagini sono la quintessenza di elegante estetica: mai aggressive e dai toni sommessi, ben rappresentano la sensibilità coreana e la capacità di osservare le più sottili espressioni del reale.

Bohnchang Koo
Fino all’11 gennaio 2015
Galleria Carla Sozzani, Corso Como 10, Milano

LEISURE_Walter Bonatti - Fotografie dai grandi spazi

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Fino all’8 marzo 2015, Palazzo della Ragione Fotografia di Milano presenta la prima mostra, mai dedicata, a Walter Bonatti, uno dei più grandi fotografi italiani. Promossa e prodotta dal Comune di Milano - Cultura, Palazzo della Ragione, Civita, Contrastoe GAmm Giunti, è realizzata a cura di Alessandra Mauro e Angelo Ponta ed in collaborazione con l’archivio Bonatti.
Palazzo della Ragione, il nuovo spazio espositivo interamente dedicato alla fotografia in Piazza dei  Mercanti, a due passi da Piazza Duomo, dopo la mostra di Sebastião Salgado mette a fuoco la sua proposta espositiva e culturale con questa importante rassegna dedicata alla figura del grande esploratore e pensatore Walter Bonatti.
L’esposizione dal titolo Walter Bonatti. Fotografie dai grandi spazi, con l’ausilio di video, di documenti inediti e di un allestimento particolarmente coinvolgente, ripercorre il racconto visivo, le vicende esistenziali e le avventure dell’alpinista ed esploratore italiano. Un viaggio per immagini che si svolge attorno alla passione per la bellezza della natura e l’esigenza di una relazione sempre più rispettosa con il mondo che ci circonda.
La mostra partecipa a Milano Cuore d’Europa, il palinsesto culturale multidisciplinare dedicato alle figure e i movimenti che, con la propria storia e la propria produzione artistica, hanno contribuito a costruire la dimensione culturale dell'identità europea.
Esposte, le immagini di oltre 30 anni di viaggi alla scoperta dei luoghi meno conosciuti e più impervi della Terra: ad esse il compito di raccontare una passione travolgente per l’avventura insieme alla straordinaria professionalità di un grande reporter.
E d’altronde, è difficile separare il ricordo di Walter Bonatti da quello delle sue fotografie. Ed è sorprendente scoprire quanto la sua figura e le sue imprese siano radicate nella memoria di un pubblico tanto differenziato per età e interessi. La persistente popolarità di Bonatti ha più di una spiegazione. Imparò a fotografare e a scrivere le proprie avventure con la stessa dedizione con cui si impadronì dei segreti della montagna: alpinista estremo, spesso solitario, ha conquistato l’ammirazione degli uomini e il cuore delle donne, affascinando nello stesso tempo l’immaginario dei più giovani.
Il mestiere di fotografo per grandi riviste italiane, soprattutto per Epoca, lo portò a cercare di trasmettere la conoscenza di luoghi estremi del nostro pianeta. Al tempo stesso, non smise mai di battersi con forza per tramandare la vera storia, troppe volte nascosta, della conquista del K2 e del tradimento dei compagni di spedizione.
Molte tra le sue folgoranti immagini sono grandiosi “autoritratti ambientati” e i paesaggi in cui si muove sono insieme luoghi di contemplazione di scoperta. Bonatti si pone davanti e dietro l’obiettivo: in un modo del tutto originale è in grado di rappresentare la sua fatica e la gioia per una scoperta, ma al tempo stesso sa cogliere le geometrie e le vastità degli orizzonti che va esplorando.
Il talento per la narrazione, l’amore per le sfide estreme, l’interesse per la fotografia come possibilità di scoprire e testimoniare per sé e per gli altri. Una passione, e probabilmente anche un’esigenza, nata già negli anni dell'alpinismo (con i trionfi e le amarezze che li segnarono), con le foto scattate sulle pareti più difficili, e poi consolidata nel tempo, con i racconti d’imprese affascinanti e impossibili.

Walter Bonatti nasce a Bergamo nel 1930. Del 1951 è la sua prima grande impresa alpinistica: con Luciano Ghigo scala la parete est del Grand Capucin nel gruppo del Monte Bianco. Nel 1954 Bonatti è il più giovane partecipante alla spedizione capitanata da Ardito Desio, che porterà Achille Compagnoni e Lino Lacedelli sulla cima del K2. Nel 1955 scala in solitaria e per la prima volta assoluta il pilastro sud-ovest del Petit Dru, nel massiccio del Monte Bianco. Nell’inverno del 1965 scala in solitaria la parete nord del Cervino aprendo una nuova via. È la sua ultima impresa di alpinista estremo. Successivamente si dedicherà all’esplorazione e all’avventura come inviato del settimanale Epoca, fino al 1979. A partire dagli anni Sessanta pubblica numerosi libri che narrano le sue avventure in montagna e negli angoli più sperduti del pianeta. Muore a Roma il 13 settembre 2011, all’età di 81 anni.

Walter Bonatti - Fotografie dai grandi spazi
Palazzo della Ragione Fotografia
Piazza dei Mercanti 1, Milano

Fino all’8 marzo 2015

STYLE_Il giardino di seta di Kinloch

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Per la prossima primavera-estate Kinloch ci accoglie in una stilosa pagoda, per illustrarci i suoi nuovi racconti.
Le sete si popolano di animali in un viaggio animato per luoghi d’incanto. Spuntano civette. Mucche dalla amata Scozia. Si arriva poi in mongolfiera nella magica Sicilia, in cui gechi sembrano essere appoggiati a prendere il sole e libellule volare tra fiori rampicanti. Zagare compaiono in distese blu mare. Tartarughe camminano lentamente, intrecciando labirinti di piante e fiori.Esotici pappagalli prendono il volo in cerchio. Statue pompeiane preservano racconti di secoli passati, con sagittari che spuntano da templi di paesi lontani, popolati da scimmie, elefanti, tigri.
La mano di Marco Herbertson non si ferma, i disegni continuano inesauribili, senza mai abbandonare la sua intuizione iniziale, di un magico patto siculo-nipponico.
La collezione presenta stole e foulards per lei, cravatte e pochette da taschino per lui. Dulcis in fundo, le nuovissime camicie disegno foulard.
Tessuti sempre comaschi, ça va sans dire: sete, cotoni, lane, tutto made in Italy, così come le produzioni, prima fra tutte quella delle camicie realizzate nelle migliori sartorie napoletane.
In breve tempo Kinloch si è ritagliato un ruolo di spicco nel panorama internazionale del costume, affermandosi nei top shop italiani ed esteri, con particolare attenzione ricevuta da parte del mercato giapponese, che lo ha inserito nei maggiori stores del paese.
Neo-brand del lusso firmato dell’italo scozzese Marco Kinloch Herbertson, la sua storia muove i primi passi in Sicilia, presso la dimora settecentesca della moglie Antea Brugnoni Alliata, discendente di un’antica famiglia siciliana e appassionata conoscitrice del mondo arabo. Un’avventura alla ricerca di un design dal sapore originale e, al contempo, retro con cui ottenere una visibilità internazionale.
Le novità di Kinloch possono essere seguite sul sito www.kinloch.it o sulla pagina FB www.facebook.com/pages/Kinloch.


