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Channel: La Vie C'est Chic
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STYLE_SuperDuper Hats

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Sulla scena dello stile si è imposto un nuovo brand, visionario quel tanto che basta per affondare il proprio stile nella tradizione del passato e reinterpretarla in chiave contemporanea: SuperDuper Hats. Nato un po’ per gioco e un po’ per passione, in men che non si dica ha attirato l’attenzione di buyer, stampa e fashion estimatori, ritagliandosi un ruolo di tutto rispetto nel panorama internazionale della moda. Il tutto nell’osservanza di un autentico savoir-faire e di una dedizione per il bello declinato in tutte le sue forme. Un connubio d’ineguagliabile valore con il quale, complice un’abilità manifatturiera di raro valore e la ricerca di materiali nobili, realizzare cappelli unici nel loro genere.
SuperDuper dona all’accessorio di stile per antonomasia un’anima nuova, rinvigorendolo nello spirito ed enfatizzandolo nel fascino. Ogni cappello SuperDuper è realizzato interamente a mano e ha ragione di esistere grazie alla sua natura intrinseca di prodotto artigianale autentico.

La collezione donna primavera/estate 2014 si ispira a “Libere!” di Paula Izquieredo, saggio che racconta la storia di 21 donne che hanno affermato la loro personalità in un mondo pieno di pregiudizi. Mata Hari, Simone de Beauvoir, Joséphine Baker, Edhit Piaf e Janis Joplin diventano così le nuove muse di SuperDuper Hats nonché il punto di partenza per ripensare ad una nuova idea di donna. Dalle storie di queste eroine nate “comuni” e divenute nel tempo leggenda, SuperDuper coglie i tratti di diverse femminilità accomunate dal medesimo coraggio, intraprendendo così un viaggio che le riporta ai giorni nostri.
I materiali e i colori spaziano dai tessuti jacquard alle paglie intrecciate, fino ad arrivare a trasparenze metalliche e fiori di vernice, dipingendo, in tal modo, le molteplici sfaccettature dell’universo femminile.

Ma SuperDuper Hats si spinge anche oltre….ha sviluppato, infatti, il progetto SuperD, nato con l’intento di sperimentare nuovi e inusuali materiali per il cappello declinati in un monoprodotto “easy to wear”: il CAP. Punto focale, la rielaborazione di forme pop. Questo permette alle texture e al colore di essere protagonisti assoluti della collezione insieme al culto del marchio per la ricercatezza del dettaglio. Rete da sdraio, pelle a specchio, seta da cravatta, tessuto da ombrellone, juta, pizzo in plastica, intrecci di papier sono solo alcuni dei materiali utilizzati da SuperDuper per creare un magico caleidoscopio che mixa sapientemente esperienza cromatica e tattile, dando vita a un attraente labirinto .


