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LEISURE_Gastel in the road

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Dal 14 al 21 gennaio, complici le sfilate maschili, Milano rende omaggio al genio creativo di Giovanni Gastel con la mostra en plein air “Gastel on the Road”, curata da Alessandro Cocchieri e organizzata dall’Associazione MonteNapoleone in collaborazione con Camera Nazionale della Moda Italiana e con la partnership di Canon.
Via Montenapoleone, crocevia di tendenze, lussi, e stili, diventa teatro privilegiato di questa rassegna di 27 scatti che raccontano la figura dell’uomo e la sua evoluzione dagli anni ’80 ad oggi. Da Ettore Sottsass a Roberto Bolle, la mostra ripercorre un trentennio di storia in termini di cultura, società e moda, rivelando il ruolo centrale dell’eleganza e dello stile per l’immagine maschile.
Una sorta di passerella che tra pop e glamour con la quale scandire e celebrare la carriera del fotografo di moda milanese, validandone l’indiscusso talento. A Giovanni Gastel, infatti, il plauso d’aver immortalato alcune delle pagine più emblematiche della storia della moda e i volti iconici che, con il loro stile e la loro raffinatezza, hanno lasciato un segno indelebile nel corso degli anni.
Un invito ad addentrarsi in questa eclettica galleria per essere catturati in un magico mondo dove tutto parla di unicità e buon gusto, dove si va oltre la mera apparenza immaginifica per arrivare alla vera resa formale di volti, corpi e fascino. Dove l’eleganza diventa l’autentico significato della vita, non lasciando spazio ad emulazioni o ostentazioni. Volti che parlano di sé e per sé, senza nulla dover aggiungere, complice un’innata e naturale inclinazione al senso dello stile tout court inteso. A Giovanni Gastel il merito d’aver catturato queste suggestioni e averle rese eterne, cristallizzandole in immagini dalla potente forza evocativa e dal magnetico fascino incantatore.

Gastel on the road
Via Montenapoleone, Milano

Dal 14 al 21 gennaio 2015

STYLE_L'uomo di Mario Dice

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Mario Diceper l’uomo dell’autunno-inverno 2015/2016 presenta una collezione pensata e raffinata, duttile, ma apparentemente semplice, in realtà attentamente studiata cucita addosso ad un gentleman contemporaneo.
Capi sartoriali, come nel caso dei pantaloni classici di gabardin di lana che si arricchiscono di dettagli colorati come in un gioco del “vedo non vedo”.
Capi duttili quindi, come per il giaccone che all’occorrenza diventa un comodo caban e che ancora diventa una giacca grazie ai preziosi bottoni simili a piccoli lingotti di oro.
Giacche in seta cachemire o in lana cachemire, pantaloni rovesciati e in velluto/neoprene, camicie plissé per distinguersi.
Un uomo che sa giocare e divertirsicome quando sceglie le tute in nappa leggerissima o le felpe in cavallino, come anche quelle termosaldate e laserate in 3D con stampe animalier e geometriche usate anche per il jeans.
Capispalla importanti, morbidi che sembrano cuciti addosso ma non solo, ci sono anche il montone bianco optical, cappotti in nappa rigida o in camoscio a vestaglia.
Blouson Biker rivisitati, proposti in cachemire con impunture in pelle e anche in montone e, per i più coraggiosi, anche  tempestato da swarovski.
Colori ben definiti: il tutto nero, il tutto bianco, liscio, latteo, compatto, il blu navy e il cammello.


Biografia
Mario Dice nasce nel 2007 da un’idea dello stilista Mario Dice e di Gianluca Aquila. Un prodotto pret-à-porter per la linea “uomo e donna” da affiancare alla linea couture donna.
Dopo una carriera ventennale come designer per diversi brand, tra cui TRUSSARDI, KRIZIA, GATTINONI e CK, Mario Dice decide di proporsi con le proprie linee, forte dell’esperienza maturata nel corso degli anni all’interno delle più importanti maison italiane e internazionali.
La tradizione sartoriale appresa dalla collaborazione con SORELLE FONTANA e GATTINONI, unita all’innovazione stilistica, ne fanno uno stilista completo e visionario, sempre alla ricerca di nuovi stimoli e ispirazioni e, al tempo stesso, attento alla praticità e al confort dei suoi capi.
Casual o raffinato, sobrio o divertente, elegante o dinamico: il suo estro creativo si contraddistingue per un sovrapporsi di stili contemporanei, unici e originali, che contempla uno sguardo al passato e al futuro. Per un mix vincente di vintage, rock, etnico, classico.

Segno distintivo delle sue collezioni, è l’utilizzo poliedrico della pelle, trattata come un vero e proprio tessuto. La ricercatezza nei dettagli, nelle linee e nei materiali, sono alla base delle sue creazioni, specie per i capispalla: non  semplici capi, bensì vere e proprie “icone”.

Press contact
Francesco Ladisa Communication, www.francescoladisacommunications.com, 340 3633520

ART & CULTURE_Kris Ruhs New Series

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È stata inaugurata sabato 17 gennaio alla Galleria Carla Sozzani di Milano la mostra dedicata a Kris Ruhs, pittore e scultore americano dall’estro eclettico e visionario.
Kris Ruhsvive a New York nell’epoca in cui la scena delle arti era dominata dal colore e dal minimalismo: Stella e Kusama usavano le forme sulla tela per espanderle al di fuori delle pareti e le vecchie guardie Pollock e Frankenthaler continuavano a inasprire la controversia fra l’espressionismo astratto e le nuove istanze del minimalismo.
Mentre, negli anni ‘80, gli artisti esploravano i processi per forzare l’evidenza delle due dimensioni con la relazione tridimensionale fra la tela, lo spazio e il soggetto, Ruhs ruppe le divergenze attraverso la costruzione di ‘schermi’ al di sotto dei quali si svelavano altre superfici.
Crede nel riciclo dei materiali per la loro intrinseca bellezza e molte di queste costruzioni erano - ed ancora sono - realizzate con materiali recuperati per strada. La mano dell’artista è concreta e visibile, un aspetto della realizzazione dell’opera che Ruhs continua ad adottare e non importa quale sia il mezzo espressivo, conferendo ad ogni opera una ‘umana e personale’ qualità inconfondibile.
Non significa che un’opera abbia una denominazione o un titolo che possa aiutare a guidarci nell’esperienza visuale. In queste opere le astrazioni sono come sempre rigorose, ma l’estensione della gamma dei colori e la delicatezza degli equilibri fra gli elementi, che catturano e fermano l’attenzione, ci trasportano in nuove e sottili relazioni con l’interesse di Kris Ruhs per la superficie e il fondo che continua ad affascinarlo.
Fino a tempi recenti, Ruhs ha usato soprattutto una tavolozza modernista con il bianco dominante, o, più precisamente, l’assenza di colore nelle costruzioni scultoree in cui la luce ha giocato un ruolo attivo con l’opera. La re-introduzione del colore drammatizza la significativa fondamentale realtà della superficie. Un processo che chiaramente dimostra il personalissimo atteggiamento esplorativo che guida il suo pensiero creativo.
Questi lavori non sono proprio tele, non esattamente dipinti, nemmeno sculture, piuttosto l‘artista continua a sfidare le suddivisioni per categorie.

Kris Ruhs – New series
Galleria Carla Sozzani, Corso Como 10, Milano

Fino all’1 febbraio 2015

PEOPLE_Kiton

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Passione per la tradizione e istinto imprenditoriale sono le basi sulle quali si fonda il successo di Kiton, marchio di alta sartoria maschile napoletana, fondato da Ciro Paone nel 1968. Un’impresa dai numeri invidiabili – un giro d’affari di oltre 80 milioni di eurodi cui il 20% sul mercato italiano – e, al tempo stesso, consacrata al culto del dettaglio e alla perfezione autentica, tipici tratti distintivi dell’artigianalità partenopea. Chez Kiton nulla è lasciato al caso: ogni particolare contribuisce alla resa finale d’insieme, nel principio della composizione di un’armonia di fondo, ritmo cadenzato di una sinfonia che suona sulle note del buon gusto e dello stile.
Specializzato nella realizzazione di capispalla maschile, nel corso degli anni il marchio Kiton è andato ampliando la produzione, fino ad arrivare ad esprimere un lifestyle completo, volto a permeare ogni aspetto della quotidianità, e a incontrare le esigenze di una clientela sempre più sofisticata ma, al contempo, incline a sposare la confortevolezza. È così che nasce il concetto di un lusso informale, declinabile ad ogni circostanza, dalla più mondane alla più “friendly”. Per essere sempre all’altezza delle situazioni con disinvoltura ed eleganza ed imprimere, al contempo, un’impronta unica e inconfondibile.
Fiero della sua tradizione e sempre più attento alle esigenze della clientela, Kiton ha messo a punto negli anni tecniche produttive artigianali, realizzate interamente a mano e caratterizzate da un’esemplare meticolosità produttiva: caratteristiche che, di diritto, hanno consacrato il marchio nell’olimpo dei divini, al punto da divenire l’unico in grado di competere con la sartoria maschile londinese di Savile Row.

