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ABOUT_Jole Veneziani: ipse dixit...e non solo

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Jole Veneziani ha detto di sé…

Alta moda. Questa espressione altro non può essere se non sinonimo di perfezione tecnica, perfezione di proporzioni, ricerca costante, instancabile, di colori nuovi nella impercettibile loro vastissima gamma. Ricerca continua di materia nuova, di trame nuove, di fibre nuove, di disegni nuovi e conseguente valorizzazione del tessuto nel suo migliore rendimento di creazione”. (1967)

E’ un elemento oggi, la scarpa, di primaria importanza e necessità. Siccome il vestito è diventato zero, è necessario vestire dal di sotto. A furia di accorciare, un bel giorno avremo delle scarpe meravigliose, una bellissima collana e…la foglia di fico che sostituirà il vestito”. (1969)

Sono sempre stata testarda, ed ho sempre pensato a modo mio. Io me ne infischiavo della moda, in un certo senso.  Quando una mia cliente arrivava e mi chiedeva “che cosa si usa?” rispondevo piccata: “non deve proprio interessarle che cosa si usa. Lei deve soltanto cercare di mettersi addosso un abito adatto alla sua personalità”. La moda, infatti, è un fatto individuale, ed io mi sono sempre rifiutata di considerarla un imperativo ed un tiranno implacabile”. (1980)

“Ogni mia sfilata aveva il sapore di una “prima”, e le indossatrici erano ben consce del ruolo che spettava loro di interpretare. Ogni collezione aveva, naturalmente, dei motivi e dei colori nuovi da lanciare per una stagione. Tuttavia, io ero sempre fedele al mio motto di lasciare alla donna tutta la sua femminilità, senza costringerla in linee non adatte a lei. Ma il mio ideale di donna c’era, ed è sempre quello che è ancora, l’ideale per me: collo sottile, busto lungo, seno leggero, attaccatura delle braccia fluida. E poi sempre lo stesso imperativo: di giorno sobria, possibilmente in tailleur, il più possibile semplice. Di sera, invece, una gioia di colori e di luce, uno scintillio di tessuti. Insomma: festa”. (1980)

Non dimentichiamo che la moda italiana è una grande ambasciatrice all’estero. Siamo stimati, apprezzati. E anche copiati naturalmente. Ma questo non accadrebbe, se non ne valesse la pena. Infatti, nessuno, tenta di copiare ciò che è brutto o sbagliato”. (1980)

“Per me, creare in quel tempo tragico, costituiva una delle poche fonti di gioia. Le clienti arrivarono presto perché, nonostante tutto, Milano aveva ancora una sua vita elegante ed i suoi obblighi mondani”. (1980)




Jole Veneziani. Hanno scritto di lei…

Adriana Mulassano
“Se penso alla Veneziani ne ho un’immagine né pomposa, né ricca né fatua: fra i creatori di quegli anni è stata senza dubbio la più d’avanguardia.” (1989)

Bianca Maria Piccinino
“Ho conosciuto la Veneziani quando è nata la moda italiana: è diventata per me una grandissima amica e ricordare che proprio lei ha fatto il mio abito da sposa è una cosa che mi commuove moltissimo. Senza dubbio è stata la donna più ricca di vitalità, di gioia di vivere, di intelligenza ed umorismo che io abbia mai conosciuto”. (1989)

Beppe Modenese
“Jole Veneziani è per la moda l’inizio della moda italiana. Ha avuto un ruolo determinante in quella prima presentazione fiorentina ed ha continuato a giocare questo ruolo per molti anni”. (1989)

Elena Viola Capra
 “Jole com’era e com’è: un carattere, uno spirito, uno stile di vita che sono più grandi delle sue opere, che le prescindono, che si sarebbero imposti comunque, qualunque strada i capricciosi giochi del destino l’avessero indotta a imboccare”. (1982)

Maria Pezzi
“Le sue mani erano paffutelle, ornate preziosamente di rosse pelle e zaffiri; quelle “specialissime” mani per cui in tutti gli innumerevoli articoli a lei dedicati, in tutte le interviste, è sempre stata denominata “zampa di velluto”. Fui io a inventare questa definizione per lo stupore di vedere quelle mani palpare, accarezzare, sfiorare contropelo delle stupende pelli di zibellino, non solo con competenza ineguagliabile ma quasi con piacere sensuale. In fatto di conoscenza di pelli, di fantasia creativa, di ricerca di novità, di coraggio – un grande coraggio – Jole Veneziani è stata pioniera e forse non superata”. (1991)

Maria Pia Alfonsi
“Perché “la Veneziani” è una di quelle rare persone nelle quali si può identificare tutta un’epoca”. (1972)

Biki
“La Veneziani rappresenta un nerbo saldo e insostituibile, sul fronte della Moda italiana. Appartiene alla prima linea.
Del resto, i fatti forniscono una facile conferma. Quante grandi sartorie hanno resistito come la sua? E non solo resistito, ma conservato sempre la posizione in prima linea?
Se si cerca una spiegazione a questo fatto abbastanza eccezionale, credo che la si possa trovare soltanto nel personaggio stesso della Veneziani”. (1963)

Dino Buzzati
“E’ stato, sulla passerella di Palazzo Pitti, un piccolo festival del miracolo economico, tanto dichiarato e spiritoso da non poter dare scandalo. Anche negli altri modelli, del resto, - mi hanno fatto notare gli intenditori – Jole Veneziani ha puntato sul lusso, con largo impiego dei tessuti più costosi come la vicugna e il cachemire. E gli elogi sulla linea e sul gusto sono stati un coro”. (1963)

BOOK_Louis Vuitton City Bags: una storia naturale

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Le City Bags di Louis Vuittonsi raccontano in un incredibile volume, edito Rizzoli NY e in vendita dal mese di ottobre. Una storia naturale è il fil rouge del libro, che unisce un approccio unico e affascinante ad un gioco quasi scientifico sulle forme iconiche. Protagoniste le borse simbolo della Maison, che hanno attraversato con la loro allure l’intero XIX secolo e, ancora oggi, sono la linea di accessori più riuscita della storia della moda. Il loro eclatante successo infatti, ha contribuito in misura determinante a fare di Louis Vuitton sinonimo di lusso contemporaneo.
La versatilità è la loro caratteristica principale. Discendenti dei bagagli a mano riposti all’interno di quei bauli e wardrobe che rappresentavano l’immagine del Malletier, nel giro di un secolo o poco più
si sono diversificate per adattarsi a ogni esigenza della donna moderna. I modelli contemporanei sono un elemento fondamentale del guardaroba femminile e i loro nomi sono diventati ormai familiari: Speedy, Papillon, Alma, Lockit, Noé, Bucket, Neverfull, Sac Plat e Pochette.
Ammiccando ai tentativi novecenteschi di categorizzazione dei prodotti di design industriale, il volume ripercorre l’evoluzione delle city bag ispirandosi all’antica classificazione scientifica di piante e animali.La genealogia dei diversi modelli è esplorata fino
a identificarne i diretti “antenati” nei quattro bagagli a mano Steamer Bag, Vanity Case, Alzer e Keepall.
Ogni membro delle “famiglie” così individuate è descritto
ed esaminato nel dettaglio, dai primi esemplari storici alle più ambite creazioni contemporanee.
L’opera offre la più completa genealogia dell’universo delle city bag Louis Vuitton e dimostra come le ambiziose collaborazioni artistiche intraprese negli ultimi vent’anni ne abbiano accelerato l’evoluzione in un’esplosione multiforme.
Due le edizioni: una per le librerie e una per le boutique del marchio (compresa la sezione shop on line), rigorosamente in versione deluxe. Quest’ultima, come i classici libri di Storia Naturale, viene presentata in un cofanetto in tela carta marmorizzata
e undici tavole illustrate.


SOMMARIO
PARTE I: GENESI
In principio Saggio di Florence Müller
Antenati comuni: The Vanity, The Alzer, Steamer e Keepall
Nell’intimità: la borsa e l’identità personale
Saggio di Jean-Claude Kaufmann
Florence Müller, francese, è una storica della moda. Laureata presso l’École du Louvre e l’Institut d’art
et d’archéologie, ex direttrice e curatrice dell’Union française des arts du costume dal 1987 al 1993, ha curato numerose mostre in Francia e all’estero. Professore associato presso l’Institut français de la mode, insegna cultura della moda storica e contemporanea. È autrice di opere di riferimento sulla moda e lo stile.
Jean-Claude Kaufmann è un sociologo francese.
 Si interessa alle problematiche legate alla vita quotidiana, e in particolare ai legami con il concetto di identità.
 I suoi contributi sono riconosciuti fondamentali
per il rinnovamento di tutta l’area di studi.
 Nel quadro delle ricerche da lui condotte per il CNRS (Centre National de la Recherche Scientifique),
 di cui fa parte dal 1977, lavora anche sulla socializzazione e la soggettività in collaborazione con il Centro di ricerca sui legami sociali dell’università Paris Descartes.
 Nel 2011 ha pubblicato Le sac. Un petit monde d’amour per le edizioni Jean-Claude Lattès.

PARTE II: FAMIGLIE
Ritratti di Colombe Pringle
Capitolo I: Speedy/Papillon
Capitolo II: Alma/Lockit

Capitolo III: Noé/Bucket

Capitolo IV: Sac Plat/Neverfull
Capitolo V: Pochettes/Minaudières
Capitolo VI: Mutazioni
Mutagenesi Saggio di Ian Luna
CdG x LV di Rei Kawakubo
Conversazione con Yayoi Kusama con Isao Takakura e Mariko Nishitani
Conversazione con Takashi Murakami con Mariko Nishitani
Una specie invasiva: Louis Vuitton
in Giappone Saggio di Mariko Nishitani
Colombe Pringle è una giornalista anglo-francese.
 Esordisce come redattrice di moda presso la rivista “Elle”,
 di cui sarà vicecaporedattrice dal 1982 al 1986. Per tre anni è l’inviata de “Le film français” al festival di Cannes. 
Nel 1987 è nominata caporedattrice di “Vogue Paris”,
 prima di diventare corrispondente dall’estero per “L’Express” nel 1996. In parallelo assume la direzione della rivista
di interior design “Maison française”, fino al 2003.
Dal 2004 dirige il settimanale “Point de vue”. È autrice
di Telle qu’Elle, 50 ans d’histoire des femmes à travers
le journal Elle per le edizioni Grasset (1995)
e di una biografia di Roger Vivier nella collana
“Mémoire de la mode” per le edizioni Assouline (1999).
Ha recentemente collaborato per Rizzoli a una monografia dedicata a Roger Vivier (2013).
Ian Luna è un critico che vive a New York. Autore di diversi libri di architettura, design e moda, è editor e coautore
di Pharrel Williams: Places & Spaces I’ve Seen (2012). 
Tra le sue collaborazioni precedenti: Louis Vuitton: Architecture and Interiors (2011) e Louis Vuitton: arte, moda e architettura (2009); A Bathing Ape (2008) con Nigo®; Tokyolife: Art and Design (2008) con Toshiko Mori; On the Edge: Ten Architects from China (2007) con Yung Ho Chang; Retail: Architecture and Shopping (2005); Immaginare Ground Zero: progetti e proposte per l’area
del World Trade Center (Rizzoli, 2005) con Suzanne Stephens e New York: Architecture of a City (2003). Ha insegnato urbanistica e storia dell’architettura alla facoltà di Architettura e urbanistica del MIT e alla facoltà
di Architettura di Yale ed è critico e corrispondente
per alcune testate in Cina e in Giappone, tra cui l’edizione digitale e cartacea di “Studio Voice”, “High Fashion” e “Tokion” Giappone.
Mariko Nishitani è una giornalista e redattrice di moda
che vive tra Tokyo e Kyoto. Dal 1974 al 2012 ha lavorato come redattrice presso il Bunka Publishing Bureau (BPB), un prestigioso gruppo editoriale giapponese di moda. Corrispondente da Parigi per conto del BPB all’inizio della sua carriera, è stata vicecaporedattrice di “Soen” (1994-1999), “High Fashion” (2001-2011) e caporedattrice di “High Fashion Online” fino al 2012.
Ha curato diverse mostre dedicate alla moda contemporanea, tra cui “Feel and Think: A New Era of Tokyo Fashion” presso la Tokyo Opera City Art Gallery, nel 2011.
Tra le sue pubblicazioni: Sotai-sei Comme des garçons
(“Il relativismo di Comme des garçons”, 2012) e Fashion wa Katarihajimeta (“La moda incomincia a parlare”, 2011), antologia critica di importanti marchi giapponesi
come A Bathing Ape e Undercover. È docente presso l’università Kyoko Seika, dove insegna storia della moda
e cultura popolare.

