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STYLE_Le tendenze dell'autunno/inverno 2013/2014

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Milano, Parigi, New York, Londra: dalle passerelle arrivano mode e tendenze per la stagione autunno-inverno 2013-14, che sembrano indirizzare sempre di più verso un autentico senso dell’eleganza e del buon gusto. Un mood che pare rievocare atmosfere di bei tempi andati, per déjà vu che parlano la lingua di uno stile puro ed essenziale, declinato sulle rigorose note di raffinatezza e esclusività. Nella semplicità delle forme e dei tagli, nulla è lasciato al caso: ogni dettaglio è pensato e calibrato per outfit che nulla nascondono sia dal punto di vista dei valori semantici che per quanto concerne la ricerca stilistica e la scelta dei materiali. In questo modo, ogni particolare contribuisce alla perfetta resa formale, diventando parte infinitesimale di un mood che, a ragion veduta, può vantare proprio sulle singole note che lo compongono gli accordi di una sinfonica eleganza, intesa come equilibrio stabile di glamour, tradizione e avanguardia.
Non vi è quindi da meravigliarsi se a farla da padrone sono gli elementi strutturali del guardaroba – come cappe, cappotti, pellicce– arricchiti nella loro preziosità intrinseca di dettagli e cifre stilistiche che fanno la differenza e danno vita a creazioni che mixano sapientemente creatività e tradizione. La sperimentazione diviene il termine di utilizzo universale sulle passerelle mondiali per la prossima stagione, legittimando la libera interpretazione del lessico dell’eleganza. Per una moda che premia sempre di più la personalità e la sua affermazione come condizioni essenziali per affermarsi con garbo determinato nella società odierna sempre più vittima di una dilagante omologazione.

In pillole, ecco i trends che da sogno di passerella prenderanno il posto d’onore on the street. Anni ’50…in altre parole, vita stretta e fianchi larghi, con gonne volteggianti. Per un look femminile e seduttivo, rétro quel poco che basta per evocare cenni di autentica sensualità in chiave contemporanea. Mini dress: uno dei must di stagione. Un mood fresco e giovanile, informale e al tempo stesso indispensabile per sdrammatizzare annose questioni vestimentarie. Pelliccia: colorata, avveniristica, crazy e tribale. Si anima di vita nuova il capo da madame per antonomasia, divenendo un pezzo irrinunciabile per una donna fantasiosa, che adora guardare al domani con visionaria allegria. Boyish per una femme fatale che si diverte a mixare e contaminare i guardaroba di famiglia, prendendo capi di lui che si sposano ottimamente a mise iper femminili, complice l’audace utilizzo di stiletti da vera provocatrice. Neo Punke un’esplosione di pelle, borchie e vernice che rompe con ogni dettame guardarobiero, giocando molto sui dettagli nude. Pigiama style: un mix di ironia e comodità, per look adorabilmente unconventional chic!Kilt mania per tartan girls che arrivano da meravigliosi castelli scozzesi e si avventurano nella frenesia metropolitana. Infinite le reinterpretazioni con cui declinarlo: dalla più classica, che lo vuole abbinato alla giacchina in perfetto college style, alla più friendly con maglia over. Spalle largheper incedere maestose e imponenti nella quotidianità. Che siano strutturate o lineari, si rivelano il dettaglio perfetto da mattina a sera, che in maniera indelebile e inconfondibile scolpisce e incornicia il look. Maculato mon amour: evergreen di ogni collezione, torna anche per il prossimo autunno-inverno aggraziato e sofisticato, sempre più incline ad esaltare la femminilità. Spezzato o in total look, rivendica la sua anima stilosa. Pizzo: emblema d’intrigo, qualunque sia il suo abbinamento ammalia da mattina a sera, evocando un’allure senza tempo e una teatrale eleganza. Stripes a gogo: lo urban mood si arricchisce di maxi strisce, bande e incroci che geometrizzano la moda, rendendone il suo aspetto più concettuale e orientando il senso del vestir bene nella giungla metropolitana. Cappe e mantelliper giocare a un effetto vedo-non vedo, per scoprirsi e poi coprirsi. Scenografici e stylish, sono capi che mixano rigore e femminilità, austerità e seduzione. Maxi dress per mood all day long, pronti a risolvere ogni inconveniente. Danzante e sensuale, l’abito lungo va oltre il dress code più formale, adempiendo a dovere anche agli obblighi da giorno. Fiero della severità, si addice a una femminilità non scontata, ma, piuttosto, ricercata e sofisticata. Mood gitano con stampe floreali e gonnelloni ampi e fluidi, da portare abbinati a felpe oversize. White: il colore più fresco e puro ancora una volta varca la soglia delle collezioni invernali, complice l’accoppiata vincente con il tricot. Da giocare ton su ton, per vera regina delle nevi, o col nero, in un gioco optical dall’indubbio successo. Astrakan: un evergreen che ritorna in tutto il suo splendore, colorandosi di nuances inedite e approdando alla nuova versione mini dress. Maxi paltò: se è vero che il coprispalla furoreggia, il cappotto nella sua versione over ha sicuramente un ruolo di spicco. Elegante, accogliente, morbido, sciallato, di lana o ancor meglio di cachemire, è simbolo per antonomasia di un glamour pronto a rompere gli schemi politically correct e a conquistare con nonchalance la scena del costume. Spacchi improvvisi su gonne e longuette. Da mostrare e sfoderare con garbo e prudenza, complice l’utilizzo di proporzioni calibrate e molta autoironia. Felpa tutta da indossare. Abbandonata la sua anima più sportiva, si prepara a nuova vita, accompagnando outfit di ogni ora. Per la sua versione più urban, ama abbinarsi a texture e ricami sofisticati, non disdegnando piume e pelli preziose. Skin attitude: la pelle nera inguaina il corpo, vuoi col pastrano vuoi col tubino. Le interpretazioni sono innumerevoli. Tratto comune, l’esaltazione concertata della femminilità. Camouflage experience: è un mimetico che si camuffa quello della prossima stagione. Spintosi oltre i classici toni del bosco, si colora fino a frantumarsi e divenire pop e brillante. Pronto a sposarsi con texture astratte

LEISURE_Bellissime: le dive di ieri nella Roma contemporanea

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Le dive di ieri icone contemporanee di stile, inconfondibili nella loro eleganza e nel loro fascino senza tempo. Questo autentico sodalizio che nei decenni passati, quelli della settima arte per antonomasia, ha animato la vita della città eterna, torna protagonista di Roma, portando con sé una delle più belle parentesi del cinema. Et voilà una Jane Russell, in costume da bagno, avere sullo sfondo le statue dello Stadio dei Marmi, una Rita Hayworth immortalata sulla scalinata dell’Ara Pacis, una Liz Taylor ritratta con il Colosseo alle spalle, una Bette Davis con tailleur, cappellino e guantini, all’ombra del Gazometro, una Marlene Dietrich in posa da femme fatale, con sigaretta in mani e camicia di pizzo, all’ingresso di Eataly…e ancora, Silvana Mangano, unica italiana, ai Mercati di Traiano, Veronica Lake all’Auditorium, Linda Christianseduta all’interno della Galleria Borghese.

Queste sono alcune delle protagoniste della mostra fotografica, rigorosamente in bianco e nero, “Bellissime. Icone di ieri nella Roma di oggi”, vistabile fino all’8 dicembre nelle sale della Casa del Cinema di Roma. Ventisei fotografie raccontano come negli anni ’50 la moda italiana si sia imposta nel mondo anche, e soprattutto, per merito di loro, delle dive e divine del cinema che frequentavano la Hollywood sul Tevere. In un video, invece, una selezione di filmati di allora: Lana Turner furiosa con i paparazzi che non la riconoscevano in via Veneto, Audrey Hepburn quando provava gli abiti nella maison Gattinoni, chiedendo di oscurare i vetri perché i paparazzi arrivavano ad arrampicarsi sui muri per rubare una sua foto. Le immagini, emblematiche di quel periodo, sono state scelte dagli archivi di moda e cinematografici e reinterpretate in chiave contemporanea. Un viaggio a tuttotondo nel mondo della settima arte, dove passato e presente si fondono fino a sovrapporsi, generando un unicum di emozioni e suggestioni, chiavi di volta per intendere ancora oggi la preziosità della cultura e della bellezza del secolo scorso.
L’esposizione, promossa da Unindustria e curata dal vicepresidente della Sezione tessile, abbigliamento e moda Stefano Dominella, oltre a celebrare il cinema e la moda, si colloca in un progetto di più ampio respiro, che lambisce i confini dell’internazionalizzazione: per spingersi oltre, infatti, è necessario, sapere e capire come è partita la moda italiana. E qui entra in gioco il cinema, volano di ineguagliabile potenza e risonanza nel veicolare maisons, tendenze e stili.Nell’immediato dopoguerra Roma possedeva un diamante quale Cinecittà, in grado di convogliare l’arrivo di registi, produzioni e soprattutto loro, le dive di fama internazionale, pronte a incarnare il ruolo di icone, traghettando in tutto il mondo l’idea e i valori di made in Italy. Da qui l’importanza e l’urgenza di rivisitare il cinema, rispolverandolo nella sua autenticità nonché nelle contaminazioni che riesce a intrattenere con le altre forme espressive. Il tutto nel rispetto di una devota ammirazione del passato e di uno sguardo lungimirante sul futuro. 

Bellissime. Icone di ieri nella Roma di oggi
Fino all'8 dicembre 2013
Casa del Cinema, Roma

LEISURE_Piccoli Sogni di grande valore

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Metti l’atmosfera pre-natalizia, una causa charity, ospiti importanti e un enorme albero di Natale addobbato da vivaci palline e grandi fiocchi di velluto rossi: et voilà! la magia è fatta.
Una magia che si è realizzata lo scorso 8 novembre in occasione dell’inaugurazione del Temporary Shop di abbigliamento firmato per bambini 0-10 anni “Piccoli Sogni, svoltasi presso la splendida cornice della Rotanda di Via Besana, a Milano.
 “Piccoli Sogni” è stato voluto e ideato da Antonella Camerana,Presidente di Missione Sogni Onlus in collaborazione con Diamante D’Alessio, Direttore di STYLE Piccoli - partner dell’evento.
Il Temporary Shop ha avuto luogo il weekend del 9-10 Novembre u.s. ed il ricavato della vendita è stato interamente devoluto aMissione Sogni Onlus, che opera dal 2003 sull’intero territorio italiano e si propone di realizzare gratuitamente i desideri di bambini e ragazzi, dai 5 ai 15 anni, affetti da gravi malattie o disabili. Missione Sogni crede nel valore psicologico del sogno, che aiuta i bambini a evadere dalla dura realtà che li circonda e ad affrontare con ottimismo e forza di volontà la loro malattia.
A rendere ancora più speciale la serata inaugurale, alcuni ingredienti che hanno reso il tutto impeccabile: gli stand coloratissimi e allegri, ricchi di capi d’abbigliamento griffato a prezzi super scontatissimi, l’angolo Muba con giochi e libri dedicati ai bambini. 
Antonella Camerana e Diamante D’Alessio hanno accolto i numerosi volti del mondo dell’industria, della finanza, della cultura, dello spettacolo e del Jet Set che hanno letteralmente fatto a gara per accaparrarsi i pezzi unici e le taglie disponibili per figli e nipoti.
Tra gli altri: Marina Salomon, Massimiliano Finazzer Flory con la moglie Monica ed il piccolo Filippo Tommaso, Francesca Senette con il marito Marcello Forti, Chiara Beria D’Argentine, Marta Brivio Sforza, Floriana Mentasti, Gabriella Dompè, Cesare Cadeo, Franco e Umberta Gusalli Beretta, Francesco e Ilaria D’Urso, Silvia ed Ezio Simonelli.

