Quantcast
Channel: La Vie C'est Chic
Viewing all 611 articles
Browse latest View live

BOOK_Visti&Scritti

$
0
0

Visti&Scrittiè l’ultimo libro pubblicato da Ferdinando Scianna, nella collana In Parole di Contrasto. Un libro che chiude un ciclo personale - il ciclo della memoria - che comprende tre volumi. Prima di quest’ultimo vi sono stati, Ti mangio con gli occhi(2013, Contrasto) e nel 2001 Quelli di Bagheria. Ciclo della memoria perché rievoca l’infanzia e la prima giovinezza dell’autore in Sicilia, ma anche perché si avvale del tema del cibo come innesco del racconto. Nell’ultimo libro il fotografo siciliano raccoglie 350 ritratti realizzati in oltre cinquanta anni di mestiere. Per ogni ritratto Scianna ha scritto un testo che lo accompagna, tentando quindi un grande affresco autobiografico e dando vita a un libro memoria. Una lunga carrellata di icone, di sguardi, di pose, di istantanee in bianco e nero che tessono il percorso personale e professionale dell’autore.
I tre titoli insieme, inoltre, propongono un nuovo percorso narrativo per Ferdinando Scianna. L’autore, infatti, sperimenta e propone pubblicazioni nelle quali le fotografie si coniugano in maniera stretta e inscindibile con la scrittura. Il racconto fotografico diviene così finalizzato, andando ben oltre il semplice album e lambendo i confini di un territorio narrativo inedito, in cui i due linguaggi – scritto e per immagini – sinergicamente combinano la loro funzionalità. È così che nasce un nuovo tipo di racconto, impossibile da leggersi prescindendo dalle immagini né, relativamente alle fotografie, dalle parole che vi scorrono insieme e non accanto.
Un libro che, come gli altri due, deve la sua particolarità al rapporto dialettico, profondo e complice instaurato con l’art director Alberto Bianda.

Scianna concepisce i propri libri autonomamente, ma rispetto ai tre succitati (come anche, per esempio, per la grande monografia La geometria e la Passione, pure realizzata insieme) considera Bianda alla stregua di un coautore. In tal senso il suo contributo non è stato solo grafico e formale, ma molto più profondo, essendo entrato nel tessuto e nello spirito del libro stesso.

PEOPLE_Robert Mapplethorpe

$
0
0




Robert Mapplethorpe nasce il 4 novembre 1946 a Long Island, New York, terzo di sei figli, in una famiglia cattolica di origini irlandesi appartenente alla media borghesia americana. A sedici anni viene sorpreso mentre tenta di rubare un giornalino pornografico: sono questi gli anni in cui comincia a manifestare la sua omosessualità, non ancora pienamente riconosciuta.
Si iscrive, come già aveva fatto il padre, ad un programma scolastico mirato all'addestramento dei giovani che rientreranno nelle fila dell'esercito americano come ufficiali, ma ben presto lo abbandona. Inizia, quindi, gli studi di disegno, pittura e scultura al Pratt Institute di Brookly. Influenzato dalla produzione di artisti come Joseph Cornelle e Marcel Duchamp comincia a sperimentare usando vari materiali, producendo una serie di collages composti con immagini tratte da giornali, riviste e libri.
Siamo negli anni della guerra in Vietnam e della grande contestazione studentesca: tumulti sociali che spesso e volentieri coincidono con quelli personali. E Robert Mapplethorpe non rimane indenne: sospende i suoi studi e inizia a fare uso di sostanze stupefacenti, sviluppando una dipendenza che lo accompagnerà per tutta la vita.
In questo stesso periodo incontra la giovane Patti Smith, arrivata a New York con la ferma intenzione di diventare una poetessa. Patti diverrà una presenza fondamentale nella sua vita: i due diventeranno amanti e si trasferiranno a vivere in una stanza del famoso Chelsea Hotel, dove rimarranno anche dopo la fine della loro relazione. Robert la fotograferà moltissimo e realizzerà la copertina dell'album "Horses".
Nel 1970 compra una Polaroid, che diverrà la compagna di numerose avventure fotografiche, tra le quali svetterà il reportage “New York S & M”, realizzato tra le vie della città alla fine dei Seventies: immagini per certi versi scioccanti, ma destinate e scovare l’insolito.
I protagonisti delle fotografie di Mapplethorpe, spesso attori pornografici, vere coppie omosessuali o semplici modelli ritratti in pose erotiche, saranno pubblicati insieme a uno scandaloso autoritratto nella raccolta PortfolioX.
Sempre nel 1970 inizierà la sua prima seria relazione omosessuale con il modello David Crowland, che gli presenta in seguito il curatore della sezione fotografica del MoMA. Una nuova conoscenza grazie alla quale inizierà la sua fortunata carriera fotografica. Mentre nel 1972, San Wagstaff lo introdurrà nei migliori ambienti di New York, garantendogli la stabilità economica. I due diverranno amanti, rimanendo insieme per molti anni fino alla morte di Sam, avvenuta a causa dell'Aids.
Nel 1980 Mapplethorpe incontra Lisa Lyon, la prima campionessa di body building femminile. Lisa diventerà la protagonista di una serie di fotografie raccolte nel volume "Lady, Lisa Lyon". Nel corso degli anni ‘80 le sue fotografie diventeranno meno immediate e più rispettose dei canoni artistici classici; sarà anche il momento per raffinare alcune tecniche fotografiche, come la famosa stampa al platino su carta e su lino e il cibachrome, oggi detto lifocrome, una stampa fotografica con colori ad altissima stabilità cromatica.
Nel 1986 sarà la volta delle immagini scattate per il volume di poesie di Arthur Rimbaud “Una stagione all'inferno". Nel 1986 gli verrà diagnosticato l'Aids, ma Mapplethorpe continuerà a lavorare instancabilmente. Nel 1988 il Whitney Museum of American Art organizzerà la sua prima grande retrospettiva e nello stesso anno darà vita alla fondazione (che porterà il suo nome) e a cui sarà affidato il supporto ai musei che si occupano di fotografia e la ricerca di fondi per combattere l'Aids.

Il 9 marzo 1989, a soli 42 anni, Robert Mapplethorpe morirà, lasciando un’eredità culturale e creativa di impari valore, quintessenza di trasgressione e rigore estetico, dove la fotografia viene validata nella sua funzione intrinseca: catturare un momento – o, meglio, il momento – per cristallizzarlo nell’eternità.

STYLE_Giancarlo Petriglia, PE 2015

$
0
0


Siamo alle porte della stagione autunnale, ma la moda già guarda oltre. Terminate le sfilate e le presentazioni milanesi delle prossime collezioni primavera-estate, l’occhio non può non cadere sulla linea di borse di Giancarlo Petriglia. Dal 2012, anno di debutto, ad oggi lo stilista ha saputo incontrare i gusti di una clientela sofisticata ed esigente, meravigliando per la creatività e, al tempo stesso, per la spiccata italianità: un mix ponderato di stile, glamour e raffinatezza che trova la sua validazione in una lavorazione artigianale, realizzata con pellami di qualità eccellente e grazie all’abilità manuale di esperti manifatturieri del settore.
Per la primavera-estate 2015, Giancarlo Petriglia propone borse multifunzione e trasformabili, che vanno dal formato macro da lavoro a micro pochette da yacht, piene di cartoline e souvenir di culture diverse. In ogni caso e qualunque sia l’esigenza nonché la funzionalità intrinseca, le sue creazioni raccontano una femminilità garbata, utilizzando una molteplicità di tecniche che traducono la continua ricerca dell'insolito e del non comune, da sempre emblema dello stile firmato Giancarlo Petriglia.
Scenografici e inaspettati i materiali, ispirati alla mostra "Rara Avis: Selection from the Iris Barrel Apfel Collection"presentata al Museum of Modern Art: pitoni nappati monocolore abbinati a pitoni iper-colorati dipinti a mano, coccodrilli nappati, serpenti intarsiati a righe multi-color o personalizzati con stampe pop e nervature oro. Anche le tradizionali pelli in vitello subiscono contaminazioni street con applicazioni di reti in gonna o intrecci metal.
Le superfici delle borse sono plastiche architetture pop dalle forme rigorose, impreziosite da ricami in metallo, plexi e plastica oppure rese luccicanti da bagliori luminosi di metalli smaltati, cristalli e paillettes per riordinare e creare uno stile unico nel suo genere.
I colori e i pellami sono uniti ossimoricamente tra loro, per il gusto e la sapienza della sperimentazione estetica, in un equilibrio stabile; la palette cromatica dei naturali come il cipria e il nocciola è alternata ai toni sorbetto del mandarino, del menta e del turchese. L'immaginario bianco e nero è rinvigorito da cromie vivide e preziose: geranio, sole, hot pink e rosso marlboro, come sontuose e carnali corolle di fiori tropicali.
“Colore, forma e materia: questi sono gli ingredienti base della mia nuova collezione ispirata a Iris Apfel e al suo stile unico e inimitabile, in un mix perfetto di esotismo e alta moda. Ho raccolto la sfida di trasformare una borsa dall'aspetto ‘pelletteria tradizionale’ in una reversibile super glam; il risultato è una collezione votata a un intenso e scrupoloso lavoro di ricerca dei materiali e dei pellami, in tutte le lavorazioni, consistenze e mix, pensata per essere abbinata a seconda della sua missione: poetica e luxury o pop e radicale", afferma Giancarlo Petriglia.