PARTE III: CODICI
Errare perfectum est Saggio di Deyan Sudjic
Laboratori, materiali e processidi produzione

Espressioni idiomatiche e proverbi
Deyan Sudjic è il direttore del Design Museum di Londra. Rettore della facoltà di Arte, architettura e design della University of Kingston di Londra, è stato critico d’architettura per il settimanale britannico “The Observer” dal 2001 al 2005, caporedattore della rivista “Domus” dal 2000 al 2004, caporedattore e fondatore della rivista “Blueprint”. Nel 2002 ha diretto e curato la biennale di Venezia.
È autore di numerose monografie sul design, tra cui Rei Kawakubo & Comme des garçons (Rizzoli, 1990).

ILLUSTRAZIONI E FOTOGRAFIE PRINCIPALI
Patrick Gries è un fotografo lussemburghese. Negli anni Ottanta collabora con varie riviste d’arte e design a New York, e pubblica il suo primo progetto documentario sulla Romania postcomunista nel 1990. Oggi collabora con marchi di lusso, artisti e istituzioni di arte e design, tra cui la Fondation Cartier e il Musée du quai Branly a Parigi.
Le sue fotografie ritraggono contesti e realtà sociali
in mutamento e sono oggetto di mostre internazionali
e di numerose raccolte. Ha da poco pubblicato Évolution,
in collaborazione con Jean-Baptiste de Panafieu per
le edizioni Xavier Barral.
Martin Mörck è un artista e incisore norvegese che vive tra la Svezia e Copenaghen. Dopo aver concluso gli studi d’arte, si è dedicato alla tecnica dell’incisione sotto
la direzione di Arne Wallhorn delle Poste svedesi. Il suo primo francobollo viene emesso in Svezia nel 1977. Da allora lavora principalmente per le amministrazioni postali dei paesi nordici e di numerose nazioni, tra cui Francia e Cina. Collabora regolarmente come illustratore alla rivista britannica “Monocle” e alla danese “Euroman”. Ha fondato la Beijing School of Engraving in collaborazione con le Poste cinesi. Le sue incisioni e i suoi acquerelli sono stati pubblicati in prestigiose riviste e in volume.
Martine Rupert è un’illustratrice francese. Vive tra Parigi e Berlino e ha collaborato con le edizioni teNeues per
la collana “City Journal”, Exacompta Clairefontaine
e con l’Institut du monde arabe. I suoi disegni sono stati esposti al Consiglio d’Europa, alla sede del canale televisivo franco-tedesco Arte e in gallerie d’arte di Ginevra e di Londra.
Nick Veasey è un fotografo britannico. Incomincia a lavorare per la pubblicità e la televisione prima di dedicarsi alle radiografie di oggetti. Ha realizzato numerose campagne pubblicitarie per marchi internazionali e le sue opere sono state esposte al Victoria and Albert Museum di Londra e all’Illinois Institute of Technology di Chicago, oltre a far parte della British Collection of Photography. Il suo lavoro
è stato riconosciuto, premiato e pubblicato in tutto il mondo.

LOUIS VUITTON EDITORE
I libri e la scrittura hanno sempre ricoperto un ruolo molto speciale nella storia di Louis Vuitton.
Gaston-Louis Vuitton (1883-1970), nipote del fondatore,
fu grande amante di libri e letteratura. Bibliofilo dichiarato, fonda ben tre società di bibliofili intessendo una stretta trama di corrispondenze con editori, illustratori e scrittori del suo tempo.
Nel 1914, quando viene inaugurato il nuovo negozio di Louis Vuitton sugli Champs-Elysées, offre ai propri clienti un confortevole salone di lettura e di corrispondenza.
Questa tradizione si perpetua oggi nelle Maison Louis Vuitton di Parigi, Taipei, Hong Kong, Londra, Singapore, Roma
e Venezia con le librerie Louis Vuitton che propongono una selezione di libri di arte, moda, design, viaggio e cinema. Bibliofilo insaziabile Gaston-Louis Vuitton era altrettanto appassionato di scrittura. La sua passione per la tipografia lo condusse ad allacciare legami privilegiati con un ampio numero di scrittori viaggiatori.
Dei legami unici, oggi testimoniati da pezzi storici gelosamente conservati negli archivi della Maison,
come la Malle Bibliotéque di Ernest Hemingway nella quale furono ritrovati dei carnet manoscritti dal grande scrittore, o ancora la Malle-Bureau di Pierre Savorgnan de Brazza nei cui cassetti segreti fu ritrovato un rapporto confidenziale dell’esploratore del Congo.
Louis Vuitton fu inoltre un pioniere nell’industria del lusso nel creare la propria casa editrice. Forti di un catalogo
di sessanta titoli le Editions Louis Vuitton si concentrano attorno a tre collezioni chiaramente devote al viaggio – guide, carnet e recensioni letterarie – e collaborano in parallelo ad una serie di volumi sulla storia della Maison.
Erede di questa tradizione eccezionale e avendo a cuore un’arte secolare, Louis Vuitton ci invita oggi a un nuovo viaggio nell’universo della scrittura.

SPECIFICHE TECNICHE
400 PAGINE. 24 x 31 cm
500 immagini a colori: disegni specifici e immagini da servizi fotografici, campagne pubblicitarie, documenti d’archivio.
Stampato in Italia.
Da settembre 2013 disponibile il video di presentazione del libro su louisvuitton.com.
Allo stesso momento, Les Editions de La Martinière proporrà una divertente applicazione per iPhone e iPad scaricabile gratuitamente su App Store.

EDIZIONE LIMITATA
Ottobre 2013
Edizione deluxe per le boutique Louis Vuitton: il libro viene presentato in un cofanetto rilegato in tela buckram, arricchi- to da 11 tavole illustrate.
125€
EDIZIONE LIBRERIA
L’opera è pubblicata in francese per le Éditions de la Martinière, in inglese per Rizzoli NY
e in italiano per Rizzoli Italia.
90€


LEISURE_L'Invitation au Voyage - Venezia

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Il viaggio di Louis Vuitton fa tappa a Venezia, in un omaggio alla Serenissima e alla sua storia senza tempo. E lo fa con una special guest di tutto rispetto: David Bowie. Partita dai cortili del Louvre di Parigi a bordo di una mongolfiera, Arizona Muse, protagonista dell’intrigante campagna “L’invitation au Voyage”, arriva nel cuore della notte in una deserta e affascinante Piazza San Marco, proseguendo in quello che si profila come un viaggio al confine tra il fantasy e l’arte drammatica, tra sogno e realtà.
Estasiata dalla bellezza del luogo, Arizona si dirige a grandi passi verso le logge della piazza, attraversa le calli e i campi e, incuriosita da una musica ammaliante, apre le porte di un magnifico palazzo...David Bowie è seduto al clavicembalo. I loro sguardi s’incrociano. Sedotto dal fascino e dall’eleganza di Arizona, David Bowie suona una versione unica e singolare della canzone “I’d rather be high” che sembra composta appositamente per la misteriosa donna. La musica si rivela magica: all’improvviso Arizona si ritrova immersa in mondo fantastico, un carnevale dell’assurdo, un grande ballo in maschera in stile veneziano. Maschere, personaggi della Commedia dell’Arte, stravaganti comparse la circondano, inebriata dal fascino misterioso e onirico della città, che da sempre affascina e seduce i viaggiatori di tutto il mondo.
Arizona Muse chiude gli occhi: se questo è un sogno, le sta entrando nel profondo dell’anima.
Quando li riapre, non c’è più musica e tutti i personaggi sono scomparsi. David Bowie non è più lì, ma Arizona trova lo spartito della canzone nella sua borsa Vivienne Louis Vuitton; forse l’unica testimonianza di questa incredibile esperienza. Ispirata da ciò che è successo, va incontro al proprio destino: un antico veliero cinese la sta aspettando sul Canal Grande e riparte con lei a bordo, lasciandosi alle spalle l’atmosfera magica di Venezia.

David Bowie per L’invitation au Voyage – Venezia di Louis Vuitton
David Bowie è un artista versatile, dalla personalità unica. Dall’inizio della propria carriera non ha mai smesso di confondere i confini tra realtà e finzione, rock e pop, maschile e femminile, flamboyance ed estrema estetica.
Come la Maison Louis Vuitton, Bowie attraversa le ere, le età e le generazioni, avventurandosi sempre più in là nell’ignoto. Inventore di Ziggy Stardust, il suo alterego immaginario, non teme di “eliminare” i propri personaggi mentre progredisce nella sua ricerca di nuove sfide artistiche. I suoilavori spaziano in ogni ambito creativo (musica, cinema, radio, mimo), coinvolgendo diversi stili musicali, riuscendo sempre a stupire il suo pubblico.
Lascia il segno all’inizio della sua carriera grazie alle drammatizzazioni artistiche, alla creazione di personaggi e all’uso della fantasia e della finzione nel suo stile unico e peculiare. Questo dandy dall’aria glam-chic è conosciuto per il suo magnetismo e il suo profilo stupefacente, che sembra sfidare il passare del tempo. Come Louis Vuitton, egli trae ispirazione da un’inesauribile curiosità per qualsiasi cultura, per esplorare al meglio ogni stile musicale.

Le icone Louis Vuitton protagoniste della campagna
Arizona Muse indossa la nuova borsa Vivienne della collezione Parnassea, in pelle di vitello nera con logo dorato, simbolo dell’eccezionale savoir-faire pellettiero di Louis Vuitton, una collana in oro Monogram Idylle e un bracciale Lock-it in oro rosa.
 David Bowie, invece, un orologio Tambour Evolution.

Colonna sonora del film

Appositamente ri-orchestrata per questa campagna da David Bowie, la canzone “I’d rather be high” dal suo ultimo album sarà disponibile anche sull’applicazione Louis Vuitton Pass App creata proprio per il lancio della campagna.

App. Louis Vuitton Pass
Louis Vuitton lancia Louis Vuitton Pass, una nuova app che consente di avere accesso privilegiato ai contenuti nascosti della campagna “L’invitation au Voyage”.
Una volta scansionati i visual della campagna, l’app Louis Vuitton Pass permette l’accesso a contenuti esclusivi: dal “dietro le quinte”, alle riprese sul set, alla possibilità di scoprire ed acquistare i prodotti protagonisti della campagna. Tutto questo e molto di più, come l’anteprima del nuovo film Louis Vuitton “L’invitation au Voyage – Venezia”.
 Disponibile su App Store e Google Play dal 2 novembre, per tablet e smartphone.

#LVVenice

Date della campagna L’invitation au Voyage – Venezia
Il film di 60 secondi de L’invitation au voyage – Venezia sarà presentato in anteprima su LV Pass il 7novembre e dall’8 novembre sui social media Louis Vuitton.
In Italia il film sarà visibile nei cinema a partire dal 12 dicembre e gli scatti pubblicitari della campagna appariranno dal 15 novembre.