LEISURE_La moda nella musica di Verdi

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Molte le iniziative che Milano ha promosso per celebrare il Bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi. Tra queste vi è la mostra “Graziella Vigo. La moda nella musica di Verdi”, visitabile fino all’8 dicembre 2013 presso le sale del pianterreno di Palazzo Morando Costume Moda Immagine (via Sant’Andrea 6, Milano).
Un viaggio per immagini nel meraviglioso mondo delle opere verdiane realizzate nei più importanti teatri lirici del mondo. Il tutto per merito degli scatti di Graziella Vigo che, con occhio vigile ma discreto e armata della sua inseparabile macchina fotografica, dal 2001, anno del primo Centenario della morte del compositore, e per sette anni ha scattato migliaia di fotografie in giro per il mondo, passando da La Scala di Milano al Regio di Parma, al Teatro Verdi di Busseto fino ad approdare al Metropolitan Opera di New York e al NHK di Tokyo.
Le immagini in mostra sono tutte copie uniche, stampate senza alcun ritocco su una speciale tela fotografica simile al canovaccio dei pittori, e sono tratte dalle opere La Traviata, Otello, Nabucco, Rigoletto, Un ballo in maschera, Falstaff, Macbeth, il Trovatore e la famosa Aida di Zeffirelli, presentate in allestimenti diversi di teatri diversi. Tutte le fotografie sono state scattate con il pubblico in sala durante le rappresentazioni, nel pieno rispetto delle luci originali degli spettacoli.
Silenziosa, immobile, invisibile, come non fosse lì ... presenza appassionata e cocciuta ma incorporea, impercettibile elfo vestito di bianco nel buio dei teatri, indaffarato e muto...”.Così Natalia Aspesi descrive Graziella Vigo e il suo lavoro che dà vita alla mostra. Per centinaia di sere, attraverso la sua macchina fotografica, il suo corpo ha non solo sentito, ma ‘visto’ la musica: e le opere verdiane più famose, i più grandi interpreti, gli allestimenti storici, i costumi più sontuosi, le luci sapienti dei migliori tecnici del mondo sono stati il magico mondo in cui ha vissuto fuori dal tempo e perfino dalla finzione, in una dimensione non fotografica ma pittorica, densa di ombre, colori, luce, dettagli sorprendenti. Da quelle migliaia di scatti pazienti e per lei stessa sorprendenti, sono nate immagini che non riproducono le scene di un’opera ma la ricreano in una sontuosità di gesti, in una ricchezza di costumi, in un sorgere di ombre drammatiche e di luci sfumate nel mistero, rivelando particolari che ascoltando e guardando l’insieme del palcoscenico sfuggono: la leggerezza di un fazzoletto, la perfezione di un ricamo, il dolore di uno sguardo, l’abbandono di una figura secondaria eppure essenziale all’armonia dell’insieme. Sorprendenti i personaggi ripresi non quando i loro lineamenti si sfaldano nel canto, ma nell’attimo breve in cui rappresentano bellezza e amore, odio e dedizione, vendetta e piacere”.


Graziella Vigo. La moda nella musica di Verdi” a cura di Graziella Vigo
Palazzo Morando Costume Moda Immagine, via Sant’Andrea 6, Milano
Fino all’8 dicembre 2013
Orari: dal martedì alla domenica 9,00-13,00 / 14,00-17,30. Lunedì chiuso.
Ingresso libero

LEISURE_Louis Vuitton inaugura la LV Townhouse a Selfridges

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Nuova tappa nel viaggio del retail targato Louis Vuitton. La Maison, infatti, ha aperto le porte della Louis Vuitton Townhouse, una nuova destinazione dello shopping urbano all'interno di Selfridges, lo storico department store londinese.
Costruito su tre piani, connessi da uno spettacolare ascensore, invita i clienti a scoprire un innovativo concetto retail, in cui modernità e tradizione, sorpresa e scoperta, dialogano. L'architetto francese, basato in Giappone, Gwenaël Nicolas, ha sviluppato un nuovo concept architettonico, la Townhouse, sofisticata destinazione nello scenario contemporaneo. Entrando, i visitatori vengono catturati da una sorprendente struttura a spirale che penetra all’interno dello storico edificio di Selfridges. La struttura si avvolge intorno ad un ascensore circolare che collega i diversi universi Louis Vuitton, suggerendo che il viaggio della Townhouse è destinato a proseguire verso l’alto. Il breve tragitto nell’ascensore di cristallo rivela poi una sorpresa "da far girare la testa" poiché inizia lentamente a ruotare, insieme al movimento della spirale. Ogni viaggio Louis Vuitton, in tal modo, per quanto breve, diviene sempre fonte d’ispirazione.
La prima impressione degli interni è di semplicità e avanguardia. Ad un approccio più ravvicinato, ogni superficie rivela una patina, una texture; il pellame, la pietra, il legno, ogni materiale ha un piccolo effetto che rende più profonda la sua esistenza e qualità. Avvolto in un’atmosfera dalle pareti in tessuto stratificato, il Piano Terra rivela la nuova collezione di pelletteria, accessori e articoli da viaggio. Opere d’arte in vetro lavorato diventano il fondale mozzafiato per le collezioni di pelletteria Louis Vuitton che comprendono le city bag, la valigeria e i pezzi rigidi ma anche gli ordini speciali della Maison ed il Mon Monogram. Sempre al Piano Terra, Louis Vuitton presenta un’esperienza di lusso innovativa: il primo Atelier Digitale della Maison. Un tavolo digitale tattile dove i clienti sono portati in un viaggio interattivo attraverso la storia e l’artigianalità del marchio, partecipando a contenuti quali le storie di savoir faire della collezione principale Louis Vuitton e i vari servizi di personalizzazione offerti dalla Maison. L’Atelier Digitale, inoltre, evidenzia il patrimonio Louis Vuitton ed i suoi forti legami con la città di Londra.
Il Primo Piano, con i suoi motivi marroni ambrati e i ricordi che evocano le luci del tramonto, presenta per la prima volta la completa gamma di pret-a-porter Uomo e le collezioni calzature e accessori del famoso Direttore Stile Uomo Louis Vuitton, Kim Jones, caratterizzato da forti elementi in vetro patinato. Al Secondo Piano, avvolto da strati di morbido tessuto, le eleganti collezioni pret-a-porter donna vengono presentate con delicatezza, rendendo omaggio alla creatività di Julie de Libran, Direttore Creativo del ready-to-wear Donna. La tenue palette di colori bronzo chiaro, evidenziati da opere d’arte in vetro, presenta un’originale collezione di arredi che si uniscono a completare con eleganza il sofisticato reparto dedicato alla donna. Tra l’altro, la Collezione Icônes Primavera Estate 2014 di Julie De Libran, ispirata alla designer e stilista francese Charlotte Perriand, sarà in pre-lancio esclusivo proprio alla Townhouse. I clienti, infine, sono invitati a completare il loro look presso il salone calzature Louis Vuitton, aperto nel luglio 2013 all’interno delle Shoe Galleries di Selfridges.

IL DESIGNER DELLA TOWNHOUSE : GWENAËL NICOLAS
Gwenaël Nicolas, francese di nascita ma residente in Giappone, al quale Louis Vuitton ha affidato il layout e l’arredamento d’interni di questa esclusiva location, si descrive come un “coreografo dello spazio”. Le riconoscibili caratteristiche dei design di Nicolas sono la traslucenza, il colore emozionale e le forme attraenti. I suoi design sono espressione di bellezza e funzionalitàe come tratto distintivo delle sue opere egli incorpora sempre un elemento di scoperta e imprevedibilità.

L’ARTE NELLA TOWNHOUSE: BARNABY BARFORD - BOUNTY, CASCADE E TRACE
Per la Louis Vuitton Townhouse, l’artista britannico Barnaby Barford ha creato una serie di complicate sculture: Bounty, Cascade e Trace. Ogni pezzo è realizzato con estrema cura da migliaia di pezzi - fiori, foglie e farfalle - in ceramica e porcellana. Ispirate allo stile e alla bellezza riconosciute di Louis Vuitton, le sculture sono racchiuse da pareti a specchio, forzando in questo modo lo spettatore a divenire parte dell’opera stessa.
Nato nel 1977, Barnaby Barford si è laureato al Royal College of Art nel 2002. E’ un artista che lavora principalmente con la ceramica per creare pezzi unici e narrativi. Dotate di un oscuro senso dello humour inglese e di satira, le opere di Barford esplorano e celebrano la condizione umana attraverso vecchie figurine, sia del mercato di massa che antiche e ricercate.

KATSUMI HAYAKAWA – RIFLESSIONE STRUTTURALE
L’artista Giapponese Katsumi Hayakawa ha creato opere murarie in tre dimensioni realizzate in carta e colla, ognuna fatta a mano. Le Riflessioni Strutturali riflettono sull’incertezza legata alla visione e all’ambiguità del riconoscimento e comprendono 60.000 tra specchi e cubi di carta sui quali sono stampate linee e segni. Gli specchi sono posizionati con ordine e cura uno di fronte all’altro, creando riflessi diffusi e ponendo lo spettatore in uno stato di illusione visiva. Pertanto, è impossibile distinguere se ciò che si sta guardando è un segno stampato o un riflesso sullo specchio.
Nato a Tochigi nel 1980, Katsumi Hayakawa si è laureato presso la University College of Art di Nihon. Possiede un Diploma in Belle Arti della New York School of Visual Arts e nel 2007 è stato premiato dalla Nomura Foundation.

LOUIS VUITTON A LONDRA
Fondata a Parigi nel 1854, Louis Vuitton è sinonimo di Arte del Viaggiare. I suoi famosi bauli, le valigie e le borse sono stati fedeli compagni di viaggio attraverso il tempo. Nel 1885, Louis Vuitton e suo figlio Georges Vuitton portarono il marchio Louis Vuitton a Londra con la boutique al 289 di Oxford Street e facendo il primo passo di internazionalizzazione del marchio. Brillante uomo d’affari, Georges Vuitton ideò un’insegna che rappresentava un Tricolore adattato e fu il primo a realizzare bizzarri allestimenti di vetrine. Presente nel Regno Unito da oltre un secolo, Louis Vuitton estende ora le proprie conoscenze al prêt-a-porter, alle calzature, agli accessori, agli orologi e alla gioielleria, disponibili nel proprio esclusivo network di boutique in tutto il mondo.

SELFRIDGES & CO
Fondato dall’imprenditore americano Gordon Selfridges, Selfridges London aprì nel 1909 al 400 di Oxford Street. Nel 2003, Galen Weston acquistò Selfridges & Co, coinvolgendo l’originaria famiglia nello sviluppo e nella crescita dell’azienda. Alannah Weston è il Direttore Creativo e Selfridges Group Limited è gestito dall’Amministratore Delegato Paul Kelly. Nel primo giorno di apertura nel 1909, Harry Gordon Selfridge mise una pubblicità che includeva la seguente frase: “il piacere di fare compere” e questo senso teatrale e dell’intrattenimento rimane ancora oggi parte del DNA di Selfridges.

