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Channel: La Vie C'est Chic
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STYLE_Valentino: Rosso Iconico

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Rosso Valentino: un colore che si spinge oltre i meri significati cromatici, evocando un ensemble di stile e valori che identificano la Maison in tutto il mondo. Ora la famosa cromia diviene anche la declinazione della special collection Shanghai, presentata lo scorso ottobre nell’omonima città nell’ambito di una sfilata-evento. Porpora, carminio, vermiglio, papavero: nuances che amplificano il Rosso Valentino, eliminando ogni latitudine e celebrando la storia del marchio.
Un connubio tanto ideale quanto sorprendente di haute couture e prêt-à-porter, tulle e pelle, vernice e visone, opulenza e urban style. Una contaminazione di generi, visioni e ispirazioni grazie alla quale rileggere in chiave inedita capi iconici della Maison, acquistabile dal mese di aprile in alcuni selezionati monomarca del mondo.
Emblematico manifesto creativo, la collezione Shanghai rappresenta la concreta mise en scènedel trittico Valentino-Cina-Rosso. Opulenta nei materiali così come nelle forme, reinterpreta in ottica contemporanea i must have, spaziando in ogni angolo del guardaroba femminile. Cappe di cashmere double, abiti in pizzo o in tulle ricamato con rose sartoriali, trench luccicanti, camicie abbinate a pants rock per un glamour unconventional, felpe red-camo, ça va sans dire…per un tripudio di pelliccia, chiffon, piume. Più di 80 capi in armoniosa simbiosi, composti tra loro al ritmo della sinfonia del rosso.
Un rosso per ogni esigenza, verrebbe da dire, ma soprattutto per ogni donna…anche per le più scettiche a cedere alle tentazioni del colore della passione.

A corollario, la Rouge Absolute Signature, capsule collection di accessori personalizzabili con le proprie iniziali o una selezione di simboli, in vendita anch’essa da aprile, che valida i concetti della linea Shanghai, rafforzando con energica creatività anche i più minuziosi dettagli di stile.

LEISURE_Ferré, il Fascino della Seta

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Lo stile e l’eleganza di Gianfranco Ferré, oltre a non avere tempo, hanno scritto la storia della moda italiana, gettando le basi per il moderno concetto di prêt-à-porter, ma più ancora, le regole del vestir bene. Un prestigio di forme, tagli, volumi e tessuti che ha accompagnato un ideale di donna femminile ma al tempo stesso dinamica, sensuale e conquistatrice del mondo, intrigante e intraprendente. Una donna amante del fare, che dagli anni ’70 in avanti si è ritagliata un ruolo sociale di spicco, connotandosi di caratteristiche e tratti unici che l’hanno resa protagonista a tutto tondo di un cambiamento culturale tanto inevitabile quanto inconfutabile.
Il mito Ferré rivive ora attraverso le stoffe. Fino al 29 giugno, infatti, a Villa Mazzucchelli (Ciliverghe, Brescia), è visitabile la mostra “Ferré, il fascino della seta”.Esposti oltre cento abiti provenienti da una collezione appartenuta in prima istanza a una tessitura comasca e ora di proprietà privata, caratterizzati per le preziose trame di seta che hanno affascinato uno dei più grandi creatori della moda italiana. 
Gianfranco Ferré ha saputo valorizzare con le sue creazioni e innovazioni tecniche le caratteristiche di questo filato, declinandolo nelle sue opere in forme diverse. La brillantezza e la lucentezza del materiale conferiscono eleganza alle fantasie geometriche e floreali dei suoi abiti sia da giorno che da cocktail. Lo stilista apprezza della seta la leggerezza e la trasparenza, che sceglie per le sue camicie, ma anche la forza e la versatilità, quando decide di lavorarla con fitte impunture nei tailleur strutturati degli anni ’80.
E proprio sulla base alla scelta dei materiali e della loro lavorazione nascono le quattro sezioni della mostra. Il percorso espositivo inizia con Geometrie, a dimostrazione del minimalismo geometrico che caratterizza gli esordi della carriera di Ferré: un’eredità della sua formazione da architetto. Col passare degli anni la sua produzione si arricchisce di nuovi spunti creativi, motori, in ogni caso, dell’interesse per le geometrie tout court. È così che anche le rigide maglie dei pied de poule, i pois e le righe si stemperano nella fantasia del creatore in composizioni dinamiche che assecondano e arricchiscono i tagli sartoriali delle creazioni. 
Si prosegue con Il giardino fiorito, nucleo di opere caratterizzate per l’impiego di tessuti con fantasie floreali. La lucentezza e la sinuosità della seta si prestano per dare vita a questi temi naturalistici: rose definite nei più minuziosi dettagli, fiori stilizzati e dipinti con piccole ma incisive pennellate sulla stoffa, preziosi boccioli filati con trame dorate e assimilati a forme geometriche compongono un bucolico giardino, dando spazio alla creatività nella sua accezione più autentica. Un tema, quello floreale, rappresentato dalle fantasie nonché dagli abiti tagliati e costruiti per essere veri fiori, dove la seta si presta a vestire di delicati e avvolgenti petali la donna che li indossa.
È quindi la volta di Ferré, maestro di taglio. Qui trovano spazio veri capolavori sartoriali, opere nelle quali la forza e l’incisività del modello nascono da tagli sapienti dei tessuti. Linee geometriche taglienti e vigorose, talvolta sottolineate da bordi e passamanerie, disegnano sul corpo femminile volumi e forme dalla personalità inconfondibile. Nascono così i grandi colli, i tailleur asimmetrici, i contrasti tra le lunghezze, destinati a diventare le cifre stilistiche del vocabolario di Gianfranco Ferré.

Quarta e ultima tappa, Sperimentazioni e contaminazioni
. Lo stilista fu certamente un grande sperimentatore. Ai materiali tradizionali accostò spesso materiali presi in prestito dal design, sempre con un occhio di riguardo all’innovazione e alla modernità. Sulla scia di questa ispirazione, nascono i completi impreziositi da inserti in raffia o paglia, ma anche gli accostamenti stranianti e originali tra materiali che per peso e struttura difficilmente trovano occasione di incontro. Così, per esempio, la seta si sposa alla pelliccia o alla pelle, dando vita a creazioni originali e inconfondibili.
Un viaggio nell’estro di Gianfranco Ferré e del lessico della sua eleganza. A fare da fil rouge, è proprio il caso di dirlo, i tessuti, che tanto dicono di un abito, ma ancor più di uno stile. Passato e presente, tradizione e innovazione, magnificenza e ricerca si sposano in un gioco degli opposti, dove un elemento attrae e respinge il suo estremo in un’armonica combinazione di gusto e tendenza. Nulla è gridato nello stile Ferré: tutto parla con voce propria e vive di una luce immensa…quella stessa luce che ha portato le note della sua eleganza ai giorni nostri, validandone la preziosità e innalzandola a verità dogmatica del senso del vestir bene.

Ferré. Il fascino della seta
Villa Mazzucchelli, Ciliverghe (Brescia)
Fino al 29 giugno 2014

ABOUT_Damiani: attraverso le epoche

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Una collezione che celebra una storia lunga 90 anni in chiave contemporanea, mixando l’heritage di un’epoca con la sensibilità di oggi: Anniversario, questo il nome dei dieci pezzi di alta gioielleria Damiani, ognuno dedicato a una decade e riprodotto in soli nove esemplari.
Il primo è la collana “Charleston” in oro bianco e diamanti: lo sfarzo degli anni ’20 espresso con la razionalità contemporanea. Si tratta di un gioiello versatile, visto che la parte finale si stacca, trasformandosi in clip e assumendo una conformazione meno impegnativa, mente la clip può essere indossata come spilla o headpiece. Vi è poi il bracciale “Cascade”,in oro bianco con pavé di brillanti bianchi e neri, chiara evocazione degli anni ’30. Ispirato ai grattacieli della grande mela, è reversibile e quindi portabile su entrambi i lati, vuoi in bianco, vuoi in nero. Un altro bracciale “Legend”, riporta ai giorni nostri gli anni ’40: in oro rosa e diamanti, è una manchette semirigida, caratterizzata da una maglia snodata.
Questi tre primi pezzi guardano alle creazioni di Enrico Damiani, fondatore dell’azienda, mentre i successivi alludono allo stile della generazione successiva, ossia di Damiano. Si comincia con il collier “Tassel”, in piena celebrazione anni ’50: una catena torchon d’oro rosa, che culmina in una nappina trattenuta da diamanti. Vi sono, poi, gli orecchini “Optical”a rendere omaggio alla decade anni ’60: cerchi di sottili lastre in oro bianco, pavé e smalto bianco e nero; mentre “Bloom”, reinterpretazione dei Seventies, consiste in una coroncina di fiori in pietre preziose da annodare al collo, al polso o sulla fronte. Spingendosi fino agli anni’80 si arriva al bracciale “Tribute”, con gemme tagliate ad hoc a comporre le lettere del nome, in perfetto mood logomania. Andando oltre si giunge agli anni ’90 con l’anello “Moonshine”: otto perle, diverse per tonalità e dimensioni, incastonate nel pavé.
Dulcis in fundo, due pezzi iconici dei giorni nostri: il bracciale “D.Side” per gli anni 2000, che rimanda alla linea disegnata in collaborazione con Brad Pitt, e il pendente “Damianissima”, per quest’ultimo decennio.

Una collezione che parla del passato e dell’heritage Damiani, rendendo omaggio ai pezzi che ne hanno fatto la storia grazie a una reinterpretazione contemporanea. Uno stile classico, riletto con un lessico moderno, per uno charme senza tempo, dove la tradizione rappresenta un tassello ineludibile per l’ispirazione di nuove linee e modelli.