BOOK_John Berger

 Capire una fotografia

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Capire una fotografia, pubblicato da Contrasto nella collana In Parole, presenta una raccolta di testi sulla fotografia di John Berger, critico d’arte, poeta, giornalista, romanziere, sceneggiatore cinematografico, autore teatrale e disegnatore. 
Nel volume figurano venticinque testi, scelti da Geoff Dyer e organizzati in ordine cronologico, che danno conto della passione civile e politica di uno dei grandi intellettuali della nostra epoca e della sua instancabile esplorazione del mondo e dei linguaggi che lo raccontano. 
 

Gli scritti di Berger sulla fotografia sono tra i più originali del Ventesimo secolo. La selezione di Capire una fotografia contiene saggi pionieristici estrapolati dai suoi libri pubblicati, ma anche pezzi finora inediti, nei quali l’autore indaga l’opera di fotografi come Henri Cartier-Bresson, Martine Franck, Jitka Hanzlová, André Kertész, W. Eugene Smith, Paul Strand – e la vita degli uomini e delle donne fotografati – con un impegno, un’intensità e una tenerezza travolgenti.
 

Il libronon è una mera antologia, bensì un grande saggio di teoria critica, costruito a poco a poco nel corso di oltre cinquant’anni. Saggista e critico dell’arte, ma prima di tutto narratore, John Berger esamina e mette a nudo le storie di una fotografia, sia quelle svelate che quelle nascoste, abbandonando a poco a poco il ruolo didascalico e assumendo quello di vera e propria guida. Una guida di virgiliana memoria, pronta ad accompagnarci nei meandri della fotografia intesa in senso lato, quintessenza di tempo, luoghi e persone.

John Berger, nato a Londra nel 1926, è noto in tutto il mondo come critico d’arte, poeta, giornalista, romanziere (ma l’autore, che non ama questo termine, preferisce definirsi storyteller), sceneggiatore cinematografico, autore teatrale e disegnatore. Tra le sue numerose opere narrative e saggistiche ricordiamo il fondamentale Questione di sguardi (il Saggiatore, 1998); il romanzo G., che nel 1972 gli valse il Booker Prize (Neri Pozza, 2012); la raccolta di saggi Sul disegnare (Libri Scheiwiller, 2007); Il taccuino di Bento (Neri Pozza, 2014) e il recentissimo Rondò per Beverly (Nottetempo, 2014). Nel 1962 ha lasciato definitivamente la Gran Bretagna, e oggi vive in un piccolo villaggio delle Alpi francesi.

Geoff Dyer è autore d i quattro romanzi e di numerosi saggi. Nel 1992 ha vinto il Somerset Maugham Prize con Natura mortacon custodia di sax. Storie di jazz (Instar Libri, 1993; Giulio Einaudi editore, 2013); nel 2006 l’Infinite Award dell’International Center of Photography con L’infinito istante. Saggio sulla fotografia (Giulio Einaudi Editore, 2007); e nel 2012 il National Book Critics Circle Award con la raccolta di saggi Otherwise Known as theHuman Condition (Graywolf Press, 2011).

John Berger

Capire una fotografia
A cura di Geoff Dyer
Traduzione e cura dell’edizione italiana di Maria Nadotti
Contrasto editore

264 pagine, 19,90€

ART & CULTURE_Glitch

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Arte e cinema dialogano tra di loro al PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano con la collettiva GLITCH, che riunisce opere di artisti italiani delle ultime generazioni con le quali esplorare le relazioni di linguaggio e contesto tra due diversi mondi. La mostra è la più ampia panoramica dedicata finora in Italia ad uno dei temi centrali dell'arte contemporanea.
Promossa e prodotta dal Comune di Milano – Cultura, PAC e CIVITA, l’esposizione introduce il visitatore in un percorso affascinante che si addentra nel mondo immaginario situato all’esatta intersezione tra tecnologia e arte. Complice di questa magica esplorazione, il linguaggio più attuale in assoluto: quello dell’immagine in movimento. Viene così a crearsi un luogo tutto italiano dove Milano si trova perfettamente a suo agio, essendo la capitale della creatività italiana e, al tempo stesso, dell’industria e dell’innovazione tecnologica.
La mostra partecipa a Milano Cuore d’Europa, il palinsesto culturale multidisciplinare dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano dedicato all'identità europea del capoluogo lombardo anche attraverso le figure e i movimenti che, con la propria storia e la propria produzione artistica, hanno contribuito a costruirne la cittadinanza europea e la dimensione culturale.
Commissionata dal nuovo Comitato Scientifico del PAC - alla sua seconda mostra - e curata da Davide Giannella, GLITCH presenta una selezione di opere tra film, installazioni, fotografia e performance, realizzate da artisti italiani negli ultimi quindici anni, dal 2000 al 2015, con pochissime eccezioni che suggeriscono antecedenti e contrappunti.
Il titolo della mostra si rifà al linguaggio dell’elettronica e del digitale: il glitch è una distorsione, un’interferenza non prevista all’interno di una riproduzione audio o video, un’onda breve e improvvisa che dura un istante e poi si stabilizza. Un momento inatteso che può diventare rivelatore, come possono esserlo le opere in mostra: tracce di un territorio i cui confini sono in costante via di definizione, tesi e sfumati tra diversi sistemi critici, di produzione, distribuzione e fruizione.
Filo conduttore è l’idea di storytelling, di rifrazione tra narrativa lineare e non lineare, verità e finzione, ma anche di ricerca attorno all’atto di guardare e di montare storie: elementi fondanti del cinema e trame dell’arte recente, ma soprattutto strumenti nella creazione di miti e immaginari attraverso differenti linguaggi.
Il passaggio definitivo al digitale ha portato allo snellimento degli strumenti e all'assottigliamento dei costi nella produzione e distribuzione di immagini in movimento. Quelle che sino a pochi anni fa erano, per qualità formale e costi, produzioni esclusive dell’industria cinematografica, sono oggi alla portata di un sempre più ampio numero di autori. L’episodio dell’11 Settembre 2001 ha decretato in maniera definitiva quanto la creazione e rielaborazione di immagini sia dominio di tutti e come i racconti, per quanto frammentati, siano generatori di immaginari prima ancora che testimonianze di realtà, rendendo il reale fittizio e materializzando finzioni.
A questo si è aggiunta nel 2003 la nascita di youtube.com: sempre più artisti visivi - anche in Italia - si sono avvicinati alla sperimentazione nell’ambito delle immagini in movimento, superando o discostandosi della videoarte per avvicinarsi al linguaggio più narrativo del cinema e all'immediatezza di internet. Il risultato è l’allargamento di quell’area di confine in continua evoluzione, l’interstizio tra territori attigui, ma ancora distinti, chiamato Art Cinema.
GLITCH si sviluppa su tre livelli principali, tre aree che si muovono intorno all'idea di opera filmica.
Il primo livello, quello cinematografico, trasforma il PAC in un multisala: 64 film d’artista sono stati suddivisi in due programmi, che verranno proiettati a giorni alterni all’interno di tre mini-cinema realizzati ad hoc per la mostra. Le opere, raccolte in serie e per temi, avranno soprattutto carattere narrativo: produzioni di artisti che lavorano nella cornice dell’arte contemporanea o meta-film, appartenenti all’ampia categoria del cinema sperimentale.
Il secondo livello, quello delle installazioni, contiene opere che instaurano relazioni con il linguaggio e l’immaginario cinematografico e funzionano come declinazioni, traduzioni o presupposti dei lavori filmici.
Il terzo livello, quello performativo, propone performance come dispositivi dal vivo di immagini in movimento, presentando progetti che sfondano la dimensione dello schermo, oppure creano relazionimultimediali o ancora analizzano e sottolineano, reinterpretandoli, elementi specifici del cinema.
La mostra è realizzata con il sostegno di TOD’S, sponsor dell’attività espositiva annuale del PAC, e con il supporto di Vulcano.L’allestimento dei mini cinema è realizzato con materiale Alcantara prodotto in due speciali versioni.
Seguendo una precisa volontà di collaborare con altri progetti e istituzioni attive sul territorio, in occasione della mostra il PAC collabora con Careof DOCVA, che presenta all’interno del proprio spazio espositivo in via Procaccini Diamanti: una mostra di approfondimento che ripercorre la filmografia e la produzione degli artisti italiani selezionati per Glitch, attraverso i preziosi materiali conservati nell’archivio video.