E allora via libera alla meraviglia dell’ingegno creativo, quintessenza di ricerca, sperimentazione e rispetto della tradizione.

STYLE_Le Capresi

$
0
0









Capri è l’emblema della dolce vita. Di un bel tempo che fu. Di un’armonica convivenza di raffinatezza, eleganza, glamour. Di dive e divine per eccellenza, che camminavano per le viuzze dell’isola, portando con sé un autentico senso di celebrità.
Oggi, quest’allure di magia rivive grazie a un brand che nelle sue creazioni fa tesoro di questo spirito: Le Capresi. Sandali ma anche deliziose loafers da portare di giorno come di sera, per impreziosire look prestigiosi o caratterizzare per personalità e senso del gusto mises informali.
Creazioni uniche: per la creatività dei modelli, la qualità dei materiali, le tecniche di lavorazione, la produzione interamente manuale.
Il brand nasce nel 2008 dalla passione di Rory De Angelis per l’isola di Capri e la dolce vita. Un passato da modella e una vocazione per il senso del bello hanno fatto il resto. Et voilà che il suo talento visionario prende vita con la rivisitazione in chiave glamour del celeberrimo sandalo caprese, amato in tutto il mondo al punto da vantare estimatrici del calibro di Soraya, Maria Callas e Jackie Kennedy.
La semplicità dei modelli trova il suo contraltare nella preziosità dei dettagli: è così che linee classiche ed eleganti si sposano a materiali come cristalli Swarovski, turchesi, perle di fiume, pietre dure. Un mix calibrato di perfezione, ricerca e lusso. Sandali unici per la loro estetica nonché per la lavorazione interamente realizzata a mano da parte di maestri artigiani capresi. Uno spirito che anima anche la produzione di mocassini e loafers che combinano glamour e tendenza, nel rispetto di buon gusto e raffinatezza.
Passione, dedizione e amore gli ingredienti irrinunciabili di questa magica formula che ha catturato l’attenzione di celebrities del calibro di Olivia Palermo e Miranda Kerr.

E così, a distanza di decenni, il mito di Capri corre intatto, portando con sé la duplice dimensione di sogno e realtà. Dimensioni nelle quali l’esclusività diviene sinonimo di tradizione ed eleganza.

www.lecapresi.it 


LEISURE_Horst in mostra a Londra

$
0
0









Fino al 4 gennaio l’esposizione "Horst: Photographer of Style" raccoglie una selezione imponente di 250 fotografie (molte delle quali donate al V&A Museum dal collezionista Gert Elfering), che delineano ogni tappa del percorso professionale e creativo del fotografo. Non solo la fotografia di moda, ambito principe del lavoro di Horst, ma anche gli sconfinamenti nell'arte, nel design, nel teatro, per un'indagine a tuttotondo sull'artista e sull'uomo.
Un viaggio per immagini nel talento visionario e creativo di Horst, che inizia con i primi passi da fotografo, dopo il trasferimento a Parigi, nella rivista Vogue (di cui poi realizzerà oltre 90 copertine). Le collaborazioni con Lanvin, Molyneux e Vionnet, l'influenza del surrealismo di Salvador Dali, la conquista di New York e l'amore platonico per Coco Chanel (Horst, omosessuale, un flirt anche con Luchino Visconti, la definì ''la regina di tutte le cose''); e, poi, via con i ritratti nei quali immortalò alcune tra le più belle donne del mondo – da Rita Hayworth a Bette Davis, da Vivien Leigh a Ginger Rogers, passando per Marlene Dietrich e Joan Crawford -, fino alle sperimentazioni sull'uso del colore e gli studi sulle forme naturali (fiori, minerali, conchiglie e ali di farfalla) da applicare come modelli per tessuti, tappeti e oggettistica. Elementi e ispirazioni differenti che hanno segnato in maniera indelebile l’ascesa di Horst, rendendolo un'icona indiscussa di stile, eclettismo, anticonvenzionalità.
La mostra è anche un’occasione per accendere i riflettori su alcuni aspetti poco conosciuti della sua vita e del suo lavoro, come i viaggi tra il 1940 e il 1950 in Israele, Iran, Siria, Italia e Marocco, dai quali tornò con fotografie che denotavano la sua bramosia di conoscere altre culture, tra suggestioni, paesaggi e architetture diversi.
E se di segreti si tratta, via libera anche a quelli che afferiscono alle note creative: esposti anche provini e schizzi, in modo da scoprire ciò che si nasconde dietro a uno dei lavori di Horst più celebri, la foto al corsetto Mainbocher, apparsa su Vogue nel 1939 (a cui il regista David Fincher si è poi ispirato negli anni '90 per le riprese del videoclip di Madonna ''Vogue''), o l'influenza che la scultura classica ebbe sui nudi maschili che il fotografo scattò negli anni '50.
A chiusura della retrospettiva, gli ultimi lavori di Horst, dalle case fotografate per la rivista House and Garden alle collaborazioni con musei, mostre e documentari.

Horst: Photographer of Style
V&A Museum, Londra

Fino al 6 gennaio 2015

ABOUT_Salvatore Ferragamo meets Marilyn Monroe

$
0
0



“La misura del piede mi rivela il carattere di chi lo possiede. Ho suddiviso le donne che sono venute da me in tre categorie: le Cenerentole, le Veneri e le Aristocratiche… La Venere è generalmente molto bella, affascinante e sofisticata, eppure dietro il luccichio esterno si cela spesso una donna di casa amante delle cose semplici; poiché queste due caratteristiche sono contraddittorie, la Venere è spesso incompresa: la si accusa di amare troppo il lusso e le frivolezze”.
Così Salvatore Ferragamo nella sua autobiografia descrive il prototipo delle donne che calzano scarpe numero 6, ma sembra parlare di Marilyn Monroe, l’attrice più famosa di tutti i tempi, la donna più fotografata, l’icona pop, la personalità complessa e discussa, la cliente fedele che ha reso celebri i suoi décolleté a tacco 11 cm e che non ha mai incontrato, perché acquistava le sue scarpe direttamente nel negozio di Park Avenue a New York o se le faceva comprare in Italia.
Diversi i modelli creati da Salvatore Ferragamo per l’attrice nella seconda metà degli anni ‘50 e da lei indossati nelle sue pellicole più celebri. Icona di irresistibile femminilità, Marilyn Monroe è stata una delle star più carismatiche di tutti i tempi, oltre che cliente affezionata di Salvatore Ferragamo, abile nell’esprimere l’essenza indimenticabile del suo fascino.
Marilyn Monroe adorava indossare décolleté di essenziale eleganza, dalla punta sfilata e tacco a spillo di 11 cm, che accentuavano la sua innata e prorompente femminilità e che Ferragamo declinò in una varietà di materiali e colori tipica del suo stile. Tra questi, degni di nota sono i seguenti.
Viatica, décolleté con tomaia in camoscio beige, punta, tallone e tacco a spillo in coccodrillo marrone, e Viatica 2, décolleté realizzato completamente in coccodrillo, nascono dalla famosa scarpa creata per Marilyn nel 1958-1959 e indossata dall’attrice nel film A qualcuno piace caldo di Billy Wilder.
Vi sono poi Sugar – che trae nome appunto dal personaggio della Monroe nel film di Wilder – una pump con tomaia in camoscio, piccole applicazioni in vitello e punta sfilata, e Chianti (1956), una delle più fortunate creazioni di Salvatore Ferragamo negli anni ‘50 sulla forma di décolleté realizzato per Marilyn Monroe.
 Si passa, poi, dall’allure bon ton di Romantica, décolleté in camoscio e accollato bordo smerlato, al look da sera di Honey, pump con tomaia in raso, ornamento di strass bianchi e tacco rivestito di raso, per arriva alla modernità delle lavorazioni di Norma (1958-1959), tomaia in camoscio con tagli ornamentali e fodera in capretto, e alla ricercatezza di Abbe (1959), décolleté in vitello con scollatura orlata da tre listini centinati in capretto e tacco a stiletto in vitello decorato con lo stesso motivo in diagonale.

I prodigi della lavorazione artigianale, indiscussa caratteristica della Salvatore Ferragamo, si combinano perfettamente alla semplicità del design in Beauty (1958-1959), décolleté formato da due tomaie in capretto cucite insieme e sapientemente intagliate, e in Red, pump dalla punta sfilata, interamente ricoperta di Swarovski. Quintessenza del sex appeal, questa scarpa fu realizzata per Marilyn Monroe nel film Facciamo l’amore del 1960 per la regia di George Cukor.