LEISURE_La moda italiana dal 1945 al 2014 al V&A di Londra

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Italia come Paese capace di creare bellezza diffusa, catalizzatore di eleganza e senso dello stile. Italia come culla di eccellenze ideatrici e produttive di unicità riconosciute come tali a livello universale. Il Belpaese per antonomasia, detentore di storia, cultura, civiltà. Le arti - e il concetto di arte stesso – si declinano in un’italianità che, di diritto, vanta una tradizione prestigiosa, comun denominatore di un passato che si irradia nei secoli e, grazie al quale, sviluppare una visione prospettica sul futuro. Una tradizione protagonista di numerosi encomi, l’ultimo dei quali, secondo un mero ordine cronologico, è rappresentato dalla mostra “The Glamour of Italian Fashion. 1945-2014”, visitabile fino al 27 luglio prossimo presso il Victoria & Albert Museum di Londra. Protagonista, l’alta moda italiana, ossia il made in Italy: un concetto che si spinge aldilà di semplici abiti e accessori per abbracciare un universo di significati che attiene a un insieme di bellezza, quintessenza di materiali, forme, tagli e, soprattutto, creatività, maestria sartoriale e senso dello stile.
Disegni, abiti, immagini di celebrità, che hanno indossato capi, accessori e gioielli (progenitori dei contemporanei testimonial), si fanno portatori di un fenomeno di culto senza precedenti come quello del made in Italy, raccontando la storia dell’eleganza italiana, di come si sia sviluppata e abbia influenzato la storia dal secondo dopoguerra ad oggi, fino a diventare un emblema di imprenditorialità e di stile universali.
Una mostra che non si limita a celebrare e spettacolarizzare la moda, bensì ricostruisce quasi settant’anni di storia, contrassegnati da valori che hanno permeato la società e la cultura. Scrupolose ricerche negli archivi storici e nelle maison dei couturier validano il tracciato ideale di un percorso creativo - e non solo - che vede la luce con il coraggio e la lungimiranza di personaggi del calibro delle Sorelle Fontana, di Mila Schön e del celeberrimo Giovanni Battista Giorgini al quale si deve la nascita del moderno concetto di sfilata di moda nella Sala Bianca di Palazzo Pitti (correva l’anno 1951!).
Un volo pindarico sul bello e ben fatto italiano, con la messa in evidenza di tutte le implicazioni stilistiche e sociali, a validazione che la moda è sempre stata la chiave di lettura delle istanze valoriali e culturali di un preciso contesto storico.
Un viaggio per tappe, che scandisce i decenni lo scorrere del tempo sulle note dell’eleganza e dello stile. E così, attraversando gli anni ’80 di Giorgio Armani, Fendi, Gianfranco Ferré, Gucci, Missoni, Prada, Emilio Pucci, Gianni Versace e Dolce & Gabbana, si arriva ai giorni nostri, agli anni Zero, con i nomi di Giambattista Valli, Fausto Puglisi, Stella Jean e la coppia Maria Grazia Chiuri - Pier Paolo Piccioli della maison Valentino. Non semplici nomi, ma note evocatrici di un mondo affascinante e magico, tanto reale quanto onirico, dove poter sognare e dare vita alle ambizioni.
A corollario degli abiti esposti, le immagini e le testimonianze di numerose celebrità, tra cui Audrey Hepburn conSalvatore Ferragamo - del quale sono in mostra quattro paia di calzature – ed Elizabeth Taylor, grande estimatrice dei gioielli Bulgari, partner della mostra. E per i giorni nostri, filmati ed interviste ai protagonisti che documentanol’eccellenza nei vari settori: dal tessile pregiato alla maestria sartoriale, connubio ineludibile per la creazione di tendenze e di moderne strategie di comunicazione. Un concetto di filiera che contribuisce al successo della creatività italiana oltre i confini nazionali, arrivando a una dimensione che annulla ogni limitazione territoriale e pone la moda italiana come unica chiave di riconoscimento ovunque ci si trovi.

“The Glamour of Italian Fashion. 1945-2014”
fino al 27 luglio 2014

Victoria & Albert Museum, Londra

ABOUT_La grande bellezza di Bulgari

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130 anni e non sentirli. Il tutto tra glamour, divismo e luxury autentico. Questi i tratti caratteristici della boutique romana di via Condotti di Bulgari- cultore del gioiello prima ancora che marchio squisitamente adorato da celebs di tutto il mondo -, riaperta nei giorni scorsi dopo una minuziosa opera di restauro.
Correva l’anno 1884 e Sotirio Bulgari apriva suo primo atelier capitolino che, in men che non si dica, divenne rendez-vous privilegiato dell’alta società, crocevia di dive e divine, di principesse e icone di stile.
Oggi come allora, la Maison brilla di una luce incantatrice che non è irradiata soltanto dai preziosissimi gioielli realizzati, bensì sprizza da ogni dettaglio che rimanda alla storia e all’heritage del marchio. Tra avanguardia e tradizione, l’archistar Peter Marino ha firmato e realizzato i lavori di ristrutturazione, preservando la storicità del luogo e gettando le basi di uno sguardo lungimirante sul futuro. Per farlo, ha dovuto instaurare una sorta di partnership stilistica con l’impostazione imperiale di Florestano Di Fausto che diresse il primo intervento architettonico, in piena epoca fascista, conferendo una certa identità alla boutique. Restauro e trasformazione, quindi, i due dictat a cui Marino ha dovuto far fede, facendo convivere moderno eclettismo e spinta all’innovazione con il gusto e la passione della Roma degli anni ’30.
Un’opera di recupero e valorizzazione che ricade in un momento del tutto particolare per la Maison: il 2014, infatti, è un anno di celebrazioni, di cui la riapertura della boutique romana è il primo step. Roma per Bulgari ha sempre rappresentato fonte di ispirazione, complice la ricchezza e la passionalità che ne permeano ogni angolo. Archeologia, architettura, urbanistica e arte: sono qualità che si possono riscontrare in ogni scorcio della città eterna e che, da sempre, sono alla base della visione creativa di Bulgari e di collezioni celebri come “Serpenti”, “Monete 2 “B.zero1”.
La boutique romana ha mantenuto la navata centrale, sul modello promenade, mentre ha destinato le due laterali – un tempo galleria degli argenti e dei gioielli – all’alta gioielleria e ai diamanti delle collezioni “Bridal”. Altresì, ha conservato i marmi policromi, gli elementi decorativi in bronzo dorato, i capitelli, il motivo della stella a otto punte decoro dei pavimenti. Ad armonizzare il tutto, gli arredi, i dettagli in vetro e legno di noce, di stampo squisitamente italiano.
Un intervento di recupero unico nel suo genere, che pone l’atelier quale fiore all’occhiello della Maison, con tanto di sorpresa: la Sala Aurea, spazio museale dedicato ai gioielli pezzi unici e appartenenti alla Bulgari Heritage Collection. Una zona prestigiosa ed esclusiva, rara nella sua bellezza quanto nell’unicità dei pezzi esposti, posta al primo piano del negozio e in cui la scena sarà dedicata a gioielli, orologi e oggetti d’arte che hanno segnato la storia del marchio. Non mancheranno, pertanto, alcuni dei gioielli appartenuti a Liz Taylor, come, per esempio, il celebre collier ricevuto come dono di nozze da Richard Burton nel 1964: una collana in platino e 16 smeraldi colombiani taglio ottagonale, per un totale di 60,50 carati (il solo pendente conta 23,44 carati). O ancora, l’anello che la Taylor ricevette sempre da Burton nel 1962 durante le riprese del film Cleopatra, che conta uno smeraldo ottagonale di circa 7,40 carati e 12 diamanti a goccia per un totale di 5,30 carati. A fianco a questi capolavori, un collier in platino e smeraldi risalente agli anni ’50 e indossato da Gina Lollobrigida al Festival del Cinema di Venezia nel 1962: un tripudio di sette smeraldi (in origine nove, ma vista la magnificenza vennero ridotti) soprannominati “le sette meraviglie”.

Classicismo e contemporaneità i due filoni lungo i quali corre Bulgari, nel pieno rispetto della tradizione greco-romana tanto cara alla maison. La medesima tradizione che oggi prende voce con un linguaggio moderno e innovatore, quintessenza di prestigio ed esclusività.

LEISURE_"Baccarat 250 ans de modernité" al Fuorisalone 2014.

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È da 250 anni che Baccarat scrive la sua storia a lettere sfavillanti. Simbolo di alta artigianalità e art de vivre alla francese, la Maison non cessa di stupire, in un costante connubio tra grande tradizione e contemporaneità.
Al Fuorisalone 2014, per le celebrazioni dell’importante anniversario, la Maison ha scelto la chiesa di San Carpoforo in Brera, creando un suggestivo allestimento che mette in risalto l’opulenza del cristallo in contrasto con l’austerità della nuda pietra. Un progetto “lifestyle”, che ha trasformato la chiesa in una vera e propria casa, in cui ogni ambiente, dal salotto alla camera da letto, era permeato dalla ricchezza del cristallo Baccarat.
Questo spazio non convenzionale si è trasformato in un luogo sontuoso in cui il punto focale è stato il lampadario Zénith con le sue 84 luci scintillanti, l'apoteosi della ricercatezza e del lusso, che si elevava sopra alla tavola imbandita, in cui le collezioni di bicchieri più classiche, come Harcourt e Empire si fondevano con le linee dei nuovi calici Diamant e con il colore delle flûte Mille Nuits e Véga.
L’ingresso e il salotto presentavano alcuni dei pezzi più affascinanti, come l’orologio Heritage Soleil, a scandire attimi di eternità, o la straordinaria scacchiera Harcourt by Nendo, un invito a giocare davanti al dolce tepore di veri ciocchi che ardono. L’area living si completava con una mirabile esposizione dei vasi più moderni e rappresentativi, dai nuovissimi, opulenti New Antique, firmati da Marcel Wanders, ai luminosi Diamant e Eye.
L’arte dell’ospitalità è stata celebrata nella zona bar dove il tempo si concedeva una piacevole pausa dedicata al gusto e allo svago.