Complice la visibilità internazionale e un management lungimirante e visionario, Kiton è divenuto ambasciatore di stile e punto di riferimento dell’uomo di classe in cerca di personalità ma non di eccessi. Un esempio di bello e ben fatto italiano che grazie all’autenticità della propria vocazione e alla qualità delle lavorazioni ha conquistato il mondo intero.

PEOPLE_Faraone Mennella

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Una storia relativamente recente quella di Faraone Mennella, marchio di gioielleria che ha sedotto e conquistato Hollywood con le sue preziose creazioni, divenute veri e propri must have. Correva l’anno 2001 quando Roberto Faraone Mennella e Amedeo Scognamiglio a Torre del Greco, città famosa per la lavorazione dei coralli e per i cammei fatti a mano, intraprendono questo magico viaggio. Un sogno divenuto realtà, che in poco tempo li porta a Manhattan, complice un’effervescente curiosità mista a un amore smisurato per la moda. Una vocazione che alimenta in loro il desiderio di realizzare una collezione di gioielli in grado di riflettere una visione estetica sospesa tra bellezza classica e glam contemporaneo.

Nel 2005 tutto ciò è realtà: Faraone Mennella realizza la prima collezione di gioielli a firma propria da accompagnare agli abiti di Carolina Herrera, da sempre grande estimatrice del marchio. Alla base della creatività, la personalizzazione: ogni prezioso, infatti, può essere modificato in base alle esigenze e ai gusti della clientela. Una caratteristica che avvalora il carattere di unicità dei gioielli Faraone Mennella, consacrandoli ad oggetti del desiderio che non devono assolutamente mancare ad adornare i look di dive e divine. Un’idea di lusso nuova, che parte da un autentico concetto di italianità e italian style, celebrata in film come Sex and the City e Il diavolo veste Prada, dove i gioielli caratterizzano i personaggi, divenendo sinonimo di stile cosmopolita e, al tempo stesso, status symbol.

LEISURE_Green Luxury Design Workshop

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Italia e Qatar mai così vicini. Una liaison in termini di lifestyle, prestigio e bien vivre suggellata, in breve tempo, da diverse tappe che ne hanno scandito l’evoluzione e validato l’autenticità. Basti ricordare i numerosi e recenti investimenti dello sceicco Al Thani in alcune delle eccellenze più rinomate del nostro Paese: da Valentino a Pal Zileri, dalla Costa Smeralda al piano di sviluppo immobiliare milanese Porta Nuova, fino ad arrivare a strutture alberghiere del calibro del Gallia di Milano, del St Regis e del Boscolo Aleph di Roma. Un amore, quello del Qatar per l’Italia, che ha avuto il suo fiore all’occhiello lo scorso novembre a Doha quando si è svolta la prima edizione di Brand Italy, salone dedicato all’italian style e al quale hanno partecipato emblematiche realtà del Belpaese scelte personalmente dallo sceicco.

Ed ora tocca all’Italia sbarcare in Qatar. Il prossimo 8 febbraio, infatti, si svolgerà presso la magica cornice dell’Hotel St Regisdi Doha il Green Luxury Design Workshop, un appuntamento dedicato a illustrare i nuovi concept di lusso, personalizzazione e green-ecosostenibile in termini di innovazione, design, architettura e lifestyle. Presenti in sala, realtà qatarine di alta gamma sempre più inclini a far proprio un concetto di lusso quale stile di vita quotidiano e, quindi, non uno semplice status symbol a cui tendere, bensì un vero e proprio prodotto/servizio esclusivo e su misura, totalmente custom made e, pertanto, destinato a permeare ogni aspetto della vita. Rappresentati i più disparati settori, dallo yachting al real estate, dall’hotellerie di lusso al fashion, passando per i servizi integrati di ingegneria e il project management.
Un palcoscenico e una platea d’eccellenza in cui l’italian style si mostrerà nella sua sfolgorante unicità e autenticità, sfoggiando l’immagine migliore di sé. Un’immagine validata dalla presenza di solide realtà aziendali italiane che col proprio brand esporteranno la concretezza di un inimitabile saper fare.

Partner editoriale dell’iniziativa, Grafiche Cesina, consolidata azienda di Calendasco (Piacenza), specializzata nella stampa offset e digital di alto livello. Dai suoi laboratori, infatti, escono le pubblicazioni di alcuni tra i più importanti brand legati al mondo del fashion, del luxury, dell’automotive nonché cataloghi museali – tra i quali svetta quello realizzato per il MAC Musée d’Art Contemporain de Lyon - e book artistici del calibro di “James Pradier Catalogue Raisonné”, distribuito in America e Canada, e “Visions of Grace” di Heinrich Schweizer, distrubuito in America, Canda ed Europa. Oggetti che parlano, portando con sé pezzi tangibili di vissuto, nell’evocazione concertata di suggestioni ed emozioni.
Una storia di successo, passione, determinazione, entusiasmo e spirito di sacrificio quella di Grafiche Cesina, nata nel 1985, per volontà di due fratelli, Stefano e Roberto Cesina, che, con il supporto e l’approvazione di papà Armando, hanno dato vita a un sogno divenuto in breve tempo un’affermata realtà.
Un esempio vincente, quintessenza di tradizione famigliare e innovazione tecnologica, storia e passione: ingredienti fondamentali con i quali in questi 30 anni è stata preservata l’artigianalità e la preziosità delle lavorazioni. L’amore per la cura del dettaglio e la personalizzazione della produzione hanno fatto il resto, validando l’autentica vocazione di Grafiche Cesina: creare prodotti unici, plasmati sulle specifiche esigenze del cliente. Una vocazione che non ha mai perso il suo smalto, nemmeno quando a Stefano e Roberto Cesina si è presentata la scelta di entrare nel mercato delle rotative, sposando i grandi numeri a scapito della qualità. Senza pensarci, con orgoglio e determinazione i due fratelli hanno scelto di perseguire la strada dell’eccellenza, preservando il culto del dettaglio e divenendo un player di riferimento del settore quale esempio di bello e ben fatto italiano.
Un percorso arduo ma, al tempo stesso, avvincente, che ha fatto da apripista allo sviluppo di una filiera interna grazie alla quale il cliente può essere seguito in ogni fase, dall’ideazione grafica alla selezione della carta, dalla stampa alla rilegatura. Nulla è lasciato al caso, bensì è parte integrante di un armonico processo creativo e produttivo, in cui l’eccellenza delle singole fasi va a braccetto alla completezza dei servizi offerti. Un approccio che ha consentito nel corso di questi anni di arrivare alla messa a punto di un prodotto/servizio che si spinge ben oltre la semplice stampa, contemplando esigenze sempre più raffinate e sofisticate.
A presidiare ogni singolo passaggio, uno staff dedicato e qualificato, pronto ad accompagnare per mano il cliente in questo magico viaggio, conducendolo nella scelta della soluzione più idonea, e a realizzare insieme a lui cambiamenti in corso d’opera ove e se necessari. 
Sempre attenta alle tendenze di mercato e alle relative evoluzioni, Grafiche Cesina ha dato a molteplici e visionarie idee, propedeutiche all’implementazione di innovativi processi di produzione. L’avanguardia tecnologica, infatti, è stata l’ulteriore leva strategica sulla quale i fratelli Cesina hanno fondato e fondano tuttora il loro lavoro: grazie a macchinari sempre più sofisticati, tra i quali si può annoverare con orgoglio una macchina a dieci colori, è possibile garantire celerità di risposta e, al contempo, risultati al top della gamma.