LEISURE_Baccarat: la légende du cristal

$
0
0











Si preannuncia una calda stagione fredda chez Baccarat. A partire dall’appuntamento che da metà ottobre darà luce alla Ville Lumière, proprio quando i colori intensi delle foglie donano alla città un fascino particolare e il clima ancora mite invita a perdersi in flâneries, fino al periodo natalizio, che vede gli Champs Elysées vestirsi di luce. La mostra“Baccarat. La légende du cristal” si aprirà con undoppio vernissage: dapprima un esclusivo cocktail organizzato da Baccarat il 13 ottobre, a seguire, il 14, un grande party inaugurale organizzato dal Petit Palais e da Paris Musées.
Baccarat raggiungerà il culmine dei festeggiamenti per il suo 250esimo anniversario mettendo in mostra nelle Grandes Galeries del Petit Palais una selezione di capolavori, straordinaria testimonianza del virtuosismo dei suoi artigiani e ottimo pretesto per trascorrere un weekend autunnale nella capitale francese. Si tratta della prima retrospettiva dedicata alla più illustre manifattura di cristalleria al mondo dopo la mostra tenutasi al Museo delle Arti Decorative di Parigi in occasione del Bicentenario, nel 1964.
In armonia con le architetture del Petit Palais, eretto per l’Esposizione universale del 1900, la mostra presenterà le creazioni realizzate per le grandi esposizioni del periodo compreso tra il 1823 e il 1937, quando la Manifattura conquistò notorietà internazionale attirando le commissioni dei grandi del tempo.
In una scenografia raffinata, il visitatore scoprirà un’eccezionale selezione di circa cinquecento pezzi storici provenienti in massima parte dalla collezione privata della Manifattura, affiancati da prestigiosi prestiti arrivati dal museo d’Orsay, dal Louvre, dal Museo delle Arti Decorative, dal Museo nazionale della Ceramica di Sèvres, dal Conservatorio Nazionale delle Arti e dei Mestieri, dal castello di Compiègne e dai musei di Nancy. Le opere saranno presentate secondo criteri di affinità stilistica o di appartenenza a un comune contesto creativo. Numerosi disegni e documenti d’archivio inediti consentiranno di ripercorrere la genesi delle creazioni esposte, rivelando da quali fonti gli artigiani della celebre Manifattura abbiano tratto ispirazione nel corso degli ultimi 250 anni.
Tra le eccezionali opere presentate, ritroviamo il monumentale vaso “Negus”, il tavolo da toilette della duchessa di Berry e i vasi “Simon”, creati per l’Esposizione Universale del 1867 a Parigi. I servizi commissionati dai reali francesi, o realizzati per i potenti del mondo intero, dallo zar Nicola II all’imperatore del Giappone e ai maharaja, testimonieranno l’eccellenza dell’artigianalità di Baccarat. Una tavola allestita con alcune di queste opere realizzate su commissione mostrerà l’altissimo contributo di Baccarat al regno dell’art de vivre. E uno spazio speciale verrà dedicato al bicchiere Harcourt, commissionato dal re Luigi Filippo nel 1840, e alla sua storia leggendaria.
La mostra si concluderà in modo sfolgorante, con la Galerie d’Honneur del Petit Palais rischiarata da una lunga serie di maestosi lampadari, il più monumentale dei quali risplenderà di 250 luci.

Baccarat. La légende du cristal
Petis Palais – Musée des Beaux Arts
Avenue Winston Churchill, Parigi
Orari: da mertedì a domenica, ore 10.00-18.00; apertura serale il giovedì fino alle ore 20.00
Ingresso: adulti 11€

ART & CULTURE_I fratelli Kenney in mostra a Palazzo Reale

$
0
0

Fino al 12 ottobre 2014 nelle sale di Palazzo Reale a Milanosi terrà la mostra dedicata ai diritti civili sostenuti da John F. Kennedy, Robert F. Kennedy e Martin Luther King nonché al centro delle attività del Robert F. Kennedy Center for Justice and Human Rights, “Freedom Fighters - I Kennedy e la battaglia per i diritti civili”, promossa e prodotta dal Comune di Milano - Cultura, Palazzo Reale e  dal Robert F. Center for Justice and Human Rights Europe in collaborazione con l’Ambasciata degli Stati Uniti d’America in Italia e curata da Contrasto e Fondazione FORMA per la Fotografia. La mostra, a cura di Alessandra Mauro e Sara Antonell, sarà accompagnata da un catalogo edito da Contrasto e dalla mediapartnership di Sky Arte.
Dall‘8 al 10 ottobre 2014, inoltre, sempre nelle sale di Palazzo Reale si terrà “I HAVE A DREAM”, inedita mostra evento curata da Melissa Proietti e Raffaella A. Caruso che si concluderà con un’asta benefica a sostegno del Robert F. Kennedy Center for Justice and Human Rights Europe, battuta da Artcurial, che vedrà la partecipazione della presidente onoraria Kerry Kennedy.
Freedom Fighters e I Have a Dream partecipano a Milano Cuore d’Europa, il palinsesto culturale multidisciplinare dedicato all'identità europea della nostra città anche attraverso le figure e i movimenti che, con la propria storia e la propria produzione artistica, hanno contribuito a costruirne la cittadinanza europea e la dimensione culturale.
Milano riaccende così le luci su tre volti della libertà contemporanea - John F. Kennedy, Martin Luther  King e Robert F. Kennedy - avvalorando la lunga tradizione di amicizia e di lavoro che la lega agli Stati Uniti d’America, Paese che svolse un ruolo decisivo nell’acquisizione da parte dell’Europa della libertà dopo i totalitarismi e la guerra.
La mostra ripercorre le immagini e la storia di tre uomini coraggiosi che hanno voluto estendere i confini della libertà. Quanto bisogno ci sarebbe anche oggi della loro opera, nel complesso scenario internazionale, è evidente a tutti. Ma anche ciò che è evidente va continuamente richiamato, rivisto, riproposto a chi non c’era. La fotografia, con la sua funzione intrinseca di cogliere l’istante e cristallizzarlo nel tempo, diviene linguaggio. Un linguaggio che aiuta a cogliere il senso del lungo e tortuoso cammino della battaglia per i diritti civili negli Stati Uniti compiuto da tre personalità emblematiche del secolo scorso. Una lotta che non è mai terminata e né terminerà, negli Stati Uniti come dovunque, perché esisterà sempre un diverso, uno straniero, una minoranza da difendere e proteggere dall’arroganza degli ‘altri’ e dei più forti.
Esposto, un accurato percorso cronologico relativo alle tappe che hanno segnato la battaglia per i diritti civili ripercorrendone le diverse fasi e i protagonisti che l’hanno animata. Come in un nastro cinematografico, testi e immagini scorrono su grandi pannelli a parete. Dal 1776, anno in cui Il Comitato dei Cinque costituito da John Adams, Benjamin Franklin, Thomas Jefferson, Robert R. Livingston e Roger Sherman presenta al Congresso la bozza della Dichiarazione di Indipendenza, fino al 1964, anno in cui fu assegnato il Premio Nobel per la Pace a Martin Luther King.
 Nel percorso espositivo le immagini iconiche che hanno segnato i momenti più importanti ed emblematici di questa grande lotta civile. Dai celebri scatti che ricordano l’assurdità della segregazione razziale negli anni Cinquanta (immagini di Elliott Erwitt e Eve Arnold, tra gli altri), alle fotografie degli scontri di Birmingham, a quelle che ritraggono il movimento dei “Freedom Riders” o alla quotidiana attività politica dei fratelli Kennedy, ripresi nelle loro riunioni o nei comizi pubblici o negli incontri con la stampa e con i leader dei movimenti di emancipazione. Infine, negli scatti di Bruce Davidson, di Danny Lyon e di altri grandi fotografi, l’emozione della Marcia su Washington rivive in tutta la sua grandezza, così come nell’immagine di Leonard Freed vediamo Martin Luther King al suo rientro negli Stati Uniti dopo aver ricevuto il Premio Nobel, attorniato dalla folla.

Un viaggio romanzato nella storia, ma, al tempo stesso, di innegabile attualità. Un percorso visuale che afferma l’importanza del senso civico nella vita di tutti i giorni: un principio indiscutibile per arrivare all’affermazione dell’uguaglianza identitaria e cogliere la diversità come una forma di arricchimento, personale e collettivo.

Freedom Fighters

Fino al 12 ottobre 2014
Palazzo Reale
piazza del Duomo 12, Milano

INGRESSO GRATUITO

STYLE_Lebole Gioielli - Samarcanda, la via della Seta

$
0
0

Lebole Gioielli torna con una collezione che, mantiene inalterato lo spirito del brand, ossia evocare luoghi magici e lontani come l’estremo Oriente, accennandone la preziosità, la storia, il fascino e la cultura.
Samarcandail nome della nuova linea di bijoux, pensata per l’autunno/inverno 2014 e creata con tessuti Ikat di Antichi Kaftani Uzbeki. Ikat, che letteralmente significa nuvola,è un tipo di tintura dove parte dei filati vengono protetti tramite una stretta legatura per non essere tinti, mentre le parti non legate si colorano. L’iridescenza creata dai tessuti permea i colori di luce, ombre e trasparenza, che si presentano diverse ogni volta, in continuo movimento.
La coppia di orecchini è asimmetrica: il Kaftano, che è il perno della collezione, si può accoppiare con la sagoma di un’architettura o con il cammello.
Nomi come Samarcanda, Ikat, Uzbekistan evocano miti e leggende, portando a quando il nome di Tamerlano risuonava in tutta l’Asia Centrale, o a quando la seta legava l’Oriente all’Occidente. I tessuti raccontano la storia di tutto il mondo, racchiudendo l’evolversi delle civiltà e il susseguirsi degli imperi. Per secoli la cultura di ogni popolo è stata tessuta nei fili della trama e dell’ordito dei loro manufatti, giungendo a noi in tutto il suo splendore.
Il poeta Uzbeko Gafur Gulyam diceva: “Se desideri imparare la storia dei nostri tessuti, sarà tuo maestro lo stesso Khan Atlas. I suoi colori brillano come la corrente di un fiume, e anche il sole è parte della sua creazione”. Questa citazione rimanda alla leggenda secondo la quale molto tempo fa, uno dei KHAN (governatore) di Margilan, che aveva già quattro mogli, s’innamorò della bellissima e giovane figlia di un artista e decise di sposarla. A quell’epoca la quinta moglie non era riconosciuta legalmente, quindi l’artista-padre si arrabbiò con il Kahn per le sue intenzioni e gli chiese di modificare il suo desiderio. Il Khan promise di rinunciare ad una sola condizione: che l’artista producesse, prima della mattina successiva, qualcosa di più bello di sua figlia stessa. L’artista si disperò tutta la notte. All’alba uscì e sedette sulla riva di un torrente. Ad un certo punto vide le nuvole e tutti i colori dell’arcobaleno riflessi nell’acqua. Fu folgorato dall’idea di copiare su un tessuto la bellezza che aveva visto. E così fece. Il pezzo di stoffa, nato dall’amore del padre per la figlia, fu portato al Khan. Il Khan fu sorpreso, perché non aveva mai visto niente di così bello; accettò il tessuto artistico e lasciò cadere la proposta di sposare la figlia del pittore. Da qui il tessuto fu chiamato Khan-Atlas, proprio perché era stato inventato per il Khan.