PEOPLE_Aldo Fallai

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Aldo Fallainasce a Firenze nel 1943. La sua formazione artistica avviene nella città natale dove inizia anche a lavorare come professore, accostandosi, contemporaneamente, alla fotografia. È proprio di questo periodo l’apertura di uno studio di grafica in società con il fotografo Mario Strippini. Nel 1975 il momento clou della sua carriera, che imprime una svolta decisiva: l’incontro con Giorgio Armani, allora agli inizi della sua carriera come stilista autonomo. Da qui in poi inizia il suo soggiorno milanese, che lo vede protagonista degli anni in cui si sviluppa il prêt-à-porter. Il suo primo incarico, un servizio fotografico proprio per Re Giorgio per una pagina di Vogue.Un idillio andati avanti per oltre venticinque anni, che ha visto la realizzazione di numerose campagne pubblicitarie volte a definire l’immagine internazionale dei marchi Giorgio Armani, Emporio Armani e Armani Jeans. L’esperienza di Fallai nel mondo della moda annovera alcune tra le maison più importanti: Hugo Boss, Canali, Cerruti, Salvatore Ferragamo, Gianfranco Ferré, Calvin Klein, Valentino ed Ermenegildo Zegna, solo per citarne qualcuno. Nel corso della sua carriera firma servizi per le riviste Amica, Anna, Annabella, Elle, Esquire Japan, GQ, Grazia, Harper’s Bazaar Italia, Lei, Max Moda, Mondo Uomo, L’Officiel Homme, L’Uomo Vogue nonché per l’edizione inglese, italiana e australiana di Vogue. Il suo stile è inconfondibile: interpreta la moda nella sua quotidianità, prediligendo gli aspetti esistenziali. Nelle sue immagini, infatti, sono riscontrabili tratti del contesto sociale e culturale del tempo nonché del suo stato d’animo interiore. Pertanto, ammirare i suoi scatti è un po’ come leggere di lui e del tempo passato. All’inizio degli anni ’80, in pieno sviluppo economico e agli albori dell’epoca dell’opulenza per antonomasia, Fallai lavora con le più importanti modelle, tra le quali Angela Wilde, Antonia Dell’Atte e Gia Marie Carangi. Sempre in quel periodo, affianca la sua carriera fotografica a una personale lettura dell’arte del ritratto di grandi della pittura. Tra i suoi riferimenti trovano posto i manieristi toscani, da Pontormo ad Angelo Bronzino, la pittura di Caravaggio e la sua luce tagliente, l’accuratezza dei preraffaeliti e le visioni esotiche dei pittori orientalisti del XIX secolo. Un interesse per l’arte legato alla sua formazione e che sempre di più trova commistione con la moda: nelle campagne di metà anni ’80 per Emporio Armani, Fallai si ispira alla pittura dei primi decenni del XX secolo e al classicismo della scultura degli anni ’30, illuminando in maniera radente i corpi solenni dei modelli ritratti in pose idealizzate. In molti altri casi, Fallai guarda alla storia della fotografia come, per esempio, nel caso della campagna Emporio Armani per la primavera/estate 1986 in cui cita direttamente Le baiser de l’Hôtel de Ville di Robert Doisneau (1950). Fallai predilige il bianco e nero per la sua forza espressiva e per la capacità di scolpire volti, espressioni e corpi. La sua cifra stilistica ha contribuito alla costruzione del mito Armani, realizzando fotografie divenute icone di uno stile, e degli ideali di un’intera generazione. Come non ricordare la campagna autunno/inverno 1984-1985 in cui Antonia Dell’Atte in completo di foggia maschile avanza con atteggiamento sicuro, tenendo a sé un fascio di quotidiani.
Fallai pubblica numerosi cataloghi delle collezioni Giorgio Armani e il libro fotografico Almost One Year (1993). Le sue fotografie sono apparse in numerose esposizioni e pubblicazioni, tra cui il catalogo della retrospettiva itinerante Giorgio Armani (2000), pubblicato in occasione della mostra tenutasi presso il Solomon R. Guggenheim Museum di New York e di Bilbao. Nello stesso anno ritrae la squadra di calcio della Juventus per il libro fotografico Un sogno in bianco e nero, iniziativa di beneficenza a favore dell’Istituto Gaslini di Genova. Nel 2004 è la volta della mostra a Firenze Col segno di poi: Fotografie in Toscana 1980-2002. Ed è sempre il capoluogo fiorentino a celebrarlo in questi mesi, fino al prossimo 16 marzo con l’esposizione antologica “Aldo Fallai. Da Giorgio Armani al Rinascimento. Fotografie dal 1978 al 2013”.

STYLE_Baccarat in love

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Baccarat, marchio di cristalleria nota in tuto il mondo per il prestigio delle sue creazioni nonché della sua storia risalente ai tempi degli Zar, accompagna ogni momento della nostra vita. Complici collezioni che spaziano dai complementi d’arredo agli articoli per l’illuminazione, passando per i bijoux, è divenuto un compagno di viaggio ineguagliabile, capace di evocare i fasti di epoche passate e, al contempo, il valore del tempo che ha saputo rinnovarsi.
Per San Valentino, la Maison presenta numerose soluzioni, sintesi suprema di stile, eleganza e prestigio.

(1). B Lovely, collezione disegnata da Stéphanie Bascou, è in vermeil lavorato a coste piatte. La luce e il colore dei cristalli mogano, ambra o viola, lavorati artigianalmente, traspaiono da delicate catene dorate.

(2).Favorite, di Aude Lechère, ricorda, per eleganza e disinvoltura, i bijoux indossati da Madame de Pompadour alla corte di Re Luigi XV. I gioielli rivisitano l'estetica vintage del cammeo, con la B di Baccarat filigranata in vermeil a proteggere il cristallo rosa mordoré come uno scudo.