Regista: Romain Gavras
Fotografo: David Sims

LEISURE_Il viaggio in Monogram di Micol Sabbadini

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Un viaggio in luoghi affascinanti e magici in compagnia di borse e bauli Louis Vuitton. Questo è il tema della mostra – “Cartoline” - che celebra il viaggio in Monogram di Micol Sabbadini. Dal 7 al 17 novembre, infatti, il negozio di via Montenapoleone ospita gli scatti della fotografa, realizzati in un viaggio lungo un anno, dagli Stati Uniti all’Estremo Oriente, passando per Africa, Europa e Russia.
7 iconici modelli Louis Vuitton, scelti tra borse e bauli sono i protagonisti di una serie di immagini che esprimono lo spirito del viaggio e l’arte del viaggiare con eleganza della Maison.
Lo “Spirito del Viaggio” Louis Vuitton ha ispirato Micol Sabbadini che ha scattato borse e bauletti Louis Vuitton in affascinanti e inusuali immagini: un beaty case rigido (Boite Flacons) attira la curiosità di alcune giraffe o si confonde in un gregge di pecore nei verdi prati olandesi. Il mare cristallino dell’Oceano Indiano sulla costa kenyota è uno dei set per il porta gioie (Coffret Tresor), custode di un messaggio antico, ma sempre attuale, o è pronto a salpare a bordo di un dhow, la tipica imbarcazione in legno dell’Africa Orientale. 
La vitalità delle grandi metropoli americane fa da sfondo alla borsa Eden Louis Vuitton: Los Angeles, con le sue spiagge, l’oceano e le mozzafiato scogliere di Malibu e New York, dalla frenesia del Meatpacking District alla calma di Central Park.
A Bali, le forme sinuose dell’Alma BB ricordano le onde dell’Oceano Indiano, pronte ad essere affrontate da tavole da surf, o si adattano perfettamente ai gentili declivi delle risaie.
Le capitali della “Vecchia Europa” sono protagoniste assieme alle icone senza tempo Louis Vuitton. La storica valigia Bisten è scattata a Roma, con le sue statue e fontane barocche e l’inconfondibile panorama dal Pincio, la sinuosa cappelliera (Boite Chapeaux) nelle strade di Parigi, una delle più giovani icone della Maison, la shopping bag Neverfull, ha come sfondo la città di Mosca.
L’eleganza “nomade” di Louis Vuitton rivive così negli scatti di Micol Sabbadini, accompagnando il visitatore in un viaggio globale senza tempo.

Cartoline
Dal 7 al 17 novembre 2013
Louis Vuitton, via Montenapoleone 2, Milano

LEISURE_CON-TEMPORARY
Genio e Sregolatezza, al maschile, nell’arte

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Inaugura oggi, giovedì 7 novembre, la mostra CON-TEMPORARY. Spazio d’eccezione, deputato ad ospitare un così prestigioso appuntamento, i nuovi spazi di Tiziana Fausti Uomo a Bergamo: un luogo-non luogo, nato dalla passione della proprietaria, Tiziana Fausti, per l’arte contemporanea. Gli abiti diventano così opere d’arte da indossare, celebrando un ideale connubio tra arte e moda sulle scie di un percorso che è fonte di una complessa creatività. Una contaminazione che genera un nuovo vocabolario di forme ed espressioni, di comportamenti e linguaggi. Nel nuovo concept store protagonisti sono oltre ottanta brand di moda maschile, da Balmain a Zegna, da Prada a Saint Laurent, da Comme des Garçon a Gicenchy. L’adiacenza alla storica sede di Piazza Dante dove trovano realizzazione le collezioni femminili, segna un percorso all’insegna di lusso e ricerca, articolato in dodici vetrine e cinquecento metri quadri, nel rispetto di un sofisticato equilibrio di “finito” e “non finito.

Lo spazio versatile e all’avanguardia del multibrand uomo rappresenta lo scenario perfetto per la mostra Con-Temporary. Una collettiva di Frames d'autore, installazioni tele e sculture provenienti da collezioni private e selezionate da Tiziana Fausti con il consueto approccio che contraddistingue le proposte moda.
Dialoghano tra loro le opere più rappresentative di artisti come Nobuyoshi Araki, Maurizio Cattellan, Mario Giacomelli, Santiago Sierra, Wen Feng, Olaf Breuning, Federico Pepe, Roland Flexner, Roberto Cuoghi e Ma Liuming, in un comune denominatore che celebra genio e sregolatezza, al maschile, nell’arte.
10 grandi uomini del panorama artistico internazionale, 10 stili, 10 sguardi reazionari sul mondo riuniti in un percorso visivo di grande impatto, in una relazione aperta a inedite interpretazioni, attinenze inattese e connessioni sperimentali.
Lo shopping attraverso la fruizione dell’arte contemporanea diventa così esperienza, un viaggio inatteso e sorprendente verso qualcosa che va oltre la rassicurazione ispirando nuovi concetti di stile.

ABOUT_Gallia e Peter: chapeau!

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Molte volte si parla a ragion veduta di botteghe e mestieri d’arte, ossia luoghi e attività dove è possibile respirare ancora la magia e l’unicità di un tempo andato nonché l’allure e la maestria di professioni incommensurabili e inimitabili, in grado di siglare l’autenticità del proprio operato. A Milano, in alcuni scorci che sembrano rimandare al tempo che fu, è ancora possibile vivere e assaporare quest’atmosfera: uno di questi è rappresentato dagli spazi di via della Moscova a Milano di Gallia e Peter, la più antica modisteria. Un luogo magico, una sorta di casa di moda per cappelli e acconciature, dove un mestiere d’arte riesce ad essere, contemporaneamente, antico e contemporaneo, nobile e glamour.  A fare gli onori di casa, la pronipote della fondatrice, Laura Merelli, una donna moderna che con la stessa passione e dedizione dei suoi antenati continua il mestiere di famiglia, a metà fra arte e artigianato. Ogni cappello è un capolavoro a sé stante, nel senso che viene costruito ad hoc, fase dopo fase, con la cliente, davanti a uno specchio, definendo il modello più adatto al viso, all’occasione e alla personalità. Perché, in fondo, per indossare un cappello ci vuole carattere…quello stesso carattere che prende vita e balza agli occhi degli altri, complice un copricapo frutto di inestimabile maestria. Gallia e Peter è il tempio del fatto a mano: dalla messa in opera alle minime rifiniture, ogni fase di realizzazione diviene quintessenza di artigianalità. Opere d’arte che vantano una tradizione lunga oltre un secolo. Correva l’anno 1904, infatti, e i coniugi Angela e Filippo Gallia iniziano a Torino la loro attività di modisteria e cappelleria, che in breve tempo si ritaglia un ruolo di prestigio nella scena del costume, tanto che nel dicembre del 1912 il Re Vittorio Emanuele III dispone di conceder ad Angela Paschero in Gallia :"...la facoltà di tenere innalzato lo Stemma Reale con la legenda «Brevetto della Reale Casa» sull'insegna del suo negozio in Piazza Castello 25 e di far uso del titolo «Fornitrice della Real Casa»". Qualche anno più tardi, Angela con le due figlie inaugura una nuova modisteria "Mode Gallia" in Piazza Garignano, sempre a Torino. Verso la fine degli anni '20, Mariuccia, primogenita intraprendente si sposa con il figlio della famosa modista milanese Cornelia Peter, si trasferisce a Milanoe nel 1930, fonda la modisteria "Gallia e Peter" con le vetrine in Via Montenapoleone. Un idillio, quello di Mariuccia Gallia con l’arte di creare cappelli, che resiste alla guerra, arrivando ai gloriosi anni ’50 con una frenesia creativa che insidia il primato francese. Nel 1953 a Palazzo Pitti, infatti, a chiusura delle giornate di moda, va in scena la prima sfilata di cappelli cui partecipa con grande successo la modisteria milanese. È un successo continuo: il negozio di Montenapoleone il punto di riferimento della Milano che conta, grazie anche alle collaborazioni con le migliori case di Alta Moda del tempo del calibro di Jole Veneziani, Biki, Wanda Roveda e Gandini. Passano gli anni e anche le mode, ma soprattutto il modo di approcciarsi alla moda e viverla. Le scelte e lo stile personali s’impongono, slegandosi in parte dai dettami dei creatori di Alta Moda. Prende così avvio un periodo di ammodernamento, quasi in controtendenza rispetto alle vicissitudini sociali ed economiche degli anni ’70. Anni particolari, che molto mettono in discussione e in cui le evoluzioni corrono e si rincorrono, traghettando la società in una nuova epoca fatta di benessere e affermazione. Sono gli anni in cui nasce il pret-à-porter e in cui si impongono gli stilisti. Walter Albini, Giorgio Armani, Gianni Versace, Moschino, Gigli, Dolce e Gabbana, solo per citarne qualcuno, dominano la scena del costume, avvalendosi della collaborazione di Gallia e Peter, venutasi ad identificare con la bisnipote Laura Merelli. Il fermento creativo è tale che l’attività artigianale nella sede di Montenapoleone si espande nuovamente e la clientela diventa internazionale, complice l’avvento di Barney’s di New York. Le collezioni Gallia e Peter sono l’esempio lampante di un equilibrio stabile tra elevati standard qualitativi e sofisticati stilismi. Per la sposa, la Maison propone linee pulite, eleganti e leggere. Il modello viene creato direttamente in testa, garantendo così la massima disinvoltura nei movimenti; è inoltre possibile riprodurre soluzioni estrose o particolari di famose acconciature e veli di famiglia. Sempre in tema di grandi eventi, la linea Cerimonia, invece, è pensata per dare personalità a qualsiasi abito, aggiungendo colore, fantasia e vivacità quanto si indossa. Per le occasioni da cocktail, le soluzioni sono innumerevoli: dalla piccola toque al cerchietto arricchito da una veletta, passando per una piuma che scende maliziosa sull’occhio e la calotta che avvolge e valorizza il trucco. In ogni caso, elementi seducenti e sofisticati, che accompagnano nei movimenti, senza infastidire o ostentare. Per quanto concerne la quotidianità delle occasioni, Gallia e Peter sposa anche uno stile urban, adatto ad accompagnare ogni momento della giornata. In primis, con la linea Winter e i suoi cappelli caldi, pratici e protettivi, che proteggono i capelli dai danni causati da freddo, fumo e smog: complici i materiali pregiati e la maestria con cui sono fatti, questi cappelli mantengono inalterata la loro forma anche una volta messi in borsa. A questi, si aggiungono quelli della linea City, caratterizzati per il loro stile metropolitano, adorato da donne raffinate e dinamiche, attente ai dettagli anche nella vita di tutti i giorni. Berretti in puro cachemire, soffici, avvolgenti e caldissimi; cappelli impermeabili, impossibili da stropicciare e per questo sempre pronti in borsetta; il cappello-foulard versatile, pratico ed unico. E per la donna più sportiva, ecco un morbidissimo feltro lapin utilizzabile anche in bicicletta perché non vola via... e poi calotte con un bel bordo rivolto all'insù, una piccola cloche con aletta sbarazzina, la bandana chic, il basco tutto fare e altri ancora a sorpresa.
I punti di contatto tra Gallia e Peter e gli stilisti più importanti sono innumerevoli, oggi come nel passato. Questi, infatti, possono sottoporre i loro schizzi, trovare spunti nell’archivio storico e nei modelli attuali, ma, soprattutto, vedere realizzare le loro idee da mani esperte, che si sanno adattare perfettamente al loro stile, sempre entusiaste anche nell'utilizzare materiali inusuali per valorizzare e completare gli abiti. E se è vero che Gallia e Peter ha fatto della tradizione la sua carta vincente, ecco che la collezione “Vintage” assume un gusto tutto particolare: composta da innumerevoli modelli databili tra la fine dell’800 e i giorni nostri, rappresenta un punto di riferimento prezioso e incommensurabile della storia del costume, frutto di una raccolta personale di Laura Merelli, arricchita da lasciti di generose clienti.