L’evento è culminato nella confortevole intimità della camera da letto, dove spiccava il lampadario Zénith Image, ultima versione di uno dei pezzi leggendari di Baccarat. Introdotto per la prima volta intorno alla metà del XIX secolo, è stato qui presentato in una veste sottilmente innovativa studiata da Philippe Starck. Zénith Image utilizza un’avanzata tecnologia elettronica sviluppata da ST Microelectronics. Questo “concept chandelier” è il primo nel suo genere a coniugare luce e immagini in movimento: un pico proiettore, collocato sotto il paralume, mostra una serie di immagini enigmatiche. Il prototipo sperimentale rende omaggio allo spirito innovativo che da 250 anni è la forza motrice della Maison. Zénith Image è un pezzo emblematico che combina eccellenza e tecnologia, simbolo perfetto del design intramontabile di Baccarat.

LEISURE_Vogue. Donna e stile nell’arte dell’illustrazione

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Quando lo stile e l’eleganza passano anche per l’arte dell’illustrazione: questo lo spirito che riassume in maniera emblematica Vogue, celebre rivista di moda con tanto di edizioni sparse in tutto il mondo. Un caposaldo nella storia del costume, di cui ha rappresentato per immagini le evoluzioni, le icone e le tendenze, documentando cambiamenti epocali dal punto di vista socio-culturale ed eleggendo la moda, volenti o nolenti, a chiave di lettura delle istanze e dei valori che contraddistinguono ogni momento storico.
Ora tutto ciò è diventato protagonista di una mostra. Fino al 18 maggio, infatti, alla Fondazione Culturale Hermann Geiger, è visitabile l’esposizione Vogue. Donna e stile nell’arte dell’illustrazione, curata da Alessandro Schiavetti, direttore artistico della Fondazione, e sviluppata dalla collaborazione con gli archivi newyorchesi della Condé Nast, casa editrice di tutte le edizioni nazionali di Vogue e di molte altre celebri riviste di moda, da Vanity Fair a GQ.
La mostra ripercorre 120 anni di storia targati Vogue US attraverso la selezione di oltre sessanta copertine della celebre rivistaParticolare attenzione è dedicata alla produzione grafica fino agli anni ‘40, che annovera capolavori di artisti come Georges Lepape, Helen Dryden, Eduardo García Benito e Salvador Dalí. A chiusura del percorso espositivo, quasi a suggellare la contaminazione della moda con le diverse forme espressive d’arte, un rapido accenno al cambiamento di stile segnato dall’imporsi della fotografia di moda.
Videoproduzioni e gigantografie di alcuni celebri scatti completano un’esperienza di totale immersione nell’immaginifico e visionario mondo della moda.
Vogue è senza dubbio la rivista femminile più famosa al mondo. Dal primo numero, dato alle stampe nel lontano 1892, è stata specchio e vetrina di tutto quello che di meglio la moda ha presentato in più di un secolo. Per lei hanno lavorato i più grandi artisti, disegnatori e fotografi del nostro tempo, creando dei capolavori assoluti e indiscussi. Attraverso le sue pagine, è per così dire possibile ripercorrere nel modo più affascinante e completo la storia della fotografia e della grafica di tutto il 900.
Ma Vogue è ancora di più: è stata ed è un obiettivo puntato sulla società e sul costume di America ed Europa, del nostro mondo occidentale, che sono in naturale e continua evoluzione. Su Vogue sono apparsi tutti i protagonisti e le icone femminili del nostro tempo; perché se è la moda che crea i miti è anche vero che sono i grandi personaggi a creare la moda e gli stili.
La grande attenzione alla qualità delle cover è un tratto caratterizzante Vogue: come aveva ben compreso Condé Montrose Nast, il più grande editore della storia di Vogue e uno dei più grandi editori di tutti i tempi, la copertina è ciò che caratterizza subito una pubblicazione periodica e può decretarne il consenso di pubblico o l’insuccesso. Qui la creatività e la fantasia messe in campo sono state sconfinate.

Vogue. Donna e stile nell’arte dell’illustrazione
Dal 22 marzo al 18 maggio 2014
Sala espositiva Fondazione Culturale Hermann Geiger
Piazza Guerrazzi 32, Cecina (LI)

Ingresso gratuito
Orari: tutti i giorni, dalle 16.00 alle 20.00

ART & CULTURE_Irving Penn, Resonance

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Fino al 31/12/2014 il pubblico potrà visitare a Palazzo Grassi a Venezia “Irving Penn, Resonance”, la prima grande esposizione dedicata al fotografo americano Irving Penn (1917 – 2009) in Italia.
 La mostra, curata da Pierre Apraxine e Matthieu Humery, presenta 130 fotografie, tra cui 82 stampe al platino, 29 stampe ai sali d’ argento, 5 stampe dye-transfer a colori e 17 internegativi mai esposti prima d’ora. Un volo per immagini dalla fine degli anni ‘40 fino alla metà degli anni ’80, ripercorrendo i grandi temi cari a Irving Penn che, al di là della diversità dei soggetti, hanno in comune la capacità di cogliere l’effimero in tutte le sue sfaccettature.
 Ne è un esempio la selezione di fotografie della serie dei piccoli mestieri”, realizzata in Francia, negli Stati Uniti e in Inghilterra negli anni ‘50. Convinto che quelle attività fossero destinate a scomparire, l’artista ha immortalato nel suo studio venditori di giornali ambulanti, straccivendoli, spazzacamini e molti altri ancora, tutti in abiti da lavoro. Allo stesso modo, i ritratti dei grandi protagonisti del mondo della pittura, del cinema e della letteratura realizzati dal 1950 al 1970 – tra cui Pablo Picasso, Truman Capote, Marcel Duchamp, Marlene Dietrich–, esposti accanto a fotografie etnografiche degli abitanti della repubblica di Dahomey (anni ’60), delle tribù della Nuova Guinea e del Marocco (anni ’60 e ’70), sottolineano con forza la labilità dell’esistenza dagli esseri umani, siano essi ricchi o indigenti, celebri o sconosciuti.
All’interno di questo percorso, che promuove il dialogo e le connessioni tra le opere di diversi periodi e differenti soggetti, lo still life svolge un ruolo di primissimo piano: in mostra fotografie realizzate dalla fine degli anni ’70 all’inizio degli anni ’80 che presentano composizioni di mozziconi di sigarette, ceste di frutta, vanitas – assemblaggi di crani, ossa e altri oggetti – così come teschi di animali fotografati al museo di storia Naturale a Praga nel 1986 per la serie “Cranium architecture”.
Un ampio panorama, in cui immagini poco conosciute si affiancano a pezzi iconici, offrendo una chiara testimonianza della particolare capacità di sintesi che caratterizza il lavoro di Irving Penn: nella sua visione, la modernità non si oppone necessariamente al passato e il controllo assoluto di ogni fase della fotografia, dallo scatto alla stampa (alla quale dedica un’importanza e un’attenzione senza pari) permette di andare molto vicino alla verità delle cose e degli esseri viventi, in un continuo interrogarsi sul significato del tempo e su quello della vita e della sua fragilità.

Irving Penn, Resonance
Palazzo Grassi, Venezia

Fino al 31 dicembre 2014

LEISURE_Vintage a Villa Mazzucchelli: 16-18 maggio 2014

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Il Vintagenon è necessariamente passato, non nella sua definizione canonica, almeno. È estremamente attuale e, soprattutto, sarà. Abbraccia il passato, ma il suo destino è nel domani. Perché, in effetti, il vintage si esprimerà ancora meglio nel prossimo futuro. Sarà sempre più parte del nostro modo di concepire la moda e di realizzarla, da parte di stilisti e non solo.
È questo lo spirito che guida il 16, 17 e 18 maggio 2014 la VI edizione dell’evento primaverile legato alla vendita ed esposizione di moda d’epoca nella splendida cornice neo-palladiana di Villa Mazzucchelli a Ciliverghe di Mazzano (Brescia), patrocinato da Regione Lombardia, Provincia di Brescia, Comune di Mazzano e CCIAA di Brescia e con la partecipazione di Italianmoda.com.
Un percorso tra arte, eleganza e raffinatezza, dedicato ai collezionisti, agli addetti ai lavori, agli appassionati e al pubblico in generale e che spazia negli oltre 1300 mq della splendida Villa settecentesca. Un’evoluzione del concetto che associa al gusto di un tempo la volontà di reinventare e farne una nuova tendenza di stile, attraverso abiti, accessori, borse, occhiali, libri e complementi d’arredo.
L’evento sarà anche l’opportunità per quanti interverranno per visitare le collezioni permanenti dei Musei Mazzucchell: il Museo del Vino e del Cavatappi e il Museo della Moda e del Costume che, per l’occasione, esporrà “Ferré, il fascino della seta”, 110 abiti delle collezioni “Gianfranco Ferré. Collezione tessuti”, disegnati dal maestro milanese, per lo più tra gli anni ‘80 e ‘90.
Un Vintage sempre più orientato alle tendenze contemporanee, tanto da divenire social. Con Wintage, infatti, il pubblico sarà coinvolto in un’esperienza interattiva, partecipando allo speciale photo contest presente sulla pagina Facebook di Musei Mazzucchelli e pubblicando immagini che rappresentano emblematicamente il vintage e il suo spirito con la possibilità di ottenere uno sconto sul biglietto d’ingresso.
Un appuntamento, quindi, con la moda che c’era e con quella che verrà…per un viaggio in bilico tra sogno e realtà, dove ripercorrere i fasti e gli stili della moda e proiettarsi nel domani sempre più consapevoli di quello che vi sta a monte.