LEISURE_Jole Veneziani. Alta moda e società a Milano

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Il mito di Jole Veneziani, stilista tra i fondatori dell’Alta moda italiana e pioniera del made in Italy nel mondo, rivive con un’esposizione vistabile fino al 24 novembre a Milano a Villa Necchi Campiglio – casa museo di proprietà del FAI - e composta da un’accurata selezione dei materiali dell’Archivio Veneziani.
Quello di Milano è il primo appuntamento di un progetto che, una volta terminato lo studio sul patrimonio dell’Archivio, si concretizzerà in una grande mostra itinerante che porterà l’Atelier Veneziani nelle capitali europee e del Far East.
Protagonista indiscussa lei, Jole Veneziani, la stessa che fiera e consapevole del suo talento, reinventò il concetto di pelliccia, imponendosi come una delle prime protagoniste dello stile italiano.In fatto di conoscenza di pelli, di fantasia creativa, di ricerca di novità, Jole è stata pioniera forse non superata”, avrebbe commentato la giornalista di moda Maria Pezzi. E ancora, “Se penso alla Veneziani ne ho un’immagine né pomposa, né ricca né fatua:
fra i creatori di quegli anni è stata senza dubbio la più d’avanguardia”, queste le parole di un’altra celebre firma della moda italiana, Adriana Mulassano. Per Beppe ModeneseJole Veneziani è per la moda l’inizio della moda italiana. Ha avuto un ruolo determinante in quella prima presentazione fiorentina del 1951 e ha continuato a giocare questo ruolo per molti anni”.
Un personaggio unico e inimitabile, al quale oggi viene reso doveroso e giusto omaggio attraverso una rassegna curata da Fernando Mazzocca, promossa dalla Fondazione Bano e dal FAI e caratterizzata dalla presentazione di abiti d’epoca, bozzetti e fotografie, oltre a filmati, documenti, oggetti di sartoria, scelti tra gli oltre 15.000 pezzi dell’Archivio Veneziani, acquisito nei primi anni Ottanta dalla fondazione padovana.
L’allestimento, studiato da Corrado Anselmi, è stato appositamente pensato per far dialogare in modo armonico le creazioni di Jole Veneziani con i ricchi ambienti di Villa Necchi Campiglio, combinando la storia della moda e del costume, con quella della Milano del Novecento.
Perché proprio Milano è stata la citta che accolse una giovanissima Veneziani quando, da Taranto, si trasferì con tutta la sua ricca e numerosa famiglia. E fu nel capoluogo lombardo dove, dopo aver tentato la carriera di giornalista e attrice, cominciò a lavorare per una ditta di pellicceria, sviluppando la sua vocazione per la moda e un fiuto da vera imprenditrice.
Ad aprire l’esposizione vi è la ricostruzione di una giornata tipo di una donna dell’alta borghesia milanese, scandita da manichini che indossano i capi originali creati da Jole Veneziani, intenti nel preparare la tavola per il pranzo, giocare a carte, leggere una rivista. Jole Veneziani comprese come si andassero manifestando un desiderio di rinascita e la voglia di ritornare alle gioie della vita, anche negli anni più bui della seconda guerra mondiale. Nel 1937 aprì un laboratorio di pellicceria in via Nirone, cui si affiancava la sartoria nel 1943, e nel 1946 la produzione di Haute Couture, dopo aver trasferito definitivamente nel 1944 la sua sede al numero 8 di via Montenapoleone in una Milano ancora sotto le bombe e piena di macerie.
Proprio per far rivivere al pubblico lo spirito di quegli anni, a Villa Necchi Campiglio è stata ricostruita l’atmosfera dell’Atelier Veneziani di via Montenapoleone, con oggetti di sartoria e modelli originali accompagnati dalle foto d’epoca degli ambienti e da quelle delle modelle in sala prove. Un fermento creativo che condusse la Veneziani a partecipare alla storica - e prima - sfilata di moda di Villa Torrigiani a Firenze, nel 1951, che segnò la nascita dell’Alta moda italiana. Organizzata da Giovanni Battista Giorgini, l’evento vide la presenza dei cosiddetti ‘13 apostoli’, esponenti delle più importanti sartorie d’Italia - da Roma, Carosa, ovvero la principessa Giovanna Caracciolo, Alberto Fabiani, la principessa Simonetta Visconti, Emilio Schubert, Antonelli; da Milano, Jole Veneziani, Vanna, Noberasko, Germana Marucelli; Gallotti, ossia la Tessitrice dell’Isola, Pucci; da Firenze, il padrone di casa Giorgini - che seppero rompere il monopolio francese e aprire la strada al Made in Italy.
Per tutti gli anni ’50 e ‘60, il lussuoso atelier della Veneziani al numero 8 di via Montenapoleone non è stato solo la grande officina creativa di uno stile unico e universalmente apprezzato, ma anche un centro di aggregazione della mondanità milanese, grazie alle clienti celebri, attrici e regine del ‘bel mondo’, con cui lei, temperamento curioso e vivacissimo, intrattenne anche rapporti di amicizia. Da quelle sale dorate e risplendenti di specchi sono passate Josephine Baker, Marlene Dietrich, Maria Callas, Elsa Martinelli, Lucia Bosè, Wally Toscanini, Anna Proclemer, Giovanna Ralli, Paola Pitagora, Anna Bonomi Bolchini, Ljuba Rizzoli, Emanuela Castelbarco, Sandra Milo, Franca Rame, Ornella Vanoni.
Il percorso espositivo prosegue con la sezione che si focalizza sul personaggio Jole Veneziani. Sempre accompagnato dai modelli originali delle sue creazioni, il visitatore viene condotto sulle tracce della storia della stilista, attraverso un’accurata selezione di bozzetti originali, le testimonianze delle personalità che l’hanno incontrata, le copertine delle riviste che hanno immortalato lei e i suoi vestiti - memorabile quella di Life del 14 aprile 1952 -, i riconoscimenti ottenuti a livello nazionale e internazionale.
E ancora le fotografie della famiglia Veneziani, delle sfilate tenute in tutto il mondo e delle modelle celebri.
Vengono, inoltre, approfonditi alcuni momenti particolarmente significativi della sua carriera, come la consulenza per l’Alfa Romeo, per la quale studiò, sul modello delle case automobilistiche americane, carrozzerie e interni, realizzati a colori vivaci, o come il prestigioso incarico di “infiorare” la Scala per la prima del 7 dicembre, dove molte partecipanti andarono vestite proprio con i suoi magnifici abiti.
Non manca l’incontro con il cinema, il teatro e la televisione con un’apposita area nel percorso in cui verranno proiettati filmati d’epoca. A corollario della mostra, un album basato sulle foto d’epoca edito da Marsilio editori.

L’Archivio Veneziani.
È il 2007 quando questo progetto, rivolto alla conservazione e alla tutela della memoria artistica della creatrice di moda Jole Veneziani, prende forma. Un progetto che ha visto la Fondazione Bano impegnata in un intenso lavoro di catalogazione e inventariazione del materiale proveniente dallo storico atelier della famosa stilista, grazie alla collaborazione col Corso di Laurea in Cultura e tecnologia della moda dell’Università di Padova e l’Università IUAV di Venezia. Con oltre 15.000 pezzi tra abiti, tessuti, disegni, fotografie e accessori, l’Archivio Veneziani, pervenuto a Federico Bano, Presidente dell’omonima fondazione, nei primi anni ‘80, è ancora oggi oggetto di ulteriori approfondimenti.
L’obiettivo è di conservare e tutelare la memoria storica di questa grande sarta che è stata uno dei protagonisti del made in Italy e indiscusso esempio di creatività, entusiasmo e imprenditoria femminile, e del suo atelier. Questo materiale, soprattutto il nucleo delle oltre duemila fotografie realizzate spesso da grandi fotografi, costituiscono anche una straordinaria documentazione, per i personaggi, i luoghi e le situazioni rappresentati, della storia e della società italiane tra la seconda metà degli anni Trenta e gli anni Sessanta.
L’archivio non vuole essere solo questo, ma anche un’opportunità di crescita, di studio e testimonianza ‘viva’ di un momento così importante della Moda Italiana e della sua creatività. Per tale motivo ha aderito al progetto “Archivi della moda del Novecento”, elaborato da ANAI e del Ministero per i beni e le attività culturali.

Jole Veneziani - Alta moda e società a Milano

Villa Necchi Campiglio, via Mozart 14, Milano
Fino al 24 novembre 2013
Orari: dal mercoledì alla domenica, 10-18 (ultimo ingresso alle 17.15)
Ingresso villa + mostra: adulti: € 11,00; bambini (4-14 anni): € 4,00 – Iscritti FAI: € 4,00
Info: tel. 02.76340121 – www.fondoambiente.it

ABOUT_Jole Veneziani: ipse dixit...e non solo

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Jole Veneziani ha detto di sé…

Alta moda. Questa espressione altro non può essere se non sinonimo di perfezione tecnica, perfezione di proporzioni, ricerca costante, instancabile, di colori nuovi nella impercettibile loro vastissima gamma. Ricerca continua di materia nuova, di trame nuove, di fibre nuove, di disegni nuovi e conseguente valorizzazione del tessuto nel suo migliore rendimento di creazione”. (1967)

E’ un elemento oggi, la scarpa, di primaria importanza e necessità. Siccome il vestito è diventato zero, è necessario vestire dal di sotto. A furia di accorciare, un bel giorno avremo delle scarpe meravigliose, una bellissima collana e…la foglia di fico che sostituirà il vestito”. (1969)

Sono sempre stata testarda, ed ho sempre pensato a modo mio. Io me ne infischiavo della moda, in un certo senso.  Quando una mia cliente arrivava e mi chiedeva “che cosa si usa?” rispondevo piccata: “non deve proprio interessarle che cosa si usa. Lei deve soltanto cercare di mettersi addosso un abito adatto alla sua personalità”. La moda, infatti, è un fatto individuale, ed io mi sono sempre rifiutata di considerarla un imperativo ed un tiranno implacabile”. (1980)

“Ogni mia sfilata aveva il sapore di una “prima”, e le indossatrici erano ben consce del ruolo che spettava loro di interpretare. Ogni collezione aveva, naturalmente, dei motivi e dei colori nuovi da lanciare per una stagione. Tuttavia, io ero sempre fedele al mio motto di lasciare alla donna tutta la sua femminilità, senza costringerla in linee non adatte a lei. Ma il mio ideale di donna c’era, ed è sempre quello che è ancora, l’ideale per me: collo sottile, busto lungo, seno leggero, attaccatura delle braccia fluida. E poi sempre lo stesso imperativo: di giorno sobria, possibilmente in tailleur, il più possibile semplice. Di sera, invece, una gioia di colori e di luce, uno scintillio di tessuti. Insomma: festa”. (1980)

Non dimentichiamo che la moda italiana è una grande ambasciatrice all’estero. Siamo stimati, apprezzati. E anche copiati naturalmente. Ma questo non accadrebbe, se non ne valesse la pena. Infatti, nessuno, tenta di copiare ciò che è brutto o sbagliato”. (1980)

“Per me, creare in quel tempo tragico, costituiva una delle poche fonti di gioia. Le clienti arrivarono presto perché, nonostante tutto, Milano aveva ancora una sua vita elegante ed i suoi obblighi mondani”. (1980)




Jole Veneziani. Hanno scritto di lei…

Adriana Mulassano
“Se penso alla Veneziani ne ho un’immagine né pomposa, né ricca né fatua: fra i creatori di quegli anni è stata senza dubbio la più d’avanguardia.” (1989)

Bianca Maria Piccinino
“Ho conosciuto la Veneziani quando è nata la moda italiana: è diventata per me una grandissima amica e ricordare che proprio lei ha fatto il mio abito da sposa è una cosa che mi commuove moltissimo. Senza dubbio è stata la donna più ricca di vitalità, di gioia di vivere, di intelligenza ed umorismo che io abbia mai conosciuto”. (1989)

Beppe Modenese
“Jole Veneziani è per la moda l’inizio della moda italiana. Ha avuto un ruolo determinante in quella prima presentazione fiorentina ed ha continuato a giocare questo ruolo per molti anni”. (1989)

Elena Viola Capra
 “Jole com’era e com’è: un carattere, uno spirito, uno stile di vita che sono più grandi delle sue opere, che le prescindono, che si sarebbero imposti comunque, qualunque strada i capricciosi giochi del destino l’avessero indotta a imboccare”. (1982)

Maria Pezzi
“Le sue mani erano paffutelle, ornate preziosamente di rosse pelle e zaffiri; quelle “specialissime” mani per cui in tutti gli innumerevoli articoli a lei dedicati, in tutte le interviste, è sempre stata denominata “zampa di velluto”. Fui io a inventare questa definizione per lo stupore di vedere quelle mani palpare, accarezzare, sfiorare contropelo delle stupende pelli di zibellino, non solo con competenza ineguagliabile ma quasi con piacere sensuale. In fatto di conoscenza di pelli, di fantasia creativa, di ricerca di novità, di coraggio – un grande coraggio – Jole Veneziani è stata pioniera e forse non superata”. (1991)

Maria Pia Alfonsi
“Perché “la Veneziani” è una di quelle rare persone nelle quali si può identificare tutta un’epoca”. (1972)

Biki
“La Veneziani rappresenta un nerbo saldo e insostituibile, sul fronte della Moda italiana. Appartiene alla prima linea.
Del resto, i fatti forniscono una facile conferma. Quante grandi sartorie hanno resistito come la sua? E non solo resistito, ma conservato sempre la posizione in prima linea?
Se si cerca una spiegazione a questo fatto abbastanza eccezionale, credo che la si possa trovare soltanto nel personaggio stesso della Veneziani”. (1963)

Dino Buzzati
“E’ stato, sulla passerella di Palazzo Pitti, un piccolo festival del miracolo economico, tanto dichiarato e spiritoso da non poter dare scandalo. Anche negli altri modelli, del resto, - mi hanno fatto notare gli intenditori – Jole Veneziani ha puntato sul lusso, con largo impiego dei tessuti più costosi come la vicugna e il cachemire. E gli elogi sulla linea e sul gusto sono stati un coro”. (1963)

BOOK_L'estro creative per imagine

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La genialità e l’estro creativo di stilisti, art director e fotografi, rivive in una serie di testimonianze e immagini raccolte in libri e mostre.
In testa lei, Diana Vreeland, leggendario direttore dell’edizione statunitense di Vogue, alla quale è dedicato “Diana Vreeland memos: the Vogue years” (Rizzoli NY), incentrato sulla sua vita professionale e sulle fasi che l’hanno resa una delle donne più influenti nella storia della moda. Un fine ambizioso, affrontato anche da altre pubblicazioni ma portato avanti in questa con lo speciale contributo delle dichiarazioni rilasciate dalla stessa Vreeland nelle lettere redatte per elargire consigli e confrontarsi con fashion designer e fotografi nonché dei memo che lasciava ai propri collaboratori. Una sorta di manuale d’uso che riletto ora assume ancora più significato.
Sulla scia di una simile mentalità visionaria si colloca anche la figura di Alexander Liberman, storico art director di Vogue America nonché fautore del rilancio di Vanity Fair e patron del concept di Self and Allure. Una figura poliedrica, che lambì diversi campi delle arti figurative, spostando il suo interesse dall’editoria ad attività come la pittura, la scultura e la fotografia. A questo suo eclettismo culturale è dedicato il volume “It’s modern” (Rizzoli NY) che mostra immagini tratte dal suo archivio personale e documenti che testimoniano il rapporto con gli artisti più importanti del tempo del calibro di Pablo Picasso, Henri Matisse, Paul Cézanne e Alexander Calder, senza dimenticare talenti dell’obiettivo come Henri Cartier-Bresson, Helmut Newton, Irving Penn e Annie Leibovitz.
Parlando di fotografia, l’attenzione cade su Lee Miller, fotogiornalista e reporter durante la Seconda guerra mondiale per Vogue America e corrispondente dal 1942 per Condé Nast Publications, ma, al tempo stesso, modella e icona di bellezza da cui, oggi, il mondo del fashion trae ancora ispirazione, e fotografa di moda. Un’attività, quest’ultima, utile per comprendere appieno il suo profilo creativo. E proprio questo è quello che emerge dalle pagine di “Lee Miller in fashion” (Thames & Hudson), che si focalizza su questa particolare sezione della sua attività negli anni ’40 e ’50, racchiudendo immagini finora inedite.
Dalla fotografia di ieri a quella di oggi il passo è breve, soprattutto se compiuto analizzando il lavoro di due mostri sacri del calibro di Michel Comte e Craig McDean. Alla ultratrentennale carriera del primo rende omaggio la Kunst Haus Wien (fino al 16/02/2014) con l’esposizione di ritratti, foto di moda e campagne pubblicitarie nonché di molti inediti estratti dall’archivio di Comte. “Amber, Guinevere, and Kate photographed by Craig McDean” (Rizzoli NY) è invece il volume dedicato a Craig McDean, composto da oltre 150 scatti realizzati tra il 1993 e il 2005. Immagini a colori e in bianco/nero che ritraggono Amber Valletta, Guinevere van Seenus e Kate Moss.
All’obiettivo di Nick Waplington, invece, è lasciato il compito di raccontare insieme a una serie di bozzetti l’estro di Alexander McQueen. Nel volume “Alexander McQueen working process” (Damiani) si ripercorre il processo creativo che ha portato alla collezione autunno/inverno 2009/10, una delle ultime realizzate dallo stilista prima della sua scomparsa. 