BOOK_Louis Vuitton Fashion Photography

$
0
0

Mert Alas e Marcus Piggott, Henry Clarke, Patrick Demarchelier, Annie Leibovitz, Peter Lindbergh, Craig McDean, Steven Meisel, Helmut Newton, Juergen Teller, Mario Testino, Inez van Lamsweerde e Vinoodh Matadin sono solo alcuni dei protagonisti il cui obiettivo rappresenta il mezzo di esplorazione dell’universo targato Louis Vuitton.
Un viaggio per immagini, circa duecento, che raccontano la storia della Maison e della moda, segnando il rapporto inscindibile tra questi due mondi, che dal 1854, anno di fondazione del marchio, si influenzano reciprocamente. Dalle campagne pubblicitarie agli editoriali pubblicati sulle testate di moda più influenti, è un volo pindarico che spazia nei decenni, mostrando le evoluzioni in termini di stile e senso estetico nonché la naturale vocazione della Maison a celebrare la moda nella sua accezione più autentica, ossia storia e cultura e non mera tendenza e voluttà immaginifica.
Il volume – edito Rizzoli International, in uscita l’1 ottobre – è diviso in tre sezioni principali, ciascuna delle quali vanta un’introduzione a cura della scrittrice e fotografa Charlotte Cotton: articoli di moda dal 1977, le campagne pubblicitarie scattate dai maggiori fotografi di moda e un flashback degli anni ‘50. La prefazione, invece, è firmata da Martin Harrison, curatore d’arte e di fotografia

Rigorosamente in limited edition, ad avvalorarne la preziosità, la pubblicazione ha una copertina in tela bianca con tre cover in seta a scelta, scattate rispettivamente da Demarchelier, McDean e Bert Stern.

BOOK_Design e Moda

$
0
0


Un parterre di grandi personaggi ieri sera alla Triennale di Milano per presentare ufficialmente il libro Design & Moda – Progetti, Corpi, Simboli, Giunti Editore – Ottagono. Gillo Dorfles, Elio Fiorucci, Oliviero Toscani e Franca Sozzani (di cui si è ascoltata un’intervista registrata), ognuno dal canto loro, hanno spiegato cosa rappresentano la moda e il design nonché le possibili forme di dialogo. Dalla viva voce di chi ha vissuto in prima linea la storia – e, quindi, l’evoluzione – del costume è stato possibile ripercorrere uno spaccato del tempo, ossia un passato sempre più chiave di volta per comprendere il futuro. E così, se Gillo Dorfles ha posto l’accento sul fatto che la moda sia design e che, di diritto, caratteristiche quali la progettazione, la corporeità e il simbolismo (come enunciato dal sottotitolo del libro), siano parte imprescindibile di una sua completa comprensione, Elio Fiorucci ha ribadito il concetto secondo il quale ciascuno si deve vestire come meglio ritiene e, soprattutto, come si sente maggiormente a suo agio, oltrepassando il limitativo concetto di “code”, sempre più corsia di incanalamento verso l’omologazione e l’assenza di libertà. A chiosa, l’intervento di Oliviero Toscani, per il quale, oggigiorno, sempre più persone hanno bisogno di sembrare piuttosto che di essere, e, quindi, l’importanza di vivere il futuro immaginando.
A completare l’incontro, gli interventi di Giovanni Maria Conti, autore della pubblicazione, Eleonora Fiorani, Aldo Colonetti e Arturo Dell’Acqua Bellavitis.

Design e moda è il terzo volume della collana Giunti - Ottagono dedicata al made in Italy.
Dall’abitare (Design in Italia, 2010) al cibo (Design in cucina, 2012), si arriva dunque alla moda, intesa come attività progettuale legata a tradizioni artigianali ma anche alla ricerca tecnologica più sofisticata, a processi produttivi, materiali e distretti manifatturieri specifici.
È un viaggio che l’autore, Giovanni Maria Conti, compie alla scoperta degli artigiani, dei designer, delle fabbriche e degli stilisti italiani, ma anche di coloro che da tutto il mondo vengono qua per far realizzare le proprie idee. Da quest’accurato itinerario attraverso il territorio, la storia e la fotografia del nostro Paese emerge un’unità di pensiero e azione difficilmente replicabile altrove, un punto di forza ineguagliabile.
Il libro si apre con un contributo di Franca Sozzani, che associa alla documentazione quotidiana messa in atto dal sistema Vogue la capacità di andare al di là della cronaca e di cogliere l’essenza di qualsiasi fenomeno, ovvero ciò che rimane rispetto alle novità che il mondo offre tutti i giorni. Un’esperienza e un pensiero insostituibili.
Il primo capitolo - dedicato a “Il territorio della moda italiana” e articolato in Storia, Industria, Distribuzione - racconta l’evoluzione dal capo su misura all’abbigliamento in serie, senza dimenticare mai la qualità artigianale, vero filo conduttore di tutto il sistema.
I luoghi del quotidianosecondo capitolo, diviso in Corpo, Città, Lavoro, Sport - costituisce l’orizzonte simbolico e antropologico della possibilità di rinnovare i prodotti della moda guardandoal di fuori delle tradizionali esperienze: è nella commistione dei generi e delle specie che nasce l’innovazione.
L’“Atlante”, parte centrale del libro, è introdotto da tre approfondimenti dedicati ai Modi della moda - in sostanza i nuovi paradigmi da inizio Novecento ai giorni nostri, parafrasando un famoso libro di Gillo Dorfles; ai Signori della moda, ovvero ai protagonisti – sarti, stilisti, designer, artigiani, industriali - al centro di ogni cambiamento; all’Innovazione, in particolare ai materiali, alle forme e alla cultura.
Il corpo centrale dell’“Atlante” non ha un andamento strettamente cronologico in quanto raccoglie, all’interno delle tre grandi categorie del sistema moda - Abbigliamento, Capospalla, Accessorio - una serie di esperienze paradigmatiche: dal capo fatto in casa a immagini di riviste, dalla grande serie alla modella che ha trasformato l’identità e l’immagine di un prodotto; il tutto per dimostrare che la moda è un’attività “onnivora”, ovvero trasforma ogni cosa che incontra.
Infine, l’“Immagine della moda”; in sostanza come l’Illustrazione, la Fotografia, il Design e l’Architettura siano parte integrante del progetto-moda: discipline e competenze senza le quali essa non sarebbe in grado né di esistere né di svilupparsi nel mercato globale. Per queste ragioni, il capitolo “Narrare per immagini”, dedicato alla fotografia, è illustrato esclusivamente dai lavori di Oliviero Toscani, uno dei pochi fotografi a raccontare la moda all’interno delle trasformazioni sociali, dagli anni Sessanta a oggi.

Design & Moda – Progetti, Corpi, Simboli
di Giovanni Maria Conti, a cura di Aldo Colonetti
introduzione di Franca Sozzani
Giunti Editore – Ottagono