Consapevoli delle potenzialità della loro azienda e animati da un’instancabile perspicacia imprenditoriale, Stefano e Roberto guardano oggi con propositività alle sfide, studiano strategie mirate, nel rispetto di comportamenti etici e responsabili.
Il loro agire quotidiano, infatti, dal lontano 1985 è sempre stato caratterizzato da un requisito ineludibile: l’integrità. E così, insieme alla lunga tradizione famigliare e artigianale, negli anni hanno deciso di sostenere realtà territoriali di cui hanno preservato dna, assetto proprietario e personale occupato. È il caso di Emiliana Conserve e di una stamperia pavese specializzata nella produzione di etichette per bottiglie di vino: entrambe le operazioni, datate rispettivamente 2010 e 2013, hanno portato al risanamento aziendale e al consolidamento delle attività, preservandone identità e valori.

30 anni nel segno di esperienza, professionalità, eticità, prestigio ed eccellenza. Una storia che spalanca le porte del futuro, in quanto solo chi ha un grande passato può guardare a testa alta al domani, cogliendone il fascino e le sfide. E Grafiche Cesina ha tutte le carte in regola per farlo. Perché nell’epoca della digitalizzazione ad ogni costo, tenere tra le mani una pubblicazione di livello, realizzata con una carta particolare e una creatività dedicata, crea esperienza. Un’esperienza da custodire e portarsi appresso quale inseparabile compagno di viaggio.

Referente per la comunicazione, All in One che dopo la missione di novembre torna a Doha per implementare business partnership con realtà locali e favorire l’interscambio commerciale tra Italia e Qatar. 

Green Luxury Design Workshop
Saint Regis Hotel, Doha
8 febbraio 2015 

LEISURE_Missoni, L’Arte, Il Colore

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Il dialogo con l’arte europea del Novecento. La creatività e l’imprenditorialità di una grande Maison italiana. La straordinaria cultura e la genialità dei due fondatori. Ruota attorno a questi temi l’evento che il MA*GA di Gallarate (VA) dedica, dal 19 aprile all’8 novembre 2015, a Ottavio e Rosita Missoni, proprio nella città che scelsero nel 1953 come sede della loro casa e del loro primo laboratorio artigianale.
Nell’anno di EXPO, i successi e i riconoscimenti internazionali dei Missoni, nella produzione tessile e nella moda, divengono portavoce tra i più accreditati del Made in Italy, rappresentando il valore di un territorio e testimoniando la capacità di generare linguaggi e confronti con i maggiori maestri dell’arte moderna e contemporanea.
Il percorso espositivo, caratterizzato dagli allestimenti che diventano essi stessi opere ambientali, è articolato secondo diversi registri narrativi che delineano le principali caratteristiche della genialità dei Missoni, fatta di colore, materia e forma. Al contempo emerge quanto la loro creatività sia legata a doppio filo con l’arte, rappresentando un caso pressoché unico nel panorama della moda internazionale.
La mostra MISSONI, L’ARTE, IL COLORE, curata da Luciano Caramel ed Emma Zanella, è un progetto realizzato dalla Città di Gallarate, Museo MA*GA e Archivio Missoni, con il contributo e il patrocinio di Regione Lombardia - Assessorato alle Culture, Identità e Autonomie, Provincia di Varese, Camera di Commercio di Varese, e con la partecipazione di Gallerie d’Italia - Piazza Scala (Milano). La mostra fa inoltre parte del progetto Grand Tour EXPO.
L’esposizione si apre con Casa di moda, video-installazione di Ali Kazma che rilegge l’operato di “casa Missoni”. Entrando nel loro mondo, l’artista turco mette a fuoco l’approccio dei Missoni con tutto il ciclo produttivo aziendale, evidenziando un felice connubio tra sapienza artigianale e ricerca del design più avanzato.
Si passa quindi ad analizzare le radici culturali che hanno influenzato le scelte di disegno, colore, segno e forma dei Missoni, caratteristiche intrinseche della loro cifra stilistica.
L’attenzione si rivolge qui alle ricerche astratte e aniconiche europee della prima metà del Novecento con lavori di Giacomo Balla, Sonia e Robert Delaunay, Fortunato Depero, Osvaldo Licini, Mauro Reggiani, Nicolay Diulgheroff, Lucio Fontana, Otto Freundlich, Jean Hèlion, Auguste Herbin, Johannes Itten, Wassily Kandinsky, Paul Klee, Alberto Magnelli, Piet Mondrian, Enrico Prampolini, Gino Severini, Sophie Tauber Arp, Manlio Rho, Mario Radice, Atanasio Soldati, Luigi Veronesi, Bruno Munari.
Colore, materia e forma sono anche i fulcri attorno ai quali ruota la costante ricerca dei Missoni. A testimoniarlo è una grande installazione di abiti, progettata e allestita appositamente per la mostra e per il MA*GA dagli stessi Missoni, interamente dedicata al fascino e al glamour dei capi che hanno fatto la storia della Maison.
La sezione conclusiva esplora invece le relazioni tra il pensiero creativo di Ottavio Missoni e l’arte contemporanea italiana: studi sul colore, opere pittoriche e arazzi dialogano con opere di Mario Ballocco, Gianni Bertini, Giuseppe Capogrossi, Roberto Crippa, Nino Di Salvatore, Piero Dorazio, Achille Perilli, Tancredi, Emilio Vedova, Luigi Veronesi, Carla Accardi, Giovanni Anceschi, Alberto Biasi, Davide Boriani, Dadamaino, Giulio Turcato e Grazia Varisco.
Accompagna la mostra un catalogo edito da Rizzoli, a cura di Luciano Caramel e Emma Zanella. A corollario dell’evento, un vasto programma di attività collaterali e proposte didattiche.

MISSONI, L’ARTE, IL COLORE
Museo MA*GA, via De Magri 1, Gallarate (Va)
19 aprile - 8 novembre 2015
Inaugurazione: 18 aprile 2015, 18.30
Orari:dal martedì al venerdì, 10.00 – 19.00; sabato e domenica, 10.00 – 20.00; Lunedì chiuso
Informazioni generali: tel. +39 0331 706011; info@museomaga.it; www.museomaga.it 

LEISURE_Advanced Style: il film

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Nell’epoca di fashioniste ad ogni costo, sensibili all’inverosimile alle tendenze dell’ultimo grido, 7 donne in età avanzata conquistano la scena puntando semplicemente l’attenzione sull’essenzialità e l’autenticità dello stile. Si tratta delle protagoniste di Advanced Style – Le Signore dello Stile, docu-film di Ari Seth Cohen, che mostra come avere cura di sé non abbia età, bensì si perfezioni con l’età e la piena consapevolezza della propria personalità.
Dal 2008 il fotografo e blogger ha immortalato e intervistato le signore newyorkesi over 60 che sfoggiano le mise più ricercate. Da qui sono emersi i ritratti di queste sette donne che amano curare la propria immagine, combinando personalità e abbigliamento, stile e tendenza, eleganza e glamour. Si passano così in rassegna diversi mood, sempre e comunque in linea con il carattere di ciascuna e, pertanto, in perfetta armonia con la persona: nulla è gridato o forzato, bensì brilla di una forza espressiva che trova forte validazione nella forza interiore delle protagoniste. Dal trend più classico di Joyce Carpati, contraddistinto dai lunghi fili di perle e dalle borse Chanel al più eccentrico di Royce Smithkin, passando per lo stile vintage di Tziporah Salamon. E poi Debra Rapoport, Lynn Dell Cohen (che si fa chiamare Contessa del Glamour), Jackie “Tajah” Murdock e Zelda Kaplan.
Ad Ari Seth Cohen il plauso di sensibilizzare il mondo dell’alta moda, invitando a una riflessione circa il senso della bellezza, che sempre di più passa per il fascino dell’età adulta. Corpi maturi e non solo fisici acerbi, a dimostrazione che lo stile si accompagna inevitabilmente con la piena presa di coscienza di sé. Un obiettivo andato a buon fine tanto che le protagoniste sono state ritratte da Steven Meisel in una campagna per Lanvin, sono state invitate in televisione e, addirittura, sono arrivate nei cinema.
Il docu-film, però, non si limita a una mera esaltazione del fascino conquistato con gli anni, ma, armandosi di un taglio spiccatamente realistico, passa in rassegna anche le problematiche legate all’avanzare dell’età e, quindi, alla capacità di accettare e convivere col tempo che passa.

Uno spaccato della vita reale, che analizza l’esistenza di signore per bene, maestre dello stile, ma, al tempo stesso, persone qualsiasi, con interessi, passioni, sogni, ambizioni e problemi. È forse per questo che in tutto il docu-film aleggia un clima di serenità e spensieratezza, forse perché si vedono signore che hanno ben compreso il senso della vita e come tale la affrontano, facendo tesoro di ogni piccolo grande momento e guardando al domani con positività, gioia, disinvoltura e classe.