Gallia e Peter
Via Moscova, 60, Milano
tel: 39 02 76002628
fax: 39 02 76312399

ART & CULTURE_Berenice Abbott alla Galleria Carla Sozzani

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Innanzitutto definiamo cosa non è una fotografia. Una fotografia non è un dipinto, una poesia, una sinfonia, una danza. Non è solo una bella immagine, non un virtuosismo tecnico e nemmeno una semplice stampa di qualità. È o dovrebbe essere un documento significativo, una pungente dichiarazione, che può essere descritto con un termine molto semplice: selettività". Così affermava Berenice Abbott nel 1951 nell’Universal Photo Almanac. E questa stessa selettività è la qualità che l’ha accompagnata in tutta la sua carriera, portandola ad essere una delle figure più importanti dell’arte fotografica americana del XX secolo. Con i suoi scatti ha percorso la via documentaria e del realismo fotografico, influenzando i campi della ritrattistica, del panorana urbano e della fotografia scientifica. In opposizione al pittorialismo di Alfred Stieglitz, le sue immagini sono precise rappresentazioni del mondo reale - visibile e invisibile – realizzate con esattezza e precisione. A lei e alla ricchezza del suo lavoro, la Galleria Carla Sozzani dedica la mostra “Berenice Abbott”, visitabile fino al 6 gennaio 2014.
Nata in Ohio nel 1898, abbandona la facoltà di giornalismo presso l’Università dell’Ohio e si trasferisce a New York City per studiare scultura. Nei primi anni 20 si trasferisce nuovamente, questa volta a Parigi, dove si unisce al circolo degli intellettuali d’avanguardia. Diventa assistente di Man Ray, che le insegna le tecniche della camera oscura e la introduce al lavoro del fotografo francese Eugène Atget. Nel 1926 apre il suo studio di fotografia e raggiunge rapidamente il successo con una serie di ritratti di scrittori, drammaturghi e artisti: James Joyce, Eugène Atget, Marcel Duchamp, Man Ray, Jean Cocteau, Sylvia Beach, André Gide, Tsuguharu Foujita, Max Ernst, e Marie Laurencin, sono alcuni dei personaggi che hanno posato davanti al suo obiettivo. Di ritorno a New York nel 1929, Berenice Abbott progetta e realizza il suo lavoro più conosciuto e influente Changing New York. Concepito come una documentazione su New York e come interpretazione artistica, Berenice Abbott coglie i cambiamenti di una metropoli in evoluzionedopo la Grande Depressione. Il contrasto fra il passato, il presente e l’adattamento alla modernità è accentuato dall’alternarsi di uno stile documentario, diretto e frontale ad una nuova visione estetica caratterizzata da una particolare attenzione ai dettagli e dalle prospettive audaci. Come lei stessa ha dichiarato riferendosi a questo lavoro, "Nel caso particolare di New York - i contrasti, i cambiamenti veloci mi hanno ispirato. Lo sguardo di una città in movimento necessita di una dettagliata trama e prospettiva”. Nel 1939 Berenice Abbott inizia il suo più ambizioso progetto: fotografare i fenomeni scientifici. In qualità di photo-editor della rivista Science Illustratedconduce una serie di ricerche e sviluppa nuovi apparecchi fotografici e metodi di illuminazione. Alla fine degli anni ’50, realizza per il Massachusetts Institute of Technology una serie di illustrazioni sui principi della meccanica e della luce. Rifacendosi ai suoi esperimenti parigini degli anni ’20, in particolare alla tecnica del rayogramma di Man Ray, produce delle immagini che ancora oggi sono un raro esempio di come un meticoloso lavoro documentario al servizio della ricerca e della scienza possa raggiungere, attraverso inedite forme astratte, altissimi livelli artistici.
Si evince, quindi, come in lei abbiano convissuto ambiti di applicazione eterogenei attraverso i quali ha potuto esprimere il suo talento nonché sostenere forse la sua più radicata certezza, ossia che “La fotografia non potrà mai crescere fino a quando imiterà le altre arti visive. Deve camminare da sola; deve essere se stessa”.

Berenice Abbott
Fino al 6 gennaio 2014
Orari: martedì, venerdì, sabato e domenica: 10.30–19.30; mercoledì e giovedì: 10.30-21.00; lunedì, ore 15.30–19.30
Galleria Carla Sozzani, Corso Como 10, Milano
tel. 02.653531 – fax 02.29004080; press@galleriacarlasozzani.org - www.galleriacarlasozzani.org

STYLE_Le tendenze dell'autunno/inverno 2013/2014

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Milano, Parigi, New York, Londra: dalle passerelle arrivano mode e tendenze per la stagione autunno-inverno 2013-14, che sembrano indirizzare sempre di più verso un autentico senso dell’eleganza e del buon gusto. Un mood che pare rievocare atmosfere di bei tempi andati, per déjà vu che parlano la lingua di uno stile puro ed essenziale, declinato sulle rigorose note di raffinatezza e esclusività. Nella semplicità delle forme e dei tagli, nulla è lasciato al caso: ogni dettaglio è pensato e calibrato per outfit che nulla nascondono sia dal punto di vista dei valori semantici che per quanto concerne la ricerca stilistica e la scelta dei materiali. In questo modo, ogni particolare contribuisce alla perfetta resa formale, diventando parte infinitesimale di un mood che, a ragion veduta, può vantare proprio sulle singole note che lo compongono gli accordi di una sinfonica eleganza, intesa come equilibrio stabile di glamour, tradizione e avanguardia.
Non vi è quindi da meravigliarsi se a farla da padrone sono gli elementi strutturali del guardaroba – come cappe, cappotti, pellicce– arricchiti nella loro preziosità intrinseca di dettagli e cifre stilistiche che fanno la differenza e danno vita a creazioni che mixano sapientemente creatività e tradizione. La sperimentazione diviene il termine di utilizzo universale sulle passerelle mondiali per la prossima stagione, legittimando la libera interpretazione del lessico dell’eleganza. Per una moda che premia sempre di più la personalità e la sua affermazione come condizioni essenziali per affermarsi con garbo determinato nella società odierna sempre più vittima di una dilagante omologazione.

In pillole, ecco i trends che da sogno di passerella prenderanno il posto d’onore on the street. Anni ’50…in altre parole, vita stretta e fianchi larghi, con gonne volteggianti. Per un look femminile e seduttivo, rétro quel poco che basta per evocare cenni di autentica sensualità in chiave contemporanea. Mini dress: uno dei must di stagione. Un mood fresco e giovanile, informale e al tempo stesso indispensabile per sdrammatizzare annose questioni vestimentarie. Pelliccia: colorata, avveniristica, crazy e tribale. Si anima di vita nuova il capo da madame per antonomasia, divenendo un pezzo irrinunciabile per una donna fantasiosa, che adora guardare al domani con visionaria allegria. Boyish per una femme fatale che si diverte a mixare e contaminare i guardaroba di famiglia, prendendo capi di lui che si sposano ottimamente a mise iper femminili, complice l’audace utilizzo di stiletti da vera provocatrice. Neo Punke un’esplosione di pelle, borchie e vernice che rompe con ogni dettame guardarobiero, giocando molto sui dettagli nude. Pigiama style: un mix di ironia e comodità, per look adorabilmente unconventional chic!Kilt mania per tartan girls che arrivano da meravigliosi castelli scozzesi e si avventurano nella frenesia metropolitana. Infinite le reinterpretazioni con cui declinarlo: dalla più classica, che lo vuole abbinato alla giacchina in perfetto college style, alla più friendly con maglia over. Spalle largheper incedere maestose e imponenti nella quotidianità. Che siano strutturate o lineari, si rivelano il dettaglio perfetto da mattina a sera, che in maniera indelebile e inconfondibile scolpisce e incornicia il look. Maculato mon amour: evergreen di ogni collezione, torna anche per il prossimo autunno-inverno aggraziato e sofisticato, sempre più incline ad esaltare la femminilità. Spezzato o in total look, rivendica la sua anima stilosa. Pizzo: emblema d’intrigo, qualunque sia il suo abbinamento ammalia da mattina a sera, evocando un’allure senza tempo e una teatrale eleganza. Stripes a gogo: lo urban mood si arricchisce di maxi strisce, bande e incroci che geometrizzano la moda, rendendone il suo aspetto più concettuale e orientando il senso del vestir bene nella giungla metropolitana. Cappe e mantelliper giocare a un effetto vedo-non vedo, per scoprirsi e poi coprirsi. Scenografici e stylish, sono capi che mixano rigore e femminilità, austerità e seduzione. Maxi dress per mood all day long, pronti a risolvere ogni inconveniente. Danzante e sensuale, l’abito lungo va oltre il dress code più formale, adempiendo a dovere anche agli obblighi da giorno. Fiero della severità, si addice a una femminilità non scontata, ma, piuttosto, ricercata e sofisticata. Mood gitano con stampe floreali e gonnelloni ampi e fluidi, da portare abbinati a felpe oversize. White: il colore più fresco e puro ancora una volta varca la soglia delle collezioni invernali, complice l’accoppiata vincente con il tricot. Da giocare ton su ton, per vera regina delle nevi, o col nero, in un gioco optical dall’indubbio successo. Astrakan: un evergreen che ritorna in tutto il suo splendore, colorandosi di nuances inedite e approdando alla nuova versione mini dress. Maxi paltò: se è vero che il coprispalla furoreggia, il cappotto nella sua versione over ha sicuramente un ruolo di spicco. Elegante, accogliente, morbido, sciallato, di lana o ancor meglio di cachemire, è simbolo per antonomasia di un glamour pronto a rompere gli schemi politically correct e a conquistare con nonchalance la scena del costume. Spacchi improvvisi su gonne e longuette. Da mostrare e sfoderare con garbo e prudenza, complice l’utilizzo di proporzioni calibrate e molta autoironia. Felpa tutta da indossare. Abbandonata la sua anima più sportiva, si prepara a nuova vita, accompagnando outfit di ogni ora. Per la sua versione più urban, ama abbinarsi a texture e ricami sofisticati, non disdegnando piume e pelli preziose. Skin attitude: la pelle nera inguaina il corpo, vuoi col pastrano vuoi col tubino. Le interpretazioni sono innumerevoli. Tratto comune, l’esaltazione concertata della femminilità. Camouflage experience: è un mimetico che si camuffa quello della prossima stagione. Spintosi oltre i classici toni del bosco, si colora fino a frantumarsi e divenire pop e brillante. Pronto a sposarsi con texture astratte

LEISURE_Bellissime: le dive di ieri nella Roma contemporanea

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Le dive di ieri icone contemporanee di stile, inconfondibili nella loro eleganza e nel loro fascino senza tempo. Questo autentico sodalizio che nei decenni passati, quelli della settima arte per antonomasia, ha animato la vita della città eterna, torna protagonista di Roma, portando con sé una delle più belle parentesi del cinema. Et voilà una Jane Russell, in costume da bagno, avere sullo sfondo le statue dello Stadio dei Marmi, una Rita Hayworth immortalata sulla scalinata dell’Ara Pacis, una Liz Taylor ritratta con il Colosseo alle spalle, una Bette Davis con tailleur, cappellino e guantini, all’ombra del Gazometro, una Marlene Dietrich in posa da femme fatale, con sigaretta in mani e camicia di pizzo, all’ingresso di Eataly…e ancora, Silvana Mangano, unica italiana, ai Mercati di Traiano, Veronica Lake all’Auditorium, Linda Christianseduta all’interno della Galleria Borghese.