224 pagine, 39 €

LEISURE_Dogs Gala Dinner, II edizione

$
0
0











Un appuntamento speciale, che lo scorso martedì 7 ottobre ha celebrato la sua seconda edizione: il Dogs Gala Dinner, evento Charity a favore della Lega Nazionale per la Difesa del Cane - Sezione di Milano.
Personaggi del mondo della cultura, dell’arte, dello spettacolo, dell’industria e dell’imprenditoria - in compagnia dei loro amici a “quattro zampe” - si sono ritrovati per vivere insieme una serata unica e…“decisamente originale”, ospitata nella suggestiva art-location Fabbrica Borroni a Bollate (MI), uno spazio polifunzionale, unico nel suo genere, dove l’arte rappresenta il punto d’incontro tra il passato industriale e la contemporaneità.
Come lo scorso anno la coppia Katia Noventa e Guido Bagatta ha presentato la serata, il cui ricavato è stato completamente devoluto alla Lega Nazionale per la Difesa del Cane – Sezione di Milano, che opera dagli anni Novanta sotto la guida della presidente Laura Rossi e, grazie al sostegno generoso dei suoi soci e all’impegno di molti volontari, si batte senza sosta per aiutare gli animali in difficoltà, abbandonati, maltrattati e non rispettati. In particolare, da sempre si occupa di gestire il Rifugio di Via Redecesio 5/A a Segrate (MI) nella cui struttura ogni anno vengono salvati più di 400 trovatelli riuscendo a dare loro una sistemazione adeguata e sicura in famiglia. Il ricavato di quest’anno - pari a € 10.000 - verrà destinato alla ristrutturazione della pavimentazione e di alcuni box del Rifugio.
La serata si è caratterizzata per le numerose iniziative realizzate ad hoc per i gli amici a “quattro zampe” ed i relativi padroni: il “Dog Set” organizzato dal fotografo Antonello Romeo, il Ristorante “Reserved for Dogs” curato dagli educatori volontari della LNDC-MI con il food di Trainer. Una cena volutamente vegetariana, servita placée, con un allestimento curato nei minimi dettagli: dai centrotavola in muschio con sassolini, candele e piccoli ossi, ai ferma tovaglioli a forma di cane, come anche i nomi dei tavoli dedicati ad artisti che hanno dipinto soggetti animali.
Momento clou della serata, che ha destato più stupore ed entusiasmo, il Premio “Agilità e portamento, che esperimento!, durante il quale tutti i presenti hanno eletto il Dog più “atletico”, che meglio è riuscito a superare una prova di destrezza sotto la guida di Armando Piazza,educatore cinofilo comportamentista. La coppia vincitrice è stata Stefania Genta con la sua Olly, premiata da Lou&Mi con una medaglietta di argento massiccio con un’incisione personalizzata e una cuccia eco-sostenibile per la casa ed il viaggio.
A corollario di un appuntamento così prestigioso, gli artisti Guglielmo Meltzeid e Lorenzo D’Andrea, selezionati dal gallerista Daniele Crippa, hanno esposto le loro opere con soggetti a 4zampe.
Una litografia di Meltzeid, un ritratto dedicato per l’occasione da D’Andrea, un fascinator d’eccezione di Chiara Vitale-Atelier Kore e un prezioso bracciale lavorato a mano di Ornella Bijoux sono stati gentilmente offerti ed attribuiti tramite Asta, il cui incasso è andato interamente devoluto a favore dell'iniziativa, come il ricavato della ricca Lotteria con i premi donati da United Pets e Red Carpet.
A conclusione della serata e per ringraziare tutti gli ospiti, due Monete Civita di Queriot, con scritte in tema dog, sono stati i preziosi cadeaux estratti a sorte.

Tra gli ospiti della serata numerosi volti del mondo dell’industria, della finanza, della cultura, dello spettacolo e del Jet Set - con dress code in chiave “Artistic Flairaccompagnati dai loro adorati “quattrozampe” tra cui : Umberto e Marinella Di Capua con tutti i nipoti, Enrico e Alessandra De Marco, Paolo Veronesi con Stefania Genta, Maureen Salmona, Daria Pesce, Vincenzo e Caterina Mariconda, Caterina Collovati, Patricia Kieran e Mauro Del Vecchio con Anna Repellini.

STYLE_Sei iconoclasti rendono omaggio al Monogram

$
0
0











Correva l’anno 1854 quando Louis Vuitton fondò l’omonima Maison. Circa quattro decenni più tardi, nel 1896, il figlio Georges ebbe una geniale invenzione: il Monogram. Un omaggio al padre, destinato a divenire un’icona celebrata universalmente e ad assurgere il ruolo di simbolo identificativo della Maison. Rivoluzionario sin dal momento della sua apparizione per la capacità di evocare immediatamente un marchio, il Monogram rappresentò un simbolo di modernità dalla forza dirompente, diventando l’antesignano dei contemporanei concetti di logo e delle campagne di branding.
Un’invenzione unica nel suo genere, divenuta tradizione per la Maison proprio per i suoi caratteri di modernità. Sarà Gaston-Louis Vuittonnel 1965 a raccontare in che modo il padre Georges era arrivato a ideare il motivo Monogram. Caratteristiche inconfondibili, le iniziali dell’azienda, LV, che, seppur intrecciate, rimangono perfettamente leggibili. A completamento, il diamante, dai lati rigorosamente concavi e con al centro l’inconfondibile fiore dai quattro petali. Il fiore viene poi replicato nel suo positivo. Infine, si aggiunge il cerchio, contenente al suo interno un fiore con quattro petali dai contorni arrotondati.
Nel tempo il Monogram è divenuto un segno riconoscibile a livello mondiale, fino a rappresentare la firma della Maison, quintessenza di arte, moda, design e cultura. Valori che Louis Vuitton ha fatto propri, preservandoli e impreziosendoli nei decenni con un visionario spirito di innovazione e una costante attività di sperimentazione. Un approccio lungimirante, nel quale si inserisce “Celebrando il Monogram”, il progetto lanciato quest’anno. Una raccolta di reinterpretazioni personali del Monogram stesso, declinato in articoli in simbiosi con lo spirito della Maison e visione attualizzata di ciò che caratterizza il contesto quotidiano e familiare. A prendere parte all’iniziativa, sei firme. Sei grandi talenti nei rispettivi ambiti di competenza. Sei iconoclasti: Christian Louboutin, Cindy Sherman, Frank Gehry, Karl Lagerfeld, Marc Newson e Rei Kawakubo. Complice la loro ineffabile creatività, hanno dato vita a una collezione di pezzi unici, innovativi e d’avanguardia, ma, al tempo stesso, calzanti il dna della Maison.

Christian Louboutin
Christian Louboutin sviluppa sin da giovane un amore misto a venerazione per la femminilità, complice, probabilmente, il fatto di essere cresciuto fra le donne. La sua attenzione, in particolare, è attratta dalle forme iconiche dei tacchi alti. Un culto che, combinato con l’atmosfera parigina pervasa da donne meravigliose, trova concreta realizzazione con l’apertura del primo negozio nella Ville Lumière nel 1991. Da allora l’ascesa di Christian Louboutin nell’olimpo dei divini è stata inevitabile: 90 gli stores dislocati in tutto il mondo e due nuove linee – borse e uomo - che sono andate ad affiancare quella femminile.
Christian Louboutin in poco tempo ha saputo conquistare le donne, vestendo i piedi di dive e divine, ma, soprattutto, facendo della celeberrima suola rossa un tratto distintivo, una sorta di firma autoriale, universalmente nota.
Fonte di ispirazione, la contaminazione reciproca delle due anime, la sua e quella di Louis Vuitton. A caratterizzare le creazioni Louboutin per il progetto “Celebrando il Monogram”, i Nabis, un gruppo di artisti francesi collocabile tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX e fortemente incline a guardare all’arte giapponese. A completamento, il radicamento del celeberrimo designer di scarpe, o meglio delle scarpe dalle suole rosse, nello spirito francese e parigino. Da qui l’idea di creare qualcosa che rappresentasse l’essenza della Ville Lumière: il caddy. A prima vista, la borsa, infatti, evoca lo shopping nei mercati parigini. A suggellare l’unione magnificente tra i codici Louboutin e Vuitton, con un occhio particolare per i Nabis, la lacca: un elemento imprescindibile a firmare con un tocco di rosso le creazioni del designer per la Maison.


Cindy Sherman
Cindy Sherman: regista nonché creatrice di immagini. In prima linea nelle sue opere, può essere definita a ragion veduta un’artista a tuttotondo. Attrice ma anche modella, cinematografa e fotografa, autrice e, al contempo, nota per i suoi autoscatti. Centrali, nelle sue opere, la figura e il ruolo della donna alle quali dà vita utilizzando molteplici tecniche: pellicola, fotografia di moda, ritratto storico, solo per citarne qualcuna.
Fonte di ispirazione per la sua interpretazione del progetto “Celebrando il Monogram”, il baule, caposaldo nella storia della Maison. Un baule dall’aspetto vintage, complice l’applicazione di una serie di adesivi, quasi ad evocare viaggi ed avventure per luoghi lontani (un tema caro a Louis Vuitton). A completamento, una tracolla da utilizzarsi a parte.

Frank Gehry
Frank Gehry rappresenta uno degli architetti più quotati ancora in attività. Tratto distintivo della sua arte applicata, la capacità di utilizzare materiali umili dandogli una nuova e nobile vita. Il tutto contemplando un sapiente mix di semplicità e spettacolarizzazione. Correva l’anno 1962 quando a Los Angeles apre il suo studio di architettura: da allora ha ideato e realizzato alcuni dei più importanti edifici al mondo, dalla ristrutturazione della sua residenza a Santa Monica al Guggenheim Museum di Bilbao. Dulcis in fundo, la firma di un progetto architettonico caro alla Maison, la Fondazione Louis Vuitton che a fine mese aprirà i battenti a Parigi.
Oggetto del progetto “Celebrando il Monogram”, una borsa. Per realizzarla, numerosi sono stati i momenti di confronto con la Maison, grazie ai quali ha sperimentato tecniche di lavorazione e dettagli che hanno definito il prodotto nel suo essere. Segni inconfondibili, gli interni blu, volti a conferire un senso di ordine, nella contemplazione di un armonico contrasto con gli esterni marroni del Monogram.