(3). Per l'uomo, B Mania Homme, una collezione virile ed elegante al tempo stesso. Ogni pezzo è una combinazione tra l'argento rodiato e il cristallo Baccarat. Dai gemelli, cilindrici, quadrati e rettangolari, agli anelli, al bracciale, alle catene con piastrina, B Mania Homme appaga chi è in cerca di eleganza classica e seduzione.

A queste collezioni si aggiungono tanti evocativi oggetti a forma di cuore, dai gioielli agli orologi.
Partendo da Baccarat Coeur, la collezione perfetta per dimostrare il proprio affetto alla persona amata, cuori che sembrano pulsare e prendere vita. Dagli orologi(4) alle decorazioni, il cuore di Baccarat è il regalo che ogni donna sogna. Baccarat Baby Coeur, discreta e semplice ma allo stesso tempo profonda e attraente, la collezione Baby Coeur include i girocollo, la collana con cuore grande e gli orecchini (6), con cuori in cristallo di tanti diversi colori. Baccarat B Mine, il cuore Baccarat che batte in B Mine è doppio, uno in cristallo colorato e l'altro in argento (5); la raffinata collezione include collana e ciondolo. Baccarat Romance: luminosi, romantici e dai tratti scultorei e levigati, questi grandi ciondoli irradiano una bellezza da sogno(7). Infine, Baccarat Glamour, affascinanti e sontuosamente tondeggianti, i ciondoli Glamour sono sostenuti da cordini colorati che si intonano perfettamente alle tonalità dei cristalli.

Tutti i bijoux e gli oggetti sono acquistabili su www.baccarat.it

STYLE_Espadrilles. Naturalmente originali. Collezione PE 2014

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Un gran classico, che non è mai passato di moda, attraversando epoche e luoghi, ma mantenendo intatto il suo stile connaturato: le Espadrilles.
Anche per la prossima primavera-estate tornano in grande spolvero, con una vasta gamma di calzature da indossare in tutte le occasioni dal tempo libero a quelle più mondane, al mare o in città. La nuova collezione si presenta per essere versatile e ricca di spunti creativi ispirata ad uno stile romantico e natural-folk, il mood è dissacrare materiali importanti e raffinati per realizzare una serie di modelli unici e ricercati.
Grande attenzione viene data ai dettagli: colori in contrasto, distorsioni nelle grafiche, applicazioni glitter, tagli decisi e geometrici. Le contaminazioni degli elementi folk si esprimono al meglio attraverso l’uso di stampe Patchwork, dai colori accesi, mentre gli elementi naturali ci riportano alle atmosfere dell’Africa grazie all’uso di texture con le tonalità tipiche dell’aurora boreale.

Lo storico modello Alpargata, la calzatura rasoterra in cotone e corda, viene proposto con tessuti rigati, lavati, piquet, materiali polverosi, come se fossero lavati dal mare, colori degradèe per effetti di sicuro impatto, ma anche paillettes, lurex e pizzi non mancano.
La linea uomo, dall’evidente anima casual, si caratterizza per le immancabili sneakers, i sandali e la slip-on, su un nuovo fondo interamente in corda, nonché per l’uso di tessiture rustiche che conferiscono alle calzature un effetto vintage.
Per la donna non mancano le zeppe molto alte, sulle altezze tre/cinque/sette corde, con tocchi di nuovi materiali e abbinamenti di colori molto sobri. Accanto alla tipica suola flat via libera dunque ai sandali con plateau, alle zeppe, ricoperte da differenti texture, pelli e corde per renderle sempre più femminili. Materiali naturali come il sughero fanno invece da contorno ai tessuti colorati, etnici e dall’aspetto dipinto a mano con mix di colori sempre
in gradazione, blu/celeste che degradano fino al beige
o rosa/senape beige. Cotoni tramati a telaio grande con effetti delavati naturale, nei colori blu/beige/rosso/nero.
La tavolozza di colori per la nuova collezione è molto variegata e sarà all’insegna dei colori beige-rosati, 
delle tonalità dal verde al blu, rossi, giallo senape. Non mancheranno i metallizzati e i laminati schiariti, le nappe morbide con toni naturali ed effetti cerati.
L’originale marchio Espadrilles è stato ideato all’inizio degli anni ‘70 dal gruppo emiliano Ferrari & Zenobi, il quale da sempre ha saputo valorizzare al massimo le potenzialità del prodotto, basti ricordare il boom ottenuto durante gli anni 80’ quando le Espadrilles rappresentavano il must havedell’estate. Ancora oggi Ferrari & Zenobi riesce a farci amare queste calzature proponendoci, stagione dopo stagione, una collezione ricercata dalle sempre più evidenti escursioni modaiole.