PEOPLE_Barbara Vitti – Una vita per l’eleganza

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Premiata con l’Ambrogino d’oro – la massima onorificenza del Comune di Milano – per “aver fondato una figura professionale e un ruolo importante nella moda”, Barbara Vittiè una delle signore del fashion system milanese e internazionale. Nel corso della sua lunga carriera ha curato l’immagine e la comunicazione di grandi personaggi come Valentino, Versace, Armani e, soprattutto, è stata ed è al centro dei grandi cambiamenti che hanno segnato il destino del made in Italy nel mondo. Parlare di lei è come ripercorrere un’epoca, cristallizzando il passato e, sincronicamente, fissando l’attualità e disegnando il futuro.
Figlia d’arte – la madre, infatti, era giornalista di moda – comincia sin da ragazza a seguire le sfilate. Ben presto, però, pur continuando a tenere rubriche su alcune riviste di moda, capisce che il suo destino è altro e comincia così a dedicarsi alle pubbliche relazioni, un ambito d’attività che proprio nei tardi anni ’60 iniziava a farsi strada. Si sta sviluppando un universo vivace e in continuo fermento, progenitore del fecondo periodo creativo che dagli anni ’70 caratterizzerà la moda italiana: è una realtà di grande energia, con intelligenze splendide e personaggi meravigliosi. Proprio in quegli anni Milano si appresta a divenire capitale del fashion, ruolo indiscusso che ancora oggi la contraddistingue a livello mondiale.
Correva l’anno 1967: le maisons sfilavano a Firenze e Rosita e Ottavio Missoni mandarono in passerella le modelle senza biancheria intima, evidente limite estetico alle loro celeberrime creazioni in maglia. Uno scandalo che li costrinse a lasciare il capoluogo fiorentino e a scegliere Milano quale sede deputata ad ospitare le presentazioni delle loro collezioni. In men che non si dica, furono raggiunti da molti nomi emergenti. Si stava mettendo in atto una sfida senza eguali, al buon esito della quale contribuì Beppe Modenese: a lui, infatti, il plauso d’aver creato le sfilate milanesi nel senso attuale del termine, trasferendo la Camera Nazionale della Moda da Roma a Milano. Furono anni di grande fermento artistico e creativo, che all’ombra delle guglie del duomo portarono alla nascita del prêt-à-porter, un’eccellenza squisitamente italiana.
Barbara Vitti nel corso della sua carriera ha avuto il piacere di lavorare a stretto contatto con tre degli stilisti italiani che hanno segnato le prime orme della moda made in Italy: Gianni Versace, Valentino e Giorgio Armani. Tre incommensurabili talenti, seppure differenti, ai quali va riconosciuto d’aver creato moltissimo, in primis lo svecchiamento da un certo provincialismo in un momento in cui le sarte ancora si recavano a Parigi per copiare i tagli da riproporre poi nel Belpaese. Versace, il primo ad avere l’intuizione di portare modelle straniere in Italia, era uno spirito vivace ed eclettico, estremamente curioso, attento ai giovani e all’avanguardia. Armani, dal canto suo, è in grado di concepire intere collezioni già sui fogli da disegno, complice l’innato talento per il disegno. Valentino, invece, si è sempre distino per il suo estremo perfezionismo: dotato di una precisione assoluta, con un solo sguardo è in grado di individuare anche un centimetro di troppo sugli abiti. In particolare, Barbara Vitti della sua collaborazione con il couturier italiano, ricorda con piacere la sfilata a Voghera, il paese natale dello stilista e nella piazza del quale venne presentata la nuova collezione. Era un momento particolare per la moda italiana, un tempo in cui si avvertiva il bisogno di un contatto diretto con il pubblico, con il quale dialogare e dal quale trarre ispirazioni. Una mossa azzardata, quella di utilizzare una piazza come location per una sfilata, che si rivelò azzeccatissima: 14mila persone applaudirono la collezione e il suo creatore.
Per Barbara Vitti la moda deve sempre partire dalla gente, dalle tendenze che percorrono la società. Anche per i più grandi stilisti, pertanto, è importante vivere la realtà quotidiana per poi rielaborarla secondo le proprie idee ed il proprio gusto. Non si può pensare di fare moda se non si conosce il contesto in cui si vive così come se non si vanta un certo rapporto con la città. Armani, ad esempio, si è sempre impegnato in tal senso, uscendo insieme al socio Sergio Galeotti dai canoni classici con la creazione di simboli per i giovani e la rottura degli schemi comunicativi. Basta solo pensare al suo gigantesco murale che impreziosisce uno degli angoli del centro milanese: creato a Cinecittà, proiettando la foto su un grande telo e poi ricopiandola, sembrava un’iniziativa che potesse dar vita a numerosi scetticismi, ma una volta allestito divenne uno dei simboli della città.
Quello tra Milano e la moda è un rapporto indissolubile, caratterizzato da due entità che si compensano, validandosi nei contenuti e nelle istanze. Secondo Barbara Vitti, il capoluogo lombardo è il posto giusto perché la moda non è fatta solo di tessuti, ma anche di infrastrutture e aziende: una compartecipazione di fattori che determina il successo del fashion italiano. Infatti, nonostante la competizione con Parigi e New York, Milano mantiene salda la sua identità, distinguendosi per le abilità e i talenti che da sempre può vantare. 

ABOUT_Jole Veneziani: ipse dixit...e non solo

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Jole Veneziani ha detto di sé…

Alta moda. Questa espressione altro non può essere se non sinonimo di perfezione tecnica, perfezione di proporzioni, ricerca costante, instancabile, di colori nuovi nella impercettibile loro vastissima gamma. Ricerca continua di materia nuova, di trame nuove, di fibre nuove, di disegni nuovi e conseguente valorizzazione del tessuto nel suo migliore rendimento di creazione”. (1967)

E’ un elemento oggi, la scarpa, di primaria importanza e necessità. Siccome il vestito è diventato zero, è necessario vestire dal di sotto. A furia di accorciare, un bel giorno avremo delle scarpe meravigliose, una bellissima collana e…la foglia di fico che sostituirà il vestito”. (1969)

Sono sempre stata testarda, ed ho sempre pensato a modo mio. Io me ne infischiavo della moda, in un certo senso.  Quando una mia cliente arrivava e mi chiedeva “che cosa si usa?” rispondevo piccata: “non deve proprio interessarle che cosa si usa. Lei deve soltanto cercare di mettersi addosso un abito adatto alla sua personalità”. La moda, infatti, è un fatto individuale, ed io mi sono sempre rifiutata di considerarla un imperativo ed un tiranno implacabile”. (1980)

“Ogni mia sfilata aveva il sapore di una “prima”, e le indossatrici erano ben consce del ruolo che spettava loro di interpretare. Ogni collezione aveva, naturalmente, dei motivi e dei colori nuovi da lanciare per una stagione. Tuttavia, io ero sempre fedele al mio motto di lasciare alla donna tutta la sua femminilità, senza costringerla in linee non adatte a lei. Ma il mio ideale di donna c’era, ed è sempre quello che è ancora, l’ideale per me: collo sottile, busto lungo, seno leggero, attaccatura delle braccia fluida. E poi sempre lo stesso imperativo: di giorno sobria, possibilmente in tailleur, il più possibile semplice. Di sera, invece, una gioia di colori e di luce, uno scintillio di tessuti. Insomma: festa”. (1980)

Non dimentichiamo che la moda italiana è una grande ambasciatrice all’estero. Siamo stimati, apprezzati. E anche copiati naturalmente. Ma questo non accadrebbe, se non ne valesse la pena. Infatti, nessuno, tenta di copiare ciò che è brutto o sbagliato”. (1980)

“Per me, creare in quel tempo tragico, costituiva una delle poche fonti di gioia. Le clienti arrivarono presto perché, nonostante tutto, Milano aveva ancora una sua vita elegante ed i suoi obblighi mondani”. (1980)




Jole Veneziani. Hanno scritto di lei…

Adriana Mulassano
“Se penso alla Veneziani ne ho un’immagine né pomposa, né ricca né fatua: fra i creatori di quegli anni è stata senza dubbio la più d’avanguardia.” (1989)

Bianca Maria Piccinino
“Ho conosciuto la Veneziani quando è nata la moda italiana: è diventata per me una grandissima amica e ricordare che proprio lei ha fatto il mio abito da sposa è una cosa che mi commuove moltissimo. Senza dubbio è stata la donna più ricca di vitalità, di gioia di vivere, di intelligenza ed umorismo che io abbia mai conosciuto”. (1989)

Beppe Modenese
“Jole Veneziani è per la moda l’inizio della moda italiana. Ha avuto un ruolo determinante in quella prima presentazione fiorentina ed ha continuato a giocare questo ruolo per molti anni”. (1989)

Elena Viola Capra
 “Jole com’era e com’è: un carattere, uno spirito, uno stile di vita che sono più grandi delle sue opere, che le prescindono, che si sarebbero imposti comunque, qualunque strada i capricciosi giochi del destino l’avessero indotta a imboccare”. (1982)

Maria Pezzi
“Le sue mani erano paffutelle, ornate preziosamente di rosse pelle e zaffiri; quelle “specialissime” mani per cui in tutti gli innumerevoli articoli a lei dedicati, in tutte le interviste, è sempre stata denominata “zampa di velluto”. Fui io a inventare questa definizione per lo stupore di vedere quelle mani palpare, accarezzare, sfiorare contropelo delle stupende pelli di zibellino, non solo con competenza ineguagliabile ma quasi con piacere sensuale. In fatto di conoscenza di pelli, di fantasia creativa, di ricerca di novità, di coraggio – un grande coraggio – Jole Veneziani è stata pioniera e forse non superata”. (1991)

Maria Pia Alfonsi
“Perché “la Veneziani” è una di quelle rare persone nelle quali si può identificare tutta un’epoca”. (1972)

Biki
“La Veneziani rappresenta un nerbo saldo e insostituibile, sul fronte della Moda italiana. Appartiene alla prima linea.
Del resto, i fatti forniscono una facile conferma. Quante grandi sartorie hanno resistito come la sua? E non solo resistito, ma conservato sempre la posizione in prima linea?
Se si cerca una spiegazione a questo fatto abbastanza eccezionale, credo che la si possa trovare soltanto nel personaggio stesso della Veneziani”. (1963)

Dino Buzzati
“E’ stato, sulla passerella di Palazzo Pitti, un piccolo festival del miracolo economico, tanto dichiarato e spiritoso da non poter dare scandalo. Anche negli altri modelli, del resto, - mi hanno fatto notare gli intenditori – Jole Veneziani ha puntato sul lusso, con largo impiego dei tessuti più costosi come la vicugna e il cachemire. E gli elogi sulla linea e sul gusto sono stati un coro”. (1963)

BOOK_Louis Vuitton City Bags: una storia naturale

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Le City Bags di Louis Vuittonsi raccontano in un incredibile volume, edito Rizzoli NY e in vendita dal mese di ottobre. Una storia naturale è il fil rouge del libro, che unisce un approccio unico e affascinante ad un gioco quasi scientifico sulle forme iconiche. Protagoniste le borse simbolo della Maison, che hanno attraversato con la loro allure l’intero XIX secolo e, ancora oggi, sono la linea di accessori più riuscita della storia della moda. Il loro eclatante successo infatti, ha contribuito in misura determinante a fare di Louis Vuitton sinonimo di lusso contemporaneo.
La versatilità è la loro caratteristica principale. Discendenti dei bagagli a mano riposti all’interno di quei bauli e wardrobe che rappresentavano l’immagine del Malletier, nel giro di un secolo o poco più
si sono diversificate per adattarsi a ogni esigenza della donna moderna. I modelli contemporanei sono un elemento fondamentale del guardaroba femminile e i loro nomi sono diventati ormai familiari: Speedy, Papillon, Alma, Lockit, Noé, Bucket, Neverfull, Sac Plat e Pochette.
Ammiccando ai tentativi novecenteschi di categorizzazione dei prodotti di design industriale, il volume ripercorre l’evoluzione delle city bag ispirandosi all’antica classificazione scientifica di piante e animali.La genealogia dei diversi modelli è esplorata fino
a identificarne i diretti “antenati” nei quattro bagagli a mano Steamer Bag, Vanity Case, Alzer e Keepall.
Ogni membro delle “famiglie” così individuate è descritto
ed esaminato nel dettaglio, dai primi esemplari storici alle più ambite creazioni contemporanee.
L’opera offre la più completa genealogia dell’universo delle city bag Louis Vuitton e dimostra come le ambiziose collaborazioni artistiche intraprese negli ultimi vent’anni ne abbiano accelerato l’evoluzione in un’esplosione multiforme.
Due le edizioni: una per le librerie e una per le boutique del marchio (compresa la sezione shop on line), rigorosamente in versione deluxe. Quest’ultima, come i classici libri di Storia Naturale, viene presentata in un cofanetto in tela carta marmorizzata
e undici tavole illustrate.