Vintage a Villa Mazzucchelli
Dal 16 al 18 maggio 2014
Villa Mazzucchelli, Ciliverghe di Mazzano (Brescia)
Venerdì: 15.00-20.00; sabato: 10.00-22.00; domenica 10.00-20.00
Ingresso: mostra-mercato 5,00€ cad.

LEISURE_1924-2014 - La Rai racconta l’Italia

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Simbolo per antonomasia della seconda metà del ‘900, ossia di quei decenni che hanno segnato l’affermarsi da un punto di vista economico e non solo dell’Italia, mamma Rai si mette in mostra in occasione dei sessant’anni della sua televisione e i novanta della sua radio con un’esposizione visitabile in queste settimane, sino al 15 giugno, alla Triennale di Milano.
Nata sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, con il patrocinio del Senato della Repubblica, della Camera dei Deputati, del Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo, e con il sostegno di Eni e di Intesa Sanpaolo, si avvale della prestigiosa partecipazione e collaborazione di Piero Angela, Piero Badaloni, Andrea Camilleri, Bruno Pizzul, Arnaldo Plateroti, Emilio Ravel, Marcello Sorgi, Bruno Vespa e Sergio Zavoli, ed è a cura di Costanza Esclapon, Direttore Comunicazione e Relazioni Esterne della Rai, Alessandro Nicosia, Presidente di Comunicare Organizzandoe di Barbara Scaramucci, Direttore di Rai Teche.
Alla Rai, primaria istituzione culturale del nostro Paese, va riconosciuto il plauso d’aver portato il mondo in casa degli italiani, facendoli entrare in un’idea di futuro inimmaginabile prima, divenendo specchio delle loro vicende, narrandone la vita quotidiana e costituendo non solo un servizio pubblico ma un vero e proprio patrimonio nazionale. Attraverso la televisione e la radio, ha veicolato informazione, cultura e svago nelle case, esprimendo anche i sentimenti unitari della nazione e identificandosi con la sua crescita culturale e civile.
E siccome essere un servizio pubblico non significa “solo” custodire i documenti più rappresentativi della storia di un paese ma farli diventare memoria viva, la mostra si prefigge proprio questo: raccontare la storia di un’istituzione e, contemporaneamente, la storia del nostro immaginario collettivo, attraverso i simboli che tutti riconosciamo, i programmi che abbiamo seguito, i volti che ci hanno tenuto compagnia e le pagine di storia che abbiamo condiviso con trepidazione, gioia, dolore, curiosità.
I grandi cambiamenti sociali, culturali, scientifici dei quali l’Italia e il mondo sono stati protagonisti rivivono nelle sezioni di questa esposizione non in maniera celebrativa e didascalica ma con la vitalità e la pregnanza che i documenti audiovisivi sanno restituire, offrendo allo spettatore la possibilità di confrontarsi interattivamente con il passato, il presente e il futuro, verso il quale i media devono continuamente proiettarsi per non perdere di vista le sempre diverse esigenze della comunicazione e dell’informazione.
Tutto questo viene illustrato attraverso miscellanee di programmi, filmati di eventi particolarmente significativi, telegiornali, annunci, servizi, programmi, quiz, tribune politiche. Ma anche con documenti d’archivio, fotografie d’epoca, opere d’arte della ricca collezione Rai (Guttuso, De Chirico, Casorati, Nespolo, Cremona, Campigli, Turcato, Vedova e molti altri), copioni e testimonianze manoscritte di chi ha attivamente partecipato e vissuto la straordinaria avventura iniziata il 27 agosto del 1924, giorno dell’atto costitutivo dell’Unione Radiofonica Italiana U.R.I. e gli anni di attività dall’URI all’EIAR fino alla RAI. La storia degli ultimi novant’anni parlerà dunque con le voci dei suoi protagonisti.
Ad aprire la mostra, una sezione di presentazione dal titolo“la Rai: una bella impresa italiana” che testimonia l’origine e la nascita dell’azienda attraverso il racconto figurato di materiali d’archivio, verbali, ordini di servizio (molto interessanti quelli emanati dal Direttore dell’Eiar durante il Ventennio fascista, tra cui quello in cui si dispone l’uso del “voi” o del “tu” al posto del “lei” nelle trasmissioni) e materiali di promozione (molti ideati da Erberto Carboni, designer e illustratore che produsse una quantità immensa di opere grafiche per la Rai): un racconto per simboli degli anni di attività dall’URI all’EIAR fino alla RAI. Un racconto delle origini in cui trova spazio, grazie alla collaborazione del Museo della Radio e Televisione di Torino, un set televisivo degli anni ‘70 realizzato con strumenti e apparati originali (televisori, microfoni, giraffe, telecamere, un rullo per i titoli funzionante) per raccontare il “dietro le quinte” dei programmi che hanno fatto la storia della televisione italiana. Nello spazio “museale” sono esposti anche memorabilia e inediti come i bozzetti originali dei costumi per “Giovanna, la Nonna del Corsaro Nero”, alcune  tavole illustrate raffiguranti alcuni personaggi per “I quattro moschettieri” di Nizza e Morbelli, il copione manoscritto originale del film di Ermanno Olmi “L’albero degli zoccoli” (1978), il Leone d’oro di Gianfranco Rosi attribuito a Venezia per il film Sacro Gra.
Una ricca selezione di costumi di scena particolarmente rappresentativi cattura lo spettatore a metà del percorso espositivo. La relazione tra moda e costume permette contemporaneamente sia di evocare le fondamentali icone della nostra tv che di visualizzare l’evoluzione dello stile italiano dai primi Anni ‘60 a oggi.
I sessant’anni della Televisione italiana sono articolati in otto sezioni, otto canali tematici, ciascuno curato da un testimonial. A raccontare la storia dell’Informazione vi è Sergio Zavoli; per lo Spettacolo Emilio Ravel; di Cultura parla Andrea Camilleri e di Scienza Piero Angela. La sezione Politicaè affidata a Bruno Vespa, la Società a Piero Badaloni, l’Economiaad Arnaldo Plateroti e lo Sport a Bruno Pizzul. Sono gli stessi curatori in video a spiegare al visitatore il senso delle proprie sezioni. Il pubblico vede scorrere la Storia - della Rai e insieme dell’Italia - attraverso una ricca selezione tematica di contributi audio-video e programmi integrali, godibili attraverso comode postazioni interattive di facile consultazione che vedono il coinvolgimento di Rai Teche e del Centro Produzione Rai di Roma.
Una sezione a parte, una mostra dentro la mostra, curata da Marcello Sorgi,è dedicata alla storia della Radio narrata attraverso la voce dei protagonisti e molti materiali inediti. Qui trovano casa nove postazioni tematiche interattive che offrono al visitatore una selezione di novanta anni di programmi radiofonici, una colonnina interattiva del Radiocorriere, cimeli come l’Uccellino dei programmi radiofonici, documenti come il libretto contenente le “Norme per la redazione di un testo radiofonico”, scritto da Carlo Emilio Gadda nel 1973.
A chiusura del percorsoespositivo una sezione tematica documenta l’attività del CRIT-Centro Ricerche e Innovazione Tecnologica della Rai la cui istituzione risale al 1930. Partendo dalle origini della progettazione si arriva al domani, raccontando il futuro della tecnologia di casa Rai.

La Rai racconta l’Italia
Fino al 15 giugno 2014
Triennale di Milano, via Alemagna 6, Milano
Orari: martedì-domenica 10.30-20.30; giovedì 10.30-23.00

Ingresso libero

PEOPLE_Ottiavio Missoni: il colore della moda

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Ottavio Missoni, detto Tai, nasce a Ragusa di Dalmazia l’11 febbraio 1921. Atleta di notevoli doti e prestazioni, campione italiano assoluto sui 400 metri, nel 1948, in occasione delle Olimpiadi di Londra, conosce Rosita Jelmini, che diventerà sua moglie nel 1953.
Una giovinezza non facile quella di Tai, che ha vissuto in prima linea dapprima la difficile condizione d’italiano d’Istria e poi la guerra che gli costò quattro anni in un campo di prigionia in Egitto. Dopo la guerra, apre con un amico, il discobolo Giorgio Oberwerger, un laboratorio di maglieria a Trieste. Intanto, Rosita è impegnata nell'azienda di famiglia, che fabbrica scialli e tessuti ricamati. Una volta sposati, nella loro abitazione di Gallarate allestiscono un piccolo laboratorio di maglieria, che si fa apprezzare rapidamente. Le prime forniture sono per la stilista Biki, seguite da quelle per La Rinascente. Da lì inizia la scalata verso il successo che terrà unita una coppia capace di dare un'impronta unica nel panorama della moda italiana e internazionale, all’insegna di artigianalità, originalità e gusto. Requisiti che rappresentano il dna di quella che ancora oggi Missoni è: una grande impresa famigliare, devota alla tradizione ma continuamente lanciata con forza verso il futuro.
Dalla fine degli anni ’90 fanno il loro ingresso i figli: Angela è la direttrice artistica, Luca il responsabile tecnico, Vittorio è stato il responsabile commerciale fino ai primi giorni del gennaio del 2013, quando, insieme con la moglie e due amici, è scomparso nei cieli del Venezuela che stava attraversando a bordo di un aereo da turismo. 