LEISURE_WHITE MILANO edizione FEBBRAIO 2014

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Barbara Alan

Bjorg

Histoire de Parfums

N.I.M.E.

Toga Pulla


Dopo il successo dell'edizione di Gennaio, WHITE riapre le sue porte nei giorni 22-23-24 febbraio 2014 per presentare agli opinion leader del settore moda, le tendenze dell’autunno-inverno 2014/15.
I brand di abbigliamento e accessori, in tutto 487, selezionati rigorosamente dal team commerciale del salone, esporranno le loro novità nelle tre location di Via Tortona 27-35-54.
Grazie alla nuova strategia commerciale, iniziata un anno fa, WHITE MILANO rappresenta sempre più un appuntamento imperdibile per un pubblico fashion internazionale. Stagione dopo stagione il salone patrocinato dal Comune di Milano, si afferma grazie a qualità, sperimentazione, attenzione alle tendenze e modernità.
Per l'autunno-inverno 2014/15, l'edizione sarà ricca di proposte: i marchi avant-gard di Via Tortona, 27, lo streetwear al civico 54 ed i brand new classic in Tortona, 35.
Ecco, in anteprima, qualche nome di tendenza presente al salone.

BARBARA  ALAN
Il marchio, fondato dall'omonima designer, persegue l'idea di un'estetica modernista. Nella realizzazione degli abiti la stilista utilizza le più moderne tecniche di produzione, apprese negli anni a fianco di professionisti del settore, che privilegiano la cura del dettaglio e la qualità del tessuto. Il design fa somigliare i capi a vere e proprie sculture che enfatizzano la femminilità. L'assenza di cuciture, la sartorialità e le linee semplici diventano un modo espressivo. Grazie alla foggia apparentemente modesta e non urlata, nonché alla semplicità, essi appaiono piccole opere d'arte impreziositi da patch quadrati decorativi e da orli sagomati, presentando linee forti ammorbidite da bordi tagliati in tessuti pregiati. I materiali sono le fibre naturali e le lane, impiegate per dare calore. Predominano i grigi, le sfumature di nero ed il blu mezzanotte.

BJØRG
"LA QUARTA DIMENSIONE"
La collezione di gioielli e occhiali BJØRG 2014 è un viaggio attraverso lo spirito metafisico del primo modernismo. Per farlo trae ispirazione dai movimenti artistici avant-garde del periodo: cubismo, futurismo, dadaismo e surrealismo. Attraverso l'accostamento di diverse forme geometriche, linee, spazi negativi e destrutturazioni, la collezione rievoca i concetti moderni di percezione e realtà. Linee rette e forme ritagliate si fondono con cerchi, sfere ed elementi surrealistici per creare un insieme intrigante e giocoso al tempo stesso.
Tutti i pezzi sono realizzati a mano. La collezione BJØRG 2014 è prodotta interamente in argento e bronzo, con placcature in oro 18 carati, oro rosa o argento. È caratterizzata, inoltre, dall'utilizzo di diamanti e cristalli grezzi, pietre preziose con finiture naturali, che rende ogni pezzo estremamente prezioso.
La designer, Bjørg Nordli-Mathisen è nata e cresciuta nel nord della Norvegia e ha iniziato a creare gioielli durante il soggiorno in India, nel 2004. Le prime creazioni sono state acquistate da Harvey Nichols e Liberty a Londra.Dopo aver trascorso lunghi periodi tra Copenhagen e New Delhi, attualmente è tornata a vivere nella sua terra natale, la Norvegia, mentre il cuore della sua produzione è la Toscana. 
Le sue creazioni sono state indossate da artisti come David Bowie, Lady Gaga, Madonna, Rihanna, Lykke Li, Robyn, Coco Sumner, Jessie J, Röyksopp e l'attrice Noomi Rapace.