LEISURE_Tombini Art a Milano

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Via MonteNapoleone e via Sant’Andrea saranno caratterizzate da 24 Tombini Art: pezzi unici ed originali, cesellati a rilievo e dipinti a mano, pensati e ideati site specific dagli stilisti che hanno aderito con entusiasmo al progetto scatenando la loro creatività. Giorgio Armani, Just Cavalli, Etro, Missoni, Larusmiani, Laura Biagiotti, Costume National, Moschino, 10 Corso Como, Prada, Trussardi, DSquared2, Versace, Iceberg, Brunello Cucinelli, Hogan, Alberta Ferretti, Valentino, Salvatore Ferragamo, Emilio Pucci, Giuseppe Zanotti Design, Ermenegildo Zegna sono le firme in ordine di percorso che hanno preso parte all’iniziativa. Due tombini, inoltre, sono stati progettati da due giovani promesse dello stile. Metroweb, infatti, ha indetto un contest in collaborazione con l’Istituto Marangoni di Milano, al quale hanno partecipato gli studenti, e una giuria composta da rappresentanti di Metroweb, Istituto Marangoni e Camera Nazionale della Moda Italiana (che ha collaborato attivamente al progetto) ha selezionato i due giovani fashion designer che hanno meglio interpretato il concept della mostra, Alessandro Garofolo e Santi, che avranno la soddisfazione di veder realizzato il loro tombino in via MonteNapoleone.

Come per le scorse edizioni, a chiusura della mostra open air (gennaio 2016) i tombini Art, dopo un attento restauro, saranno battuti all’asta da Christie’s, il cui ricavato sarà interamente devoluto in beneficenza da Metroweb a favore dell’organizzazione non profit Oxfam Italia, Civil Society Participant di Expo 2015.

LEISURE_White febbraio 2015

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Torna dal 28 febbraio al 2 marzo 2015l’appuntamento con WHITE per la presentazione delle collezioni donna di abbigliamento e accessori autunno-inverno 2015/16. Un’edizione che rinnova e valida l’impegno del salone milanese quale punto di riferimento internazionale per la moda contemporary.
La vasta offerta, che varia da collezioni di abbigliamento e accessori fino a proposte di profumeria artistica e di gioielleria sarà articolata nelle tre aree espositive di Tortona 27, 35 e 54, situate rispettivamente in Via Tortona 27, Via Tortona 35 e Via Tortona 54.
Ciascuna delle location ospiterà aree speciali e sezioni tematiche, aperte dalle 9.30 alle 18.30 (eccetto l’ultimo giorno che chiuderà alle 17.30).

Tortona 27
Il regno dell’avantgarde e delle collezioni haute-de gamme, con punte di massima ricerca nel Basement e nelle Special Area che WHITE dedica, stagione dopo stagione, a progetti più rilevanti.
Il primo Special guest di Tortona 27 è Rika, marchio olandese della designer Ulrika Lundgren che unisce stile rock‘n’roll, estetica scandinava e una silhouette femminile senza tempo.
Segue Piccione·Piccione, il marchio del designer siciliano Salvatore Piccione messo in luce da Who is on Next e distribuito oggi nelle migliori boutique internazionali.
Non mancano, poi, le aree speciali dedicate al padre del premium denim Adriano Goldschmied con la sua collezione AG Adriano Goldschmied, oltre ai marchi AVN, Collection Privée?, Faliero Sarti, Labo.Art, Majestic Filatures e Virginia Bizzi.
Il Basement, il privèe sotterraneo che accoglie le creazioni più sperimentali a livello internazionale, è pronto ad accogliere nomi come Ajl Madhouse, Barbara Alan, House Of The Very Island, Ilariusss, J-Koo, O.X.S. Rubber Soul, Peter Non, Reality Studio Shoes, Vibe Harslof.
Grande attesa per la presenza di Henrik Vibskov, influente nome scandinavo che WHITE portò sulle passerelle milanesi nel 2010, presentando la collezione Primavera/Estate 2011 del designer danese alla piazza di Milano in via del tutto esclusiva.

Tortona 54
Casualwear and sportswear, con un’attenzione particolare all’accessorio è il mood che contraddistingue quest’area. La location include anche la sezione IFP, dedicata al design coreano.
Qui, inoltre, trova collocazione anche WHITE Beauty, spazio dedicato all’universo della profumeria artistica e alla cura della persona.
Last but not least, INSIDE WHITE, l’area pensata per incentivare lo sviluppo di nuove proposte e la ricerca di nuovi linguaggi sperimentali. La collezione migliore ha la possibilità di portare a casa l’Inside WHITE Award: al vincitore, scelto da un nome prominente del sistema moda, verrà regalato uno spazio interamente dedicato durante la prossima edizione di WHITE.

Tortona 35
La location racchiude collezioni di abbigliamento e accessori esclusive selezionate tra i segreti meglio custoditi del contemporary internazionale. Un’area speciale è dedicata a DouDou, marchio che propone un look stile pulito e semplice perfetto per essere indossato tutti i giorni.
Non manca, inoltre, WHITE Glasses, la sezione tematica dedicata al mondo dell’ottica internazionale, pronta a presentare le novità di AM Eyewear, Maki Sunglasses, See Concept, Slave to Ancestors, Spektre.
A Tortona 35, infine, il compito di accogliere la seconda edizione del nuovo progetto WHITE Bijoux, sezione speciale nata per presentare una selezione di marchi premium del gioiello selezionati da WHITE insieme a Birik Butik, boutique on line che accoglie designer indipendenti, affermati ed emergenti, provenienti da tutto il mondo.

White Milano
Dal 28 febbraio al 2 marzo 2015

Via Tortona 27, 35, 54
Milano

ART & CULTURE_Acqua di Parma sposa l'arte

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Moda e arte sempre più vicine per proclamare all’unisono l’autenticità della bellezza. Sulla scorta di queste considerazioni, Acqua di Parma scende in campo per l’arte contemporanea, segnando il debutto di Monsieur Bernard Arnault in Italia (dal 2001 il brand fa parte del gruppo di lusso LVMH), quasi a calcare le orme di François Pinault, patron di Kering, e da anni attivo a Venezia con il polo culturale Palazzo Grassi-Punta della Dogana. 

Palcoscenico d’eccezione per questa première, Milano col seicentesco Palazzo Cusani, dove il prossimo 15 maggio si aprirà la mostra I’ll Be There Forever – The Sense of Classic. Curata da Cloe Piccoli e allestita dallo studio di architettura Kuehn Malvezzi, fra i più riconosciuti a livello europeo, l’esposizione presenterà opere di artisti come Rosa Barba, Massimo Bartolini, Simone Berti, Alberto Garutti, Armin Linke, Diego Perrone e Pao­la Pivi, con opere site-specific pensate per le stanze, le corti del palazzo e per la grande sala da ballo Radetzky al piano nobile. Artisti che a sempre guardano al classico, interpretandolo con libertà e grande forza espressiva, evitando di cadere in stereotipi, classicismi e formalismi. È così che il classico rivive ai giorni nostri con spirito e carattere, assumendo un fascino unico e particolare, complice la contaminazione di storie, generi, culture, latitudini. Un classico che torna puntuale nella storia e ogni volta più vigoroso di prima, sempre diverso ma in ogni modo presente.

LEISURE_Arthur Elgort: The Big Picture

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A distanza di 20 anni dalla prima mostra, la Galleria Carla Sozzani dedica ad Arthur Elgort un’antologica dal titolo “Arthur Elgort – The Big Picture”, che raccoglie cinque decadi del suo lavoro e comprende molti originali “snapshots”, un nuovo stile che il fotografo americano introdusse nella fotografia di moda.
Nel 1971, quando Elgort produsse il suo primo servizio su British Vogue, fu una svolta sensazionale nel mondo della fotografia di moda: una ventata di aria fresca con le modelle che si muovevano in assoluta libertà, luci naturali e un pizzico di influenza del reportage.
Le sue giovani e belle modelle erano truccate pochissimo, si comportavano con vivacità, naturalezza e semplicità di fronte alla macchina fotografica e con spontaneità negli spazi aperti: strade urbane, piscine e spiagge, luoghi tipici che definirono il suo stile.
Elgort divenne ben presto uno dei più ammirati ed imitati dei fotografi. La sfida che lanciò con le sue innovative fotografie cambiò l’industria della moda. Le sue idee su ciò che una fotografia di moda fosse, schiuse altre prospettive su come avrebbe potuto essere la fotografia di moda per le generazioni future.
Arthur Elgort ha sempre pensato che il suo stile spontaneo derivi dalla passione di una vita per la musica e la danza, in particolare per il jazz e il balletto degli anni ’30 e ’40.
“Alcune delle mie migliori immagini le ho riprese quando non stavo lavorando: le modelle che si stavano preparando, la gente nelle strade. Fugaci momenti fra le riprese. Quello è il momento quando si può catturare la gente come davvero è e vedere cosa di cela nelle persone. In quei momenti veri non si può imbrogliare”, affermò.
In mostra anche giovanissime modelle divenute poi celebri icone della fotografia di moda nonché prima generazione di supermodelle: Naomi Campbell, Kate Moss, Christy Turlington, Patti Hansen, Iman, Linda Evangelista e Karlie Kloss.