Queste sono alcune delle protagoniste della mostra fotografica, rigorosamente in bianco e nero, “Bellissime. Icone di ieri nella Roma di oggi”, vistabile fino all’8 dicembre nelle sale della Casa del Cinema di Roma. Ventisei fotografie raccontano come negli anni ’50 la moda italiana si sia imposta nel mondo anche, e soprattutto, per merito di loro, delle dive e divine del cinema che frequentavano la Hollywood sul Tevere. In un video, invece, una selezione di filmati di allora: Lana Turner furiosa con i paparazzi che non la riconoscevano in via Veneto, Audrey Hepburn quando provava gli abiti nella maison Gattinoni, chiedendo di oscurare i vetri perché i paparazzi arrivavano ad arrampicarsi sui muri per rubare una sua foto. Le immagini, emblematiche di quel periodo, sono state scelte dagli archivi di moda e cinematografici e reinterpretate in chiave contemporanea. Un viaggio a tuttotondo nel mondo della settima arte, dove passato e presente si fondono fino a sovrapporsi, generando un unicum di emozioni e suggestioni, chiavi di volta per intendere ancora oggi la preziosità della cultura e della bellezza del secolo scorso.
L’esposizione, promossa da Unindustria e curata dal vicepresidente della Sezione tessile, abbigliamento e moda Stefano Dominella, oltre a celebrare il cinema e la moda, si colloca in un progetto di più ampio respiro, che lambisce i confini dell’internazionalizzazione: per spingersi oltre, infatti, è necessario, sapere e capire come è partita la moda italiana. E qui entra in gioco il cinema, volano di ineguagliabile potenza e risonanza nel veicolare maisons, tendenze e stili.Nell’immediato dopoguerra Roma possedeva un diamante quale Cinecittà, in grado di convogliare l’arrivo di registi, produzioni e soprattutto loro, le dive di fama internazionale, pronte a incarnare il ruolo di icone, traghettando in tutto il mondo l’idea e i valori di made in Italy. Da qui l’importanza e l’urgenza di rivisitare il cinema, rispolverandolo nella sua autenticità nonché nelle contaminazioni che riesce a intrattenere con le altre forme espressive. Il tutto nel rispetto di una devota ammirazione del passato e di uno sguardo lungimirante sul futuro. 

Bellissime. Icone di ieri nella Roma di oggi
Fino all'8 dicembre 2013
Casa del Cinema, Roma

LEISURE_Piccoli Sogni di grande valore

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Metti l’atmosfera pre-natalizia, una causa charity, ospiti importanti e un enorme albero di Natale addobbato da vivaci palline e grandi fiocchi di velluto rossi: et voilà! la magia è fatta.
Una magia che si è realizzata lo scorso 8 novembre in occasione dell’inaugurazione del Temporary Shop di abbigliamento firmato per bambini 0-10 anni “Piccoli Sogni, svoltasi presso la splendida cornice della Rotanda di Via Besana, a Milano.
 “Piccoli Sogni” è stato voluto e ideato da Antonella Camerana,Presidente di Missione Sogni Onlus in collaborazione con Diamante D’Alessio, Direttore di STYLE Piccoli - partner dell’evento.
Il Temporary Shop ha avuto luogo il weekend del 9-10 Novembre u.s. ed il ricavato della vendita è stato interamente devoluto aMissione Sogni Onlus, che opera dal 2003 sull’intero territorio italiano e si propone di realizzare gratuitamente i desideri di bambini e ragazzi, dai 5 ai 15 anni, affetti da gravi malattie o disabili. Missione Sogni crede nel valore psicologico del sogno, che aiuta i bambini a evadere dalla dura realtà che li circonda e ad affrontare con ottimismo e forza di volontà la loro malattia.
A rendere ancora più speciale la serata inaugurale, alcuni ingredienti che hanno reso il tutto impeccabile: gli stand coloratissimi e allegri, ricchi di capi d’abbigliamento griffato a prezzi super scontatissimi, l’angolo Muba con giochi e libri dedicati ai bambini. 
Antonella Camerana e Diamante D’Alessio hanno accolto i numerosi volti del mondo dell’industria, della finanza, della cultura, dello spettacolo e del Jet Set che hanno letteralmente fatto a gara per accaparrarsi i pezzi unici e le taglie disponibili per figli e nipoti.
Tra gli altri: Marina Salomon, Massimiliano Finazzer Flory con la moglie Monica ed il piccolo Filippo Tommaso, Francesca Senette con il marito Marcello Forti, Chiara Beria D’Argentine, Marta Brivio Sforza, Floriana Mentasti, Gabriella Dompè, Cesare Cadeo, Franco e Umberta Gusalli Beretta, Francesco e Ilaria D’Urso, Silvia ed Ezio Simonelli.

LEISURE_La moda nella musica di Verdi

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Molte le iniziative che Milano ha promosso per celebrare il Bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi. Tra queste vi è la mostra “Graziella Vigo. La moda nella musica di Verdi”, visitabile fino all’8 dicembre 2013 presso le sale del pianterreno di Palazzo Morando Costume Moda Immagine (via Sant’Andrea 6, Milano).
Un viaggio per immagini nel meraviglioso mondo delle opere verdiane realizzate nei più importanti teatri lirici del mondo. Il tutto per merito degli scatti di Graziella Vigo che, con occhio vigile ma discreto e armata della sua inseparabile macchina fotografica, dal 2001, anno del primo Centenario della morte del compositore, e per sette anni ha scattato migliaia di fotografie in giro per il mondo, passando da La Scala di Milano al Regio di Parma, al Teatro Verdi di Busseto fino ad approdare al Metropolitan Opera di New York e al NHK di Tokyo.
Le immagini in mostra sono tutte copie uniche, stampate senza alcun ritocco su una speciale tela fotografica simile al canovaccio dei pittori, e sono tratte dalle opere La Traviata, Otello, Nabucco, Rigoletto, Un ballo in maschera, Falstaff, Macbeth, il Trovatore e la famosa Aida di Zeffirelli, presentate in allestimenti diversi di teatri diversi. Tutte le fotografie sono state scattate con il pubblico in sala durante le rappresentazioni, nel pieno rispetto delle luci originali degli spettacoli.
Silenziosa, immobile, invisibile, come non fosse lì ... presenza appassionata e cocciuta ma incorporea, impercettibile elfo vestito di bianco nel buio dei teatri, indaffarato e muto...”.Così Natalia Aspesi descrive Graziella Vigo e il suo lavoro che dà vita alla mostra. Per centinaia di sere, attraverso la sua macchina fotografica, il suo corpo ha non solo sentito, ma ‘visto’ la musica: e le opere verdiane più famose, i più grandi interpreti, gli allestimenti storici, i costumi più sontuosi, le luci sapienti dei migliori tecnici del mondo sono stati il magico mondo in cui ha vissuto fuori dal tempo e perfino dalla finzione, in una dimensione non fotografica ma pittorica, densa di ombre, colori, luce, dettagli sorprendenti. Da quelle migliaia di scatti pazienti e per lei stessa sorprendenti, sono nate immagini che non riproducono le scene di un’opera ma la ricreano in una sontuosità di gesti, in una ricchezza di costumi, in un sorgere di ombre drammatiche e di luci sfumate nel mistero, rivelando particolari che ascoltando e guardando l’insieme del palcoscenico sfuggono: la leggerezza di un fazzoletto, la perfezione di un ricamo, il dolore di uno sguardo, l’abbandono di una figura secondaria eppure essenziale all’armonia dell’insieme. Sorprendenti i personaggi ripresi non quando i loro lineamenti si sfaldano nel canto, ma nell’attimo breve in cui rappresentano bellezza e amore, odio e dedizione, vendetta e piacere”.


Graziella Vigo. La moda nella musica di Verdi” a cura di Graziella Vigo
Palazzo Morando Costume Moda Immagine, via Sant’Andrea 6, Milano
Fino all’8 dicembre 2013
Orari: dal martedì alla domenica 9,00-13,00 / 14,00-17,30. Lunedì chiuso.
Ingresso libero

LEISURE_A Prato la prima mostra dedicata a Ferré

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Appuntamento con la moda e in particolare con uno sei suoi più grandi protagonisti l’anno prossimo a Prato e più precisamente al Museo del Tessuto che ospiterà la prima grande mostra sull’estro e la grandezza di Gianfranco Ferré, pioniere del made in Italy nella sua accezione più autentica di stile, eleganza e qualità. “La camicia bianca secondo me. Gianfranco Ferré”, esposizione organizzata in collaborazione con la Fondazione Gianfranco Ferré, sarà in programma dall’1 febbraio al 15 giugno 2014. Protagoniste 27 camicie bianche, scelte fra le più belle ideate dallo stilista in tutta la sua carriera, accompagnate da video di sfilate, bozzetti e foto d’archivio che documentano e validano il complesso procedimento creativo nonché il messaggio estetico di Ferré, caratterizzato da un’eleganza rigorosa.  
Nella ex fabbrica Campolmi, oggi riconvertita a spazio museale, si celebrerà la figura dello stilista che ha dato via negli anni ’70 al concetto di moda italiana, divulgandolo in tutto il mondo. Ferré che, partendo dal disegno, con meticolosa devozione arrivava a ideare meravigliose creazioni, summa contemplativa di progettualità, stile e senso del bello.
Un amore il suo, per la camicia bianca, che l’ha accompagnato in tutta la sua carriera artistica. Così, infatti, egli stesso amava definire questo capo iconico nel suo immaginario dell’eleganza moderna: "E' fin troppo facile raccontare la mia camicia bianca. E' fin troppo facile dichiarare un amore che si snoda come un filo rosso lungo tutto il mio percorso creativo. Un sogno, forse il segno, del mio stile, che dichiara una costante ricerca di novità e un non meno costante amore per la tradizione"….”tradizione e novità sono gli elementi da cui prende il via la storia della camicia bianca Ferré. La tradizione, il dato di partenza, è quella della camicia maschile, presenza codificata e immancabile nel guardaroba, che ha fornito uno stimolo incredibile al mio desiderio di inventare….Letta con glamour e poesia, con libertà e slancio, la compassata e quasi immutabile camicia bianca si è rivelata dotata di mille identità, capace di infinite modulazioni. Sino a divenire, credo, un must della femminilità di oggi…”Mai uguale a se stessa eppure inconfondibile nella sua identità, la blusa candida sa essere leggera e fluttuante, impeccabile e severa quando conserva il taglio maschile, sontuosa ed avvolgente come una nuvola, aderente e strizzata come un body”….” E’ “il” pezzo quasi per antonomasia di un guardaroba vissuto in libertà, composto da elementi che si possono accostare tra loro in infinite varianti sulla base di scelte e desideri del tutto personali. Nel lessico contemporaneo dell’eleganza, mi piace pensare che la mia camicia bianca sia un termine di uso universale. Che però ognuno pronuncia come vuole…”.

BOOK_"Memories" by Giancarlo Giammetti

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Un sodalizio che ha dato vita a una delle storie imprenditoriali e creative più importanti del made in Italy quello tra Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti, leggendario coututier dell’omonima Maison, il primo, e mente manageriale il secondo. Un connubio di visioni, ispirazioni e confronti che ora si svela in un libro, “Memories”, in cui Giammetti si racconta e racconta per immagini, ripercorrendo l’ascesa di Valentino oltre che le evoluzioni di un’epoca in termini di moda, costume e società. Un viaggio che si spinge ben oltre i confini del fashion fine a se stesso per esplorare la storia di una Maison e soprattutto di una vita. Il tutto attraverso le pagine di un volume fotografico di grande formato, composto solo ed esclusivamente da scatti realizzati da Giammetti stesso, corredati da introduzioni ai quattro capitoli che lo compongono. Un’avventura per immagini, un diario che illustra con la magia e la forza evocativa delle fotografie capitoli di vita privata e lavorativa, che si intersecano con uno sfavillante scenario sociale lungo cinquant’anni e costellato di cambiamenti radicali. Oltre 57mila le fotografie di Giammetti passate in rassegna per arrivare a un editing finale che riassumesse quello che la Maison ha rappresentato sotto molteplici punti di vista. Foto reali e vissute, dalle quali trapelano emozioni e suggestioni: nulla è costruito, bensì tutto quello che trova spazio nel volume sa di realmente accaduto. E forse è proprio questo il segreto che attrae l’attenzione e la curiosità di chiunque sfogli il volume. Vi è di tutto: dai backstage delle sfilate alla preparazione delle collezioni, dai momenti di socialità ai viaggi, passando per le mostre, i personaggi, le dimore, i cani e gli amici. E proprio a questi ultimi è dedicata “The Tribe”, la sezione del libro in cui vengono celebrate le persone care che negli anni li hanno accompagnati, influenzandone lo stile e le visioni o semplicemente condividendo attimi speciali e indimenticabili.
Scatto dopo scatto sfilano volti noti, icone di bellezza, donne dal fascino unico. Come nel capitolo “Society” dove trovano spazio le muse della Maison: Marie-Hélène de Rothschild, Jacqueline Kennedy Onassis, Lee Radziwill, Andy Warhol, sono solo alcuni dei nomi presenti.
Il volume diviene così oltre che un racconto romanzato del loro sodalizio, un modo per capire un’epoca o, meglio, il susseguirsi di tendenze e fenomeni di costume e sociali differenti. È come compiere un volo pindarico sulla seconda metà del secolo scorso, passando dalla raffinatezza eterea degli anni ’60 al virtuosismo degli ’80 e arrivando al glamour d Hollywood nonché alla moda intesa come consumo e sinonimo di appartenenza degli anni ’90 e Zero.  