SOMMARIO
PARTE I: GENESI
In principio Saggio di Florence Müller
Antenati comuni: The Vanity, The Alzer, Steamer e Keepall
Nell’intimità: la borsa e l’identità personale
Saggio di Jean-Claude Kaufmann
Florence Müller, francese, è una storica della moda. Laureata presso l’École du Louvre e l’Institut d’art
et d’archéologie, ex direttrice e curatrice dell’Union française des arts du costume dal 1987 al 1993, ha curato numerose mostre in Francia e all’estero. Professore associato presso l’Institut français de la mode, insegna cultura della moda storica e contemporanea. È autrice di opere di riferimento sulla moda e lo stile.
Jean-Claude Kaufmann è un sociologo francese.
 Si interessa alle problematiche legate alla vita quotidiana, e in particolare ai legami con il concetto di identità.
 I suoi contributi sono riconosciuti fondamentali
per il rinnovamento di tutta l’area di studi.
 Nel quadro delle ricerche da lui condotte per il CNRS (Centre National de la Recherche Scientifique),
 di cui fa parte dal 1977, lavora anche sulla socializzazione e la soggettività in collaborazione con il Centro di ricerca sui legami sociali dell’università Paris Descartes.
 Nel 2011 ha pubblicato Le sac. Un petit monde d’amour per le edizioni Jean-Claude Lattès.

PARTE II: FAMIGLIE
Ritratti di Colombe Pringle
Capitolo I: Speedy/Papillon
Capitolo II: Alma/Lockit

Capitolo III: Noé/Bucket

Capitolo IV: Sac Plat/Neverfull
Capitolo V: Pochettes/Minaudières
Capitolo VI: Mutazioni
Mutagenesi Saggio di Ian Luna
CdG x LV di Rei Kawakubo
Conversazione con Yayoi Kusama con Isao Takakura e Mariko Nishitani
Conversazione con Takashi Murakami con Mariko Nishitani
Una specie invasiva: Louis Vuitton
in Giappone Saggio di Mariko Nishitani
Colombe Pringle è una giornalista anglo-francese.
 Esordisce come redattrice di moda presso la rivista “Elle”,
 di cui sarà vicecaporedattrice dal 1982 al 1986. Per tre anni è l’inviata de “Le film français” al festival di Cannes. 
Nel 1987 è nominata caporedattrice di “Vogue Paris”,
 prima di diventare corrispondente dall’estero per “L’Express” nel 1996. In parallelo assume la direzione della rivista
di interior design “Maison française”, fino al 2003.
Dal 2004 dirige il settimanale “Point de vue”. È autrice
di Telle qu’Elle, 50 ans d’histoire des femmes à travers
le journal Elle per le edizioni Grasset (1995)
e di una biografia di Roger Vivier nella collana
“Mémoire de la mode” per le edizioni Assouline (1999).
Ha recentemente collaborato per Rizzoli a una monografia dedicata a Roger Vivier (2013).
Ian Luna è un critico che vive a New York. Autore di diversi libri di architettura, design e moda, è editor e coautore
di Pharrel Williams: Places & Spaces I’ve Seen (2012). 
Tra le sue collaborazioni precedenti: Louis Vuitton: Architecture and Interiors (2011) e Louis Vuitton: arte, moda e architettura (2009); A Bathing Ape (2008) con Nigo®; Tokyolife: Art and Design (2008) con Toshiko Mori; On the Edge: Ten Architects from China (2007) con Yung Ho Chang; Retail: Architecture and Shopping (2005); Immaginare Ground Zero: progetti e proposte per l’area
del World Trade Center (Rizzoli, 2005) con Suzanne Stephens e New York: Architecture of a City (2003). Ha insegnato urbanistica e storia dell’architettura alla facoltà di Architettura e urbanistica del MIT e alla facoltà
di Architettura di Yale ed è critico e corrispondente
per alcune testate in Cina e in Giappone, tra cui l’edizione digitale e cartacea di “Studio Voice”, “High Fashion” e “Tokion” Giappone.
Mariko Nishitani è una giornalista e redattrice di moda
che vive tra Tokyo e Kyoto. Dal 1974 al 2012 ha lavorato come redattrice presso il Bunka Publishing Bureau (BPB), un prestigioso gruppo editoriale giapponese di moda. Corrispondente da Parigi per conto del BPB all’inizio della sua carriera, è stata vicecaporedattrice di “Soen” (1994-1999), “High Fashion” (2001-2011) e caporedattrice di “High Fashion Online” fino al 2012.
Ha curato diverse mostre dedicate alla moda contemporanea, tra cui “Feel and Think: A New Era of Tokyo Fashion” presso la Tokyo Opera City Art Gallery, nel 2011.
Tra le sue pubblicazioni: Sotai-sei Comme des garçons
(“Il relativismo di Comme des garçons”, 2012) e Fashion wa Katarihajimeta (“La moda incomincia a parlare”, 2011), antologia critica di importanti marchi giapponesi
come A Bathing Ape e Undercover. È docente presso l’università Kyoko Seika, dove insegna storia della moda
e cultura popolare.

PARTE III: CODICI
Errare perfectum est Saggio di Deyan Sudjic
Laboratori, materiali e processidi produzione

Espressioni idiomatiche e proverbi
Deyan Sudjic è il direttore del Design Museum di Londra. Rettore della facoltà di Arte, architettura e design della University of Kingston di Londra, è stato critico d’architettura per il settimanale britannico “The Observer” dal 2001 al 2005, caporedattore della rivista “Domus” dal 2000 al 2004, caporedattore e fondatore della rivista “Blueprint”. Nel 2002 ha diretto e curato la biennale di Venezia.
È autore di numerose monografie sul design, tra cui Rei Kawakubo & Comme des garçons (Rizzoli, 1990).

ILLUSTRAZIONI E FOTOGRAFIE PRINCIPALI
Patrick Gries è un fotografo lussemburghese. Negli anni Ottanta collabora con varie riviste d’arte e design a New York, e pubblica il suo primo progetto documentario sulla Romania postcomunista nel 1990. Oggi collabora con marchi di lusso, artisti e istituzioni di arte e design, tra cui la Fondation Cartier e il Musée du quai Branly a Parigi.
Le sue fotografie ritraggono contesti e realtà sociali
in mutamento e sono oggetto di mostre internazionali
e di numerose raccolte. Ha da poco pubblicato Évolution,
in collaborazione con Jean-Baptiste de Panafieu per
le edizioni Xavier Barral.
Martin Mörck è un artista e incisore norvegese che vive tra la Svezia e Copenaghen. Dopo aver concluso gli studi d’arte, si è dedicato alla tecnica dell’incisione sotto
la direzione di Arne Wallhorn delle Poste svedesi. Il suo primo francobollo viene emesso in Svezia nel 1977. Da allora lavora principalmente per le amministrazioni postali dei paesi nordici e di numerose nazioni, tra cui Francia e Cina. Collabora regolarmente come illustratore alla rivista britannica “Monocle” e alla danese “Euroman”. Ha fondato la Beijing School of Engraving in collaborazione con le Poste cinesi. Le sue incisioni e i suoi acquerelli sono stati pubblicati in prestigiose riviste e in volume.
Martine Rupert è un’illustratrice francese. Vive tra Parigi e Berlino e ha collaborato con le edizioni teNeues per
la collana “City Journal”, Exacompta Clairefontaine
e con l’Institut du monde arabe. I suoi disegni sono stati esposti al Consiglio d’Europa, alla sede del canale televisivo franco-tedesco Arte e in gallerie d’arte di Ginevra e di Londra.
Nick Veasey è un fotografo britannico. Incomincia a lavorare per la pubblicità e la televisione prima di dedicarsi alle radiografie di oggetti. Ha realizzato numerose campagne pubblicitarie per marchi internazionali e le sue opere sono state esposte al Victoria and Albert Museum di Londra e all’Illinois Institute of Technology di Chicago, oltre a far parte della British Collection of Photography. Il suo lavoro
è stato riconosciuto, premiato e pubblicato in tutto il mondo.

LOUIS VUITTON EDITORE
I libri e la scrittura hanno sempre ricoperto un ruolo molto speciale nella storia di Louis Vuitton.
Gaston-Louis Vuitton (1883-1970), nipote del fondatore,
fu grande amante di libri e letteratura. Bibliofilo dichiarato, fonda ben tre società di bibliofili intessendo una stretta trama di corrispondenze con editori, illustratori e scrittori del suo tempo.
Nel 1914, quando viene inaugurato il nuovo negozio di Louis Vuitton sugli Champs-Elysées, offre ai propri clienti un confortevole salone di lettura e di corrispondenza.
Questa tradizione si perpetua oggi nelle Maison Louis Vuitton di Parigi, Taipei, Hong Kong, Londra, Singapore, Roma
e Venezia con le librerie Louis Vuitton che propongono una selezione di libri di arte, moda, design, viaggio e cinema. Bibliofilo insaziabile Gaston-Louis Vuitton era altrettanto appassionato di scrittura. La sua passione per la tipografia lo condusse ad allacciare legami privilegiati con un ampio numero di scrittori viaggiatori.
Dei legami unici, oggi testimoniati da pezzi storici gelosamente conservati negli archivi della Maison,
come la Malle Bibliotéque di Ernest Hemingway nella quale furono ritrovati dei carnet manoscritti dal grande scrittore, o ancora la Malle-Bureau di Pierre Savorgnan de Brazza nei cui cassetti segreti fu ritrovato un rapporto confidenziale dell’esploratore del Congo.
Louis Vuitton fu inoltre un pioniere nell’industria del lusso nel creare la propria casa editrice. Forti di un catalogo
di sessanta titoli le Editions Louis Vuitton si concentrano attorno a tre collezioni chiaramente devote al viaggio – guide, carnet e recensioni letterarie – e collaborano in parallelo ad una serie di volumi sulla storia della Maison.
Erede di questa tradizione eccezionale e avendo a cuore un’arte secolare, Louis Vuitton ci invita oggi a un nuovo viaggio nell’universo della scrittura.

SPECIFICHE TECNICHE
400 PAGINE. 24 x 31 cm
500 immagini a colori: disegni specifici e immagini da servizi fotografici, campagne pubblicitarie, documenti d’archivio.
Stampato in Italia.
Da settembre 2013 disponibile il video di presentazione del libro su louisvuitton.com.
Allo stesso momento, Les Editions de La Martinière proporrà una divertente applicazione per iPhone e iPad scaricabile gratuitamente su App Store.

EDIZIONE LIMITATA
Ottobre 2013
Edizione deluxe per le boutique Louis Vuitton: il libro viene presentato in un cofanetto rilegato in tela buckram, arricchi- to da 11 tavole illustrate.
125€
EDIZIONE LIBRERIA
L’opera è pubblicata in francese per le Éditions de la Martinière, in inglese per Rizzoli NY
e in italiano per Rizzoli Italia.
90€


LEISURE_Bags for Africa 2013 è vintage!