GLITCH
Interferenze tra arte e cinema in Italia
a cura di Davide Giannella
PAC Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano
Fino al 6 gennaio 2015 

LEISURE_Forma e Desiderio. The Cal - Collezione Pirelli

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Forma e desiderio. In altre parole, il Calendario Pirelli, forse meglio noto come The Cal. Una tradizione rinnovatasi negli anni, che ha visto coinvolte le più autorevoli firme della fotografia mondiale e che ora, fino al 22 febbraio 2015, si mette in mostra a Palazzo Reale a Milano con una selezione di oltre 200 fotografie tratte dalle differenti edizioni.
L’esposizione - curata da Walter Guadagnini e Amedeo M. Turello, promossa dal Comune di Milano - Cultura con il patrocinio di Expo e organizzata e prodotta da Palazzo Reale e GAmm Giunti - nasce grazie al fondamentale contributo di Pirelli, che ai fini della selezione espositiva ha messo a disposizione il suo archivio, con migliaia di fotografie dei più grandi fotografi mondiali.

Diventato in breve tempo un oggetto di culto, il Calendario da più di cinquant’anni interpreta i cambiamenti sociali e culturali e anticipa le tendenze delle nuove mode, attraverso l’occhio attento dei più celebrati autori contemporanei, da Herb Ritts a Richard Avedon, da Peter Lindbergh a Bruce Weber, da Peter Beard a Steve McCurry, da Patrick Demarchellier a Steven Meisel.
Un progetto ambizioso, che restituisce la giusta dimensione artistica a una delle più importanti campagne di comunicazione degli ultimi cinquant’anni, che ha saputo entrare nell’immaginario di ciascuno di noi grazie al fascino senza tempo delle modelle e al talento dei fotografi che l’hanno realizzato.
Con un percorso narrativo che va oltre la scansione cronologica, tipica dei calendari in sé, la galleria di immagini di “Forma e Desiderio” propone un itinerario tematico, seguendo un processo che esplora e accosta relazioni, analogie, citazioni e contrasti fra le immagini di oltre mezzo secolo. L’esposizione si sviluppa attraverso cinque stanze, ognuna delle quali dedicata agli elementi che accumunano le foto contenute nello spazio: dalla seduzione alla provocazione, dal mito all’eleganza.
La mostra si apre con la sezione L’incanto del mondonella quale vengono presentate quelle fotografie che, almeno fino al 1972, venivano realizzate con l'intento di guidare lo spettatore attraverso due elementi fondamentali come il paesaggio e l’espressione delle modelle. 
Ne Il fotografo e la sua musa (sedotti dall’arte) si analizza l’omaggio a Leni Riefenstahl che Arthur Elgort le dedicò nel 1990, o quello di Clive Arrowsmith che l'anno successivo elaborò una sequenza di citazioni dei maestri dell’arte quali Delacroix, Velázquez, Rembrandt. Particolare è il caso di Annie Leibovitz che cita testualmente non solo i maestri della fotografia ma alcune precise immagini, al fine di trasformare le pagine del Calendario in una sorta di esercizio di gusto volutamente, e provocatoriamente, accademico.
La sezione Lo sguardo indiscreto, invece,è incentrata sulle immagini caratterizzate da un misto di provocazione, gioco, trasgressione, che segnano un altro degli elementi caratterizzanti l'identità stessa del Calendario.
Ne La natura dell’artificiosi possono ammirare gli scatti di Brian Duffy, di Peter Knapp, fino a raggiungere i vertici nella ricostruzione del mondo per via di geometrie, ispirate dalle tracce del pneumatico sul corpo delle modelle, di Uwe Ommer; o ancora di Barry Lategan, o di Nick Knight, autore di una delle edizioni certo più anomale e sorprendenti, vocata alla sottolineatura di una sperimentazione linguistica che travalica il genere della composizione con figure per arrivare ai limiti della pura astrazione.

La mostra si chiude idealmente con Il corpo in scena che rimarca come, nella storia del Calendario, la combinazione tra modella e ambiente abbia assunto un ruolo centrale nella concezione della serie realizzata. Una concezione che si condensa nella sorprendente sequenza di Peter Lindbergh del 2002, dove la modella interpreta se stessa intenta a interpretare, a sua volta, il Calendario, in una totale e ricercata sovrapposizione di ruoli e di luoghi. In modo non meno eclatante, Peter Beard inscena un autentico viaggio nell’esotismo attraverso un gioco che sembra provocare lo spettatore e invitarlo e riflettere sul confine tra la realtà e le proprie proiezioni.
Presentato per la prima volta nel 1964, il Calendario Pirelli giunge alla sua quarantaduesima edizione con l’anno 2015, portando la firma di Steven Meisel. Una mostra che idealmente prosegue il tracciato segnato dall’esposizione allestita sempre a Milano a Palazzo Reale Sala delle Cariatidi nel 1997 dall’architetto Gae Aulenti, trasferitasi poi a Venezia e resasi itinerante attraverso le tappe in alcune delle principali capitali mondiali come Parigi, Berlino, Mosca, Buenos Aires e Tokyo.

Forma e Desiderio. The Cal – Collezione Pirelli
Fino al 22 febbraio 2015

Palazzo Reale, Milano

LEISURE_Dogue e Gattopolitan

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Nella prestigiosa cornice meneghina del Grand Hotel et de Milan sono state presentate lo scorso 26 novembre le edizioni 2015 delle Agende “DOGUE”(giornaliera) e “GATTOPOLITAN”(settimanale): due strumenti utili per accompagnarci nel 2015, con tanto di consigli utili e storie del rapporto di personaggi famosi con i propri “4zampe”, nonché con le foto di cani e gatti inviate da padroni desiderosi di aiutare i meno fortunati.
Come per l’edizione 2014, infatti, anche quest’anno un terzo del ricavato della vendita sarà devoluto alla Lega Nazionale per la Difesa del Cane – Sezione di Milano, che opera dagli anni Novanta sotto la guida della presidente Laura Rossi e, grazie al sostegno generoso dei suoi soci e all’impegno di molti volontari, si batte senza sosta per aiutare gli animali in difficoltà, abbandonati, maltrattati e non rispettati. Ogni anno nel Rifugio di Via Redecesio 5/A a Segrate (MI) vengono salvati e dati in adozione, tra cani e gatti, più di 500 trovatelli. Il ricavato di quest’anno - il costo di entrambe le Agende è di 15,00 € cadauna - verrà destinato alla ristrutturazione della pavimentazione e di alcuni box del Rifugio.
Una serata unica, resa possibile dal sostegno e dalla generosità a titolo completamente gratuito di numerose realtà: a partire dal prestigioso Grand Hotel et de Milan, offerto - come anche il cocktail - da Daniela Bertazzoni, che ha creduto nell’iniziativa; per seguire con la rinomata cantina Santa Margherita, per quanto concerne le bollicine, fino a Radio Monte Carlo che ha sostenuto il progetto con la presenza di Marco Fullone in veste di special guest e DJ Set dell’evento.
In esclusiva per la serata, inoltre, l’artista milanese Laura Zeni ha esposto un ciclo di opere dedicato al mondo dei quattro zampe: per l’occasione, una delle sue opere è stata anche riprodotta nelle Shopper d’Autore che si potevano acquistare insieme alle Agende.
L’atmosfera frizzante e piena di entusiasmo ha “scatenato” il pubblico presente e ha contribuito a fare in modo che la serata fosse un vero e proprio successo. Tra gli ospiti, numerosi volti del mondo dell’industria, della finanza, della cultura, dello spettacolo e del Jet Set: per citarne qualcuno, Ugo Conti con la moglie Arianna, Ana Laura Ribas, Guido Bagatta, Paola Caovilla, Beppe Modenese e Piero Pinto, Marinella Di Capua, Alessandra De Marco, Maureen Salmona, Anna Repellini con Mauro Del Vecchio, Barbara Bianchi Bonomi, Vera Castagna, Paola Gradi, Michela Bruni Reichlin. 