Ottavio Missoni era un personaggio unico ed emblematico: una persona appassionata e diretta, priva di fronzoli, spiritosa e garbata, dotata di naturale understatemente per nulla amante dello show business. Con il suo estro creativo ha dato vita a un nuovo concetto di moda, shockando, in prima istanza, le celeberrime sfilate fiorentine dei primi anni ’70, e contribuendo, negli stessi anni, in maniera ineguagliabile, in una frenetica Milano, alla nascita del prêt-à-porter. Lo stile Missoni è inconfondibile: un arcobaleno di colori, tinto di mille toni dalla storia dell’arte, da un gusto inarrivabile per la combinazione delle nuances, da una conoscenza strabiliante dei materiali, da una sperimentazione continua di motivi e decori. Dalle righe allo zig-zag, dal disegno "fiammato" alle ispirazioni naturali: ogni ispirazione prende vita, trasformandosi in segni.
La maglieria Missoni è diventata un simbolo di dinamismo e confortevolezza, caratterizzandosi per il sapiente intreccio di filati dallo spessore variabile e invenzioni grafiche e coloristiche che presuppongono un’originale rivisitazione, tra patchwork e motivi a greche, dell'arte astratta e informale nonché di istanze decorativistiche dell'arte applicata di area anglosassone. Complice il dinamismo ottimista di Missoni, tutto ciò si applica a una forma-maglione che sottolinea la silhouette, proteggendola con morbidezza senza ingabbiarla. Negli anni, la firma Missoni si è diffusa e fatta conoscere in tutto il mondo, attraverso numerosi punti vendita nonché attraverso progressive diversificazioni produttive, che hanno portato la maison a sperimentarsi con successo nei campi dell'arredamento, degli accessori e dei gioielli e perfino nel settore degli hotel.


Una vita all’insegna del colore e del dinamismo per questo grande atleta della moda, che con garbo ed eleganza ha colorato il guardaroba femminile nell’esaltazione concertata di sensualità e raffinatezza.

LEISURE_Como celebra Emilio Pucci

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L’estro stilistico di Emilio Pucci si è sempre contraddistinto oltre che per l’eleganza delle forme e lo stile senza tempo dei suoi capi per l’utilizzo di sete e stampe fantasiose che hanno contrassegnato in maniera indelebile il tracciato della Maison. E parlando di sete, quale città se non Como, capitale della seta, poteva rendere omaggio allo stilista? Ha inaugurato, infatti, lo scorso 7 maggio al Museo Studio del Tessuto di Villa Sucota (MuST) la mostra “Emilio Pucci e Como, 1950-1980”a cura di Margherita Rosina e Francina Chiara. Un'esposizione che analizza e approfondisce i rapporti di Pucci con le industrie tessili di Como: una collaborazione iniziata negli anni ‘50 e mai interrotta nei decenni successivi.
La rassegna, in particolare, intende valorizzare i risultati degli studi svolti sui libri campionario della Ravasi di Como, la prima industria tessile del distretto comasco a collaborare con il couturier dagli inizi degli anni ’50 fino alla metà dei ’60. Attraverso un percorso espositivo diviso in sezioni, si ripercorre quello creativo di Emilio Pucci, dagli esordi al successo, mostrando creazioni e disegni ispirati dai paesaggi italiani e dal folklore locale: il mare di Capri, le famose località sciistiche delle Alpi, il Palio di Siena, le tradizioni siciliane, le bellezze di Firenze, ecc.
Campioni tessili, disegni originali, carte-prova, accessori e capi di abbigliamento, mettono a fuoco il processo di lavorazione dello stilista: dall’idea originale agli abiti e ai foulard di seta stampata, passando per la creazione di nuove tonalità di colore quali il “rosa Emilio” o il “blu Capri”. A corollario, numerose fotografie messe a disposizione dall’archivio della Fondazione Emilio Pucci di Firenze e da POLIteca(Design Knowledge Centre) – Dipartimento Design e Archivi Storici/ASBA/Politecnico di Milano. I materiali in mostra, oltre che dalle raccolte del MuST, provengono dalle collezioni del Museo didattico della Seta di Como, Enrico Quinto e Paolo Tinarelli di Roma, A.N.G.E.L.O. Vintage Archive di Lugo, Masciadri di Bellagio e da altre collezioni private.
Dall’archivio della Fondazione Emilio Pucci di Firenze, inoltre, numerose immagini di abiti e foulard che permettono di comprendere meglio l’utilizzo dei tessuti esposti. Questi lavori, che fanno parte delle serie Planisfero e Bar Singapore Palermo, partono da alcuni foulard di Emilio Pucci su cui l’artista è intervenuto disegnando con pennarelli colorati. Scelti da Favelli per il loro stile “fuori dal tempo”, le sete di Pucci si trasformano e assumono nuovi significati, costituendo un ponte diretto con la contemporaneità.

Emilio Pucci e Como, 1950-1980
Museo Studio del Tessuto di Villa Sucota (MuST)

Fino al 31 ottobre 2014

STYLE_I bijoux di Regina Alleni

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Regina Allenialias Giulia Maria Benvenuto, esperta di marketing e comunicazione con una passione innata per il mondo dei bijoux. Una passione caratterizzata da uno stile unico e da un inconfondibile senso dell’eleganza e della raffinatezza, requisiti che si ritrovano in ogni sua collezione.
Gioielli dotati di un magnetismo particolare, che ingloba la donna che li indossa e da essa è, a sua volta, sprigionato. Gioielli che diventano con lei un tutt’uno, inneggiando alla vita e alla perfezione, nel segno di un fascino eccezionale.
Già nel logo Regina Alleni suggella il mood del suo stile: un serpente attorcigliato, simbolo misterioso da sempre attribuito alla donna, animale-archetipo che rimanda al ciclo continuo della vita, e una corona sovrastata da un fiore. Un binomio cristallizzato di prestigio e femminilità.
Eleganza e sobrietà, ma, al tempo stesso, fantasia e concretezza, romanticismo e spirito rock sono i tratti distintivi delle collezioni Regina Alleni, rivolte a una donna che vive la quotidianità con classe, senza lasciare nulla al caso e attribuendo al dettaglio un’importanza significativa per la definizione della propria allure. Gusto classico e slancio moderno si combinano armoniosamente, dando vita a creazioni che molto riprendono dalla tradizione, strizzando, al contempo, l’occhio al design contemporaneo. In una bilanciata alchimia di fattori sorprendenti e affascinanti.
Rigorosamente made in Italy, i gioielli Regina Alleni sono prodotti e assemblati nel laboratorio di una storica micro fonderia sita nel cuore di Milano. Ogni elemento è realizzato tramite fusione, tra le cui tecniche va citato il metodo tradizionale della cera-persa. Ogni creazione, in tal modo, risulta essere figlia sia della sapiente manualità degli artigiani che lavorano a questo procedimento che della creatività delle modelliste dalle cui sapienti mani nascono i modelli madre che danno vita agli schizzi disegnati su carta.
I gioielli Regina Alleni sono realizzati con l’utilizzo dei materiali classici dell’alta bigiotteria, quali leghe ad alta percentuale di stagno, bronzo e ottone, cui si sommano innovative sperimentazioni come la lavorazione dell’alluminio. Il procedimento di doratura di ogni pezzo avviene per mezzo di bagni galvanici che donano ai metalli una placcatura che va dall’argento all’oro all’ottone. Ogni bijou è certificato come prodotto artigianale e la sua lavorazione è garantita dal rispetto delle vigenti normative europee in termini di standard qualitativi, assicurando un prodotto 100% nichel free. Le pietre che arricchiscono e impreziosiscono le collezioni – Swarovski, rinomati cristalli tedeschi e cecoslovacchi, in particolare boemi - sono applicare manualmente. Spesso si abbinano all’utilizzo di particolari e pregiate resine o pellami per la realizzazione di speciali creazioni come pochette da sera o cinture.
Le collezioni Regina Alleni sono in continua evoluzione: una sperimentazione di stili e tendenze che passa anche attraverso emblematici nomi, che evocano luoghi lontani, fasti antichi e tempi passati, riportati ai giorni nostri grazie a moderne interpretazioni. Orecchini e bracciali che nei nomi evocano un vissuto, fatto di storia, tradizioni e visioni, e che nelle forme ripropongono valori d’antan attualizzati secondo un’estetica che si confà alle esigenze del XXI secolo, nel rispetto di un’artigianalità senza limiti e senza tempo, che rifiuta tecniche di produzione industriale per inneggiare liberamente al savoir-faire manuale, sigillo di esclusività e ricercatezza.

Un prestigio che non è sinonimo di snobismo, bensì di autenticità evoluta e bellezza innata. Un prestigio che diviene elogio della vita, declinata nei suoi valori intrinseci.