BOOK_Baccarat 1764 – Two Hundred and Fifty Years

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La maison di cristalleria per eccellenza, Baccarat, si appresta a celebrare nel 2014 i suoi 250 anni. Per dare avvio a un così prestigioso anniversario ha optato per un’iniziativa altrettanto importante quale la presentazione del libro che ne ripercorre la storia e i fasti. Un volume composto da più di 400 immagini, fotografie d’epoca, disegni e documenti inediti, tratti dai preziosi archivi della Maison e oggetto di un immenso lavoro filologico e di ricatalogazione. Fotografie e testimonianze degli esclusivi ordini della Manifattura per re, emiri, marajà e presidenti: da Luigi Filippo al Sultano Abdülaziz, primo a venire in Europa, da Edoardo VIII e Wallis Simpson all'Imperatore giapponese Mutsuhito, dall'Aga Kahn al Presidente Roosevelt fino ad arrivare alla regina Elisabetta II d'Inghilterra. Ma anche tributi alle celebs delle epoche d’oro: il servizio per lo yacht di Aristotele Onassis, le bottiglie per il matrimonio di Grace Kelly e Ranieri di Mocano, il piatto decorato con un disegno di stoffa e forbici per Mademoiselle Coco Chanel e tanti servizi bespoke per un’aristocrazia dal gusto che non conosce frontiere o nazionalità. Indimenticabile e inconfondibile, inoltre, il bicchiere icona Harcourt, creato nel 1841, e ancora oggi elemento che arricchisce le tavole delle personalità e delle figure più importanti del mondo.
Non da ultimo, il legame di Baccarat con il mondo della moda, riscontrabile nei gioielli e nel flaconnage, veri e propri oggetti di culto per raffinati estimatori del genere, per i profumi di Guerlain e Christian Dior. Dulcis in fundo, il preziosissimo decanter scelto da Remy Martin dal 1936 per il suo brandy Louis XIII.
Grazie al libro si ripercorre il passato di estrema importanza della Maison, da sempre preludio di un futuro ancora più ricco, come testimoniato dalle suggestive immagini delle Esposizioni Universali dove Baccarat ha vinto i premi più prestigiosi, complice l’innovazione presentata in installazioni spettacolari e di irripetibile fascino, come, per esempio, l’animazione dei candelabri con la “fata elettricità. Non mancano, poi, le pagine dedicate alla storia più recente, dove vengono presentati le attuali creazioni – illuminazione, art de la table, gioielli, design e décor – con un’attenzione particolare alle blasonate collaborazioni con designer di fama mondiale a cominciare da Georges Chevalier fino ad arrivare a Ettore Sottsass, Philippe Starck e molti altri.
Universalmente acclamata e riconosciuta, Baccarat si distingue per l’assoluta purezza e lo scintillio del suo cristallo, l’eccellenza dei suoi artigiani e la raffinata eleganza delle sue creazioni, veri e propri trionfi di bellezza e grandeur. Costituita nel 1764 per volontà di Re Luigi XV, è stata sinonimo di savoir-faire unico per 250 anni, identificando la propria storia con quella dell’impareggiabile artigianalità francese, quintessenza di progressi tecnologici e partnership artistiche ispirate dalla medesima passione per l’eccellenza. Una passione divenuta vocazione, portata avanti per generazioni, sviluppando un’inestimabile heritage produttiva e un’ineguagliabile padronanza da parte di vetrai, tagliatori, incisori e doratori che lavorano per la Maison. Un know-how esclusivo, mantenuto vivo dal “Maître d’Art” e dai ventidue “Meilleurs Ouvrier de France” (migliori artigiani di Francia), il numero più alto tra le case del lusso francese.

Gli autori

Murray Moss è un imprenditore americano e connaisseur del design. Fonda nel 1994 la leggendaria Moss: l’esclusivo emporio per l’arredamento di Soho che espone i più bei prodotti per la casa e la tavola, in bilico tra arte e design. Nel 2012 ha lanciato Moss Bureau, attività di consulenza internazionale dedicata ai brand del lusso, del design e dell’arte.
Laurence Benaïm, dopo avere lavorato per Le Monde, ha lanciato nel 2003 il magazine di moda, lusso e arte “Stiletto”. Ha pubblicato anche, con Grasset, le biografie “Marie-­‐Laure de Noailles” (2001), “Yves Saint Laurent” (2002) e “Requiem pour Yves Saint Laurent” (2010) e, più recentemente, “Le plus bel âge, rencontre avec des octogénaires affranchis” (2013).

Baccarat 1764 – Two Hundred and Fifty Years
Testi di:
Murray Moss e Laurence Benaïm
Copertina rigida, 9,5” x 12.25”, 420 pagine, 400 illustrazioni a colori Rizzoli New York, ISBN: 978-­‐0-­‐8478-­‐4086-­‐1

Prezzo per l’Italia: Euro 77, versione deluxe con copertina rossa e custodia rigida Euro 85

PEOPLE_Pierre Hardy e il fascino incantatore delle scarpe

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È un talentuoso creatore di accessori, ma anche un eclettico artista dell’immagine che, oltre ad aver studiato danza, insegna scenografia all’Ecole Supérieure d’Arts Appliqués Duperré, disegna illustrazioni per riviste come Vogue Homme International e Vanity Fair e ha diretto le sfilate di moda al Festival di Hyères nel sud della Francia. Pierre Hardy è questo e molto altro ancora. Per quattro anni è stato creativo della linea scarpe chez Christian Dior, un ruolo ricoperto diversi anni prima da Roger Vivier; nel 1990, invece, è diventato shoes creative director per la maison Hermès, allargando nel 2001 l’incarico alla collezione gioielleria. Con l’inizio degli anni Zero, comincia a collaborare anche con Nicholas Ghesquière per le futuristiche scarpe Balenciaga, mentre dal 1999 Pierre Hardy esiste anche come marchio a sé stante di calzature femminili, accessori maschili e borse.
È oggi considerato un maestro delle fashion shoes, complice una creatività sempre nuova e sorprendente, ma anche una coerenza di stile e qualità perseguita con attenzione e devozione. Prima di iniziare a disegnare ogni collezione, Pierre Hardy si prende il giusto tempo per mettere a punto il design, lavorando sulle strutture e sui volumi, focalizzandosi sulle immagini e traendo ispirazione dall’architettura e dall’arte, mai dalle tendenze in corso. Il suo approccio alle forme è radicale: punte affilate e tacchi taglienti come rasoi, silhouette lunghe e slanciate, suole arcuate, fasciature bondage ma senza esasperazioni. Le sue pump sono senza mezze misure, assertive e dominanti; i suoi stivali sono corazze di lusso con cui cavalcare la frenesia metropolitana. Il black & white è un classico dello stile Hardy, anche se nelle ultime stagioni si è concesso una palette più ampia, che ha toccato colori saturi e vinilici, dall’azzurro al rosso fuoco. Ma Hardy è andato oltre, dedicandosi con la stessa meticolosità a due grandi classici di sempre come il desert boot, che ha disegnato in colori inediti, e la sneaker, ispirata all’old school style. Rigore grafico e funzionalità, poi, per le borse, prive di loghi, massima preziosità per le boutique parigine, concepite come veri e propri jewellery box monocromatici, contesti esperienziali lontani dalla concezione del negozio tradizionale, con pavimenti in linoleum nero, pareti in tessuti cangianti e, al centro, una parete in perspex che di stagione in stagione ospita la grafica simbolo delle nuove collezioni.
Se ai piedi di Nicole Kidman lo stilista è arrivato al red carpet degli Oscar cinematografici, con Sarah Jessica Parker ha attraversato le strade di New York e con Kate Mossquelle di Londra, adattando di volta in volta il design della calzatura alla personalità della celeb che la indossava.
Agli onori socio-mondani, nel 2009 se ne è aggiunto uno più istituzionale: Pierre Hardy, infatti, è entrato a far parte del Comité Colbert, un’associazione di 75 luxury brand fondata nel 1954 per promuovere, tutelare e valorizzare l’eccellenza, la tradizione e l’innovazione della moda francese. 

ABOUT_Il futuro in moda

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Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: di doman non v’è certezza”. Così declamava Lorenzo de’ Medici nei Canti Carnascialeschi, invocando a godere del presente vista l’incertezza del domani. Un domani inteso come mondi, terre, culture diversi. Dalla Firenze rinascimentale ai tempi moderni, questi versi suonano tuttora come un’eco di pura avanguardia. ‘L’inconnu’ ha sempre generato un certo timore, avvalorato dall’alone di mistero che porta con sé e non consente di definire i contorni di quanto ci aspetta. Da sempre, le forme esoteriche per captare anche minimi segnali di quanto ci attende si sono moltiplicate – portandosi appresso leggende passate alla storia - così come i riti propiziatori per ingraziarsi il fato o ancora i più casalinghi gesti scaramantici ripetuti prima di grandi eventi. E questo perché dal momento che del doman non v’è certezza, per giovarsi del presente è fondamentale prefigurarsi anche solo un barlume del nostro futuro: un sogno, un desiderio, un’ambizione…qualunque cosa possa dare un senso prospettico e avvalorare quello che stiamo vivendo oggi - chiave di volta per il nostro domani - identificando il tempo come una sequenza concatenata di eventi cadenzati al ritmo di futuro, presente, passato. Pensiamoci bene: quello che accadrà, succede oggi per far parte di ieri. Guardare al futuro e riporvi aspettative, quindi, è fondamentale per dare un senso alla nostra intera esistenza, un punto infinitesimale immerso in un macrocosmico caleidoscopio di relazioni, fatti, accadimenti.
La moda – ma più in generale il costume – ricorrendo a spazi e mondi diversi può solo che agevolare la prefigurazione del domani: immaginare come saremo e in che modo vestiremo; secondo quali evoluzioni cambieranno i canoni estetici; in quale direzione volgerà lo stile. Domande dal retrogusto apparentemente retorico, ma dalla sostanza indagatoria, capace di tradurre in immagini - alle volte anche ai limiti della realtà - i cambiamenti sociali, denotando le tendenze e stabilendo un comune codice di comunicazione. Per una moda che – come vuole la tradizione – diviene linguaggio: linguaggio delle persone, che molto dicono di sé per come vestono, e della società, che in abbigliamento e accessori traduce specifiche istanze socio-culturali. Prefigurarsi la moda e, al contempo, la figura femminile che verrà, significa in altri termini pensare in modo suggestivo al futuro. Un futuro fatto di altrove, di spazi lontani e diversi dai nostri: per un carattere di novità sinonimo di fascinazione. Come visionarie veggenti eccoci pronte a consultare il mazzo dei tarocchi beneaugurali firmati dai grandi maestri dello stile: carte rivelatrici di come evolverà il senso del vestire. Donne che a ben guardarle ci sembrano futuristiche e spaziali ma che contestualizzate nell’epoca che sarà diverranno l’equivalente di noi ora, in un gioco di scambi temporali. Donne che decontestualizzate dal loro tempo e dal loro mondo appaiono perfette ma probabilmente poco femminili. È solo questione di tempo: una volta calate nella loro dimensione, alle prese con la quotidianità e animate da una vita propria, splenderanno della femminilità più pura. Quello che era futuro diventerà presente, quello che era perfetto si trasformerà in umano e reale, quello che era semplicemente immaginato assumerà fattezze proprie. E senza mai volgere al termine, si rimetterà in moto il circolo virtuoso di passato, presente, futuro, inducendo nuovamente a prefigurarsi cosa accadrà. Codice di decodifica, la moda, che ancora una volta, con precisione visionaria, trasformerà in immagini prospettiche il senso del domani, mostrandone il lato perfetto, preludio di una femminilità rinnovata ma fedele a se stessa, folgorazione interpretativa delle tendenze sociali. 