BOOK_Giorno per giorno, l’avventura

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È un Bonatti al lavoro quello che emerge dalle pagine di Giorno per giorno, l’avventura. Appunti radiofonici. Scorrendo il volume si rivivono gli eventi, i nomi e luoghi che il grande alpinista teneva a rievocare raccontando a braccio sulla base dei suoi appunti o scegliendo le pagine migliori dei suoi libri, e si leggono le domande che avrebbe fatto agli ospiti invitati in trasmissione. Chiamato all’inedita “avventura” radiofonica, per la prima volta Bonatti si trova a poter usare solo la voce per suscitare nel pubblico le emozioni da lui provate e per ricreare nella fantasia degli ascoltatori le immagini da lui raccolte nei luoghi più inesplorati della Terra. Frammenti di memoria, itinerari, appunti, quindi; ma anche note scritte nelle pause tra un intervento e l'altro: il libro diviene così lo sguardo nel pensiero e nella memoria del grande personaggio, rappresentando una sorta di “making of”, di dietro le quinte dell’avventura targata Walter Bonatti. Un’avventura comunicativa, preparata con dedizione, passione e impegno, quintessenza di montagna, mondo e pensieri privati che in questa forma non hanno mai trovato validazione. Perché come affermava lo stesso Bonatti, scoprire se stessi è indubbiamente la più stimolante delle avventure, ma lo è ancor più se questa ricerca ha per sfondo la grande natura intatta, rimasta fuori dalla portata di chi troppo spesso non sa, o non vuole, coglierne la preziosità. La natura è vita ed è la nostra stessa salvezza, non soltanto fisica.
Il libro si inserisce nel filone che celebra la figura di Walter Bonatti, affiancandosi alla mostra Walter Bonatti. Fotografie di grandi spazi, visitabile sino all’8 marzo 2015 a Palazzo della Ragione Fotografia di Milano.



Walter Bonatti nasce a Bergamo nel 1930. Del 1951 è la sua prima grande impresa alpinistica: con Luciano Ghigo scala la parete est del Grand Capucin nel gruppo del Monte Bianco. Nel 1954 Bonatti è il più giovane partecipante alla spedizione capitanata da Ardito Desio, che porterà Achille Compagnoni e Lino Lacedelli sulla cima del K2. Nel 1955 scala in solitaria e per la prima volta assoluta il pilastro sud-ovest del Petit Dru, nel massiccio del Monte Bianco. Nell’inverno del 1965 scala in solitaria la parete nord del Cervino aprendo una nuova via. È la sua ultima impresa di alpinista estremo. Successivamente si dedicherà all’esplorazione e all’avventura come inviato del settimanale Epoca, fino al 1979. A partire dagli anni Sessanta pubblica numerosi libri che narrano le sue avventure in montagna e negli angoli più sperduti del pianeta. Muore a Roma il 13 settembre 2011, all’età di 81 anni.

LEISURE_Calendario Lavazza 2015

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Da Nadia, orgogliosa paladina dell’olio di argan in Marocco, a John, guardiano delle zucche di Lare in Kenya. Da Anna, che si batte per la qualità del cuscus di miglio salato sull’Isola di Fadiouth, in Senegal, fino ad Asnakech, sentinella a guardia delle piantagioni di caffè in Etiopia. Il Calendario Lavazza 2015 - realizzato con Slow Food e firmato da Steve McCurry, con direzione creativa di Armando Testa - è un viaggio fotografico nelle storie di quotidiano eroismo degli Earth Defenders: donne e uomini che ogni giorno con coraggio, orgoglio e dedizione difendono i propri progetti in Africa. Lavazza e Slow Food si schierano così dalla parte di tutti i Difensori della Terra e delle tradizioni alimentari, divenendo simboli di speranza per le comunità locali e portavoce di uno sviluppo possibile nonché di un futuro migliore.
All’estro creativo di Steve McCurry il compito di immortalare in 12 scatti l’anima, la forza e l’umanità degli EarthDefenders: le immagini, esposte in occasione del recente Salone del Gusto di Torino, sono protagoniste di un calendario in vendita per la prima volta in edizione limitata a sostegnodel progetto “10.000 orti in Africa”. E così, dagli Earth Defenders parte l’appello a tutti coloro che condividono i principi e i valori di sostenibilità alimentare promossi da Lavazza e da Slow Food., complice l’attivazione sul sito Calendar2015.lavazza.com della call-to-action per diventare Difensori della Terra attraverso una donazione a favore degli orti africani o facendosi portavoce del progetto sui canali social con l’hashtag #earthdefenders.
Ma non è tutto. Il Calendario Lavazza “The Earth Defenders” è anche uno strumento concreto di sostegno al progetto “10.000 orti in Africa”. Il ricavato della vendita del Calendario in edizione limitata, infatti, sarà interamente devoluto al progetto di Slow Food, che si propone di realizzare entro il 2016 diecimila orti nelle scuole e nei villaggi africani.

I Difensori della Terra sono immortalati in 12 scatti che il fotografo americano Steve McCurry ha realizzato durante un viaggio nel continente africano alla scoperta di storie di ordinario eroismo, aggiungendo poesia ed emozione alla rappresentazione della realtà. Un’esperienza che si conclude simbolicamente in Tanzania, nella scuola di Padre Peter Kilasara, dove vengono formati gli Earth Defenders di domani. Un viaggio incredibile grazie al quale si rappresenta la dedizione di queste persone a difesa delle proprie comunità del cibo. Tradizioni uniche da preservare e valorizzare, comunicandone al mondo la forza e il valore. 