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Come è ormai tradizione, anche quest’anno torna Bags for Africa. L’asta di beneficenza, organizzata da COOPI – Cooperazione Internazionale, si terrà il 26 novembre nel Salone d’Onore della Triennale di Milano, a partire dalle 18:30. L’evento è realizzato con il patrocinio del Comune di Milano ed EXPO2015, in collaborazione con Camera Nazionale della Moda Italiana, Christie’s Italia, Morino Studio e Vanity Fair.
All’asta hanno aderito 45 aziende che hanno donato una borsa in stile vintage. Questa quarta edizione ha un tema speciale per ricordare un periodo memorabile non solo per la moda, ma anche per COOPI fondata nel 1965.
Oltre ai big della moda, verrà battuta all’asta anche una mini-collezione di borse realizzate da Martina Maggiorelli con le artigiane del progetto COOPI in Marocco. Martina aveva vinto il concorso “Giovani stilisti per una moda solidale”organizzato nella passata edizione in collaborazione con lo IED moda Milano.
Le borse verranno battute da Renato Pennisi della casa d’asta Christie’s. Madrina della serata la conduttrice televisiva Camila Raznovich.
Per la prima volta quest’anno, sarà possibile contribuire alla raccolta fondi di Bags for Africa anche facendo una donazione per 10 paia di occhiali di YOBE Eyewear, ognuno dedicato a una donna africana e alla sua storia. L’occhiale diventa un invito simbolico a guardare oltre i confini, a leggere dentro ognuno di noi.
I fondi raccolti saranno destinati ai progetti di COOPI contro la malnutrizione in Niger e Ciad. Donne e bambini i principali destinatari degli interventi: la sfida è quella di combattere la malnutrizione da più fronti, attraverso il rafforzamento delle capacità locali di diagnosticare, prendere in carico e curare la malnutrizione acuta; la diffusione delle buone pratiche nell’alimentazione della famiglia e dei neonati; la promozione del ruolo della donna; la gestione immediata dei casi di malnutrizione.
Le aziende che hanno aderito a Bags for Africa IV edizione: Agatha Ruiz de la Prada, Alberta Ferretti, Alviero Martini 1^ Classe, Antonio Marras, Braccialini, L’Autre Chose, Benedetta Bruzziches, Brunello Cucinelli, Carta e Costura, Cinzia Rocca, Cividini, COSTUME NATIONAL, CO I TE, Daniela Bentivoglio, Daniela Gerini, Eduardo Wongvalle, Ermanno Scervino, Fratelli Rossetti, Gabs, Giancarlo Petriglia, Giuseppe Zanotti Design, Hogan, John Richmond,  Lorenzo Riva, Marta Ferri, Martino Midali, Mywalit, Moschino, Piquadro, Renato Balestra, Roberto Cavalli, Rodo, Roger Vivier, Salvatore Ferragamo, Santoni, StefanomanO, Stella Jean, THALÉ BLANC, Tiziana Fausti, Tod’s, Trussardi, Valentino Orlandi, V°73, Vivienne Westwood, Zagliani.
Sponsor: IDMC, Ferrari, Spazio Libia3 Porcelanosa, YOBE Eyewear, Visconti Banqueting.

Bags for Africa – IV edizione
26 novembre 2013 – ore 18.30
Salone d’Onore - Triennale di Milano, via Alemagna 6, Milano 

LEISURE_Il Natale dei 100 alberi d'autore

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Come tradizione vuole, con il periodo natalizio arriva anche il consueto appuntamento “Il Natale dei 100 alberi d’autore”, quest’anno alla sua ventesima edizione. Un evento ideato e organizzato dall’Associazione Sergio Valente e destinato a unire moda, design e spettacolo per sostenere un progetto di solidarietà, complice la creazione di alberi originali, unici e fuori dagli schemi, a firma dei più grandi nomi del lifestyle italiano.
Ogni anno Sergio Valente chiama a sé stilisti, designer, artisti, architetti e imprenditori, chiedendo loro di dare libera interpretazione dell’albero di Natale: creazioni che vengono poi messe in vendita, destinando il ricavato ad associazioni benefiche e Onlus.
Quest’anno i proventi andranno all’associazione benefica “Lo vuole il cuore” Onlus, nata su ispirazione del Cardinale Francesco Coccopalmerio per garantire assistenza a famiglie e minori in difficoltà con un occhio, affinché aiuti i bambini profughi e orfani sbarcati a Lampedusa.
Boule di cristallo, led multicolor, cuscini etno-chic, angora ed eco-pelliccia, cachemire e seta sono solo alcuni dei materiali privilegiati per le opere che verranno presentate la sera del 29 novembre alle 18.30 durante il Charity Gala che si svolgerà presso il complesso Monumentale di Santo Spirito in Sassia a Roma e dove resteranno esposte anche nei giorni seguenti.
Ad oggi hanno aderito all’iniziativa: A.Testoni, Aant - Accademia Delle Arti E Nuove Tecnologie, Accademia Di Costume E Moda, Accademia Koefia, Agatha Ruiz De La Prada, Albino, Alv Andare Lontano Viaggiando, Angelo Marani, Anna Fendi Venturini, Antica Murrina Venezia, Antonio Grimaldi, Arnaldo Caprai Gruppo Tessile, Atelier Persechino, Blumarine, Borbonese, Brunello Cucinelli, Carlo Pignatelli, Caterina Balivo, Caterina Gatta, Chiara Boni, Ciani Emporio San Firenze, Co|Te, Cristina Ferrari Per Fisico, D'avossa Gioielli, Elementi Di Stile Di Flaminia Paglia Marzano, Emilio Pucci, Enrico Coveri, Enrico Miglio, Erika Calesini, Ermanno Scervino, Etro, Fabio Campoli Per Gian Marco Tognazzi, Fabio Grassi, Fausto Sarli, Ferdinando Codognotto, Flavia Padovan, Francesca Capaccioli Per Caterina Murino, Franco Ciambella, Fratelli Rossetti, Gabriele Fiorucci, Gallo, Gattinoni, Genny, Gian Paolo Giannotti, Gianmarco Chieregato, Gioielli Nana' By Talo', Gucci, Guerraz, Hydrogen, Intercoiffure Italia, Lello Esposito, Love Therapy By Elio Fiorucci, Luigi Scialanga, Marella Ferrera, Martino Midali, Missoni, Nanan, Nino Lettieri, Patrice Makabu, Raffaella Curiel, Raffaella Frasca, Re_Nate, Renato Balestra, Roberto Cavalli, Rossorame, Rougenoir, Roy Roger's, Salvatore Ferragamo, Seduzioni Diamonds Di Valeria Marini, Sergio Ciucci, Sofia Loren, Stella Jean, Stephanie Chinaglia - Fondazione Giorgio Chinaglia, Tosca D'aquino, Trudi-Sevi, V°73, Valentino, Via Delle Perle

BOOK_Beppe Modenese: la sua vita in un libro

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Beppe Modeneseè stato il primo pr della moda italiana; ha inventato il made in Italy e la fashion week milanese; è il Presidente Onorario della Camera Nazionale della Moda Italiana: un uomo che ha posto le basi dell’italianità in termini di stile e gusto, portandola a livello internazionale quale punto di riferimento. Plausi riconosciuti a livello planetario già nel 1983 quando la testata Women Wear Daily lo definì“Italy’s Prime Minister of Fashion”, titolo che un anno prima gli aveva attribuito anche Adriana Mulassano. Questo e molto altro ancora, rivive oggi nella magiche pagine del libro b.m. Beppe Modenese, Minister of Elegance, edito Skira, che ripercorrono per immagini e aneddoti la meravigliosa vita, svelando molto della sua personalità. Eminenza della moda, Beppe Modenese si è sempre contraddistinto per la discrezione con la quale si è mosso e ha frequentato gli ambienti più prestigiosi della società: amico prima ancora che collaboratore di imprenditori e stilisti, fa parte di quella generazione che non ha bisogno di ostentate fatti e vissuto. Una vita, la sua, ricca di incontri speciali, colti con grande capacità e divenuti capisaldi nella storia della moda italiana. Correva l’anno 1952 quando conobbe Olga di Gresy e Giovanni Battista Giorgini, grazie ai quali comincia a lavorare nel negozio Il Ridotto di via Montenapoleone in cui convivevano antiquariato, artigianato, arte contemporanea e moda; nel 1954 incontra Piero Pinto, che gli sarà sempre al fianco, anche nei viaggi in giro per il mondo e nei quali sarà sempre ambasciatore della moda italiana; la stilista e regina delle pellicce, Jole Veneziani, è la prima ad affidargli le pubbliche relazioni, un mondo fino ad allora sconosciuto in Italia e di fondamentale importanza per Modenese per costruirsi i legami che ancora oggi può vantare. Segue un breve sipario televisivo con la trasmissione Vetrine, nella quale si occupa di antiquariato e moda. Beppe Modenese con il suo stile inconfondibile si reca a Parigi durante le sfilate dell’alta moda, conoscendo stilisti e direttori di prestigiose Maison; nel frattempo, sbarca negli Stati Uniti, ampliando ulteriormente la sua forma mentis. Il suo nome è sempre più importante, validato da abilità e competenze ancora oggi rare: diventa consulente per grandi aziende, consigliere fidato di numerosi stilisti…in poche parole, sinonimo di garanzia per chiunque abbia interessi nel mondo della moda.
Sulla scia di queste esperienze, Modenese sviluppa in Italia il concetto di manifestazione fieristica: è il 1968, infatti, quando organizza ModaParma, gettando le basi per la costruzione del sistema moda Italia e della centralità di Milano così come li intendiamo ancora oggi. Siamo agli albori degli anni ’70, epoca di trionfi economici senza eguali nonché del fenomeno del prêt-à-porter. Il capoluogo lombardo è in grande fermento: sta diventando il centro nevralgico della creatività, crocevia di tendenze e stili, dove si concentrano estri come quelli di Missoni, Krizia, Walter Albini, Cadette, Moschino, Armani e Versace. Tuttavia, manca una visione organica e d’insieme: et voilà che Modenese, il 3 ottobre 1979, tiene a battesimo il Centro Sfilate, progenitore di Milano Collezioni. Da lì in poi è stata un’ascesa continua. Di Modenese e della moda italiana, a validazione di quanto la sua figura sia stata emblematica per lo sviluppo del made in Italy. Dal 1987 al 2003 con lo Studio G.M. si occupa dell’ufficio stampa, le pubbliche relazioni e l’organizzazione di eventi della Camera Nazionale della Moda Italiana, con particolare riguardo per le manifestazioni Milano Moda Uomo, Milano Moda Donna e Roma Collezioni Alta Moda.
Il volume ripercorre questo magico mondo grazie a sei sezioni dedicatenonché ai preziosi contributi di alcuni tra le più importanti personalità dell’universo moda: da Franca Sozzani a Suzy Menkes, da John Fairchild a Cesare Cunaccia. A corollario, una ricchissima galleria fotografica in cui si vede scorrere sotto i nostri occhi incantati oltre mezzo secolo di storia: storia del costume, ma anche di un Paese.
La testimonianza romanzata di una delle vite più emblematiche del fashion internazionale, ma soprattutto un’eredità per noi tutti, in particolare per i giovani, i quali possono ritrovare nuovi stimoli per guardare oltre e non arrendersi, confidando nel proprio talento. Perché, come afferma lo stesso Modenese,“La moda non può mai fossilizzarsi, non può vivere sugli allori, non può accontentarsi di nostalgie”.

LEISURE_Bags for Africa: l'evento

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Grande successo per la IV edizione di Bags for Africa, l'asta benefica di borse organizzata da COOPI. La serata, svoltasi martedì 26 novembre presso la Triennale di Milano, ha visto la partecipazione di circa 300 persone. Un evento unico, trionfo del connubio tra moda e solidarietà e che quest’anno ha sposato le cause di mamme e bambini del Niger e Ciad colpiti da malnutrizione.
Grazie alle 49 borse battute all’asta con grande professionalità e simpatia da Renato Pennisi  di Christie’s, sono stati raccolti 20.000 euro.
Ad accompagnarlo nella serata una madrina d’eccezione: la nota conduttrice televisiva Camila Raznovich che durante la serata ha lanciato numerosi appelli per ricordare la destinazione benefica dei fondi raccolti.
Con questi fondi COOPI, nei due Paesi africani, potrà garantire cibo di emergenza ai bambini malnutriti; gestire centri nutrizionali e riabilitare le strutture sanitarie locali; sensibilizzare le mamme sulle buone pratiche alimentari e accompagnarle nella gravidanza; aiutare le donne a costruire una relazione con i loro bambini fin dai primi giorni di vita.
Le borse che hanno riscosso più successo sono state quelle di Daniela Bentivoglio, Zagliani e Roger Vivier.
Oltre ai rappresentanti delle case di moda, hanno partecipato alla serata anche il Cavalier Boselli, Presidente di Camera Nazionale della Moda Italiana, Paola Saltari di Vanity Fair, Laura Morino Teso di Morino Studio.
Tra i presenti anche molti personaggi noti di Milano e del mondo della moda, tra cui Marinella Di Capua, Tania Missoni, Cristiana Versace, Gaia Trussardi, Alessandra De Marco, Federica Torti, Guido Bagatta.
L’evento è stato realizzato grazie a: YOBE Eyewear, Spazio Libia3 Porcelanosa, IDMC, VISCONTI BANQUETING, Ferrari.
Con il patrocinio di CNMI, Comune di Milano, Expo2015.