ABOUT_Cinema e moda

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Cinema e moda: un’accoppiata che ha dimostrato nel tempo un’unitarietà d’intenti e una reciproca contaminazione.
Entrambe rappresentano forme d’arte: un’arte che si fa espressione di messaggi sociali, veicolando messaggi e codificando istanze e valori di un’epoca, che, tramite i fotogrammi di una pellicola o i modelli creati da magistrali couturier, prendono vita. Cinema e moda, quindi, come rappresentazioni emblematiche di persone, luoghi e momenti. Una missione ambiziosa, resa possibile, per l’appunto, dal legame indissolubile venutosi a creare tra di loro.
Riflettendo attentamente, l’abbigliamento riveste un ruolo fondamentale in un film, esprimendo l’essenza del personaggio. Su tutte le varie decadi cinematografiche svettano gli anni ’30 quale periodo di maggior influenza della settima arte sulla moda. E’ l’epoca in cui si afferma lo star-system hollywoodiano: il cinema diventa così lo strumento per antonomasia per diffondere mode e tendenze. Se lo stile di divi e divine entra di diritto a far parte della memoria collettiva, non altrettanto può dirsi per gli artefici, ossia i costumisti, spesso rimasti sconosciuti ai più. Un anonimato che solo nel 1948, quando viene istituito l’Oscar per i costumi, comincerà a essere scalfito. Agli albori del cinema, le attrici provvedevano personalmente al loro guardaroba, oppure, per i film in costume, ricorrevano alle sartorie teatrali. Col tempo, l’esigenza di dedicare qualcuno interamente a mettere in risalto il corpo della diva, diviene sempre più impellente: è così che nella seconda metà degli anni ’20, nasce a Hollywood la figura del costumista. All’epoca, quindi, più che le grandi firme della moda francese, sono i costumisti stessi a dettare tendenza: su tutti, doveroso ricordare Adrian (1903-1960), Irene (1901-1962) e Orry-Kelly (1897-1964). Un fenomeno che suona alquanto innovativo per l’epoca, al punto che in quasi tutti i grandi magazzini vengono creati i cosiddetti “reparti cinema” dove si possono acquistare a prezzi accessibili le copie di abiti apparsi nei film di successo.
Ad Adrian il plauso d’aver creato il look di due delle più grandi dive degli anni ‘30: Greta Garbo e Joan Crawford. In particolare, per nascondere la figura imperfetta di quest'ultima, caratterizzata da un busto imponente e da gambe poco slanciate, Adrian decide di enfatizzare la larghezza delle spalle attraverso tailleur dalle ingombranti spalline. La metamorfosi della Crawford, avvenuta sul set di Letty Linton (1932; Ritorno), ha un successo immediato. Nella stagione successiva all’uscita del film, i grandi magazzini americani Macy's vendono oltre 50.000 copie dell'abito a forma di triangolo capovolto indossato dalla diva nel film. Ancor più significativo, però, è osservare che l'anno precedente Elsa Schiaparelli aveva proposto un analogo modello senza suscitare nessuno scalpore.
E se Adrian ha creato lo 'stile Crawford', ecco Travis Bantonideare per Marlene Dietrich i celeberrimi tailleur dal taglio maschile, amatissimi dalla diva e più volte reinterpretati da un moderno Giorgio Armani, come da lui stesso evidenziato. “Ci sono molte coincidenze tra il mio stile e quello di Marlene”, sottolinea lo stilista, “una propensione all'androginia che non scade mai nel travestitismo. Di questo la Dietrich fu pioniera nella vita. Io lo sono stato nella moda”.
Numerosi gli artefici dell’eleganza hollywoodiana: Jena Louisè stato il geniale creatore dell’indimenticabile abito di satin senza spalline indossato da Rita Hayworth in Gilda(1946); Edith Head, fiera di 8 Oscar e 35 nominations, ha inventato lo stile esotico di Dolly Lamour che, in The jungle princess (1936; La figlia della giungla), lancia la moda dei sarong e dei tessuti orientali; e, sempre lei, ha ideato lo stile inquietante di Barbara Stanwyck in Double indemnity (1944; La fiamma del peccato).

Con gli anni ‘50 la funzione del cinema, complice la diffusione della televisione, cambia molto e con essa la concezione del divismo. I divi, con cui ci si identifica, continuano a rappresentare i principali modelli di riferimento dell'eleganza, anche se meno idealizzati e inaccessibili rispetto al passato. Emblematica, in tal senso, Marilyn Monroe che, con la sua bellezza procace e il suo erotismo 'naturale', si impone come modello da imitare per milioni di ragazze. Considerazioni analoghe valgono anche per il côté maschile con attori del calibro di Marlon Brando e James Dean che diffondo prepotentemente l'abbigliamento informale, caratterizzato da jeans, T-shirt e giubbotto, attraverso film come The wild one (1953; Il selvaggio) o Rebel without a cause (1955; Gioventù bruciata). Siamo nell’epoca dei divi dal corpo qualunque, che seducono non più perché straordinari ma perché come noi.  Non è tanto la gente che somiglia loro, ma piuttosto il contrario. Da modelli i divi si sono trasformati in riflessi.
Non a caso, infatti, i ruoli di Marilyn Monroe sono spesso quelli della ragazza della porta accanto. Un caso su tutti, il film di Billy Wilder: Seven year itch (1955; Quando la moglie è in vacanza). Al costumista William Travilla il merito d’aver scelto il vestito bianco che, sollevato da un colpo di vento sopra le grate della sotterranea, è divenuto uno degli abiti più noti della storia del cinema.
Accanto al fascino ingenuo della Monroe, si afferma in questi anni quello più sensuale e inquietante di Elizabeth Taylor. La costumista prediletta dall’attrice è Helen Roseche le realizza le mises di Cat on a hot tin roof (1958; La gatta sul tetto che scotta), tra le quali il famoso abito bianco dal corpetto riccamente drappeggiato incrociato sul davanti, la cui copia, posta in vendita nei grandi magazzini, realizza nel 1958 il record di incassi.
Contraltare del glamour hollywoodiano, uno tipicamente europeo, concentrato di femminilità e seduzione: Brigitte Bardot. A lei il plauso d’aver lanciato mode come la coda di cavallo, le ballerine e il reggiseno a balconcino a quadretti vichy.
Nel Belpaese, questa è l’epoca di Cinecittà e delle maggiorate uscite dai concorsi di bellezza. Silvana Mangano, Sofia Loren e Gina Lollobrigida diffondono l’immagine di una donna procace e prosperosa, con una sostanziale differenza rispetto allo stile delle maggiorate d'oltreoceano: la semplicità, complici gli abiti miseri da popolana presi in prestito dal neorealismo.Con l'affermarsi di Cinecittà e la nascita della nuova 'Hollywood sul Tevere', la capitale diviene un importante punto di riferimento per il mondo dello spettacolo internazionale, scenario privilegiato di quello stile di vita che diventerà famoso con il nome di Dolce Vita. Un clima di grande fervore per la città eterna, che stimola gli atelier a ingrandirsi e a divenire sempre più sofisticati. È il momento di Schubert, Gattinoni e delle Sorelle Fontana. Il celebre atelier di queste ultime diventerà addirittura lo scenario del film di Luciano Emmer, Le ragazze di piazza di Spagna (1952). Un’abitudine, quella di utilizzare il mondo della moda come ambientazione di set cinematografici, ripresa nel tempo: Roberta(1935) di William A. Seiter, Artists and models abroad (1936) di Mitchell Leisen, Mannequin (1938; La donna che voglio) di Frank Borzage, e successivamente Funny face (1957; Cenerentola a Parigi) di Stanley Donen, Designing woman (1957; La donna del destino) di Vincente Minnelli, o ancora Blow-up (1966) di Michelangelo Antonioni.
In netto contrasto al modello della maggiorata, ma pur sempre appartenente agli anni ’50, lo stile esile e raffinato di Audrey Hepburn, consacrato, nel 1954, con il personaggio di Sabrina nell'omonimo film di Billy Wilder. Un film chiave, quest’ultimo, per i rapporti tra moda e cinema in quanto, per la prima volta, con grande successo, la figura dello stilista si affianca a quella del costumista. In Sabrinaquesta presenza è così importante da divenire parte della narrazione: la Hepburn da modesta figlia di un autista si trasforma, complice un soggiorno parigino, in una sofisticata lady. La metamorfosi è resa evidente dai raffinati abiti indossati nell'ultima parte del film, rigorosamente firmati Hubert de Givenchy. Passa totalmente in secondo piano il fatto che il guardaroba dell'attrice - dagli abitini scollati a barchetta ai pantaloni stretti da torero - fino al fatidico soggiorno parigino sia stato creato da Edith Head; quello che conta è l'inscindibile legame venutosi a creare tra la Hepburn e Givenchy, un sodalizio rimasto inalterato nel tempo sia sul set sia nella vita privata. Il grande sarto veste la diva in film che hanno lasciato il segno nel campo della moda, come Funny face(1957) o ancor più Breakfast at Tiffany's (1961; Colazione da Tiffany). In quest'ultimo film l'attrice ha lanciato uno stile, tuttora reinterpretato dalla moda, con la sua innata eleganza fatta di tubini neri e di grandi occhiali da sole.

Gli ultimi decenni, oltre ad aver decretano il legame tra cinema e moda, basti pensare a Catherine Deneuveche, dopo essere stata vestita da Yves Saint Laurent sul set del film di Luis Buñuel Belle de jour (1967; Bella di giorno), ha mantenuto con lo stilista un sodalizio fino alla sua scomparsa.
In questi anni, l’immagine mitica del cinema è andata affievolendosi, complice la spasmodica affermazione dei mass media e il loro moltiplicarsi. I canoni di riferimento sono divenuti sempre più variegati, dando libero sfogo alla creatività personale. Tuttavia, il cinema ha sempre avuto un ruolo di spicco nel dettare le tendenze, dando vita a veri e propri fenomeni di costume. Nella seconda metà degli anni ’60, il successo del film di Arthur Penn Bonnie and Clyde (1967; Gangster story, con costumi di Theadora Van Runkle) influenza la moda in misura considerevole. All'indomani dell'uscita del film, Faye Dunaway - con il suo abbigliamento caratterizzato da basco, pullover aderente e gonna longuette - porta alla ribalta lo stile anni ‘30. Una tendenza al gusto del revival seguita qualche tempo più tardi e rivolta agli anni ’20 con la trasposizione cinematografica del romanzo di Francis Scott Fitzgerald The great Gatsby (1974; Il grande Gatsby). Sia gli impeccabili completi disegnati dallo stilista Ralph Lauren per Robert Redfordnei panni di Gatsby, sia i vestiti indossati da Mia Farrow, hanno un enorme successo tanto da valere un Oscar per i costumi a Theoni V. Aldridge. Da ricordare, inoltre, il successo riscontrato nel 1977 dallo stile androgino di Annie Hall (1977; Io e Annie, costumi di Ruth Morley; alcuni abiti di Ralph Lauren e Jean-Charles de Castelbajac); il ritorno della sahariana dopo l'uscita sul grande schermo di Out of Africa (1985; La mia Africa, costumi di Milena Canonero), o ancora il revival degli anni ‘40 favorito da Evita(1996; costumi di Penny Rose) di Alan Parker.