N.I.M.E. Rustic Luxe
N.I.M.E. è un marchio di lusso italiano che crea accessori in pelle eclettici e sostenibili. Il nome non è scelto a caso, il suo significato, infatti, ne riflette la filosofia: acronimo di Natura, Intercultura, Materia ed Etica. Il progetto è nato per condividere una nuova visione del lusso e della moda nonché per dimostrare che la qualità ed il lusso possono essere associati alla pelle conciata al vegetale e a materiali sostenibile e riciclati, come i tessuti d’epoca.
Le collezioni sono ispirate alla natura, i materiali sono pellami tinti a mano in botte con legni e tannini naturali estratti da castagno o quebracho argentino. Attraverso questo processo, della durata di circa 40 giorni, la pelle grezza viene trasformata in un materiale che resiste al tempo. Per l'autunno-inverno 2014/15 il trend è notte/bosco, i colori sono il pomice e il nero, il design è pulito ed essenziale come è nello stile del marchio. Tutte le forme sono funzionali e si adattano perfettamente allo stile di vita urbano, nel rispetto della natura: “city living and nature loving”.

TOGA PULLA
Approda a WHITE all'interno della special area Six London Showroom, il marchio di calzature TOGA PULLA. Per la stagione autunno-inverno 2014/15 predominano lo stile militare e cowgirl. La scelta dei colori cade sul rosso acceso, sul blu navy e sul kaki. Per gli stivaletti e mocassini cinturini con fibie di metallo, dettagli che conferiscono un look moderno e grintoso.

HISTOIRE DE PARFUMS
Un marchio che è una biblioteca olfattiva unica, pronta a raccontare storie composte attorno a personaggi ricchi di fascino, materie prime sofisticate e anni mitici. La collezione creata daGérald Ghislain, nato nel sud della Francia ma cresciuto in Marocco, nasce dall’ispirazione pura. Dal temperamento eclettico, Gérald ha deciso di raccontare storie utilizzando non le parole bensì il profumo, strumento eccezionalmente sensibile e sensuale. Histoires de Parfums "pubblica" le sue fragranze in edizioni di lusso, da leggere sulla pelle.
Tutte le creazioni esaltano la nobiltà e la creatività, ispirandosi alla tradizione della profumeria francese. La scelta delle materie prime di ottima qualità riflette l’amore per il bello, espresso anche attraverso il design del flacone, la cura nel packaging e nella comunicazione. Attraverso questa biblioteca olfattiva Gérald Ghislain attinge al mondo degli odori per dare forma alle emozioni che vuole esprimere per narrare le sue storie. Gérald parte dai profumi mediterranei per orientarsi poi grazie alla gastronomia verso combinazioni più ardite. In profumeria come in cucina impara a giocare con i sapori e con gli odori, lasciandosi trasportare dalla passione e dalla creatività, raccontando storie di profumi come il romanziere scrive le sue opere.
L'ultimo personaggio a cui viene dedicata una nuova fragranza dalle note fiorite, speziate e aromatiche è lo scrittore americano Hernst Hemingway. 