LEISURE_World Press Photo

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Sabato 10 maggio, presso la Galleria Carla Sozzani di Milano, si è tenuta l’inaugurazione della mostra delle fotografie vincitrici nel 2014 del World Press Photo, uno dei più importanti riconoscimenti nell’ambito del fotogiornalismo: ogni anno, dal 1955, alla World Press Photo Foundation di Amsterdam vengono inviate migliaia di immagini da ogni parte del mondo da agenzie, quotidiani, riviste e fotogiornalisti.
Gli scatti più forti e significativi, spesso testimonianti lo scorrere di un’epoca, vengono esaminati da una giuria di esperti, scelti tra i personaggi più accreditati della fotografia internazionale. Ai vincitori il plauso di vedersi pubblicati nel prestigioso catalogo nonché esposti in tutto il mondo in importanti gallerie e musei in un tour in continua evoluzione al punto da prevedere quest’anno mostre in circa 100 città in 45 diversi Paesi. L’arte fotografica diviene così il lessico universale con il quale trasmettere l’intensità di un momento, la drammaticità di una situazione, il coraggio dell’essere umano, la straordinarietà della vita quotidiana, la forza dirompente della semplicità. Tutto ciò che ci ha accompagnato nell’arco dell’ultimo anno viene immortalato, documentato e illustrato con una forza senza eguali, emozionando e catalizzando interesse e attenzione: viste in sequenza, le immagini invitano a una riflessione intima, volta alla valorizzazione della vita umana nella sua autenticità.
La mostra World Press Photo assurge così a documento storico, grazie al quale rivivere gli eventi cruciali di un anno, catturandone l’intensità e meditando sul concetto di tempo e il suo valore, ossia la sua capacità di cristallizzare o offuscare i ricordi, facendo scorrere la vita al ritmo di una frenesia quotidiana. Proprio in virtù di questa molteplicità di sensazioni evocate, la mostra attrae un pubblico specialistico così come di semplici appassionati, validando, di conseguenza, il potere intrinseco della fotografia: trascendere le differenze culturali e linguistiche per raggiungere livelli elevati e immediati di comunicazione.
La mostra presenta le fotografie premiate nelle 9 categorie tematiche con l’unico vincolo che le immagini selezionate vengano esposte senza alcuna censura. In ottemperanza di questo scopo, un rappresentante della World Press Photo Foundation viene inviato nei Paesi che ospitano l’evento per assistere all’allestimento e verificare il rispetto di questa condizione imprescindibile.

“Foto dell’anno 2013” è a firma del fotografo svedese americano John Stanmeyer della VII Photo Agency. Nell'immagine scattata lungo la costa di Gibuti alcuni migranti africani alzano al cielo i loro telefoni cellulari per catturare il segnale dalla vicina Somalia e contattare i parenti lontani. Il piccolo Stato di Gibuti è un trafficato punto di arrivo per i migranti in transito dalla Somalia, Etiopia ed Eritrea che cercano di arrivare in Europa e in Medio Oriente. L'istantanea, scattata per conto del National Geographic ha vinto anche il primo premio nella categoria “Contemporary Issues”
“La foto evoca molti temi: la globalizzazione, la tecnologia, la migrazione, la povertà, l'alienazione, l'umanità” – ha affermato Jillian Edelstein, membro della giuria per Regno Unito/Sud Africa ha affermato. “Si tratta di un'immagine potente e sofisticata. È così sottile, così poetica ma intrisa di significato. Trasmette questioni di grande gravità e la preoccupazione del mondo di oggi”.

Il sito ufficiale di World Press Photowww.worldpressphoto.orgpresentadettagli e una galleria di immagini di tutti i lavori premiati
Sponsor internazionale di WORLD PRESS PHOTO: Canon
World Press Photo gode inoltre del sostegno della Lotteria Olandese dei Codici Postali

World Press Photo
Galleria Carla Sozzani, Corso Como 10, Milano
Fino all’8 giugno 2014

Orari: tutti i giorni 10.30 – 19.30; mercoledì e giovedì 10.30 – 21.00

BEAUTY_Dior: la parade des Extraits

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Si chiamano Miss Dior, Miss Dior Original, Diorissimo, Poison eJ’adore. Le loro scie avvolgono in una nuvola di sensualità le donne di tutto il mondo, ragazze maliziose o femmes fatales, affascinanti seduttrici o giovani donne frizzanti. Oggi François Demachy, profumiere-creatore esclusivo della Maison, rivisita queste cinque fragranze iconiche mettendo a punto gli Extraits Dior. Eredità della tradizione di alta profumeria, l’estratto di profumo è l’espressione più pura ed essenziale di una fragranza; richiede una scrittura virtuosa e le materie prime più nobili. Coltivati con la massima attenzione nelle terre migliori, raccolti rigorosamente a mano, i fiori dei profumi Dior vengono trasformati in assolute opulente e voluttuose o in essenze evanescenti e delicate. Per ottenere un solo chilogrammo di essenza sono necessarie tremila rose. Ed è proprio a partire da queste materie prime rare e preziose che François Demachy compone questa magica parade des extraits, consapevole del fatto che l’estratto è l’idea olfattiva sublimata dall’accordo. Et voilà che intorno a un cuore di assoluta di rosa di maggio si schiude via via il bouquet sensuale di J’adore, in cui dominano l’ylang-ylang delle Comore e l’assoluta di gelsomino Sambac. Il rivoluzionario chypre verde caratterizza Miss Dior Original, il primissimo profumo della Maison presentato nel 1947 in contemporanea alla prima sfilata, con la sua essenza di patchouli dell’Indonesia e le sue note di muschio di quercia. Il chypre floreale contraddistingue invece Miss Dior, il suo alter ego contemporaneo, in cui l’assoluta di fiore d’arancio si sposa con l’assoluta di gelsomino dell’Egitto. La fragranza mitica di Diorissimo è inconfondibile per il suo accordo di mughetto, in cui si uniscono l’essenza di ylang-ylang e l’assoluta di gelsomino. Infine la diabolica firma speziata di Poison, in cui l’assoluta di rosa di maggio abbraccia le note sensuali di coriandolo, di vaniglia e dell’assoluta di tuberosa.
A completamento di un simile rigoroso e sofisticato procedimento di esecuzione, flaconi couture, riconoscibili per la loro linea femminile, contraddistinti dai dettagli sartoriali.
Veri e propri abiti in vetro, piccoli capolavori di savoir-faire, concepiti su misura per la femminilità che evocano: un flacone tagliato come un tailleur, inciso con un motivo pied-de-poule e decorato con un delicato fiocco di satin per la fresca e impertinente Miss Dior; un’anfora le cui curve sensuali ricordano quelle della linea En 8 della prima sfilata di Christian Dior e un collier dipinto con oro fino per la femminilità solare e disinvolta simboleggiata da J’adore; un abito porpora dall’aspetto di un frutto proibito e un sigillo di cera nera per la sconvolgente tentatrice che incarna la donna Poison… Flaconi d’eccezione, nati nei laboratori Dior di Saint-Jean-de-Braye, in Francia, a pochi passi da Orléans, che nascono questi flaconi d’eccezione. Le dames d’atelier che danno il tocco finale agli Extraits Dior sono depositarie di un savoir-faire unico e di gesti esperti tramandati di generazione in generazione, proprio come gli artigiani degli atelier di haute couture della Maison. Per realizzare questi profumi-gioiello nell’assoluto rispetto della tradizione, sigillano i flaconi secondo la tecnica particolare del baudruchage, che si avvale della baudruche, una sottile membrana di origine naturale che garantisce una tenuta perfetta. Con un abile gesto, annodano poi al collo un delicato filo d’oro o d’argento prima di riporre nello scrigno di carta gli Extraits Dior, pronti a firmare la femminilità di ogni donna.

Presentandosi come delicati scrigni di carta, Les Extraits Dior  sono l’espressione di una filosofia da profumiere: uno spirito Dior che traspare nei più piccoli dettagli, che impregna il profumo in ogni singola fase di realizzazione, dalla sua creazione alla scelta accurata delle materie prime, dall’arte dell’imbottigliatura alla delicatezza della confezione.
 Questa filosofia, incentrata sull’eccellenza, anima la Maison da lunga data. Correva l’anno 1947, era il 12 febbraio: quel giorno Christian Dior presentò la sua prima fragranza in contemporanea alla sua prima collezione e si definì “couturier-parfumeur”, dimostrando che l’alta moda e l’alta profumeria sono le due facce di una stessa femminilità, mosse dalla stessa esigenza di lusso alla francese.

 Oggi è François Demachy, profumiere-creatore esclusivo Dior, a perpetuare il patrimonio unico del couturier-parfumeur, incarnando il gesto creativo della Maison. Un passaggio del testimone ideale tra due persone che rivelano d’avere molto in comune, primo tra tutti un luogo: Grasse, terra d’eccezione dell’alta profumeria situata nel sud della Francia. È in questa località, a Colle Noire per la precisione, che Christian Dior si trasferì nel 1951 per coltivare le sue amate rose; proprio lo stesso posto in cui François Demachy è cresciuto e ha imparato a conoscere i fiori. Ed è sempre lì che vengono coltivate le rose e il gelsomino, i fiori che costituiscono la firma dei profumi della Maison, in territori accuratamente selezionati per la passione dei coltivatori e la qualità unica della produzione. Ed è lì infine, nei campi di fiori, sotto il sole del sud della Francia, che ha inizio la storia unica dei profumi Dior.