LEISURE_Premio "Inno alla Vita"

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Questa sera, presso la “Sala delle Colonne” del Museo della Scienza e della Tecnologia, in Via San Vittore 21 a Milano, avrà luogo la prima edizione del Premio Internazionale Madre Teresa di Calcutta “Inno alla Vita”promosso e organizzato dall’Associazione scientifico umanitaria “Ali Spahia”, nella persona di Nausika Spahia, Presidente dell’Associazione e già Console Generale della Repubblica d’Albania a Milano.
L’Associazione con sede presso l’Università degli Studi di Pavia, Facoltà di Scienze Politiche, opera da dieci anni nel campo scientifico umanitario con l’obiettivo di organizzare ed offrire ospitalità e assistenza a persone (prevalentemente minori) gravemente malate provenienti da paesi con basso tasso di sviluppo economico presso strutture ospedaliere italiane; contribuire alla promozione dello sviluppo dei servizi sanitari di questi paesi; promuovere convegni e borse di studio a studenti e giovani laureati in medicina e altri campi scientifici provenienti da questi paesi. La fervente attività svolta in collaborazione con strutture di eccellenza in Italia, ha permesso la cura di decine di persone ogni anno, salvando vite di bambini, giovani e adulti, aiutando la formazione di medici e infermieri, promuovendo gli scambi scientifici e culturali tra i paesi. L’iniziativa dell’Associazione è nata per proseguire idealmente l’attività svolta dal Dott. Ali Spahia, medico chirurgo oltre che statista, una delle figure intellettuali dissidenti più significative e incisive dell’Albania comunista e post comunista. Esempio straordinario di impegno personale continuo nella promozione della vita, della cura, della scienza e della cultura insieme alla carità e l’impegno sociale. Tra i fondatori dell’Associazione “Ali Spahia”: Hans-Peter Furrer, Presidente Onorario, già Direttore Politico Generale del Consiglio d’Europa a Strasburgo ed attualmente Membro del Consiglio Direttivo e Presidente della sezione svizzera di “Quart Monde”, la più importante associazione no profit a favore dei paesi sottosviluppati.
Il Premio “Inno alla Vita” - disegnato e realizzato dal famoso artista contemporaneo di origini albanesi, Helidon Xhixha - nasce dall'idea di premiare donne, uomini e associazioni che si impegnano con risultati eccellenti nella ricerca scientifica o che, tramite il loro contributo, migliorano sensibilmente la vita di categorie sociali disagiate.
La manifestazione è stata istituita in onore ed in nome di Madre Teresa di Calcutta, la piccola suora di origini albanesi che con il suo impegno sociale, la sua infinita carità e lo spiccato altruismo, si è distinta come una delle più grandi figure del ventesimo secolo. La finalità primaria è quella di lanciare un forte messaggio di sensibilizzazione e di sicuro risvolto sociale.
Come detto poc’anzi, “Inno alla Vita” è il Premio all'impegno sociale di importanti Fondazioni e Personalità nel campo della scienza, della cultura e dell’imprenditoria. Un riconoscimento di elevato rilievo e prestigio internazionale, che ha registrato il Patrocinio di importanti Istituzioni tra cui Regione Lombardia, Provincia di Milano, Camera Nazionale della Moda Italiana.
I vincitori sono stati selezionati da una giuria composta da Renato Ugo(Presidente Onorario del Premio “Inno alla Vita”) – L’eccellenza italiana nella chimica industriale, intensa attività scientifica insieme a grandi responsabilità istituzionali e manageriali; Nausika Spahia(Presidente del Premio “Inno alla Vita”) – Presidente dell’Associazione scientifico umanitaria “Ali Spahia” e già Console Generale della Repubblica d’Albania a Milano; Maria Pia Belloni Mignatti- Rappresentante del World Organization for Early Childhood Education, presso Ngo Committee on Migration, organo consultivo dell'UN, già prof.ssa Diritto UE Università di Pavia; Gianni Bona- Direttore della Clinica Pediatrica di Novara e Professore Ordinario di Pediatria all’Università del Piemonte Orientale; Mario Boselli- Presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana; Claudia Buccellati- Imprenditrice di fama internazionale e Viceconsole Onorario del Panama; Sergio Dompè- Presidente Dompè Farmaceutici; Hans-Peter Furrer- Direttore degli Affari politici del Consiglio d'Europa e Presidente onorario dell’Associazione scientifico umanitaria “Ali Spahia”; Silvio Garattini- Ricercatore scientifico in farmacologia, medico e docente in chemioterapia e farmacologia, Direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche "Mario Negri"; Alberto Meomartini- Presidente Museimpresa e Saipem; Daria Pesce- Avvocato di fama internazionale e Console onorario della Repubblica del Portogallo; Adriano Teso- Presidente Gruppo IWM e politico.
A ricevere il Premio, Giuliana Bossi Rocca, Presidente Fondazione Humanitas, promuove da oltre 15 anni la qualità di vita del malato e della sua famiglia durante e dopo l’esperienza nell’ospedale, offre accoglienza, sostegno psicologico, assistenza sociale e accompagnamento in situazioni di disagio a seguito di una malattia; Fondazione Luciano Pavarottinasce in memoria del Maestro Pavarotti con l’obiettivo di aiutare i suoi allievi, e più in generale i giovani che si affacciano al canto lirico, a trovare opportunità per farsi ascoltare e conoscere; Fondazione Francesca Rava, rappresenta in Italia N.P.H. organizzazione umanitaria internazionale che da oltre 55 anni accoglie nelle sue case ed ospedali i bambini più poveri dell’America Latina; Istituto Giannina Gaslini,Istituto Pediatrico di Ricovero e Cura a carattere scientifico che da 75 anni si spende con grande dedizione, passione, ingegno per la cura dei bambini, uno dei più grandi centri d’eccellenza in Italia, sede dell’Università di Genova; Matteo Marzotto, Imprenditore e Vice Presidente della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica, che sostiene la formazione di giovani ricercatori ed operatori sanitari sui problemi della fibrosi cistica; Mario Melazzini, Oncologo e Presidente dell’Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, Direttore Scientifico del Centro Clinico Nemo per la ricerca e la cura delle malattie neuromuscolari e Assessore alle Attività produttive, Ricerca e Innovazione della Regione Lombardia; Francesco Montorsi, Direttore dell’Unità Operativa di Urologia e dell’Urological Research Institute dell’Ospedale San Raffaele di Milano, inoltre Professore Ordinario di Urologia e Direttore della Scuola di Specializzazione in Urologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano; Silvia Priori,Professoressa, ricercatrice di fama internazionale, terza donna italiana nella graduatoria “Top Italian Scientist” per il lavoro svolto a livello clinico e scientifico di supporto alle famiglie con bambini cardiopatici e in particolare con malattie genetiche del cuore, Direttore Scientifico Centrale di Fondazione Maugeri, Direttore della Cardiologia riabilitativa e della Cardiologia molecolare, dal 2008 Professor of Medicine e Director del Cardiovascular genetic program presso la New York University.
Premio Speciale ai cittadini di Lampedusa, alle Istituzioni dell’isola e a tutti gli addetti ai lavori e operatori umanitari che con grande abnegazione, professionalità e generosità stanno affrontando i drammi dell’immigrazione. Un premio speciale per una comunità costantemente impegnata in una gara di solidarietà e umanità. Ritira il Premio il Sindaco Giusi Nicolini.
Premio Speciale per l’Arte: a Riccardo Cocciante- Special Guest della serata con alcuni tra i suoi brani più famosi - per aver cantato, in 40 anni di carriera, la Vita in tutte le sue sfumature, rendendo omaggio alle emozioni più vere e profonde, contribuendo ad avvicinare i popoli e le culture con le sue opere popolari premiate da un successo internazionale senza precedenti. 

PEOPLE_Vivienne Westwood: la regina punk della moda

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Hai una vita molto più interessante se indossi abiti unici”. Questa la convinzione della stilista inglese più nota e iconoclasta del mondo, punto di riferimento del costume internazionale, testimone privilegiata – nonché protagonista indiscussa – di quella sana contaminazione tra arte e moda molte volte evocata e snodo imprescindibile della scena culturale degli anni ’70.  Questo e molto altro ancora fanno capo a lei: Vivienne Westwood. Un nome che racchiude un tesoro di rimandi e visioni in bilico tra la visionaria immaginazione e la rappresentazione scenica del fermento artistico della seconda metà del secolo scorso, cartina di tornasole delle dinamiche sociali dell’epoca. Il suo nome, infatti, è indissolubilmente legato agli esordi della moda punk negli anni ’70, ma soprattutto alla sua inclinazione ad andare contro le convinzioni e il sistema, senza però con questo mancare di rispetto al passato per il quale ha sempre dimostrato una veneranda devozione, ispirandosi in continuazione per le sue creazioni.
La carriera di Madame Westwood spazia dallo street wear all’haute couture, fino all’abbigliamento ready-to-wear; dagli outfit che lei stessa disegnava per i Sex Pistols negli anni ’70 (quando iniziò l’attività di stilista insieme al compagno di allora Malcom McLaren, storico leader del gruppo) ai corsetti e agli abiti da sera degli anni ’80 e ’90, fino alle nuove tecniche di modellismo e all’interesse sociopolitico degli ultimi anni.
Un lavoro creativo che ha sempre spaziato da un estremo all’altro dell’universo della moda, dalla cultura di strada londinese alle eleganti e sofisticate collezioni per le passerelle di Parigi, Londra e Milano. Un mondo che segue da vicino, essendo lei stessa proprietaria e designer di un negozio di abbigliamento e tendenze – il celebre Leti t Rock al 430 di King’s Road – più volte rinominato nel tempo (nel 1974 Sex, in seguito Seditionaries e infine World’s End) e noto per l’inconfondibile insegna con l’orologio che gira al contrario.
La prima sfilata targata Westwood si tiene all’Olympia Londra nel 1981 con la collezione Pirate: la stilista lancia il New Romantic movement ed è subito successo, tanto che l’anno successivo sfilerà a Parigi, seconda designer britannica dopo Mary Quant.
Nel 1984 il suo stile comincia a guardare alla tradizione e alle tecniche sartoriali di Savile Row. Complice la riscoperta dei tipici tessuti inglesi del ‘600 e del ‘700, la creativa costruisce un codice vestimentario che nel 1989 Mr John Fairchild, presidente della Fairchild publications ed editor di Women’s Wear Daily, definirà “chic sauvage”.
Nel 1990 è la volta di una linea completa d’abbigliamento dedicata all’uomo, genere al quale aveva comunque lavorato sin dagli inizi, mentre nel 1998 lancia Anglomania, dedicata ai giovani e all’abbigliamento casual. Nelle sue creazioni, che si tratti di abiti o accessori, sono riscontrabili i dettagli del costume storico, come corsetti e crinoline rivisitati in chiave moderna e innovativa, oppure l’utilizzo di tessuti classicamente british, quali il tartan e il tweed, un astuto escamotage per realizzare capi ironicamente ispirati all’aristocrazia e alla monarchia inglesi.
Anche le calzature riflettono una sistematica esplorazione della struttura del costume storico, con collezioni che si ispirano al decoro del tardo settecento (Red Boot with Mirror Buckles, 1989), del rococò, dell’era vittoriana e dei dipinti fiamminghi. Dal 1971 a oggi tra i cult spiccano le calzature caratterizzate da intrecci unici di cuoio e tessuti pregiati, da palette di colori spettacolari, da altezze vertiginose, visto che, come proclama la stessa Westwood, “le scarpe devono avere tacchi altissimi e platform per mettere la bellezza delle donne su di un piedistallo”. Si va così dai primi modelli ispirati all’estetica del fetish e del bondage come le Goat Chain Boot della collezione Sex (1973/74), allo stivaletto indossato dalla stessa stilista e assunto a icona, ai Rope Sandal (1983) appartenenti al periodo Punk e portatori di colori innovativi come il viola e il bianco per le suole di gomma. Tra gli altri modelli passati alla storia, le famosissime zeppe mock-croc della serie Super Elevated, alte fino a ventun centimetri, ree d’aver causato al caduta in passerella di Naomi Campbell.
Numerosi i riconoscimenti ricevuti negli anni: l’onorificenza British Designer of the Year nel 1990 e nel 1991; il Queen’s Award for Export nel 1998; l’Export Designer of the Year e l’UK Fashion Export Award for Design nel 2003. Nel 2004, invece, il Victoria&Albert Museum di Londra le ha dedicato una retrospettiva, il più grande omaggio che il museo abbia mai dedicato a un designer, esponendo outfit selezionati direttamente dalla collezione privata del V&A e dall’archivio della stilista. Nel 2006 è la prima stilista inglese a ricevere l’onorificenza di D.B.E. (Dama comandante dell’ordine dell’Impero Britannico) da sua maestà la regina Elisabetta II come riconoscimento per l’eccezionale contributo alla moda d’oltremanica. 