BOOK_Photoshow

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Quando la storia della fotografia passa per le grandi mostre internazionali. Questo il focus d’analisi della pubblicazione deluxe Contrasto Editore Photoshow, un progetto ideato e curato da Alessandra Mauro con la collaborazione di critici di valenza internazionale. Il libro, un’affascinante e suggestiva galleria d’immagini, traccia il percorso storico delle pratiche espositive legate alla fotografia attraverso alcuni momenti, undici in particolare, che hanno segnato altrettanti punti di svolta, andando a costituire i diversi capitoli del volume. I casi affrontati non intendono esaurire il panorama, ma sicuramente rappresentano gli snodi cruciali circa l’evoluzione delle modalità di riempimento di uno spazio fisico attraverso le immagini fotografiche, le quali sono divenute, in tal modo, accessibili a una fruizione collettiva e hanno trasformato quello stesso spazio in un luogo diverso, speciale, dove la fotografia ha avuto modo di raccontare una storia, sostenere una tesi, affermare uno sguardo.
Infatti, prima ancora del suo atto di nascita ufficiale (agosto 1839), prima  ancora di essere raccolta e stampata in un libro, la fotografia è stata esposta in una serie di mostre e presentata al pubblico perché tutti potessero conoscerla e apprezzarla.
Come un lungo e avvincente racconto, i capitoli di questo volume, illustrati dalle immagini d’epoca e dagli allestimenti originali, ripercorrono i momenti salienti, i protagonisti, le opere di una storia ancora in evoluzione. E se è vero che allestire una mostra significa cercare alleati per una battaglia, tante sono state quelle condotte dalla fotografia in nome di un’identità linguistica da affermare e ribadire.
Otto capitoli sono dedicati a eventi espositivi diventati in breve altrettanti spartiacque ed esempi di una nuova modalità percettiva ed espositiva. Un capitolo è dedicato a quattro mostre proposte da un’unica istituzione, il Museum of Modern Art di New York, che ha a lungo rappresentato il paradigma fotografico a cui riferirsi. Due capitoli, infine, sono dedicati non tanto a singoli eventi ma a personalità che hanno impresso un forte cambiamento nel panorama espositivo fotografico: Alfred Stieglitz e la sua pioneristica galleria di New York, 291, e Robert Delpire e la sua esperienza alla direzione del Centre National de la Photographie. Una conversazione con Quentin Bajac, attuale direttore del dipartimento di fotografia del MoMa, introduce il volume e riporta i temi trattati pagina dopo pagina.
Il percorso proposto è cronologico, con salti temporali più o meno vistosi: dal 1839 al 2001 fermandosi a qualche anno da oggi.
Dalla prima mostra fotografica, a Parigi nell’agosto 1839, alla Great Exhibition di Londra del 1851, alla tedesca Film und Foto del 1929, alle grandi mostre del MoMA di New York – prima fra tutte, The Family of Man– per arrivare a quelle del nuovo millennio, come Here is new york per cui, all’epoca dei social network e delle piattaforme di condivisione delle immagini, curare mostre di fotografia significa affrontare le sfide di una società “visiva” come  la nostra.
Photoshow è il frutto di un lungo lavoro collettivo, con testi e contributi di curatori e studiosi internazionali tra i più attenti a quanto è avvenuto, avviene e sta per avvenire nella fotografia: Gerry Badger, Quentin Bajac, Michel Frizot, Alessandra Mauro, Paul-Louis Roubert, David Spencer, Alessia Tagliaventi, Charles Traub, Lélia Wanick Salgado e Francesco Zanot.

Alessandra Mauro, curatrice del volume, è direttrice editoriale di Contrasto e direttrice artistica della Fondazione Forma per la Fotografia di Milano. Ha curato numerose mostre e pubblicazioni dedicate alla fotografia.

Photoshow
FORMATO: 20 x 26,5 cm
CONFEZIONE: Cartonato
PAGINE: 272
FOTOGRAFIE: 100  ca.
Prezzo 45 Euro
Traduzione dall’inglese: Arianna Gasbarro, Davide Vergnano

Traduzione dal francese: Teresa Albanese, Guia Boni

ART & CULTURE_L'uomo e la terra di Van Gogh

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La genialità artistica di Vincent Van Gogh si mette in mostra a Milano nell’ambito di un’esposizione promossa dal Comune di Milano – Cultura, prodotta e organizzata da Palazzo Reale di Milano, Arthemisia Group e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE. Realizzata anche grazie al sostegno del Gruppo Unipol, è patrocinata dall’Ambasciata del Regno dei paesi Bassi a Roma e inserita negli eventi ufficiali del Van Gogh Europe, l’istituzione di recente costituzione sostenuta dal governo olandese a tutela e promozione dell’opera di Van Gogh.
Fil rouge della mostra, una lettura inedita dell’artista che mira a legarlo idealmente alle tematiche di Expo 2015: la terra e i suoi frutti, l’uomo al centro del mondo reale, la vita rurale e agreste correlata al ciclo delle stagioni.
Un’interpretazione per nulla azzardata se si pensa che in un’epoca in cui la maggior parte degli artisti rivolgeva lo sguardo al paesaggio urbano, frutto dell’industrializzazione europea della fine del XIX secolo – come accadeva appunto per i neoimpressionisti Seurat e Signac – Van Gogh sposta la sua attenzione verso il paesaggio rurale e il mondo contadino. La vita e le mansioni della tradizione agreste diventano per lui materia di studio, considerando questa come soggetto dalla nobile e sacra accezione e i lavoratori della terra figure eroiche e gloriose: dai primi disegni realizzati in Olanda fino agli ultimi capolavori dipinti nei pressi di Arles, Van Gogh esprime la propria affinità verso gli umili, immedesimandosi con loro e rappresentando il loro dignitoso contegno.
Il visitatore è accompagnato nell’esplorazione di circa 50 lavori dell’artista, alla scoperta di opere note e di altre mai viste prima: un’esperienza unica nel suo genere con la quale comprendere ed esplorare il complesso rapporto tra uomo e natura, fatica e bellezza, rivivendo, al contempo, gli stati d’animo che l’autore ha trasferito nelle sue creazioni.
Il corpus centrale della mostra è costituito, come per l’esposizione del 1952, da opere provenienti dal Kröller-Müller Museum di Otterlo, a cui si aggiungono lavori provenienti dal Van Gogh Museum di Amsterdam, dal Museo Soumaya-Fundación Carlos Slim di Città del Messico, dal Centraal Museum di Utrecht e da collezioni private normalmente inaccessibili. Tra i capolavori concessi dal Kröller-Müller Museum alla mostra milanese, si citano L’autoritratto del 1887, il Ritratto di Joseph Roulin del 1889, Vista di Saintes Marie de la Mer del 1888, la Testa di pescatore del 1883 e Bruciatore di stoppie, seduto in carriola con la moglie del 1883.
A corollario, una mise en scène degna di nota, firmata dall’archistar giapponese Kengo Kuma.

Van Gogh – L’uomo e la terra
Fino all’8 marzo 2015

Palazzo Reale,  Milano

STYLE_APM Monaco

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Bijoux senza tempo ma, al tempo stesso, di tendenza, sulla scia di quanto detta la moda: questo è lo spirito di Ariane Prette e di APM Monaco, brand di gioielli sofisticati a prezzi accessibili. Un intento impegnativo, che dal 1982 la sua fondatrice rispetta quotidianamente, guardando alla tradizione dell’arte gioielliera e reinterpretando in chiave contemporanea i grandi classici. Da qui, la creazione di orecchini, bracciali, anelli e collane che alla loro magnificenza coniugano un prezzo abbordabile e uno stile unico. Per un lusso accessibile sempre più sinonimo di sofisticazione quotidiana. È così che i bijoux APM Monaco si pongono come un’opportunità per tutte quelle donne desiderose di sognare, cambiando look con semplicità e indossando pezzi da red carpet. Ad avvalorarne l’unicità, l’utilizzo di materiali preziosi come argento, zirconi, platino e diamanti e la vivacità: ogni mese, infatti, APM lancia sul mercato una nuova linea ispirata al trend del momento, agli appuntamenti mondani del periodo e alla stagionalità.
Indossati da celebreties in occasione dei più grandi eventi di gala, i bijoux APM Monaco si sono ritagliati un posto di tutto rispetto nel panorama del glamour internazionale, al punto da aver sviluppato una capillare rete distributiva in tutto il mondo.
Un brand in continua evoluzione, sempre pronto a cogliere le sfide e i dettami in senso di tendenza con il quale sentirsi divina ogni giorno e calcare a grandi passi il proprio personale red carpet.