Karl Lagerfeld
Definire Karl Lagerfeld semplicemente stilista risulta piuttosto riduttivo. A lui, infatti, il plauso di aver rivoluzionato il senso del costume, segnandone le tappe più significative. Lungimirante e visionario, Lagerfeld ha sempre saputo guardare alla storia delle maisons di cui ha creato negli anni la direzione artistica – Fendi e Chanel in testa - per proiettarle nel futuro: un domani che guarda al passato come fonte inesauribile di visioni e significati nonché elemento fondante di un successo annunciato. La sua conoscenza affonda profonde radici nelle diverse sfumature che la cultura può assumere: arte, storia, moda, fotografia, architettura, musica. Un approccio onnicomprensivo grazie al quale sviluppare una mente visionaria, in grado di cogliere prima delle altre cambiamenti ed evoluzioni sociali e di stile.
Diverse le idee che l’hanno ispirato nel progetto “Celebrando il Monogram” e alle quali ha dato vita. Idee tra loro diverse, ma tutte gravitanti attorno al mondo del pugilato. Uno sport, secondo Lagerfeld, da praticarsi nel lusso più totale. E se lusso deve essere, che lusso sia. Et voilà un’enorme valigia all’interno della quale trovare un sacco da boxe; un tappeto speciale, dedicato ai principianti ai quali indica dove e come posizionare i piedi e quali movimenti eseguire; una borsa più piccola, utile per trasportare i guantoni, pratica e funzionale. Tolto il sacco, l’enorme valigia, se poggiata al supporto di metallo, diventa un meraviglioso e inaspettato armadio con mensole. Ma non è tutto…se al fondo viene applicato uno speciale dispositivo di rotelle, risulta particolarmente agevole da trasportare in giro per casa.

Marc Newson
Scultore e creatore di gioielli, ma anche industrial designer. Marc Newson si applica al campo delle arti nelle sue accezioni più nobili, maturando esperienze che lo portano a realizzare in prima linea progetti importanti che spaziano dall’aerospaziale al tecnologico, dall’arredamento alla moda. Per lui non vi sono divisioni tra le varie discipline, anzi, risultano essere tutte imprescindibilmente legate tra loro.  
Lasciato libero di trarre la massima ispirazione dalla sua creatività per il progetto “Celebrando il Monogram”, Newson ha pensato a uno zaino da viaggio, caratterizzato da una struttura interna in grado di mantenerlo in piedi una volta poggiato a terra. Un oggetto che pone in prima linea l’estetica combinata con la funzionalità, che, a sua volta, viene validata dalla tela Monogram applicata intorno alla base dello zaino in modo da renderlo impermeabile all’acqua e resistente all’usura.
Estetica e funzionalità, infine, trovano un terzo compagno di viaggio nell’ironia, data dall’utilizzo di un materiale come pelle di montone dai colori vivaci.

Rei Kawakubo
Studentessa di arte e letteratura, ma stilista autodidatta di professione, Rei Kawakubo non si è mai fermata, mettendo a segno numerose esperienze in campo moda con le quali ha consolidato le proprie conoscenze e ha affinato pratiche e lavorazioni. Un processo di crescita e formazione continua che nel 1969 ha dato vita al brand Comme des Garçons. Oggi come allora, Rei Kawakubo supervisiona tutte le fasi creative al fine di garantire coerenza, unitarietà e interconnessione a livello di immagine nonché produttivo.

Ad ispirare la creazione nell’ambito del progetto “Celebrando il Monogram”, la creazione di fori nel tessuto della borsa. Una sorta di sconvolgimento ponderato, mirato il nuovo nella tradizione.

STYLE_Giancarlo Petriglia meets Richard Grey

$
0
0


Giancarlo Petriglia per personalizzare con una stampa digitale la sua shopping-bag più nuova ha chiamato l’artista inglese Richard Gray, uno dei grandi illustratori della moda, il quale ha creato un disegno esclusivo che racconta, con il suo tratto vittoriano e molto british, il mondo del designer di borse haute gamme.
Da questo fortunato incontro tra due sensibilità creative è nata la shopping in vitello nappato, must have per la prossima stagione, che unisce in un'unica visione la tecnica artigianale di Giancarlo all'estro creativo di Richard Gray.
"Ai tempi della scuola sfogliavo i giornali su cui venivano riportati i lavori dei grandi illustratori internazionali e strappavo i disegni di Richard Gray che poi catalogavo e collezionavo gelosamente” – racconta Giancarlo Petriglia – “ancora oggi conservo le raccolte delle sue illustrazioni. Il suo tratto e il suo stile mi hanno sempre emozionato, lavorare con lui è stata una grande opportunità, mai nella vita avrei pensato di conoscerlo".
Il disegno, una libera interpretazione del logo del brand da parte di Richard, rappresenta due grifoni immersi in un bosco di bacche e fiori con forti grafismi in bianco e nero e nuances della palette di colori della nuova collezione primavera/estate 2015.


Richard Gray
Richard Gray si è laureato alla Middlesex University nel 1990, anno in cui le sue illustrazioni partecipano alla competizione mondiale commemorativa per l'artista Antonio Lopez. Scoperto dalla giornalista Anna Piaggi, che gli ha affidato i suoi primi incarichi come illustratore per la rivista Vanity (e in seguito per "Le Doppie Pagine di Anna Piaggi" su Vogue Italia) ha collaborato con designers del calibro di Alexander McQueen, Givenchy, De Beers, Julien MacDonald. Boudicca e Antonio Berardi. Le sue illustrazioni dall'inconfondibile tratto vittoriano sono apparse, tra gli altri, su Vogue, V Magazine, The Sunday Telegraph Magazine, Madame Figaro e ha illustrato le sfilate couture per l'Observer Magazine e The Independent onn Saturday Magazine. tra i recenti lavori di Richard Gray va segnalata l'illustrazione per la campagna mondiale e il packaging del profumo "Sauce" di Agent Provocateur.

Giancarlo Petriglia

Giancarlo Petriglia nasce a Milano e fin da piccolo dimostra avere un’attitude particolare nei confronti della moda accompagnata da una grande sensibilità artistica. Compie i suoi studi presso la NABA di Milano, diplomandosi con il massimo dei voti, e da qui, passa immediatamente a lavorare all’interno dell’ufficio stile di Trussardi, dove resterà in qualità di direttore artistico per 8 anni. Dopo una stretta collaborazione accanto a figure di riferimento nel target del lusso, come Nicolas Ghesquière, Vincent Darre’, Mariuccia Casadio, solo per citarne qualcuna, decide nel Settembre del 2011 di metter mano alla propria linea di borse, firmandola con il suo nome. La collezione S/S 2012 riscontra subito il favore del mercato, soprattutto grazie alla sua marcata identità data dalla lavorazione artigianale dei pellami, curata da esperti manifatturieri del settore. Giancarlo si qualifica come finalista e vincitore nella categoria accessori all’edizione 2012 del concorso Who is on Next?, promosso da Vogue Italia ed AltaRoma ed è oggi creative director del progetto Piquadro Opera.

PEOPLE_Karim Rashid. Il Poeta del Design

$
0
0









"Voglio che il design industriale sia d’interesse pubblico. Voglio che la gente ami gli oggetti nello stesso modo in cui ama i capi di abbigliamento". Questo il leitmotiv che anima il lavoro quotidiano di Karim Rashid, uno dei designer più prolifici dell’ultimo decennio. Oltre 3000 progetti realizzati, più di 300 premi e lavori in oltre 35 Paesi lo consacrano di diritto nel firmamento del panorama internazionale del design. Il suo tratto distintivo risiede nell’abilità di ibridare idee, materiali, comportamenti, aspetti estetici, decontestualizzandoli dalla loro più classica accezione e inserendoli in nuove realtà, con la conseguente abilitazione a significati e vita nuovi. Nell’estetica applicata e funzionale di Rashid le barriere vengono meno per dare ampio spazio agli orizzonti dell’interlocutore. Ha un gusto eccelso nel mixare oggetti democratici come l’onnipresente cestino e la seduta Oh Chair realizzata per Umbra; passa con nonchalance dai progetti per interni tra i quali, degno di nota, il ristorante Morimoto di Filadelfia e l’hotel Seminars ad Atene, alle esposizioni per Audi e Deutch Bank; vanta collaborazioni illustri che annoverano Method e Dirt Devil per quanto concerne il design democratico, Artemide e Magister per l’arredamento, Citibank e Hyunday per la brand identity, LaCie e Samsung per l’high tech, Veuve Clicquot e Swarovski per i beni di lusso.
Amante della sperimentazione quel tanto che basta perché le sue opere siano diventate parte di 20 collezioni permanenti e la sua arte esposta in gallerie di tutto il mondo, Rashid ha vinto ha vinto più volte premi quali il Red Dot Award, il Chicago Athenaeum Good Design Award, l’I.D. Magazine Annual Design Review, l’IDSA Industrial Design Excellence Award. Non sufficientemente soddisfatto, ha ricevuto la laurea ad honorem dall’Ontario College of Art & Design e dal Corcoran College of Art & Design. Nel 2008, invece, è la volta dell’Instituto Tomie Ohtake di Sao Paolo in Brasile che ospitato la più grande retrospettiva a lui mai dedicata fino ad allora.  Recentemente, è stato lo stesso Rashid a curare la mostra Totally Radper per il Museum of Art and Design di New York City. Impegnato giorno dopo giorno con il proprio lavoro nonché con iniziative create ad hoc per divulgare il culto del design, promuovendolo ad aspetto che permea ogni istante della nostra vita quotidiana, il suo profilo viene portato ad esempio da testate internazionali d’indubbia rilevanza. Passando dal Time al Financial Times, dal NY Times all’Esquire e a GQ, il designer trova il tempo anche per pubblicare libri e monografie, l’ultima delle quali, in ordine di tempo, s’intitola “KarimSpace”, edita Rizzoli e dedicata a 36 progetti d’architettura d’interni. Altre pubblicazioni includono la guida “Design Your Self” (Harper Collins, 2006), “Digipop”- esplorazione digitale della computer grafica (Taschen, 2005)-, il portfolio pubblicato da Chronicle Books (2004), così come le due monografie “Evolution”(Universe, 2004) e “I Want to Change the World” (Rizzoli, 2001). Nel tempo libero Rashid non smette di dare libero sfogo alla sua ecletticità, trovando valide forme d’espressione nell’arte e nella moda, mosso da uno slancio vitale che lo sprona ad applicare la propria creatività ad ogni aspetto “fisico” del nostro mondo.