ABOUT_Prada Journal 2014

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Per il secondo anno consecutivo e sulla scia del successo riscontrato nella prima edizione, Prada e Giangiacomo Feltrinelli Editore hanno unito i loro intenti per la realizzazione di Prada Journal, il premio letterario dedicato a nuovi scrittori di talento.
Rivolto gli scrittori provenienti da ogni parte del mondo, il concorso mira a valorizzare – e premiare – la capacità di indagare l’universo di immagini che ci circonda, rielaborandolo attraversi i codici della scrittura.
Nato come connettore trasversale tra moda e letteratura, il Premio Prada Feltrinelli nella sua prima edizione fotografava il mondo che ci circonda nel quotidiano, oggi, invece, intende mettere a fuoco la trasformazione che viviamo e che potremmo vivere:“Quali sono i segni di un mondo che cambia? E quale realtà è possibile indovinare? Guardare i dettagli in modo chiaro potrebbe darci la risposta”.
A completare una perfetta triade, quasi a fare da trait-union, Luxottica. Ancora una volta, infatti, gli occhiali da vista diventano lo strumento prescelto per indagare la realtà e le sue forme, producendo una riflessione che è solo il punto di partenza di un possibile cambiamento. Tutto assume un fascino indagatore tanto particolar quanto irresistibile. La ricerca si espande abbracciando tutto quello che è possibile immaginare, tutto quello che è possibile pensare e tutte le idee che, una volta acquisita nitidezza di forma e contenuto, possono essere scritte.
Il concorso, apertosi l’11 Aprile, terminerà l’11 Giugno.
La scelta dei vincitori sarà affidata ad una giuria composta da esponenti dell’editoria internazionale i cui nomi verranno svelati prossimamente.
Info: Prada.com/journal

Gruppo Prada
Il Gruppo Prada è uno dei leader mondiali nel settore del lusso, attivo con i marchi Prada, Miu Miu, Church’s e Car Shoe nella produzione e commercializzazione di borse, pelletteria, calzature, abbigliamento e accessori di alta qualità. Inoltre, sulla base di accordi di licenza, il Gruppo opera nel settore degli occhiali, dei profumi e della telefonia cellulare. I suoi prodotti sono venduti in 70 Paesi del mondo attraverso 540 negozi gestiti direttamente (DOS) al 31 gennaio 2014 e una rete selezionata di grandi magazzini di lusso, negozi multimarca e in franchising. Informazioni sul Gruppo Prada sono disponibili sul sito www.pradagroup.com

Giangiacomo Feltrinelli Editore srl
La casa editrice Giangiacomo Feltrinelli, fondata nel 1955, è oggi una delle principali sigle editoriali italiane con oltre 8.000 titoli in catalogo, 270 novità annue e un listino vivo di 3000 titoli circa. La casa editrice intende confermare con il suo catalogo e con le sue scelte editoriali la continuità di una tradizione civile e politica, il gusto e la necessità dell’innovazione, della sperimentazione, dell’apertura a nuove frontiere e a nuove avventure editoriali. Alla Feltrinelli spetta il merito di aver fatto conoscere in Italia gli autori e le opere più significative della scena editoriale internazionale; è anche l’editore dei premi Nobel Nadine Gordimer, Imre Kértesz, José Saramago, Doris Lessing, Herta Muller, Muhammad Yunus. Fra gli autori italiani in catalogo, Roberto Saviano, Antonio Tabucchi, Alessandro Baricco, Erri De Luca, Stefano Benni, Maurizio Maggiani, Chiara Gamberale, Cristina Comencini, Simonetta Agnello Hornby per la letteratura. Nell’area saggistica spiccano i nomi di Umberto Galimberti, Enrico Deaglio, Eugenio Borgna, Carlo Ginzburg, Massimo Recalcati, Gian Antonio Stella. Oltre alle principali collane di saggistica e narrativa, e alla collana tascabil Universale Economica Feltrinelli, la produzione della casa editrice si è in anni relativamente recenti arricchita con le collane di narrativa di viaggio, narrativa per ragazzi, varia e home cinema.

Luxottica Group S.p.A.

Luxottica Group è leader nel settore degli occhiali di fascia alta, di lusso e sportivi, con oltre 7.000 negozi operanti sia nel segmento vista che sole in Nord America, Asia- Pacifico, Cina, Sudafrica, America Latina ed Europa e un portafoglio marchi forte e ben bilanciato. Tra i marchi di proprietà figurano Ray-Ban, il marchio di occhiali da sole più conosciuto al mondo, Oakley, Vogue Eyewear, Persol, Oliver Peoples, Alain Mikli e Arnette mentre i marchi in licenza includono Giorgio Armani, Bulgari, Burberry, Chanel, Coach, Dolce & Gabbana, Donna Karan, Polo Ralph Lauren, Prada, Starck Eyes, Tiffany e Versace. Oltre a un network wholesale globale che tocca 130 Paesi, il Gruppo gestisce nei mercati principali alcune catene leader nel retail tra le quali LensCrafters, Pearle Vision e ILORI in Nord America, OPSM e Laubman & Pank in Asia-Pacifico, LensCrafters in Cina, GMO in America Latina e Sunglass Hut in tutto il mondo. I prodotti del Gruppo sono progettati e realizzati in sei impianti produttivi in Italia, in tre, interamente controllati, nella Repubblica Popolare Cinese, in uno in Brasile e in uno negli Stati Uniti, dedicato alla produzione di occhiali sportivi. Nel 2013, Luxottica Group ha registrato vendite nette pari a oltre 7,3 miliardi di Euro. Ulteriori informazioni sul Gruppo sono disponibili su www.luxottica.com

ABOUT_Dior nel mondo: aperta la boutique di Firenze

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A Firenze, in via Tornabuoni, Christian Dior ha aperto le porte di un nuovo negozio. All’interno della torre medievale dei Gianfigliazzi, sotto le stupefacenti volte di un palazzo fiorentino, nel cuore della città rinascimentale, ritroviamo tutto lo spirito di Avenue Montaigne, con le sue classiche pareti modanate e l'arredamento neo-Louis XVI. Lo spazio, progettato dall’archistar Peter Marino, già ingaggiato dalle più importanti Maison di moda per la realizzazione di spazi charmants e unici, presenta le collezioni di abbigliamento donna, borse, calzature e accessori. Al piano terra, dedicato a borse e accessori, dominano i toni del grigio perla, uno dei colori amati del couturier, che brillano alle pareti grazie alle colonne di specchi con modanature retroilluminate e ai rivestimenti in legno pregiato.Una scala di ferro battuto porta al primo piano. Una sala ospita le calzature che fanno bella mostra di sé fra tende in velluto di seta, pareti in specchio e legno e comode sedute. Adiacente, un salotto intimista invita le clienti a scoprire il favoloso mondo Dior accomodandosi in accoglienti divani; sulla parete, una creazione calligrafica in pasta di vetro realizzata dall'artista americano Rob Wynne. Tratto saliente di questa zona moderna e luminosa, l’incontro tra l’eredità fiorentina e l’eleganza Dior. Disposto su due piani, la boutique riflette la quintessenza dell’estetica francese ed è impreziosito da dettagli architettonici che enfatizzano l’autenticità e la storia del luogo.

Dulcis in fundo, la posizione, non casuale, nella città medicea: di fronte, infatti, si trova il palazzo dei Ferragamo. L'occasione ideale per le due Maison di riesumare qualche bel ricordo, come nel 1947 quando Christian Dior e Salvatore Ferragamo si ritrovarono a Dallas per ricevere il prestigioso Oscar della moda, il primo per il New Look mentre il secondo per le calzature. Un incontro tra padri fondatori, protagonista di un omaggio speciale durante l’evento di inaugurazione che, nelle sale di Palazzo Antinori, ha visto la partecipazione delle più altolocate famiglie fiorentine. In vetrina è stata esposta in vetrina una foto dei due grandi creatori scattata durante la cerimonia. La serata è poi proseguita con un private dinner a Palazzo Antinori: al soffitto, un decoro floreale come quello della sfilata del prêt-à-porter primavera-estate 2014, untoxic gardenin cui piante di ogni sorta si mescolano a fiori in tessuto. Tra le pareti quattrocentesche in cui le tele e le tappezzerie raccontavano la storia del Rinascimento italiano, tradizione e modernità stringevano amicizia. 