APM Monaco

LEISURE_Robert Capa STORIE DI GUERRA

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Inaugura domani, giovedì 18 dicembre 2014, presso Photographica FineArt di Lugano la mostra “Storie di guerra”, ensemble di fotografie vintage scattate da André Friedman,  meglio noto come Robert Capa. Attraverso gli occhi di questo grande fotografo vengono raccontate le guerre e le tensioni internazionali che si sono verificate dal 1936 al 1954. Molti degli scatti sulla Guerra Civile Spagnola provengono da un gruppo di negativi ritrovato recentemente e noto con il nome The Mexican Suitcase, una valigetta rinvenuta sul finire del 2007 e misteriosamente recapitata all’International Center of Photography (ICP) di New York contenente 126 rotoli di pellicola appartenenti a Robert Capa, alla sua compagna Gerda Taro e a David “Chim” Seymour, eseguiti tra il 1936 e il 1939. Il fatto che i negativi originali fossero scomparsi alla fine del 1939 e poi riapparsi nl 2007, ha reso le immagini originali particolarmente rare e molte di esse, ai tempi furono duplicate per poter essere pubblicate sulle riviste quali Regards, Ce Soir, Vu e Life.
Oltre alle immagini della Guerra Civile di Spagna, particolarmente efficaci, come quella raffigurante Ernst Hemingway mentre discute a tavola di un’osteria con dei miliziani e un paio di fotografie eseguite da Gerda Taro poco prima di morire nella battaglia di Brunete (1937), ve ne sono diverse relative alla guerra Sino-Giapponese (Hankow 1938) nonché alla Seconda Guerra Mondiale, sul fronte europeo con diversi scatti ripresi in Italia con la 34° Divisione di Fanteria (Salerno e Napoli), in Francia con la IV Armata di Patton fino alla liberazione di Parigi ed in Germania per documentarne la resa. Visitando l’esposizione si passa poi ad alcune immagini scattate in Israele nel 1948 dove Capa documenta l’insediamento dei primi profughi ebrei ad Haifa e la vita nei kibbutz.
Biografia:
Robert Capa/André Friedman (1913 – 1954) inizia la sua carriera come fotografo autodidatta e nel 1931 lavora come assistente per Ullstein e dal 1932 al 1933 per Dephot (Deutscher Photodienst, il servizio tedesco per la fotografia). Nel 1933, si trasferisce a Parigi, dove assume il nome di Robert Capa e svolge l’attività di freelance. Le sue fotografie della guerra civile di Spagna risvegliano grande attenzione: la prima serie contiene già Morte di un repubblicano spagnolo, la sua opera finora più famosa e più discussa. Per tutta la vita rimane fedele al mestiere dell’inviato di guerra: soggiorna in Cina, Italia, Francia, Germania e Israele.
 Il 25 maggio 1954 viene ucciso in Vietnam. La sua morte è la tragica conseguenza del suo principio: “Se le tue fotografie non sono abbastanza belle, non sei abbastanza vicino”. La sua capacità di sintetizzare con una sola immagine i sentimenti e i dolori di un popolo dilaniato dalla guerra civile o dalla rivolta, suscita grande ammirazione. Tutte le sue opere hanno un elemento in comune: testimoniano il fascino che su di lui esercita l’uomo sempre in bilico tra la volontà di vivere e la propensione all’autodistruzione. La grande passione per il suo lavoro ne ha fatto il più famoso inviato di guerra del secolo: Capa ha senza dubbio fatto scuola e costituito un esempio da imitare non soltanto nel campo della fotografia, poiché la sua opera è al tempo stesso un manifesto contro la guerra, l’ingiustizia e l’oppressione.

Robert Capa STORIE DI GUERRA
Dalla guerra Civile Spagnola alla Guerra di Indocina
Lugano, Photographica FineArt
Dal 18/12/2014 al 30/01/2015
martedì – venerdì 09.00-12.30/14.00 – 18.00 sabato su appuntamento 

WHITE Gennaio

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Innovazione, sperimentazione e contemporaneità sono le parole chiave per cogliere l’essenza di White Gennaio, che reinterpreta il format fieristico per definire un salone con una precisa atmosfera in cui la ricerca si allarga anche sul mondo streetwear e urban e si contamina con la musica, il web e l’entertainment. Protagonisti, non solo le tendenze più cool, ma anche i prodotti di nuova generazione, complice un’attenta ricerca fatta in tutto il mondo incline a cogliere i cambiamenti del mercato.
Da sabato 17 a lunedì 19 White animerà ancora una volta la fashion week milanese nelle due storiche location di via Tortona 27 e 54, SuperstudioPiù, arricchendosi della new entry di quest’anno, l’Ex Ansaldo.
 Circa 180 le aziende, tra italiane e straniere, che esporranno le loro novità: numeri che marcano una crescita del 20% rispetto all’analoga edizione 2014.
Il salone ospita le collezioni di ricerca di marchi per l’uomo e circa 50 collezioni donna, spesso mixati nello stesso spazio espositivo, per rispondere alle numerose richieste di aziende presenti sul mercato con entrambe le linee. Il salone è stato chiesto dai brand presenti quale piattaforma ideale per presentare le loro ultime novità durante il periodo dedicato al menswear o alle preview-donna. Special guest con la sua collezione donna, il designer Maurizio Pecoraro.
Ma le news non finiscono qui…
A corollario di White, infatti, nasce la nuova sezione WOW 0.15con un esclusivo brandmix studiato in tandem con il team di Highsnobiety insieme a White. Se è vero che la vocazione di White è rappresentare una fucina di idee dove convogliano i diversi linguaggi della moderna comunicazione e della contaminazione tra moda e musica, passando per il web, è altrettanto vero che fondamentale al fine di validare ciò diviene la collaborazione con una delle piattaforme di maggior successo a livello internazionale nell’ambito della ricerca, nota al mondo fashion anche grazie al suo magazine distribuito in tutto il mondo. Grazie ad Highsnobiety, opinion leader della moda street si è potuto dar vita al nuovo progetto WOW 0.15: una sezione dedicata al web che vedrà all’opera professionisti del mondo della moda, fotografi, video maker, blogger e stylist impegnati a realizzare editoriali sulle novità più trendy della stagione. Gli outfit e gli accessori di una selezione di marchi contemporary, saranno oggetto di shooting fotografici postati in tempo reale sul sito e sui social media dei due partners.
Il salone diventa anche terreno di confronto con una delle più interessanti realtà del fashion business italiano, SLAM JAM, il distributore di abbigliamento fondato a Ferrara nel 1989 dall’imprenditore Luca Benini e noto per aver lanciato marchi del calibro di Stussy, Carhartt e BLK DNM. Divenuto negli anni punto di riferimento per gli operatori del fashion, è noto per aver lanciato sui mercati internazionali numerosi brand di ricerca. Slam Jam ha scelto la rassegna milanese per festeggiare i suoi primi 25 anni di storia, attraverso un evento che ospiterà artisti londinesi legati al mondo della moda, della musica e della fotografia.
Ed è ancora la magica liason tra la moda e la musica a scandire il count-down, in via Tortona 54, dell’evento dedicato a uno dei rapper più conosciuti nel mondo: Fabio Bartolo Rizzo, in arte Marracash, che proprio a White la sera di venerdì 16 gennaio sarà presente con una preview-evento appositamente ideato per un selezionato pubblico di addetti ai lavori. La collezione in esclusiva a White con etichetta KG, distribuita dal gruppo Falconeri nei migliori multimarca italiani come Sugar di Arezzo e Border Line di Milano, sarà poi esposta in uno spazio speciale del salone. La new collection, realizzata dal designer Daniele Bianucci, si compone di un total look ispirato alla cultura Ninja.
Fashion & music, infine, anche per Saturnino, l’eclettico musicista noto internazionalmente, che esporrà a White la sua linea di occhiali di ricerca Saturnino Eyewear, ispirata ai pianeti.