STYLE_Stella Jean pe 2014

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Colore, fantasia e vita chez Stella Jean per la prossima Primavera Estate. La collezione si caratterizza per un perpetuo rincorrersi di trompe-l'œil culturali: rimandi ed ispirazioni che trovano validazione in splendide creazioni nate nel segno del proseguimento della collaborazione con l'agenzia dell'ONU International Trade Center (ITC), che ha favorito l'introduzione dei tessuti realizzati a telaio a mano dalle donne dei villaggi del Burkina Faso.
Elementi apparentemente eterogenei mettono in scena contrasti decisi, amalgamati e attenuati dalle linee sartoriali d’inequivocabile matrice europea. La collezione si ispira alle suggestive  immagini in bianco e nero degli aristocratici percorsi vacanzieri anni ’60: viaggi da sogno che iniziavano su un Aquariva  in partenza dalla Cote d’Azur, per approdare poi sull’affascinante ed indolente costiera italiana, da percorrere con spensieratezza in sella ad una Lambretta.
Le creazioni ri-disegnano una mappa che oltrepassa l’accezione geografica, per addentrarsi in quella filosofica-sentimentale: ogni capo non chiede unicamente di essere guardato e ammirato, ma di scorgere attraverso lo styling un senso più profondo, che va oltre il mero riflesso estetico.
La collezione si trasforma così in un diario di viaggio estemporaneo, in cui i racconti si rincorrono per incontrarsi in una narrativa per immagini nuova, ma ben radicata e conscia del suo passato. Lo Sguardo assume dignità propria ed viene eletto a traghettatore: per mezzo di un caleidoscopio culturale, risveglia un patrimonio di memorie comuni, attraverso il suo innesto all’interno del tessuto urbano contemporaneo.
Fondamentale per la comprensione della collezione, l’uso corretto dell’aggettivo “etnico”, che qui viene sottratto all’abuso e alle manipolazioni occidentali, per essere riconsegnato al suo autentico e ben più ugualitario contenuto. Il trompe-l'œil sorprende lo spettatore a ogni sguardo, creando giochi d’apparenze e di rimandi; il rigore delle linee orizzontali dei tessuti canvas utilizzati per i capi spalla e per le gonne dai tagli retrò, seppur richiamando per associazione di idee i rigati dei blazer dei college britannici, costituisce in realtà il portabandiera della cultura del Burkina Faso, stato dell’Africa occidentale e “terra degli uomini integri”. Le frontiere territoriali vengono così scisse da quelle mentali, meno visibili ma ben più tenaci e selettive.
Tra le etnie cui s’ispirano le creazioni, la prima è quella italiana, sottolineata dall’artigianalità dei capi unici in seta, in cui si fondono le tradizioni accademiche della pittura su stoffa e del ricamo a mano modulato artisticamente. Il tessuto wax costituisce invece lo stilema d’Africa, Paese del quale vuole rievocare la grandeur storica e non i tratti pittoreschi. Artigianalità occidentale e tradizione africana rappresentano due vive espressioni di slow fashion, entrambe distanti dalle tempistiche vorticose dell’industria moda, ma capaci di coniugarsi a capi veloci e passe-par-tout, come l’immancabile camicia a righe o come la camicia jeans dall’inconfondibile spirito decontractée.
Ad impreziosire i movimenti, i bijoux Anni ’50 che conferiscono uno stile raffinato e vagamente giocoso.
Elementi tipicamente maschili si affiancano ai classici capi del guardaroba femminile, generando un ritmo nuovo, capace di dare eco a un’eleganza inedita: le décolletées si alternano a mocassini da smocking in wax e gros-grain a contrasto; i capelli vengono rigorosamente raccolti sotto cappelli di foggia maschile, oppure avvolti da turbanti in wax o in pizzo sangallo; eleganti e rigorose camicie Guayabera cubane da uomo evidenziano una nuova femminilità composta


A proposito di Stella Jean
Stella Jean, giovane e talentuosa stilista di origine italo-haitiana, inizia a lavorare nel mondo della moda sfilando come modella per Egon Von Furstenberg. Ben presto, però, scopre la sua vera vocazione creativa: i suoi abiti devono raccontare chi lei sia e devono rendere bella colei che li indossa. Dal luglio 2011, quando si è distinta tra i vincitori del prestigioso concorso Who’s On Next, le sue collezioni continuano a ricevere l’apprezzamento di stampa e buyer internazionali. Il mood raffinato e prezioso di Stella Jean trae ispirazione dalla  sua multiculturalità che si traduce nella filosofia “Wax & Stripes Philosophy”, divenuta a ragion veduta la sua vera e propria cifra stilistica. I capi, venduti nei più importanti fashion store di tutto il mondo e indossati dalle donne più eleganti del globo, sono una personalissima interpretazione di stile senza tempo.

A proposito di ITC - THE INTERNATIONAL TRADE CENTRE’S ETHICAL FASHION INITIATIVE
La Ethical Fashion Initiative promossa da ITC favorisce la realizzazione di prodotti di moda, creati attraverso la collaborazione fra case di moda e comunità di micro produttrici in vari paesi africani e in Haiti. L’iniziativa ha creato un business fiorente che ha consentito a migliaia di micro imprenditrici di far parte della catena del valore della moda, sempre controllando (attraverso rigorose valutazioni di impatto e applicazione dei principi del Fair Labour) che si tratti di lavoro che conferisca dignità e indipendenza. La Ethical Fashion Initiative produce splendidi accessori in partnership con grandi Case di moda, tra cui Stella McCartney, Ilaria Venturini Fendi, Vivienne Westwood, Chan Luu, Sass & Bide, Osklen , United Arrows e Manor. La Ethical Fashion Initiative sostiene il lavoro di designer africani e internazionali. Anche Stella Jean, ha preso parte alla collaborazione e ha recentemente visitato il Burkina Faso in preparazione delle sue future sfilate. La Ethical Fashion Initiative crede in Stella Jean come un partner serio e affidabile che condivide i principi etici di tutta l’iniziativa.