LEISURE_Premio Inno alla Vita: l'evento

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Si è svolta lunedì 2 dicembre, presso la Sala delle Colonne del Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, la prima edizione del Premio Internazionale Madre Teresa di Calcutta “Inno alla Vita” promosso e organizzato dall’Associazione scientifico umanitaria “Ali Spahia”, nella persona di Nausika Spahia, Presidente dell’Associazione e già Console Generale della Repubblica d’Albania a Milano.
Il Premio “Inno alla Vita” - disegnato e realizzato dal famoso artista contemporaneo di origini albanesi, Helidon Xhixha - nasce dall'idea di premiare donne, uomini e associazioni che si impegnano con risultati eccellenti nella ricerca scientifica o che tramite  il loro contributo migliorano sensibilmente la vita di categorie sociali disagiate. Un premio rivolto, quindi, all’impegno sociale di importanti Fondazioni e Personalità nel campo della scienza, della cultura e dell’imprenditoria. Un riconoscimento di elevato rilievo e prestigio internazionale, che ha registrato il Patrocinio di Consiglio dei Ministri,Regione Lombardia, Provincia di Milano, Camera Nazionale della Moda Italiana.
Come si evince dal nome, la manifestazione è stata istituita in onore di Madre Teresadi Calcutta, la piccola suora di origini albanesi che con il suo impegno sociale, la sua infinita carità e lo spiccato altruismo, si è distinta come una delle più grandi figure del ventesimo secolo. La finalità primaria è quella di lanciare un forte messaggio di sensibilizzazione e di sicuro risvolto sociale.
Nel corso dell’evento si è creata un’atmosfera densa di emozioni. Emozioni vive e concrete, trasmesse attraverso i racconti delle personalità premiate e i video a testimonianza delle loro realtà.
Il Premio Speciale, che ha aperto la serata, è stato conferito ai cittadini di Lampedusa, una comunità costantemente impegnata in una gara di solidarietà e umanità. A ritirarlo un testimone di eccezione, uno tra i volontari più significativi dell’ultima tragedia del 3 Ottobre u.s.: Simone D’Ippolito, che ha ricevuto il Premio dal Presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà. A seguire Adriano Teso ha consegnato il Premio a Giuliana Bossi Rocca, Presidente della Fondazione Humanitas, per l’impegno nel promuovere da oltre 15 anni la qualità di vita del malato e della sua famiglia durante e dopo l’esperienza nell’ospedale; Sergio Dompè alla Fondazione Luciano Pavarotti, nella persona della sua Presidente Nicoletta Mantovani, per l’aiuto ai giovani che si affacciano al canto lirico, nel trovare opportunità per farsi ascoltare e conoscere; Gianni Bona alla Fondazione Francesca Rava, nella persona della sua Presidente Mariavittoria Rava, che da oltre 55 anni accoglie nelle sue case ed ospedali i bambini più poveri dell’America Latina; Daria Pesce all’Istituto Giannina Gaslini,nella persona del suo Direttore Generale Paolo Petralia, che da 75 anni si spende con grande dedizione, passione, ingegno per la cura dei bambini; la Presidente del Premio “Inno alla Vita”, Nausika Spahia, a Matteo Marzotto, cofondatore della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica-Onlus; Silvio Garattini a Mario Melazzini, Oncologo e Presidente dell’Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica; il Presidente Onorario del Premio “Inno alla Vita” Renato Ugo a Francesco Montorsi,Direttore dell’Unità Operativa di Urologia e dell’Urological Research Institute dell’Ospedale San Raffaele di Milano; Claudia Buccellati a Silvia Priori,per il lavoro svolto a livello clinico e scientifico di supporto alle famiglie con bambini cardiopatici e in particolare con malattie genetiche del cuore.
A chiudere la serata, condotta da Cristina Parodi,la consegna da parte di Nausika Spahia del Premio Speciale per l’Arte a Riccardo Cocciante, che ha regalato agli ospiti un’emozione ancora più grande con alcuni tra i suoi brani più famosi (Poesia, Se Stiamo Insieme, Margherita). Un Premioper aver cantato, in 40 anni di carriera, la Vita in tutte le sue sfumature, rendendo omaggio alle emozioni più vere e profonde, contribuendo ad avvicinare i popoli e le culture con le sue opere popolari premiate da un successo internazionale senza precedenti.
Una serata da ricordare, validata nello spirito da un coinvolgimento emotivo degli ospiti presenti, tra cui Michele e Buci Norsa, Marta Marzotto, Umberto e Marinella Di Capua, Mauro Del Vecchio ed Anna Repellini, Enrico ed Alessandra De Marco, Piero Addis, Vera Castagna, Barbara Bianchi Bonomi, Cristiana Versace, Ezio e Silvia Simonelli, Patrizia Signorini, Vice Decano del Corpo Consolare di Milano, Tania Missoni, Elisabetta Vallarino Gancia con il marito Paolo Fontana.

BOOK_Jean Patou: A Fashionable Life

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Jean Patou: a fashionable life” è il titolo del libro scritto da Emanuelle Polle, edito Flammarion e dedicato allo stilista Jean Patou. Perché, in effetti, fashionable è stata la vita di Patou sotto qualsiasi punto di vista: dalla creazione della Maison alle amicizie, passando per il rapporto con Mademoiselle Chanel e il concetto di modernità proprio dello stilista parigino.
Jean Patou, nel 1929, fu il primo ad allungare nuovamente gli orli, portando la moda a una femminilità più completa, nonostante con Chanel fosse stato un fervido sostenitore del look à la garçonne. Si prodigò, inoltre, perché la silhouette restasse naturale, complice la sua conoscenza dei materiali e l’impeccabile contributo delle premières. Una competenza radicata, acquisita lavorando nella conceria di famiglia specializzata in pelle di zigrino. Il debutto di Jean Patou avviene nel 1914 ma subito è smorzato dal suo arruolamento nell’esercito. Tuttavia, la maison non chiude grazie anche e soprattutto alla volontà dello stesso Patou che riusciva sempre a ritagliarsi delle aprentesi di evasione creativa. Terminata la guerra, non reciderà mai i rapporti con l’esercito e con i compagni di battaglia, come Maurice Le Bolzer, che trascorrerà una vita nella Maison.
Dal punto di vista stilistico i suoi tratti caratterizzanti sono linearità e semplicità, con una conseguente ridefinizione verso l’essenziale del guardaroba femminile e l’evidenziazione delle mises da giorno, chic e funzionali, e quelle da sera, sontuose e sofisticate, perlopiù tempestate di pietre preziose. Anche se tuttavia, la caratteristica più importante risiede nell’inclinazione al marketing. Con un approccio avveniristico e lungimirante, infatti, quando deposita nel 1925 la firma Jean Patou, estende il marchio dalle creazioni e tessuti a tutti i prodotti che esulano dalla sua specifica attività, segnando un antesignano esempio di quella che oggigiorno viene definita brand extension.
Semplicità e linearità delle forme sì, ma accompagnate dal culto per il colore di cui Patou era maestro, al punto di personalizzare alcune nuance, come, per esempio, “Vert Nile Patou”, “Absinthe Patou”, “Rouge Capucine”.
Il suo spazio sportswear “Coin des sports”, a poco tempo dall’apertura diviene un corner tipicamente anglosassone, adorato dalla clientela americana. Il suo “Coin des riens”, invece, si pone quale precursore della sussidiaria Jean Patou Parfumeur. Profumi e bellezza, infatti, sono insieme alla moda una costante della sua carriera, tanto che “Joy” è la seconda fragranza più venduta di tutti i tempi dopo Chanel “N° 5”. Una miscela di rosa e gelsomino, realizzata dal profumiere Henri Alméras e racchiusa in un flacone di cristallo di Baccarat, “Joy” veniva dato in omaggio inizialmente alle storiche clienti americane ormai soggiogate al crollo del 1929. Una fragranza che si assomma alle tre precedenti: “Amour Amour” per le pallide, “Que Sais-Je?” per le donne con la pelle scura e “Adieu Sagesse” per le rosse. Tra le altre creazioni beauty meritano di essere citati “Lift”, il rossetto ricaricabile del 1929, e “Huile de Chaldée” del 1927, l’olio abbronzante dalle suggestive evocazioni.
Con Mademoiselle Chanel visse un rapporto conflittuale dovuto alla reciproca concorrenza. Si rivolgevano infatti alla medesima clientela e la loro moda si somigliava. Tuttavia, Patou è difforme per quanto attiene aspetti caratteriali. Stringe solide relazioni con le donne professionalmente parlando, mentre non si legherà mai nella vita privata, dedicandosi completamente alla Maison, agli amici e alle proprie passioni.
Alla sua morte l’attività viene ereditata dalla madre che ne ridà lustro, affidando il côté creativo a stilisti del calibro di Marc Bohan, Karl Lagerfeld, Jean Paul Gaultier, Christian Lacroix. Nel 1987, però, si dissolve e resiste solo la divisione profumi di cui a breve avremo una speciale testimonianza: è infatti previsto il lancio del nuovo “Joy Forever” insieme alle riedizioni di “Chaldée”, “Patou pour Homme” e “Eau de Patou”.

PEOPLE_Stuart Weitzman: scarpe per ogni occasione

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Nome dal suono tedesco, ma Stuart Weitzmanè nato a New York dove tuttora vive per la metà del suo tempo, trascorrendo il restante a Elda, nella zona di Alicante in Spagna, dove produce le sue seicento paia di scarpe all’anno, tanto da essere diventato “Don Stuart Weitzman”, massimo titolo d’onore spagnolo conferitogli per il contributo che con la sua attività dona all’industria calzaturiera iberica.
Figlio d’arte, Weitzman ha preso le redini dell’attività paterna insieme al fratello maggiore a soli ventiquattro anni, alla morte del padre Seymour, complice l’innata passione per la calzatura e la preparazione imprenditoriale ottenuta con gli studi in economica alla Wharton School of Business. Figura originale ed eclettica, Weitzman oltre a essere un talentuoso designer e un abile modellista, è anche un oculato imprenditore. Sin da subito, la scarpa di lusso si rivela il suo obiettivo, con una predilezione per il red carpet, ma senza discriminare, al contempo, le donne normali, celebrandole come dive, complice un paio delle sue meravigliose stiletto. Se infatti il suo nome è legato a grandi successi mediatici come il sandalo in platino e sessantaquattro carati di diamanti indossato da Laura Elena Harring (l’attrice di Mulholland Drive) agli Oscar del 2002 (battuto poi all’asta per beneficenza e immortalato in un francobollo del governo spagnolo nel 2009), la sua produzione copre in realtà tutte le tipologie di calzature, dalla ballerina ai cuissard, con un’attenzione particolare al comfort e alla vestibilità qualunque sia il modello e l’altezza.
Amante di virtuosismi come i tacchi scolpiti, realizzati spesso con materiali inusuali come il cromo, l’acciaio e il bambù, Weitzman si distingue per il mix innovativo delle materie utilizzate, dalle pelli di rettile colorate, come il pitone dipinto a mano, alla seta, al pizzo, alla rete di alluminio, alla carta da parati e al vinile (nel 1982 le sue décolletées Cenerentola, in plastica trasparente, vendettero oltre settantamila paia).
Tra i modelli must del passato si trovano anche le décolletées Sheer Delight con ricami e merletti nonché i modelli disegnati negli anni ’80, tra i quali la rivisitazione di una linea di scarpe da sera resa famosa da Delman e Levine negli anni ’50 con esemplari tempestati di cristalli Swarovski. Segue poi la notorietà guadagnata con le calzature rétro rispolverate negli anni ’90, con la reintroduzione di décolletées e stivali con tacchi “Luigi”, fino alla rivisitazione della pump anni ’60 a tacco basso e punta quadra del 1995.
Al brand, inoltre, va riconosciuto il plauso di aver creato un mercato per le scarpe da sposa, offrendo un’ampia gamma di modelli decorati con dettagli in pizzo , satin e strass. Oltre alle due collezioni stagionali e alla linea “bridal”, Weitzman dedica alla notte degli Oscar e alle celebrities estimatrici delle sue creazioni (tra le altre Angelina Jolie, Eva Mendez, Eva Longoria, Kate Winslet) modelli speciali e unici. Tra questi, la scarpa-gioiello del 2006 realizzata utilizzando preziosi orecchini con rubini, zaffiri e diamanti appartenuti a Rita Hayworth. Una volta l’anno, inoltre, Weitzman coinvolge le clienti più famose in una serata di beneficenza da lui organizzata, la Celebrity Breast Cancer Auction, in cui mette all’asta modelli in raso bianco decorati o semplicemente firmati di persona da ogni attrice.  
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