White
17-19 gennaio 2015

Via Tortona 27 e 54, Milano

LEISURE_WHITE gennaio: le aree speciali

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La location Tortona 27 ospita marchi dell’avanguardia fashion e numerose aree speciali.
 Prime fra tutte è quella di Adidas Originals, che ritorna a White con le linee Adidas Originals Blue Collection, Superstar, Tubular e presenta in anteprima esclusive capsule collection progettate con brand di ricerca come Neighborhood e Hyke. Riconfermano la loro presenza anche Reebokcon Reserve, la collezione street e active che comprende il remake di modelli iconici del colosso americano, insieme a importanti focus della nuova stagione. Ritorno in grande spolvero anche per Nasir Mazhar, il marchio dell’omonimo designer londinese che si è imposto con il suo stile sport-inspired. Special area per il brand Patagonia eccellenza dell’abbigliamento outdoor. Un’area speciale, inoltre, per Collection Privée?, forte della sua recente affermazione sui mercati asiatici. La sapienza artigianale del made in Italy è protagonista nell’area dedicata a Alberto Fasciani, il brand marchigiano fondato nel 1950, mentre è ancora squisitamente contemporary l’allestimento di Fattore K, lo showroom multimarca milanese, che rappresenta marchi del calibro di Todd Snyder + Champion, Champion Reverse weave, Nemen, Bevilacqua shirts, Archivio by Romano Ridolfi, Big Uncle.
Dall’America approdano a White per la prima volta il brand di sneakers Etonice il label di calzature style college Walk Over. Riconferma la sua presenza alla manifestazione il brand italiano Parajumpers che presenterà una capsule della ricca collezione, risultato della collaborazione con un designer giapponese.
Nella location Tortona 27, inoltre, trovano spazio anche le aree Wok Room, Bottega Backdoor & La Ferramenta, dedicate a brand di ricerca dal sapore spesso streetwear, curate da White in collaborazione con omonimi retailer conosciuti per l’estrema ricerca, per avvicinare il pubblico dei buyer internazionali ai brand contemporary.


Sempre a Tortona 27, infine, l’onore di ospitare l’evento “La tradizione, Il valore, Il bello”che inaugurerà il salone nella mattina di Sabato 17 e sarà dedicata a Faliero Sarti, marchio conosciuto in tutto il mondo per le splendide sciarpe e per i preziosi scialli, che celebrerà a White il suo ventesimo compleanno. Uno speciale allestimento ripercorrerà le tappe salienti della sua storia, quella di uno dei brand più rappresentativi della tradizione e dell’eccellenza italiana che dai tessuti preziosi ricava accessori da sfoggiare per vanità, emozione, o solo per piacere.
Vocazione avant-garde, invece, per il Basement di Tortona 27, da sempre nucleo vitale della ricerca e dello stile White. Una vera e propria galleria di ricercatezze che, nell’imminente edizione di gennaio 2015, propone l’ultima collezione di Joe Chia, il designer di Singapore, autore di blazer e giacche impermeabili oversize, che mixano il nylon alle fibre naturali come la seta e il lino. Nella stessa area sono accolti anche AD Ann Demeulemeester, con la sua modernissima collezione di calzature uomo-donna, Masnada, il marchio etico italiano fondato nel 2007 da Angelo Iannello, la collezione di borse del designer Filippo Fanini e il total look siglato Serienumerica. Ritornano anche Lucio Vanotti, con le sue sofisticate creazioni concettuali, Ermanno Gallamini, che utilizza tessuti rari e nobili e il marchio di calzature Peter. Arrivano, invece, dalla Germania il label new entry Milieu e dalla Francia Marc Le Bihan con i suoi capi di abbigliamento senza tempo.

Last but not least, White Glasses, lo spazio dedicato agli occhiali di ricerca che mette in vetrina alcuni marchi più rappresentativi di un settore in netta affermazione nel panorama del fashion. I brand Andy Wolf Eyewear, IC! Berlin, Maki Sunglasses porteranno a White le ultime news, accanto a quelle firmate di Saturnino Eyewear e agli innovativi occhiali del marchio Spektre Sunglasses.