Biografia
Arthur Elgort è nato nel 1940 a New York dove è cresciuto. Ha studiato pittura all’Hunter College e, quindi, si è interessato di fotografia. Nel corso della sua lunga carriera ha realizzato alcune tra le più importanti campagne pubblicitarie di Maison del calibro di Chanel, Valentino, Yves Saint Laurent. Ha collaborato – e continua a collaborare – con Vogue Francia, Italia, Gran Bretagna e stati Uniti.
Il suo lavoro è parte delle collezioni permanenti dell’International Center of Photography di New York, del Victoria and Albert Museum di Londra e del Museum of Fine Arts di Houston, Texas.
Elgort ha anche diretto il film Texas Tenor: The Illinois Jacquet Story (1992) e il documentario Colorado Cowboy (1993), che racconta la storia del leggendario cowboy Bruce Ford e con il quale vinse il premio Best Cinematography at the Sundance Film Festival nel 1994.
Nel 2011, inoltre, ha ricevuto il Board of Directors’ Special Tribute Award del Council of Fashion Designers of America. Nel 2014 ha pubblicato con l’editore Steidl l’esaustiva monografia “Arthur Elgort: The Big Picture”.

Arthur Elgort – The Big Picture
Fino al 6 aprile 2015
Galleria Carla Sozzani, Corso Como 10, Milano

LEISURE_Baccarat: le novità

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Per quanto concerne Miroir Soleil, l’ispirazione arriva dalla creazione datata 1948 di Geroges Chevalier, direttore artistico di Baccarat dagli anni ’20 ai ’70: si caratterizza ora per un’anima nuova, divenendo un oggetto del desiderio nel quale si riflettono lo splendore e la magnificenza della Maison. Simbolo del Re Sole, che campeggia sui cancelli della reggia di Versailles, oggi è divenuto un sole di cristallo massiccio i cui raggi trasportano in un universo fantastico nel quale passione fa rima con perfezione.

Marcel Wenders, invece, reinterpreta il celebre vaso Médicis, rendendo omaggio alle forme dell’antichità. New Antique per il 2015 si veste di rosso, colore simbolo della Maison nonché emblema della passione. La nuova nuance vermiglio esalta un capolavoro del passato con un taglio decisamente contemporaneo, caratterizzato da volumi gemometrici. Una limited edition destinata a 99 estimatori dello stile e del lusso, che in questo capolavoro possono trovare i codici stilistici di Baccarat e, al tempo stesso, la storia di un brand che ha fatto la storia, raffinando i ritmi del bien vivre.

LEISURE_Bellissima al MAXXI

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Emilio Schuberth, le Sorelle Fontana, Germana Marucelli, Mila Schön, ma anche Valentino, Simonetta, Roberto Capucci, Fernanda Gattinoni, Fendi, Renato Balestra, Biki, Irene Galitzine, Emilio Pucci, Fausto Sarli e molti altri ancora. Il meglio della moda made in Italy, quella autentica, che ha dato vita nell’immediato dopoguerra allo sviluppo di un concetto di stile unico nel suo genere, inconfondibile e, al tempo stesso, intramontabile. Oggi come allora, si tratta di nomi che riecheggiano nelle nostre menti, portando alla luce inestimabili abilità e capacità, madrine di raffinatezza ed eleganza.
Ma se è vero che la moda ha sempre dialogato con le molteplici forme d’arte, non vi è da meravigliarsi nel vederla dialogare con opere d’arte, con il cinema e i suoi divi, di via Veneto e della Dolce Vita.
Tutto questo – e molto altro ancora – è protagonista della mostra Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968(visitabile fino al 3 maggio 2015), realizzata a cura di Maria Luisa Frisa, Anna Mattirolo, Stefano Tonchi e che, attraverso la lente privilegiata della moda, ritrae la cultura italiana in un momento di creatività straordinaria(nel cinema, nell’arte, nell’architettura, nel teatro, nella fotografia), facendo rivivere al MAXXI le atmosfere e gli stili di un periodo che ha contribuito in modo unico a definire il carattere e lo stile italiani a livello internazionale. Main partner del progetto, Bulgari, da 130 anni emblema di creatività ed eccellenza.
Con un allestimento essenziale e contemporaneo curato dall’architetto Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Bellissima mette in scena una selezione di 80 abiti di autori che hanno costruito l’identità della moda italiana, evidenziandone temi e tratti distintivi. Dalle creazioni spettacolari che hanno illuminato i grandi balli e i foyer dei teatri del secolo scorso, accompagnate dalle abbaglianti espressioni dell’alta gioielleria, all’eleganza trattenuta degli abiti da mezza sera dal grafismo rigoroso del bianco e nero all’esplosione cromatica - sospesa fra orientalismo allucinato e pop art spaziale - tipica degli anni Sessanta; dalle invenzioni per le attrici della Hollywood sul Tevere (con gli abiti disegnati per Ava Gardner, Anita Ekberg, Ingrid Bergman, Lana Turner, Kim Novak, Anna Magnani) agli esiti della sofisticata ricerca formale frutto di alcune intense collaborazioni fra sarti e artisti. E poi i completi da giorno, i tailleur e i cappottini che raccontano di un lusso ricercato anche nel quotidiano.
A corollario, gli accessori –borse, scarpe, bijoux, cappelli – che completano l’immagine della moda italiana e hanno contribuito a lanciare la nostra artigianalità a livello internazionale. Tra questi, degni di nota quelli a firma Coppola, Toppo, Salvatore Ferragamo, Fragiacomo, Gucci, Roberta da Camerino.
Non da ultimo, i gioielli, da sempre ideale complemento degli abiti come espressione di gusto e personalità nonché emblema dei fermenti culturali di un’epoca. Bulgari, il gioielliere italiano più celebre nel mondo, espone una selezione di pezzi unici rappresentativi di un periodo chiave nella storia del Marchio a livello di sperimentazione e innovazione stilistica. Fra i pezzi in mostra, le iconiche creazioni Serpenti in oro con diamanti o smalti e una straordinaria collana degli anni ’50 in platino, rubini e diamanti per un totale di 70 carati.
In mostra, inoltre, le fotografie di Pasquale De Antonis, Federico Garolla, Ugo Mulas, autori straordinari che attraverso le loro immagini raccontato i fasti della moda italiana e i suoi paesaggi; riviste dell’epoca e documenti originali; filmati che ne rivelano la grande effervescenza.
A suggellare gli infiniti connubi tra la moda e l’arte tout court intesa ed espressa nei suoi molteplici linguaggi, infine, le opere di Carla Accardi, Getulio Alviani Alberto Biasi, Alberto Burri, Massimo Campigli, Giuseppe Capogrossi, Lucio Fontana, Paolo Scheggi, molte delle quali esposte grazie alla collaborazione con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, testimonianza della sperimentazione e della grande vitalità creativa di un’epoca eccezionale.
Il dialogo con l’arte contemporanea, in particolare, è messo ben in evidenza da vb74, performance che Vanessa Beecroft ha progettato appositamente per l’inaugurazione della mostra sul tema dell’identità femminile.
Otto le sezioni espositiveattraverso le quali cogliere la complessa e cangiante immagine della moda italiana in una sorta di racconto ideale fatto da tante storie esemplari che hanno dato forma e consistenza all’affermazione dell’etichetta “made in Italy”. In Arty l’atelier è presentato come luogo di produzione culturale e, quindi, come testimone - soprattutto nel corso degli anni ‘60 - di atmosfere scandite dalla complicità fra creatori di moda e artisti. Emblematici in questo senso i casi di Roberto Capucci, Germana Marucelli, Mila Schön: creatori che utilizzano il progetto dell’abito come spazio di riflessione sui linguaggi della contemporaneità e che coltivano il dialogo con gli artisti per trasformarsi in interpreti visionari delle forme del loro tempo. Si procede poi con Giorno, sezione in cui i completi da giorno, i tailleur, i cappottini sono l’altra faccia dell’alta moda, quella meno appariscente che ci racconta di un lusso ricercato che non ha bisogno delle occasioni uniche per manifestarsi. Sono gli oggetti che definiscono gli immaginari urbani della modernità. I dettagli costruttivi combinati alla qualità italiana dei tessuti, le lavorazioni artigianali che si innestano su quelle industriali, impreziosendole, sono alla base delle soluzioni formali che caratterizzano questi abiti. Il viaggio dell’alta moda è anche l’esplorazione di questo territorio, che permette ai grandi sarti italiani, fra gli anni cinquanta e gli anni sessanta, di mettersi in gioco e sperimentare. È il percorso vero l’alta moda pronta, verso il prêt-à-porter.
La mostra prosegue con Bianco e Nero, principio progettuale alla base di alcuni fra gli abiti in mostra che rappresentano le più riuscite manifestazioni dell’alta moda italiana fra gli anni ‘50 e ‘60, intesa non come luogo che celebra atmosfere elitarie, ma come eccezionale laboratorio creativo, spazio per la messa a fuoco delle poetiche dei creatori italiani. Essenziale e grafico, il bianco e nero diventa la radiografia attraverso la quale leggere le qualità degli abiti che maggiormente sperimentano nuove soluzioni formali, lunghezze inaspettate, accostamenti inediti fra i materiali. La storia racconta che la moda ben presto ha stretto profondi legami con la settimana arte e proprio nella sezione Cinema rivivono queste atmosfere. L’atelier delle Sorelle Fontana è lo scenario del film di Luciano Emmer Le ragazze di Piazza di Spagna (1952), e sempre delle Sorelle Fontana sono gli abiti che sfilano nella sartoria torinese del film di Michelangelo Antonioni Le amiche (1955). Ma anche Fernanda Gattinoni, Emilio Schuberth, e poi Valentino, Fabiani, Tiziani: sono alcuni dei nomi che si legano al glamour delle attrici della dolce vita. Le attrici italiane e quelle internazionali diventano clienti affezionate delle grandi sartorie romane e questi creatori diventano il referente privilegiato per i guardaroba personali di icone come Ingrid Bergman, Ava Gardner, Gina Lollobrigida, Sophia Loren, Audrey Hepburn, Anna Magnani, Silvana Mangano, Kim Novak, Elizabeth Taylor. La mostra prosegue con Gran Sera, dove regina è l’interpretazione sartoriale dell’unicità propria delle grandi occasioni: l’abito di alta moda è lo strumento che scandisce l’incedere sul tappeto rosso, che anima i foyer dei grandi teatri la sera della prima e i saloni dei palazzi nobiliari durante i grandi balli. Ardite sperimentazioni che trovano la loro validazione con gli abiti da cocktail. In questa sezione la mostra ripercorre le linee tipiche di queste occasioni: “a vetro soffiato”, “alternata”, “solare”, “a boule”, “a scatola”, “a stelo” fino all’arrivo nel corso degli anni ’60 di pantaloni, scarpe dalla punta allargata e dal tacco basso e ispessito. Ma la moda italiana guarda anche oltre, non fermandosi al Belpaese. È così che rimane affascinata dall’oriente e dagli esotismi, al punto di tradurre questa attrazione in  applicazioni e ricami elaborati e preziosi: motivi floreali, arabeschi e astrazioni geometriche diventano scintillanti campiture della silhouette, posizionate su collo, polsi e orli, e arrivano a invadere l’intera superficie dell’abito. Ma non è tutto. Quest’attrazione, infatti, non si esaurisce nella decorazione: nel 1960 il Pijama Palazzo, ideato da Irene Galitzine insieme al suo giovane collaboratore Federico Forquet, riscuote un grande successo alle manifestazioni di moda fiorentine. Dulcis in fundo, la sezione Space, dove paillettes, frange, placche in alluminio, disegni geometrici a rilievo che modulano e animano le sintetiche forme degli abiti la fanno da padrone. Il luccichio metallico diventa l’emblema delle visioni del futuro e di quell’estetica anni ‘60 proiettata verso un domani alla moda. È l’alta moda che si accorge dei giovanissimi, che accompagna i balli sincopati e le pose iper-grafiche delle modelle di “Vogue” e che dai palazzi barocchi della nobiltà romana si sposta sulla pista del Piper Club e fra le scenografie in bianco e nero dei varietà in televisione. 

Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968
Fino al 3 maggio 2015
a cura di Maria Luisa Frisa, Anna Mattirolo, Stefano Tonchi
progetto allestitivo di Maria Giuseppina Grasso Cannizzo e Guido Schlinkert
Galleria 5 
Maxxi, Museo nazionale delle arti del XXI secolo ∙ Via Guido Reni 4A - 00196 Roma 

STYLE_Lebole e Oxfam

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Arriva la nuova e originalissima collezione di Lebole Goielli, che quest’anno avrà un significato e un valore davvero speciale, grazie alla collaborazione con l’associazione umanitaria Oxfam Italia.Un modo unico per unire le migliori produzioni Made in Italy, alla solidarietà e alla tutela dei diritti delle donne.
Mantenute ferme le caratteristiche che ormai sono i tratti distintivi delle creazioni di Lebole Gioielli, come l’uso del tessuto, l’utilizzo di pezzi unici e l’asimmetricità dell’orecchino, cambia l’ispirazione che fa delle sagome e della provenienza della stoffa il cuore della collezione: l’AFRICA. In Africa i tessuti sono messaggi traboccanti di contenuti, la testimonianza spirituale e terrena dell’essere. Non si tratta solo di prodotti materiali con cui vestirsi, ma incarnano, attraverso i loro decori, una sorta di “archeotesto” su cui sono disegnate le identità sociali e religiose di questo popolo.
Gli orecchini Africa sono costituiti da una coppia asimmetrica di soggetti: la maschera abbinata alla cartina dell’Africa o la maschera abbinata alla figura femminile. Il tessuto è applicato su un’anima di legno leggerissima .
La figura femminile indossa un pagne, ossia un tessuto di forma rettangolare che può essere indossato in tanti modi diversi. Il pagne rappresenta un oggetto di valutazione estetica, segno di prestigio e strumento di seduzione che in molti contesti africani rimane l’indumento base del vestiario femminile. Indossarlo è un’arte tanto da richiedere una padronanza di gesti acquisiti per imitazione o per apprendimento, ma del tutto assimilati da apparire come spontanei e naturali. Il pagne più diffuso è di cotone realizzato con la tecnica wax-print e la Lebole Gioielli, per le tre sagome della nuova Collezione, seleziona questi tessuti.
Il wax-print consiste nello stampare con una complessa tecnica mista che assicura una solidità delle tinte e un’apparenza “artigianale” di grande resa estetica, anche grazie alle craquelures, piccole irregolarità volutamente provocate dal metodo di fabbricazione. Il wax impiega la tecnica della tintura a cera con riserve: proteggendo alcune parti di tessuto con la cera e impregnandolo di tintura si ottengono una serie di motivi o forme. L’operazione viene ripetuta più volte e l’ultima tappa della sua fabbricazione, quella che dà al wax la sua etichetta, è l’applicazione dei colori sul tessuto con tamponi di legno sagomati secondo le parti del motivo da stampare.
I tessuti wax-print sono nati nel 1893 in Olanda e ancora oggi sono prodotti da ditte olandesi che ne detengono gelosamente i brevetti per un mercato specificatamente e solamente africano.

Con i gioielli della Collezione Africa, Lebole Gioielli, sostiene la campagna di Oxfam Italia Con le donne per vincere la fame, nata dalla consapevolezza che solo sostenendo le donne è possibile combattere in modo efficace la fame che ancora oggi colpisce 805 milioni di persone nel mondo. Già perché proprio le donne sono le più discriminate nonostante siano spesso in prima fila nel cambiamento, nella lotta per la giustizia e l'uguaglianza.  Oxfam stima che se le donne avessero lo stesso accesso degli uomini a risorse, credito e terra, 150 milioni di persone in meno soffrirebbero la fame nel mondo. Con la campagna Con le donne per vincere la fame, Oxfam è dunque impegnata concretamente, grazie ai progetti di lotta alla povertà che realizza nel Sud del mondo, a dare strumenti adeguati e tangibili alle donne, a partire dall’ istruzione e formazione necessarie a realizzare al meglio il proprio lavoro. Grazie ai fondi raccolti dalla collaborazione con Lebole Gioielli, sarà possibile sarà possibile liberare da fame e povertà moltissime donne e le loro famiglie, in Sudafrica come in Marocco e negli altri paesi in cui Oxfam lavora, creando per loro opportunità e futuro.(www.oxfamitalia.org).