ART & CULTURE_Mario Testino in mostra a Torino

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"La mia collezione oggi è molto di più di una cassetta degli attrezzi visiva. È un resoconto che traccia il percorso che ho compiuto nel campo dell’arte: come è cambiato il mio modo di vedere e si è evoluto il mio gusto. Adoro l’idea del cambiamento: poter cambiare idea in un attimo è uno degli aspetti magici della vita…''. Questo è quanto afferma uno dei fotografi di moda più importanti del mondo nonché un grande collezionista d’arte: Mario Testino. A lui e alle opere provenienti dalla sua collezione privata la Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli dedica la mostra “Somos Libres II”, curata da Neville Wakefield e visitabile sino al 14 settembre. Esposti, capolavori di Tauba Auerbach, Richard Avedon, Cecil Beaton, Glenn Ligon, Jonathan Monk, Ugo Rondinone, Cindy Sherman, Adriana Varejão e Andy Warhol. Già presentata nel 2013 al MATE (l’associazione culturale di Testino a Lima, in Perù), Somos Libres II assume nella tappa torinese una veste nuova, concentrandosi sulla tensione tra il medium della fotografia e la pittura astratta nella collezione dell’artista e svelando, in tal modo, il suo viaggio personale nel mondo dell’arte contemporanea. "L’arte è il mio nutrimento, mi svela cose nuove e aumenta la mia consapevolezza. È interessante, perché è un cerchio che si chiude: prendo ispirazione da qualcosa, poi vedo che la mia opera a sua volta ha ispirato un artista e la guardo entrare nel mondo dell’arte nella sua forma nuova e appropriata…'', afferma Testino.
Fil rouge dell’esposizione, la libertà creativa. Somos Libres, infatti, riprende l’incipit dell’inno nazionale peruviano – “Somos libres seamoslo siempre” (rimaniamo sempre liberi) – sottendendo all’indipendenza del Perù dalla Spagna e alla conseguente conquista del Paese della libertà di esistere e di (ri)-scoprire la propria identità. A tutto ciò afferisce la scelta delle opere esposte, ossia alla libertà da vincoli esterni che ispira gli artisti, consentendo loro di esprimere visioni, suggestioni e emozioni. Un io condiviso che diviene voce collettiva di istanze e valori, simboli esemplificativi di una società. Una tensione alla manifestazione dell’interiorità che supera ogni ostacolo e si manifesta in tutta la sua forza comunicativa ed emotiva.
La libertà creativa, pertanto, è la condizione necessaria e sufficiente per l’esistenza dell’arte e per la commistione tra le sue varie forme espressive. Nel caso della fotografia, l’obiettivo diviene l’occhio privilegiato attraverso il quale catturare istanti e cristallizzarli nel tempo, in una perfetta contrapposizione sincronica tra il dinamismo della vita e la staticità dell’immagine.
Il percorso espositivo inizia con alcune immagini di visite a studi d’artista scattate da Testino. L’idea di libertà, in questo senso, si percepisce immediatamente, non appena si varca la soglia, prima nello studio degli artisti e poi nell’arte che produce e rivela. Il nucleo centrale mette in contrasto il palcoscenico vuoto dell’astrazione con l’impulso figurativo della fotografia che rappresenta gli interessi e le influenze di Testino. Allo stesso modo, l’installazione stessa oppone alle opere, che sono tradizionalmente appese alle pareti, la fusione di impeto e impulso che rimanda alle pagine dei libri e delle riviste che costituiscono l’habitat principale della fotografia. All’interno di questa sezione, le immagini scattate da Testino sono presentate come pagine di una rivista tridimensionale.
Un viaggio per immagini nell’universo finora sconosciuto di Mario Testino e, per la precisione, nell’arte che lo ispira e che colleziona. Una visione intimista dell’artista, per il quale, fondamentale nel momento in cui si diviene collezionisti, è non avere fretta, bensì seguire con pazienza e devozione i cambiamenti del gusto. Siamo attratti solo dalle cose che conosciamo, perciò è importante non limitarsi: tutte le cose che ci piacciono, ci piacciono soltanto perché ci siamo trovati in loro presenza. Il gusto evolve ed è determinato solo dai nostri preconcetti. Imprescindibile, quindi, spingersi sempre oltre, per cercare sempre qualcosa di nuovo o, perlomeno, guardare il mondo in maniera nuova.

Somos Libres II
Fino al 14 settembre 2014

Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli, via Nizza 230/103, Torino

LEISURE_Brera Special Project

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Si dice che il grado di avanzamento e sviluppo di un Paese si misura anche e soprattutto dallo stato dell’arte e della cultura in cui versa. Ebbene se così è, mai come ora suona melodico il progetto protagonista dello special event “Brera Special Project”, organizzato da Civicum, associazione senza scopo di lucro, nella serata di mercoledì 28 Maggio, presso la Pinacoteca di Brera a Milano. Ad aprire la serata, una visita guidata della mostra di Giovanni Bellini: la Pietà appena restaurata è stata l’occasione per ripercorrere la carriera del pittore veneziano, grande protagonista dell’arte rinascimentale italiana. A seguire, presso Palazzo Cusani è stato presentato il Progetto Conti Trasparenti della Pinacoteca di Brera e della Soprintendenza ai Beni artistici Storici ed Etnoantropologici di Milano. Un’iniziativa lodevole e importante, grazie alla quale effettuare una ricognizione contabile ed organizzativa su un importantissimo organo dell’Amministrazione dello Stato per migliorarne l’efficienza eavviare quel tanto auspicato processo di collaborazione tra cittadini e Stato per il miglioramento della gestione dei musei pubblici. A presentare il progetto, Sandrina Bandera, Soprintendente per i Beni artistici Storici ed Etnoantropologici di Milano e Direttore della Pinacoteca di Brera, Riccardo Monti, Presidente Boston Consulting Group – partner tecnico  e Federico Sassoli de Bianchi, Presidente Civicum.
Un appuntamento piacevole e significativo, realizzato sotto l’egida di Laura Morino Teso e armonizzato da una gradevole cena conviviale nell’incantevole cornice di Palazzo Cusani alla quale hanno preso parte esponenti del mondo dell’industria, della finanza, dell’arte e della cultura, tra cui Aldo Citterio – Presidente Museo Poldi Pozzoli, Ennio Brion – già Presidente dell’Associazione Amici di Brera, Piero Bassetti, Amedeo Clavarino, Marco Galassi con Francesca Dal Pont, Lidia Sella, Matteo e Giulia Salamon – dell’omonima Galleria d’Arte, Adriano Teso, Donata Berger, i gioiellieri Guido e Paola Pennisi, Giuliana Bertone, Ugo Macola, Fiorenza La Latta Locatelli e Michela Bruni Reichlin con il marito Riccardo Gambaccini.

Civicum, nata nell’estate del 2012, prosegue l’attività della Fondazione Civicum che ha svolto un ruolo importante dal 2004 per la trasparenza dei Bilanci dei Comuni Italiani.  Oggi Civicum è una Associazione libera e indipendente, apartitica, senza scopo di lucro, che ha come obiettivo il raggiungimento dell'efficienza dello Stato Italiano attraverso la trasparenza dei Conti Pubblici.

ART & CULTURE_Gian Paolo Barbieri in mostra ad Aosta

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Gian Paolo Barbieri, padre della fotografia di moda. A lui il plauso d’aver immortalato i momenti più belli dello stile, ma soprattutto di quel fenomeno noto come prêt-à-porter che negli anni ’70 ha cominciato a muovere i primi passi in un’Italia desiderosa di fare e sperimentare, e d’averli portati fino ai giorni nostri. Memorabili le sue collaborazioni con i più grandi stilisti del made in Italy, Gianfranco Ferré, Valentino e Versace in testa, così come il suo contributo imprescindibile nella definizione corrente della pubblicità di moda, complice l’allestimento creativo di innovativi set fotografici per campagne realizzate in tandem con il couturier Valentino.
A lui, al suo estro creativo e alla sua inconfondibile cifra stilistica il Centro Saint-Bénin di Aosta dedica la mostra “Gianpaolo Barbieri. La seduzione della moda”, visitabile sino al 2 novembre prossimo.
Curata da Daria Jorioz e da Raffaella Ferrari, l’esposizione ripercorre la carriera del fotografo milanese attraverso 58 scatti di grande formato, che raccontano la storia della moda dagli anni ‘60 fino ai primi anni Zero: dalle campagne pubblicitarie per le maison Valentino, Armani, Ferré e Versace, alle copertine di Vogue, in un percorso denso di suggestioni che, descrivendo l’evoluzione del suo stile, offre, al contempo, uno spaccato sulla storia recente della fotografia di moda.
Gian Paolo Barbieri ha ritratto nel suo studio le icone della moda e del mondo dello spettacolo: dalla magnifica Audrey Hepburn del 1969 alla top model Veruschka, a Vivienne Westwood, per arrivare a note celebrità del cinema e dell’arte come Monica Bellucci, Anjelica Huston, Sophia Loren, Rudolph Nureyev, Jerry Hall, Gilbert&George.
Nato a Milano nel 1938, ha contribuito a creare l'immagine di moda, lavorando a stretto contatto con gli stilisti e le testate di moda più famose. I suoi scatti glamour sono stati fonte di ispirazione per molte altre firme della fotografia: nelle sue immagini si ritrova una rigorosa ricerca della perfezione formale e insieme il racconto e la narrazione di un mondo “altro”, quello della bellezza, del sogno, complici le sue reminiscenze giovanili maturate nel mondo del cinema in un’operosa Cinecittà. Un’esperienza quella con la settima arte che molto influenza la cifra stilistica del fotografo: numerosi, infatti, sono gli scatti in cui si riscontra un’evidente ispirazione cinematografica, in cui il set, il posato da studio, non solo mette in scena, ma racconta come fosse il frame di un film.
Nel 1961 viene reclutato da Tom Kublin come assistente sui set delle collezioni francesi di moda: una collaborazione breve a causa della morte improvvisa dello stesso Kublin. Nel 1965, invece, ha inizio l’avventura con Vogue: a lui il compito di realizzare la copertina del primo numero di Vogue Italia. Ed è proprio grazie ai servizi fotografici per le edizioni italiana, francese, americana e tedesca della rivista che le grandi firme della moda gli affidano le loro campagne pubblicitarie. Nel 1978 Barbieri è indicato da Stern tra i quattordici autori che hanno fatto la storia della fotografia di moda. Le sue fotografie sono esposte in sedi prestigiose in tutto il mondo, al Victoria and Albert Museum di Londra, alla National Portrait Gallery di Londra e al Kunstforum di Vienna.
A corollario della mostra, un catalogo bilingue italiano-francese, che contiene le riproduzioni di tutte le opere in mostra, i testi di Daria Jorioz e Raffaella Ferrari e un’intervista a Gian Paolo Barbieri, edito da Allemandi.
Un viaggio per immagini nel meraviglioso mondo della moda e del made in Italy. Prestigioso compagno di viaggio, l’obiettivo di Gian Paolo Barbieri, colui che ha cristallizzato singoli istanti che, letti in successione, riproducono la storia di un Paese, ma ancora più, della società.

Gian Paolo Barbieri. La seduzione della moda
Centro Saint-Bénin, Aosta
Fino al 2 novembre 2014

Orari: martedì-domenica 9.30-12.30 / 14.30-18.30, chiuso lunedì  
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