White
Via Tortona 27 e 54, Milano
dal 17 al 19 gennaio 2015 

LEISURE_Bellissima al MAXXI

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Emilio Schuberth, le Sorelle Fontana, Germana Marucelli, Mila Schön, ma anche Valentino, Simonetta, Roberto Capucci, Fernanda Gattinoni, Fendi, Renato Balestra, Biki, Irene Galitzine, Emilio Pucci, Fausto Sarli e molti altri ancora. Il meglio della moda made in Italy, quella autentica, che ha dato vita nell’immediato dopoguerra allo sviluppo di un concetto di stile unico nel suo genere, inconfondibile e, al tempo stesso, intramontabile. Oggi come allora, si tratta di nomi che riecheggiano nelle nostre menti, portando alla luce inestimabili abilità e capacità, madrine di raffinatezza ed eleganza.
Ma se è vero che la moda ha sempre dialogato con le molteplici forme d’arte, non vi è da meravigliarsi nel vederla dialogare con opere d’arte, con il cinema e i suoi divi, di via Veneto e della Dolce Vita.
Tutto questo – e molto altro ancora – è protagonista della mostra Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968(visitabile fino al 3 maggio 2015), realizzata a cura di Maria Luisa Frisa, Anna Mattirolo, Stefano Tonchi e che, attraverso la lente privilegiata della moda, ritrae la cultura italiana in un momento di creatività straordinaria(nel cinema, nell’arte, nell’architettura, nel teatro, nella fotografia), facendo rivivere al MAXXI le atmosfere e gli stili di un periodo che ha contribuito in modo unico a definire il carattere e lo stile italiani a livello internazionale. Main partner del progetto, Bulgari, da 130 anni emblema di creatività ed eccellenza.
Con un allestimento essenziale e contemporaneo curato dall’architetto Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Bellissima mette in scena una selezione di 80 abiti di autori che hanno costruito l’identità della moda italiana, evidenziandone temi e tratti distintivi. Dalle creazioni spettacolari che hanno illuminato i grandi balli e i foyer dei teatri del secolo scorso, accompagnate dalle abbaglianti espressioni dell’alta gioielleria, all’eleganza trattenuta degli abiti da mezza sera dal grafismo rigoroso del bianco e nero all’esplosione cromatica - sospesa fra orientalismo allucinato e pop art spaziale - tipica degli anni Sessanta; dalle invenzioni per le attrici della Hollywood sul Tevere (con gli abiti disegnati per Ava Gardner, Anita Ekberg, Ingrid Bergman, Lana Turner, Kim Novak, Anna Magnani) agli esiti della sofisticata ricerca formale frutto di alcune intense collaborazioni fra sarti e artisti. E poi i completi da giorno, i tailleur e i cappottini che raccontano di un lusso ricercato anche nel quotidiano.
A corollario, gli accessori –borse, scarpe, bijoux, cappelli – che completano l’immagine della moda italiana e hanno contribuito a lanciare la nostra artigianalità a livello internazionale. Tra questi, degni di nota quelli a firma Coppola, Toppo, Salvatore Ferragamo, Fragiacomo, Gucci, Roberta da Camerino.
Non da ultimo, i gioielli, da sempre ideale complemento degli abiti come espressione di gusto e personalità nonché emblema dei fermenti culturali di un’epoca. Bulgari, il gioielliere italiano più celebre nel mondo, espone una selezione di pezzi unici rappresentativi di un periodo chiave nella storia del Marchio a livello di sperimentazione e innovazione stilistica. Fra i pezzi in mostra, le iconiche creazioni Serpenti in oro con diamanti o smalti e una straordinaria collana degli anni ’50 in platino, rubini e diamanti per un totale di 70 carati.
In mostra, inoltre, le fotografie di Pasquale De Antonis, Federico Garolla, Ugo Mulas, autori straordinari che attraverso le loro immagini raccontato i fasti della moda italiana e i suoi paesaggi; riviste dell’epoca e documenti originali; filmati che ne rivelano la grande effervescenza.
A suggellare gli infiniti connubi tra la moda e l’arte tout court intesa ed espressa nei suoi molteplici linguaggi, infine, le opere di Carla Accardi, Getulio Alviani Alberto Biasi, Alberto Burri, Massimo Campigli, Giuseppe Capogrossi, Lucio Fontana, Paolo Scheggi, molte delle quali esposte grazie alla collaborazione con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, testimonianza della sperimentazione e della grande vitalità creativa di un’epoca eccezionale.
Il dialogo con l’arte contemporanea, in particolare, è messo ben in evidenza da vb74, performance che Vanessa Beecroft ha progettato appositamente per l’inaugurazione della mostra sul tema dell’identità femminile.
Otto le sezioni espositiveattraverso le quali cogliere la complessa e cangiante immagine della moda italiana in una sorta di racconto ideale fatto da tante storie esemplari che hanno dato forma e consistenza all’affermazione dell’etichetta “made in Italy”. In Arty l’atelier è presentato come luogo di produzione culturale e, quindi, come testimone - soprattutto nel corso degli anni ‘60 - di atmosfere scandite dalla complicità fra creatori di moda e artisti. Emblematici in questo senso i casi di Roberto Capucci, Germana Marucelli, Mila Schön: creatori che utilizzano il progetto dell’abito come spazio di riflessione sui linguaggi della contemporaneità e che coltivano il dialogo con gli artisti per trasformarsi in interpreti visionari delle forme del loro tempo. Si procede poi con Giorno, sezione in cui i completi da giorno, i tailleur, i cappottini sono l’altra faccia dell’alta moda, quella meno appariscente che ci racconta di un lusso ricercato che non ha bisogno delle occasioni uniche per manifestarsi. Sono gli oggetti che definiscono gli immaginari urbani della modernità. I dettagli costruttivi combinati alla qualità italiana dei tessuti, le lavorazioni artigianali che si innestano su quelle industriali, impreziosendole, sono alla base delle soluzioni formali che caratterizzano questi abiti. Il viaggio dell’alta moda è anche l’esplorazione di questo territorio, che permette ai grandi sarti italiani, fra gli anni cinquanta e gli anni sessanta, di mettersi in gioco e sperimentare. È il percorso vero l’alta moda pronta, verso il prêt-à-porter.
La mostra prosegue con Bianco e Nero, principio progettuale alla base di alcuni fra gli abiti in mostra che rappresentano le più riuscite manifestazioni dell’alta moda italiana fra gli anni ‘50 e ‘60, intesa non come luogo che celebra atmosfere elitarie, ma come eccezionale laboratorio creativo, spazio per la messa a fuoco delle poetiche dei creatori italiani. Essenziale e grafico, il bianco e nero diventa la radiografia attraverso la quale leggere le qualità degli abiti che maggiormente sperimentano nuove soluzioni formali, lunghezze inaspettate, accostamenti inediti fra i materiali. La storia racconta che la moda ben presto ha stretto profondi legami con la settimana arte e proprio nella sezione Cinema rivivono queste atmosfere. L’atelier delle Sorelle Fontana è lo scenario del film di Luciano Emmer Le ragazze di Piazza di Spagna (1952), e sempre delle Sorelle Fontana sono gli abiti che sfilano nella sartoria torinese del film di Michelangelo Antonioni Le amiche (1955). Ma anche Fernanda Gattinoni, Emilio Schuberth, e poi Valentino, Fabiani, Tiziani: sono alcuni dei nomi che si legano al glamour delle attrici della dolce vita. Le attrici italiane e quelle internazionali diventano clienti affezionate delle grandi sartorie romane e questi creatori diventano il referente privilegiato per i guardaroba personali di icone come Ingrid Bergman, Ava Gardner, Gina Lollobrigida, Sophia Loren, Audrey Hepburn, Anna Magnani, Silvana Mangano, Kim Novak, Elizabeth Taylor. La mostra prosegue con Gran Sera, dove regina è l’interpretazione sartoriale dell’unicità propria delle grandi occasioni: l’abito di alta moda è lo strumento che scandisce l’incedere sul tappeto rosso, che anima i foyer dei grandi teatri la sera della prima e i saloni dei palazzi nobiliari durante i grandi balli. Ardite sperimentazioni che trovano la loro validazione con gli abiti da cocktail. In questa sezione la mostra ripercorre le linee tipiche di queste occasioni: “a vetro soffiato”, “alternata”, “solare”, “a boule”, “a scatola”, “a stelo” fino all’arrivo nel corso degli anni ’60 di pantaloni, scarpe dalla punta allargata e dal tacco basso e ispessito. Ma la moda italiana guarda anche oltre, non fermandosi al Belpaese. È così che rimane affascinata dall’oriente e dagli esotismi, al punto di tradurre questa attrazione in  applicazioni e ricami elaborati e preziosi: motivi floreali, arabeschi e astrazioni geometriche diventano scintillanti campiture della silhouette, posizionate su collo, polsi e orli, e arrivano a invadere l’intera superficie dell’abito. Ma non è tutto. Quest’attrazione, infatti, non si esaurisce nella decorazione: nel 1960 il Pijama Palazzo, ideato da Irene Galitzine insieme al suo giovane collaboratore Federico Forquet, riscuote un grande successo alle manifestazioni di moda fiorentine. Dulcis in fundo, la sezione Space, dove paillettes, frange, placche in alluminio, disegni geometrici a rilievo che modulano e animano le sintetiche forme degli abiti la fanno da padrone. Il luccichio metallico diventa l’emblema delle visioni del futuro e di quell’estetica anni ‘60 proiettata verso un domani alla moda. È l’alta moda che si accorge dei giovanissimi, che accompagna i balli sincopati e le pose iper-grafiche delle modelle di “Vogue” e che dai palazzi barocchi della nobiltà romana si sposta sulla pista del Piper Club e fra le scenografie in bianco e nero dei varietà in televisione. 

Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968
Fino al 3 maggio 2015
a cura di Maria Luisa Frisa, Anna Mattirolo, Stefano Tonchi
progetto allestitivo di Maria Giuseppina Grasso Cannizzo e Guido Schlinkert
Galleria 5 
Maxxi, Museo nazionale delle arti del XXI secolo ∙ Via Guido Reni 4A - 00196 Roma 
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