Premi e riconoscimenti

Red Dot distinction for high design quality, 2005–2010. Special Pentaward for creativity in packaging design, 2009. Honorary Graduate of AWARD School, Australia 2009. The Fragrance Foundation's FiFi Awards: Best Packaging - Women's Prestige for Kenzo Amour, 2007. Honorary Doctorate from the Ontario College of Art and Design (OCAD), 2006. Pratt Legends Award, 2006. The Semiramis Hotel earned the Sleep05 European Hotel Design Award, 2005. Honorary Doctorate from Corcoran College of Art and Design, 2005. A.D. Dunton Alumni Award of Distinction from Carleton University (his alma mater), 2004. Best Retail Store in the USA, 2003. I.D. Magazine Annual Design Review Best of Category, 2002

LEISURE_Baccarat Rouge 540

$
0
0



Rouge 540. Un colore. Una cifra. Una firma olfattiva. È quella di Baccarat, che nel 2014 festeggia il suo 250esimo anniversario e scrive una nuova pagina della sua leggenda. Al culmine delle celebrazioni, ecco ora Rouge 540, il nuovo profumo di Baccarat, nel quale tutto, dalla fragranza al flacone, è eccezionale.
Al crocevia del savoir-faire artigianale e della creatività, Baccarat riunisce tradizione ed emozione per offrire ai collezionisti l’essenza di un patrimonio creativo senza tempo. In 250 esemplari numerati, il bouquet fiorito-boisé-ambrato creato da Francis Kurkdjian riunisce tutti valori della Maison in un prezioso flacone di cristallo disegnato da Georges Chevalier. Realizzato dagli artigiani di Baccarat a partire da un disegno d’archivio, ha una forma prodigiosamente moderna, fatta di linee pure e volumi ben definiti, capace di attraversare mode e decenni. Rouge 540 è una scia profumata di autenticità e d’assoluto, un profumo che, come un sole di fuoco, risplende della luce dell’eccellenza in ogni suo aspetto, dalle note olfattive alla lavorazione del flacone.
Baccarat ha accompagnato lo sviluppo della profumeria dalla fine del XIX secolo. Dal 1897 al 1907, la produzione di flaconi di profumo alla Manifattura passa da 150 a 4000 al giorno, contribuendo a inscrivere la profumeria nella storia delle arti decorative. Ancora oggi, la Maison collabora con profumieri di fama e grandi nomi della Haute Couture per realizzare flaconi d’eccezione.
Rouge 540 è il nuovo capitolo della lunga storia dei profumi scritta da Baccarat. Georges Chevalier prende ispirazione dall’affascinante taglio a punta di diamante. Le creazioni di Chevalier, direttore artistico dal 1916 fino agli anni Settanta, hanno traghettato il patrimonio della Maison verso la modernità.
Il flacone del profumo Rouge 540 è una monumentale spirale di cristallo del peso di 500 grammi, formata da 160 sfaccettature: 96 sul flacone, 64 sul tappo. Contiene 100 ml di profumo. Mastri vetrai, intagliatori, doratrici: la lavorazione fa appello a tutte le eccellenze artigianali di Baccarat.
Quattro degli artigiani coinvolti nella produzione del flacone sono stati insigniti del prestigioso titolo di Meilleur Ouvrier de France. Inciso, dorato a mano e sigillato con la tecnica del baudruchage, il flacone ha tutte le caratteristiche dell’opera d’arte.
Il nome del profumo rende omaggio a una delle tecniche faro della Maison. La temperatura di 540° è quella che il cristallo deve raggiungere per ottenere il colore rouge Baccarat. Messo a punto nel 1847, questo procedimento prevede la fusione progressiva del cristallo con l’aggiunta di una quantità ben calibrata di polvere d’oro a 24 carati. In omaggio al colore emblematico della Maison, il flacone è corredato da uno stilo di cristallo rosso, pensato per rinnovare il gesto antico dello scriversi il profumo sulla pelle, depositando con delicatezza alcune gocce di profumo nell’incavo del collo o dietro il lobo dell’orecchio.
E se il flacone già all’occhio svela la preziosità della fragranza, le note olfattive dispiegano un prestigio frutto di un mix combinato di avanguardia e tradizione. “Avevo in mente un profumo grafico, condensato all’estremo” rivela Francis Kurkdjian, creatore della fragranza Rouge 540. “Un profumo che fosse al tempo stesso luminoso e denso, lieve e intenso. Capace di esprimere la natura del cristallo, che è al tempo stesso rigida e fragilissima”. Secondo il suo creatore, il bouquet di Rouge 540 riunisce in sé più anime diverse. Una tonica e fresca di scorze d’arancio e agrumi. Un’altra, tutta giocata sulle note minerali dell’ambra grigia. Una terza, legnosa e profonda, che richiama aromi di legno antico, di muschio e di quercia. Strutturata e complessa come il flacone che la contiene, la nuova “firma olfattiva” di Baccarat si lascia afferrare poco a poco, aprendosi ai sensi in momenti successivi. Come un lampo d’arancia sanguigna, la nota dolce d’apertura attira a sé, rivelandole, le componenti più notturne e misteriose, dal muschio alla lavanda e alla salvia.

Ma non è tutto. La nuova firma olfattiva di Baccarat, racchiusa in uno scrigno scintillante, conquista anche la casa. Si chiama Rouge 540 la nuova fragranza per la casa di Baccarat che prende il nome dall’omonimo profumo creato da Francis Kurkdjian. Il disegno del portacandela di cristallo, di ragguardevoli dimensioni, rappresenta un omaggio alle creazioni di Georges Chevalier. Impreziosito da numerosissime sfaccettature, questo pezzo dal design unico e intemporale brilla di luce iridescente. Nel suo cuore si nasconde una candela profumata ispirata al bouquet ambrato-boisé-fiorito di Rouge 540. La luminosità del cristallo Baccarat si coniuga con preziose note olfattive per offrire un’esperienza sensoriale intensa.

STYLE_Le Capresi

$
0
0









Capri è l’emblema della dolce vita. Di un bel tempo che fu. Di un’armonica convivenza di raffinatezza, eleganza, glamour. Di dive e divine per eccellenza, che camminavano per le viuzze dell’isola, portando con sé un autentico senso di celebrità.
Oggi, quest’allure di magia rivive grazie a un brand che nelle sue creazioni fa tesoro di questo spirito: Le Capresi. Sandali ma anche deliziose loafers da portare di giorno come di sera, per impreziosire look prestigiosi o caratterizzare per personalità e senso del gusto mises informali.
Creazioni uniche: per la creatività dei modelli, la qualità dei materiali, le tecniche di lavorazione, la produzione interamente manuale.
Il brand nasce nel 2008 dalla passione di Rory De Angelis per l’isola di Capri e la dolce vita. Un passato da modella e una vocazione per il senso del bello hanno fatto il resto. Et voilà che il suo talento visionario prende vita con la rivisitazione in chiave glamour del celeberrimo sandalo caprese, amato in tutto il mondo al punto da vantare estimatrici del calibro di Soraya, Maria Callas e Jackie Kennedy.
La semplicità dei modelli trova il suo contraltare nella preziosità dei dettagli: è così che linee classiche ed eleganti si sposano a materiali come cristalli Swarovski, turchesi, perle di fiume, pietre dure. Un mix calibrato di perfezione, ricerca e lusso. Sandali unici per la loro estetica nonché per la lavorazione interamente realizzata a mano da parte di maestri artigiani capresi. Uno spirito che anima anche la produzione di mocassini e loafers che combinano glamour e tendenza, nel rispetto di buon gusto e raffinatezza.
Passione, dedizione e amore gli ingredienti irrinunciabili di questa magica formula che ha catturato l’attenzione di celebrities del calibro di Olivia Palermo e Miranda Kerr.