Oxfam Italiaè un’associazione umanitaria parte di una grande coalizione internazionale, formata da 17 organizzazioni che lavorano in oltre 90 paesi per trovare soluzioni durature all’ingiustizia della povertà nel mondo. Da oltre 30 anni è impegnata in molte regioni del mondo, per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni locali, dando loro il potere e le risorse per esercitare i propri diritti e costruire un futuro migliore, e contribuire a garantire loro cibo, acqua, reddito, accesso alla salute e all’istruzione. Oxfam Italia lavora attraverso programmi di sviluppo, interventi di emergenza, campagne di opinione e attività educative per coltivare un futuro migliore, in cui tutti, ovunque, abbiano cibo a sufficienza, sempre.

LEISURE_Illy Caffè apre a Milano

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Un luogo nato e sviluppato sulla base di un concept particolare: divenire un luogo di incontro e socialità, ma, prima ancora, un caffè artistico contemporaneo.
Una vocazione resa possibile dalla collaborazione con la Galleria Lia Rumma, una delle più qualificate per l’arte contemporanea internazionale con sede a Milano e Napoli e che vanta di diritto un’esperienza pluriennale nel settore. Dalla sinergia di queste due realtà è nato un programma espositivo all’interno del flagship store: in un’area dedicata verrà esposta a rotazione trimestrale l’opera di un artista contemporaneo legato ai progetti artistici dell’azienda. Protagonista del debutto, William Kentridge con un grande arazzo da lui disegnato intitolato Carte de L’Europe divisée en ses differents états (Shower woman), realizzato tra il 2006 e il 2007.
L’artista si caratterizza per una ricerca e una sperimentazione continua nonché per una caleidoscopica pratica artistica, poco incline ad essere inglobata entro rigidi confini disciplinari. Nei suoi lavori svela l’incerta grammatica del mondo laddove ricorda che ambire ad una visione univoca e totale è solo un’illusione.

Il nuovo illy Caffè ambisce dunque a inserirsi nella tradizionale scia dei caffè artistici, un moderno punto di ritrovo dove unire il piacere del caffè e di un menù che lo vede come protagonista dal salato al dolce, a quello per l’arte contemporanea. L’anima del locale, strutturato su 200 metri quadri distribuiti su due piani e con oltre 70 posti a sedere, è rappresentata anche dal nuovo bancone, che unisce la raffinatezza del marmo Calacatta all’iconico frontale rosso decorato con un pattern composto dallo storico logo illy, due tazzine viste dall’alto. Catturano infine lo sguardo i due chandelier, composti da oltre 200 tazzine illy Art Collection create negli ultimi 20 anni dai più grandi artisti contemporanei.

ART & CULTURE_Stardust David Bailey

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Oltre 300 scatti in mostra al PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano per descrivere l’estro creativo di uno dei fotografi più emblematici ed influenti al mondo, colui che ha dato un contributo significativo all’evoluzione delle arti visive e ha ispirato Antonioni per il film “Blow-up”: David Bailey. “Stardust”, questo il titolo della mostra visitabile sino al 2 giugno 2015, offre al pubblico uno sguardo inedito su un artista iconico, che ha ritratto in modo creativo e sempre stimolante soggetti e gruppi: molti di loro famosi, alcuni sconosciuti, tutti coinvolgenti e memorabili.
Promossa e prodotta dal Comune di Milano Cultura e Tod’s, la mostra segna l’inizio di una collaborazione pluriennale tra la prestigiosa azienda internazionale e il PAC Padiglione d’Arte Contemporanea per la produzione di grandi mostre sugli artisti protagonisti del nostro tempo.
Universalmente riconosciuto come uno dei padri fondatori della fotografia contemporanea, David Bailey (Londra, 1938) è l’autore di alcuni tra i ritratti più iconici degli ultimi cinque decenni. I suoi primi lavori hanno definito, e allo stesso tempo catturato, l'atmosfera degli anni ‘60 a Londra, quando con i suo scatti ha fatto nascere stelle di una nuova generazione, tra cui Jean Shrimpton e Penelope Tree. Scardinando le rigide regole che avevano guidato la precedente generazione di fotografi ritrattisti e di moda, Bailey ha saputo incanalare nel suo lavoro la novità e l'energia della street culturelondinese, creando quella freddezza casual che ha contrassegnato il suo stile.
Curata dallo stesso artista e realizzata in collaborazione con la National Portrait Gallery di Londra e con il magazine ICON, la mostra contiene una vasta serie di fotografie, selezionate personalmente da Bailey come le immagini più significative o memorabili della sua carriera, che ha attraversato più di mezzo secolo.
Innovativa e provocatoria, l’opera d Bailey include immagini intense ed evocative di attori, scrittori, musicisti, registi, icone della moda, designer, modelli, artisti e persone incontrate nel corso dei suoi viaggi.
Il coinvolgimento tra artista e soggetto è palpabile e presente in tutti i suoi scatti: da quelli realizzati con celebrities come Meryl Streep, Johnny Depp, Jack Nicholson e Kate Moss, ai nudi di sconosciuti volontari che hanno posato per il suo progetto “Democracy” tra il 2001 e il 2005; dalle icone della musica come i Beatles o i Rolling Stones, a grandi protagonisti delle arti visive come Salvador Dalì ritratto insieme ad Andy Warhol, ma anche Francis Bacon o Damien Hirst.
Il percorso della mostra non procede cronologicamente, ma per temi, mettendo a confronto generei molto diversi: dalla fashion photography agli still lives, fino alla fotografia di viaggio. La mostra ripercorre per capitoli ritratti, luoghi e personalità insieme agli scatti raccolti da Bailey intorno al mondo: immagini dell’India, dell’Australia, della Papua Nuova Guinea e del Sudan convivono così in un continuum con quelle dell’East End londinese e quelle più glamour delle “Pin- Up”.
Per questa esposizione, l’artista ha realizzato nuove stampe in gelatina d’argento, che gli hanno permesso di rivedere ogni singola immagine. Il suo stile inimitabile e senza tempo cattura lo Zeitgeist e la vitalità della cultura moderna attraverso la sua peculiare interpretazione: le immagini trasmettono una creatività e un temperamento che sono inequivocabilmente targati Bailey.
A corollario della mostra, il catalogo, edito per l’Italia da Skira Editore, contenente un saggio di Tim Marlow, direttore alla Royal Academy di Londra.

Stardust David Bailey
Fino al 2 giugno 2015
PAC Padiglione d’Arte Contemporanea, via Palestro 14, Milano

LEISURE_Incontro con Jessie Burton

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Incontro con Jessie Burton in occasione dell'uscita del suo libro Il miniaturista pubblicato da Bompiani, mercoledì 25 marzo 2015 alle 18.30 alla libreria Galleria Carla Sozzani.
Maria Luisa Agnese e Camilla Baresani dialogheranno con l'autrice.
Il miniaturista è il romanzo storico d'esordio di Jessie Burton, giovane scrittrice inglese, tradotto in italiano da Elena Malanga. Una storia di passioni e segreti trai canali di Amsterdam a fine Seicento, primo in classifica in Inghilterra e in corso di traduzione in oltre 35 paesi.
"Pensavi di essere una scatola chiusa in una scatola. Si dice Nella. Ma il miniaturista ti vede, ci vede."Commercio, amore e tradimento, rancori e ossessioni, segreti e speranze, sete di ricchezza e di vita s’incontrano in questo folgorante romanzo di Jessie Burton.
In un giorno d’autunno del 1686, la diciottenne Petronella Oortman − Nella-fra-le-nuvole è il soprannome avuto da sua mamma – bussa alla porta di una casa nel quartiere più benestante di Amsterdam. Nella è arrivata dalla campagna con il pappagallo Peebo, per iniziare una nuova vita come moglie di un illustre mercante, Johannes Brandt. Ma l’accoglienza è tutt’altra da quella che Nella si attendeva: invece del marito trova ad attenderla la sua ostile cognata e strani, inquietanti segni nella sua camera. Nella scopre messaggi nascosti tra le pagine di libri esotici, si innamora dell'amore e cerca affetto e calore, memore dell’insegnamento della mamma “Il tuo corpo è la chiave, tesoro mio”, ma viene respinta. L’unica attenzione che le viene riservata è uno strano dono, una miniatura della sua casa e l’invito ad arredarla. Sembra una beffa. Eppure Nella, che si sente ospite in casa propria, non si perde d’animo e si rivolge all’unico miniaturista che trova ad Amsterdam. Nella rimane affascinata da questa enigmatica figura che sembra sfuggirle continuamente, anche se tra loro si costruisce un dialogo sempre più fitto, senza parole, ma fatto di piccoli, straordinari oggetti parlanti che raccontano i misteri di casa Brandt.
Jessie Burton ha studiato all’Università di Oxford e alla Central School of Speech and Drama, dove ha interpretato ruoli in classici del teatro come Othello e Macbeth.