STYLE_I bijoux da favola di Aonie

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La linea di gioielli Aonie prende il nome dalle figlie di Zeus, che nell’antico mito greco, rappresentavano l’ideale dell’arte e ispiravano poeti, filosofi e musicisti. Nato dalla collaborazione delle sorelle Paola e Consuelo Coti (rispettivamente, esperta di luxury market e architetto e jewellery designer), il marchio contempla la creazione di accessori speciali, in bilico tra “costume jewellery” e gioielleria.
Moda, tradizione e femminilità sono i cardini sui quali si è sviluppato questo progetto particolarmente sensibile alle tendenze e alla cura del dettaglio.Aonie utilizza materiali semipreziosi come argento, onice, perle e coralli per creare accessori ‘prèt-à-porter’ dall’eleganza unica, caratterizzata da raffinati particolari e sofisticati elementi decorativi. La lavorazione è affidata alle mani di attenti orafi italiani che conferiscono ad Aonie il valore di un marchio di eccellenza e unicità. Libertà di movimento e di espressione sono le caratteristiche di questi gioielli, nati per esaltare il gusto di ogni donna, fondendosi con il suo stile e prestandosi a innumerevoli modi di combinazione e interpretazione. Il tutto, nell’esaltazione concertata di femminilità e poesia.
Per la primavera-estate 2014 il marchio non smette di stupire, lanciando sul mercato due collezioni - ”Indian Legend” e “Once upon a time” - molto diverse tra loro, ma contraddistinte dall’eleganza e la ricerca tipiche del marchio. La prima è ispirata ad una terra piena di fascino e mistero - l’India – e presenta una vasta gamma di pezzi dal sapore bollywoodiano: tintinnanti orecchini pendenti in argento, ricche collane ornate da pietre naturali, anelli con catenelle e gioielli da mano si propongono come i dettagli per arricchire anche il più classico degli outfit, conferendo alla donna che li indossa lo stesso allure di una bellissima principessa indiana.
La collezione “Once upon a time”, invece, è ispirata ai classici racconti per bambini. “C’era una volta” si legge all’inizio delle favole ed è così anche nel fantastico mondo Aonie. I personaggi de “Il Mago di Oz”, “Il Piccolo Principe” e “Alice nel paese delle meraviglie” sono pronti a trasportare chi li indossa in un viaggio incantato. Immagini e parole si fondono e decorano i charms che diventano orecchini, collane e bangles. Lineare ed elegante, è una collezione adatta a tutte le donne che amano sognare ad occhi aperti, un tocco di magia nella vita quotidiana.

LEISURE_Louis Vuitton, campagna di comunicazione p/e 2014

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Gisele Bundchen

Caroline De Maigret

Catherine Deneuve

Catherine Deneuve

Edie Campbell

Louis Vuitton NN14 Cuir Nuance

Louis Vuitton NN14 Les Extraordinaires

Louis Vuitton NN14 Les Extraordinaires

Louis Vuitton NN14 Les Extraordinaires

Louis Vuitton NN14 Monogram Idole 

Louis Vuitton NN14 Sprouse

Louis Vuitton NN14 Studs

Sofia Coppola

Sofia Coppola


Per il suo ultimo “capitolo di stile” targato Louis Vuitton, Marc Jacobs ha guardato alle donne che l’hanno sempre ispirato. Con lo stesso spirito, la campagna Primavera/Estate 2014 ritrae le sue muse ispiratrici.
Catherine Deneuve, Sofia Coppola, Gisele Bündchen, Fan Bingbing, Caroline de Maigret e Edie Campbell, la modella che lo stilista stesso ha scelto per aprire la sua ultima sfilata, fotografate da Steven Meisel. Lo sfondo semplice dello studio e la sobria palette di colori esaltano la personalità di ciascuna delle muse così come le differenti declinazioni della borsa Noé in coccodrillo, vitello, tela Monogram o tessuto ricamato di paillettes con il motivo disegnato da Stephen Sprouse o ancora ricoperta di piume e cristalli.
Così come la sfilata ha voluto essere una celebrazione del lavoro di Marc Jacobs da Louis Vuitton, così la campagna è un vibrante omaggio alle donne muse e allo stile senza tempo della Maison: otto ritratti su singola pagina – apparirà sui numeri di febbraio delle principali testate di tutto il mondo.
Fotografo: Steven Meisel; Stylist: Karl Templer; Capelli: Guido Palau; Trucco: Pat McGrath.

Protagonista degli scatti insieme a queste sei icone di stile e bellezza, la borsa NN14 in una miriade di varianti: una nuova declinazione del mitico secchiello Noè, disegnato da Gaston-Louis Vuitton nel 1932 in risposta alla richiesta di un produttore di champagne di trasportare in maniera elegante cinque bottiglie di preziose bollicine.
L’edizione limitata NN14 è stata creata attraverso ciò che Marc Jacobs descrive come una “pulizia” del progetto originale: più piccola, più aerodinamica, ma pur sempre riconoscibile come “secchiello” per champagne o per altri usi.
Oltre a Les Extraordinaires, le rarissime e preziosissime edizioni i cui stravaganti ornamenti (piume, cristalli, paillettes, borchie, applicazioni in coccodrillo) testimoniano l’eccezionale savoir-faire di Louis Vuitton, faranno la loro apparizione nella campagna Primavera/Estate 2014 - e ne definiranno i toni - altre versioni della borsa NN14. Tutte avranno in comune alcuni elementi distintivi del modello: il tassello di chiusura in pelle plissettato a mano, la maniglia in pelle goffrata Louis Vuitton e gli iconici lucchetti e portachiavi a campana LV. All’interno della borsa, una pochette chiusa da cerniera, per riporre gli oggetti più preziosi.
Indossata da Sofia Coppola nella campagna pubblicitaria, la NN14 in Monogram Idole unisce la tela logata ai profili in pelle di vitello nero, rosso scuro oppure blu scuro, un sobrio tocco di colore che regala nuova ricchezza ed eleganza al celebre Monogram. La borsa è disponibile in due misure: piccola, da portare a mano (disponibile anche nella classica tela Monogram con bordo in cuoio naturale) e grande, da portare anche a spalla.
La NN14 in morbido vitello Cuir Nuanceè l’emblema della ricerca dell’eleganza non ostentata, le sue linee raffinate sono esaltate dalla bellezza autentica del pellame. Oltre all’intramontabile nero, presentato nella campagna da Gisele Bündchen, la versione piccola è disponibile in rosso rubino e la grande in rosso, blu e terra di Siena sulla quale una patina applicata a mano dona una nuance intrigante e delicatezza insieme.
A completare la collezione ci sono due ulteriori declinazioni: la NN14 portata da Edie Campbell in vitello borchiato dall’allure rock, nonché quella indossata da Fan Bingbing in Monogram jacquard blu scuro, interamente ricamato di paillettes nere a motivo graffiti di Stephen Sprouse.

Louis Vuitton
Dal 1854 Louis Vuitton ha realizzato modelli unici al mondo, unendo innovazione e style nel rispetto della più alta qualità. Ancora oggi la Maison rimane fedele allo spirito del fondatore, Louis Vuitton, che diede vita alla vera “arte del viaggio” con i propri bauli, borse ed accessori, innovativi, pratici ed eleganti. Da allora l’audacia ha segnato la storia di Louis Vuitton. Fedele a questa tradizione la Maison ha aperto nel corso degli anni le proprie porte ad architetti, artisti e designers sviluppando le collezioni di ready-to-wear, scarpe, accessori, orologi, gioielli e accessori per la scrittura. Questi oggetti, creati con grande passione, sono la testimonianza dell’impegno di Louis Vuitton al raggiungimento dei più alti livelli di artigianato. Per ulteriori informazioni: www.louisvuitton.com

LEISURE_Veni, Vidi, Verdi

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Il grande fermento milanese per il bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi si arricchisce di un nuovo imperdibile appuntamento nell’ambito del palinsesto di oltre 80 eventi messo a punto da Comune di Milano ed Edison. Veni Vidi Verdi. La donna è mobile”, ensemble di videoinstallazioni create dall’architetto, progettista e scenografo Peter Bottazzi, è in scena fino al 26 gennaio 2014 presso il Cortile d’onore e gli spazi museali al primo piano di Palazzo Morando – Costume Moda Immagine di Milano. Al centro del progetto, la figura femminile – la “donna mobile” – cuore pulsante della produzione di Giuseppe Verdi e simbolo di un’Italia in rapida trasformazione nella società del nuovo millennio. Un’iniziativa ambiziosa, che vanta ambientazioni sonore e tecnologie musicali a cura del Centro di Ricerche Musicali – CRM e la consulenza artistica di Fortunato D’Amico, nonché il contributo straordinario del Comitato Nazionale per le Celebrazioni Verdiane ex L.12/11/2012 n. 206, la collaborazione del Polo Raccolte Storiche e Case Museo del Comune di Milano e la partecipazione di RICORDI & C. e Volume S.r.l.
Con le sue opere Giuseppe Verdi testimonia l’articolata complessità, dal punto di vista culturale, degli uomini del Risorgimento che porterà, nel 1861, all'Unità d'Italia e all'affermazione di valori ispirati agli ideali romantici e patriottici – spiega Peter Bottazzi. – La musica e il suo processo compositivo hanno similitudini evidenti con gli sviluppi di crescita della struttura e del tessuto connettivo di una società e, per germinazione empatica, richiama tutti quegli elementi che favoriscono l'organizzazione del pensiero formativo. In questo senso “Veni Vidi Verdi. La donna è mobile” è un progetto di natura interdisciplinare, omaggio anticonvenzionale all’artista, artigiano, filantropo, senatore, cosmopolita, uomo pubblico e del pubblico. Ovvero un indiscusso protagonista della vita culturale del XIX secolo.
Peter Bottazzi propone una reinterpretazione artistica di sintesi del pensiero verdiano. Qui la donna - come l’Italia che rappresenta – è “mobile”, perché in continuo divenire e alla costante ricerca di valori e ruoli da interpretare. Cantata, sognata, protagonista quasi assoluta dell’opera di Giuseppe Verdi, è ladonna “mobile” che qui spiazza, reinventa e seduce. Attributi estrapolati e uniti al concetto di “operosità”, in cui il fare e l'assemblare oggetti, la loro manipolazione, diventano elementi essenziali nella ridefinizione della componente sonora e di azioni utili a creare un punto di lettura approfondito dell'immenso universo delle arti e dei saperi verdiani.
Palazzo Morando è così costellato di interventi sonori e installazioni che in alcuni casi coinvolgono in modo attivo il visitatore, consentendogli di sperimentare attraverso i cinque sensi una straordinaria conoscenza del fenomeno verdiano.
Documenti e materiali appartenuti a Giuseppe Verdi, provenienti dell'Archivio Ricordi, sono affiancati e integrati alle opere esposte, favorendo un'ampia interpretazione delle intenzioni e delle riflessioni del più importante e noto compositore del nostro Paese.

Veni Vidi Verdi. La donna è mobile
Fino al 26 gennaio 2014
Palazzo Morando – Costume Moda Immagine, Sala Conferenze, via Sant’Andrea 6, Milano
Orari: da martedì a domenica, 9.00-13.00/14.00-17.30. Chiuso il lunedì
Info: Tel. +39 02 884 65735 – 64532; www.civicheraccoltestoriche.mi.it; www.peterbottazzi.it  Ingresso libero
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