E così, a distanza di decenni, il mito di Capri corre intatto, portando con sé la duplice dimensione di sogno e realtà. Dimensioni nelle quali l’esclusività diviene sinonimo di tradizione ed eleganza.

www.lecapresi.it 


ART & CULTURE_Steve McCurry Oltre lo Sguardo

$
0
0









Per vedere Steve McCurry in Italia bisogna correre fino al 2009 e, in particolare, alla prima rassegna italiana dedicatagli, allestita a Milano a Palazzo della Ragione: un’occasione con la quale il grande pubblico ha avuto la possibilità di scoprire la sua straordinaria produzione fotografica, andando ben oltre quella vera e propria icona che era già la ragazza afghana dagli occhi verdi, apparsa qualche anno prima sulla copertina di National Geographic. A quel primo appuntamento espositivo ne sono seguiti altri, in varie città italiane, che hanno ogni volta ampliato la conoscenza del suo vasto repertorio, messo in scena nei più diversi contesti con suggestivi allestimenti.
A cinque anni di distanza sono più di 500.000 i visitatori di quelle mostre; ma nel frattempo Steve McCurry ha vissuto una stagione particolarmente produttiva della sua ormai più che trentennale carriera di fotoreporter, con incarichi prestigiosi come il calendario Pirelli 2013 e il progetto The last roll realizzato con l’ultimo rullino prodotto da Kodak, ma soprattutto con lavori molto impegnativi che ha realizzato viaggiando nei luoghi del mondo che predilige, dall’India alla Birmania, dall’Afghanistan alla Cambogia, ma anche in Giappone, in Italia, in Brasile, in Africa, e continuando una ricerca iniziata negli anni 70 con il portfolio realizzato in India e poi con il primo importante reportage in Afghanistan.
Per questo, dopo aver accompagnato McCurry in un progetto espositivo di così lungo respiro, Civita e SudEst57 hanno deciso di realizzare una nuova mostra, per presentare il suo lavoro in una nuova prospettiva, che, a partire dai suoi inimitabili ritratti, si spinge “oltre lo sguardo”, alla ricerca di una dimensione quasi metafisica dello spazio e dell’umanità che lo attraversa o lo sospende con la sua assenza. Oltre le porte e le finestre, oltre le cortine e le sbarre, oltre il dolore e la paura. Tra linee di fuga e riflessi che si confondono con le architetture della Villa Reale in un suggestivo gioco di rimandi. La mostra si sviluppa a partire dai lavori più recenti di Steve McCurry e da una serie di scatti che sono legati a questa sorprendente ricerca, anche se non mancano alcune delle sue immagini più conosciute, a partire dal ritratto di Sharbat Gula, che è diventata una delle icone assolute della fotografia mondiale.
Oltre a presentare un’inedita selezione della produzione fotografica di Steve McCurry (circa 150 immagini di grande formato), la rassegna racconta l’avventura della sua vita e della sua professione, anche grazie ad una ricca documentazione e ad una serie di video costruiti intorno alle sue “massime”. Per seguire il fil rouge delle sue passioni, per conoscere la sua tecnica ma anche la sua voglia di condividere la prossimità con la sofferenza e talvolta con la guerra, con la gioia e con la sorpresa. Per capire il suo modo di conquistare la fiducia delle persone che fotografa: “Ho imparato a essere paziente. Se aspetti abbastanza, le persone dimenticano la macchina fotografica e la loro anima comincia a librarsi verso di te”. Il percorso di visita si apre nel monumentale corridoio degli Appartamenti privati con una sorprendente galleria di ritratti e si sviluppa nelle sale del Secondo piano nobile, ciascuna delle quali è allestita intorno ad un tema iconografico, con un richiamo alla scenografia teatrale e all’istallazione di arte contemporanea.
All’interno della mostra anche gli scatti del Calendario Lavazza 2015, progetto realizzato grazie alla collaborazione con Slow Food (www.Calendar2015.lavazza.com), e i ritratti degli Earth Defenders, protagonisti di storie di quotidiano eroismo: donne e uomini che ogni giorno con coraggio, orgoglio e dedizione difendono i propri progetti in Africa.
E se di una nuova mostra si tratta, anche l’allestimento non può essere da meno con tanto di firma autoriale quale è quella di Peter Bottazzi, che accompagna il visitatore nel mondo di McCurry e stabilisce un dialogo con gli ambienti monumentali della Villa Reale appena restaurata e la decorazione neoclassica che li caratterizza.
Ed è così che in ogni scatto di Steve McCurry è racchiuso un complesso universo di esperienze ed emozioni. Per questo l’artista non è solo uno dei più grandi maestri della fotografia del nostro tempo, ma è un punto di riferimento per un larghissimo pubblico, soprattutto di giovani, che nelle sue fotografie riconoscono un modo di guardare il nostro tempo e, in un certo senso, "si riconoscono".

Steve McCurry Oltre lo Sguardo
Villa Reale di Monza, Secondo Piano Nobile

Dal 30 ottobre 2014 al 6 aprile 2015

LEISURE_Calendario Lavazza 2015

$
0
0

Da Nadia, orgogliosa paladina dell’olio di argan in Marocco, a John, guardiano delle zucche di Lare in Kenya. Da Anna, che si batte per la qualità del cuscus di miglio salato sull’Isola di Fadiouth, in Senegal, fino ad Asnakech, sentinella a guardia delle piantagioni di caffè in Etiopia. Il Calendario Lavazza 2015 - realizzato con Slow Food e firmato da Steve McCurry, con direzione creativa di Armando Testa - è un viaggio fotografico nelle storie di quotidiano eroismo degli Earth Defenders: donne e uomini che ogni giorno con coraggio, orgoglio e dedizione difendono i propri progetti in Africa. Lavazza e Slow Food si schierano così dalla parte di tutti i Difensori della Terra e delle tradizioni alimentari, divenendo simboli di speranza per le comunità locali e portavoce di uno sviluppo possibile nonché di un futuro migliore.
All’estro creativo di Steve McCurry il compito di immortalare in 12 scatti l’anima, la forza e l’umanità degli EarthDefenders: le immagini, esposte in occasione del recente Salone del Gusto di Torino, sono protagoniste di un calendario in vendita per la prima volta in edizione limitata a sostegnodel progetto “10.000 orti in Africa”. E così, dagli Earth Defenders parte l’appello a tutti coloro che condividono i principi e i valori di sostenibilità alimentare promossi da Lavazza e da Slow Food., complice l’attivazione sul sito Calendar2015.lavazza.com della call-to-action per diventare Difensori della Terra attraverso una donazione a favore degli orti africani o facendosi portavoce del progetto sui canali social con l’hashtag #earthdefenders.
Ma non è tutto. Il Calendario Lavazza “The Earth Defenders” è anche uno strumento concreto di sostegno al progetto “10.000 orti in Africa”. Il ricavato della vendita del Calendario in edizione limitata, infatti, sarà interamente devoluto al progetto di Slow Food, che si propone di realizzare entro il 2016 diecimila orti nelle scuole e nei villaggi africani.

I Difensori della Terra sono immortalati in 12 scatti che il fotografo americano Steve McCurry ha realizzato durante un viaggio nel continente africano alla scoperta di storie di ordinario eroismo, aggiungendo poesia ed emozione alla rappresentazione della realtà. Un’esperienza che si conclude simbolicamente in Tanzania, nella scuola di Padre Peter Kilasara, dove vengono formati gli Earth Defenders di domani. Un viaggio incredibile grazie al quale si rappresenta la dedizione di queste persone a difesa delle proprie comunità del cibo. Tradizioni uniche da preservare e valorizzare, comunicandone al mondo la forza e il valore. 

BOOK_Pier Paolo Pasolini: 
La lunga strada di sabbia

$
0
0

A 39 anni dalla morte, il genio di Pier Paolo Pasolini torna più forte che mai con una pubblicazione - La lunga strada di sabbia - che, per immagini, ripercorre un’esperienza vissuta in prima persona dall’intellettuale.
Pubblicato in edizione limitata fuori catalogo nove anni fa e ora finalmente disponibile per la libreria, consiste in un testo di grande bellezza che colpisce per la sua profondità e la sua poesia, complici le fotografie di Philippe Séclier che lo completano e ne esaltano l’intensità narrativa e documentaristica.
Il pubblico ha così il privilegio e la possibilità di sfogliare il reportage che Pasolini realizzò nell’estate del 1959 come inviato speciale della rivista “Successo”, quando percorse tutta la costa italiana da Nord a Sud, al volante di un Fiat Millecento. “Successo” pubblicò alcuni estratti del lungo lavoro di Pasolini, tra cui le spiagge della nostra penisola, in tre numeri speciali, accompagnandolo con le foto che al tempo realizzò Paolo di Paolo.
Quest’edizione per la prima volta riporta integralmente i testi, riproducendo il dattiloscritto autentico, e le immagini che il fotografo francese Philippe Séclier ha realizzato quaranta anni più tardi, nel 2001. Séclier ha ripercorso la stessa “lunga linea di sabbia” narrata da Pasolini, ritrovando tracce, immagini e memoria del grande autore e del suo memorabile ritratto dell’Italia.

La lunga strada di sabbiaè uno dei primi reportage che si è concentrato sul concetto di vacanza in un’Italia, quella del 1959, che ormai si era lasciata alle spalle il dopoguerra e cominciava ad assaporare il gusto del boom economico, dove la “vacanza al mare” era diventata per la prima volta un fenomeno di massa. Nel suo lungo viaggio Pasolini conosce e racconta gli italiani sorpresi sulle spiagge della Versilia, come in quelle dell’Adriatico o della Sicilia.

Un documento unico per tornare a conoscere, a quasi quarant’anni dalla sua morte, l’arte di un grande scrittore e intellettuale e riscoprire il forte legame che lo univa al nostro paese.

Pier Paolo Pasolini 
La lunga strada di sabbia
Fotografie di Philippe Séclier

Contrasto editore
Viewing all 611 articles
Browse latest View live