Il miniaturista
di Jessie Burton

traduzione di Elena Malanga
440 pagine, € 18
Bompiani, narratori stranieri 

ART & CULTURE. Gianfranco Ferré in mostra a Milano

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L’estro creativo di Gianfranco Ferré, uno dei padri fondatori del prêt-à-porter italiano, viene celebrato con la mostra “La camicia bianca secondo me. Gianfranco Ferré”che, dopo aver esordito al Museo del Tessuto a Prato, viene ora accolta nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale a Milano. Un tributo doveroso a un indimenticato stilista ma, prima ancora, a un grande uomo, che con la sua sensibilità ha valorizzato la femminilità nella sua accezione più autentica ed elegante. Per farlo, sono esposti 27 modelli di camicia bianca, caposaldo per antonomasia dello stile, della cultura progettuale e della creatività di Gianfranco Ferré: non un semplice capo d’abbigliamento, bensì un concentrato di raffinatezza e unicità, di maestria e compostezza, di ricerca e dedizione. La camicia bianca per Gianfranco Ferré, infatti, era qualcosa di irrinunciabile. Come la definiva lui stesso “un termine di uso universalenel lessico contemporaneo dell’eleganza. Che però ognuno pronuncia come vuole”.
La mostra, promossa dal Comune di Milano, Assessorato alle Politiche per il Lavoro, Moda e Design e Assessorato alla Cultura, organizzata e prodotta da Palazzo Reale e Fondazione Gianfranco Ferré, in collaborazione con la Fondazione Museo del Tessuto di Prato e curata da Daniela Degl’Innocenti, si caratterizza per un percorso espositivo ricco di disegni preparatori, bozzetti, fotografie, capi sartoriali, che pone al centro la camicia bianca.
Il visitatore è così condotto alla scoperta del capo icona dello stile Ferré attraverso diverse forme di lettura che ne evidenziano gli elementi progettuali più innovativi nonché le infinite e affascinanti interpretazioni.
L’incipit della mostra è affidato ad un passaggio attraverso teli di tulle su cui scorrono macro-immagini dei disegni autografi di Ferré, che permettono di cogliere segni delineanti la sua visione creativa e rappresentanti un mezzo per accedere al progetto di tutti i capi esposti. Da qui si passa al cuore dell’esposizione nel centro della grande Sala delle Cariatidi, dove domina la plastica e affascinante presenza delle camicie bianche: sculture bagnate da una luce pensata per consentire al bianco di accendersi in diverse tonalità e alle ombre di fare da contrappunto, per ottenere un effetto suggestivo. Taffettà, crêpe de chine, organza, raso, tulle, stoffe di seta o di cotone, merletti e ricami meccanici, impunture eseguite a mano, macro- e micro-elementi si susseguono in un crescendo di maestria ed equilibrio.
Ai lati della grande sala espositiva, sono presenti i diversi materiali provenienti dell’Archivio della Fondazione Ferré. Particolare interesse suscitano i disegni originali che illustrano l’incredibile capacità di dare vita ad ogni creazione, sintetizzando tutti gli elementi necessari alla realizzazione del modello: silhouette, volumi, dettagli, leggerezza o corposità della materia, sono già descritti nel tratto più o meno marcato, elegante e velocissimo.
A soffitto, un insieme di immagini di grande forza onirica: proiezioni fotografiche (simulazioni indagine rx di Leonardo Salvini) offrono una lettura tecnica e suggestiva allo stesso tempo, restituendo l’impalcatura formale e materica di ciascuna camicia e mettendo in evidenza texture e stratificazioni. Soprattutto suggeriscono levità, dolcezza e poesia.
A chiudere il percorso, le immagini realizzate da Luca Stoppini sottolineano ancora una volta come la leggerezza e la trasparenza siano una precisa chiave di lettura dell’intero progetto.
A corollario, un libro-catalogo, edito da Skira, la cui direzione artistica è di Luca Stoppini. Il volume approfondisce i temi dell’esibizione con il saggio introduttivo di Daniela Degl’Innocenti e gli interessanti contributi di personaggi e protagonisti dello stile, della moda e dell’architettura italiana quali Quirino Conti, Anna Maria Stillo Castro, Margherita Palli, Daniela Puppa e Franco Raggi, che raccontano ed interpretano la visione creativa e progettuale del grande stilista-architetto. Chiude un intervento di Alessandra Arezzi Boza sul significato dell’heritage nelle attività della Fondazione Gianfranco Ferré.
Una mostra unica nel suo genere, volta a celebrare un uomo e un grande professionista al tempo stesso, che fece della discrezione e della garbatezza gli elementi irrinunciabili di una vita dedicata alla ricerca e alla consacrazione dello stile e della raffinatezza. Un’occasione imperdibile per ricordarne la preziosità e per avvicinare i giovani a una delle figure emblematiche della storia della moda italiana.

La camicia bianca secondo me Gianfranco Ferré
Sala delle Cariatidi, Palazzo Reale, Milano

Fino all’1 aprile 2015

ART & CULTURE_Appunti di stile by Gianfranco Ferré

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Si riportano alcuni appunti di Gianfranco Ferré in merito alla camicia bianca. Riflessioni, considerazioni, digressioni dalla viva voce dello stilista circa il capo icona del suo stile e della sua creatività. A dimostrazione che la camicia bianca non rappresentava per lui un semplice capo d’abbigliamento, bensì la summa esemplificativa di arte e cultura, dove filosofia, progettualità visionaria e architettura all’unisono celebravano la femminilità nella sua autenticità ed eleganza.

“E’ fin troppo facile raccontare la mia camicia bianca. E’ fin troppo facile dichiarare un amore che si snoda come un filo rosso lungo tutto il mio percorso creativo. Un segno - forse “il” segno - del mio stile, che rivela una costante ricerca di novità ed un non meno costante amore per la tradizione.
Tradizione e novità sono infatti gli elementi da cui prende il via la storia della camicia bianca Ferré. La tradizione, il dato di partenza, è quella della camicia maschile, presenza codificata e immancabile nel guardaroba, che ha fornito uno stimolo incredibile al mio desiderio di inventare, alla mia propensione a rileggere i canoni dell’eleganza e dello stile, giocando tra progetto e fantasia. Letta con glamour e poesia, con libertà e slancio, la compassata e quasi immutabile camicia bianca si è rivelata dotata di mille identità, capace di infinite modulazioni. Sino a divenire, credo, un must della femminilità di oggi...
Nel lessico contemporaneo dell’eleganza, mi piace pensare che la mia camicia bianca sia un termine di uso universale. Che però ognuno pronuncia come vuole...

Questo processo di elaborazione mostra sempre un intervento ragionato sulle forme. Mai uguale a se stessa, eppure inconfondibile nella sua identità, la blusa candida sa essere leggera e fluttuante, impeccabile e severa quando conserva il taglio maschile, sontuosa ed avvolgente come una nuvola, aderente e strizzata come un body. Può essere enfatizzata in alcune sue parti, il collo ed i polsi innanzitutto, oppure ridotta ed intenzionalmente privata di alcune sue parti: la schiena, le spalle, le maniche. Si gonfia e lievita con il movimento, quasi in assenza di gravità. Svetta come una corolla incorniciando il viso. Scolpisce il corpo per trasformarsi in una seconda pelle. E’ la versatile interprete delle più svariate valenze materiche: dell’organza impalpabile, del taffettà croccante, del raso lucente, della duchesse, del popeline, della georgette, dello chiffon...”
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