STYLE_Kinloch pe 2014

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Per la primavera/estate 2014 Kinloch, lussuoso brand i foulard e cravatte, inneggia al viaggio, in un furoreggiante giro di valzer tra fondali siciliani e teatrini nipponici.
I foulards, in seta come in cotone, sono decorati con i coralli dei fondali più chiari o ambrati oppure con pesci raccolti dalle tonnare e con bolle attinte dal mare spumeggiante: è un tripudio marino che invita a viaggiare verso avventurose mete esotiche.
Dalle profondità marine inesplorate, si passa a un’esplosiva Sant’Agata che sfila sui viali catanesi con trionfanti luminarie e simbolici fichi d’India che incorniciano l’evento. Dalle strade si entra nelle atmosfere più intime delle case siciliane: un’esplorazione garbata dell’universo domestico siciliano di cui si fa tesoro, portando le maioliche della cucina su un fondo floreale. L’eleganza si fa semplice e autentica, lasciando trasparire il calore e l’amore di una terra.
Il viaggio diventa onirico e arriva a lambire i confini del Giappone. Personaggi del Sol Levante, lottatori e guardiani, usciti dall’Impero nipponico, con le loro spade sembrano quasi inscenare un pezzo teatrale, su un fondo di rondini danzanti.
Un’innocente evasione che culmina con il volo di uno stormo di aironi, i quali dispiegano le ali sul fondo di un cielo di un intenso blu estivo, appoggiandosi a riposare su cornicioni di palazzi barocchi.
Una collezione che conferma e rafforza lo spirito del brand, il quale, grazie alla bellezza dei disegni, alla qualità dei tessuti e alla delicatezza della lavorazione, è presente in alcune delle più prestigiose location d’Italia.

Kinloch è un neo-brand del lusso firmato dell’italo scozzese Marco Kinloch Herbertson. Incominciata in Sicilia, presso la dimora settecentesca della moglie Antea Brugnoni Alliata, discendente di un’antica famiglia siciliana e appassionata conoscitrice del mondo arabo, quest’avventura alla ricerca di un design dal sapore al contempo originale e retro sta rapidamente portando il marchio ad una visibilità internazionale. Il team si è recentemente strutturato grazie alla presenza della milanese SUM Ventures di Davide Mongelli,
Presidente del brand, la cui esperienza ed il cui entusiasmo sostengono la crescita del marchio e il suo corretto posizionamento in Italia e all’estero.

Le novità di Kinloch possono essere seguite sul sito www.kinloch.it o sulla pagina FB www.facebook.com/pages/Kinloch 

ART & CULTURE_Blumenfeld Studio – New York 1941-1960

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Erwin Blumenfeld approda alla Galleria Carla Sozzani con la mostra “Blumefeld Studio – New York 1941-1960”, incentrata sui lavori realizzati nello studio di Central Park a New York durante la Seconda Guerra Mondiale e i successivi anni del boom economico: dalla fotografia di moda alle campagne pubblicitarie, dai ritratti di personalità, ai manifesti della propaganda, fino ai lavori sperimentali che oggi sono stati riconosciuti come significativi e determinanti per lo sviluppo della fotografia contemporanea. Curata da Nadia Blumenfeld Charbit, François Cheval e Ute Eskildsen e originariamente concepita per il Musée Nicéphore Niépce di Chalon-sur-Saône, in Francia, la mostra presenta oltre un centinaio di stampe perfettamente restaurate nei colori, riviste originali e alcuni ritagli di pubblicazioni storiche.
Erwin Blumenfeld è tra le figure più influenti e innovative della fotografia del ventesimo secolo. Un artista con una percezione dell’arte, della moda, della pubblicità unica nel suo genere, caratterizzata da una continua sperimentazione.
 Se la biografia europea di Erwin Blumenfeld è nota – l’origine ebraica, il suo soggiorno ad Amsterdam, l'esperienza delle avant-gardes parigine – poco si conosce del suo periodo americano e del suo studio di New York.
Dopo essere fuggito dalla Francia occupata nel 1941 e stabilitosi a New York, Blumenfeld inizia immediatamente a lavorare per la rivista Harper’s Bazaar e collabora con Carmel Snow e Diana Vreeland alla realizzazione di servizi di moda.
È proprio in questo clima di crescita economica e con una stampa in piena espansione, che il lavoro creativo, provocatorio e personale di Blumenfeld fiorisce. Dopo soli tre anni negli Stati Uniti, è già uno dei più famosi e ben pagati fotografi del settore, così lo definisce il New York Times "una guida eccezionale dell’immaginario fotografico”.
La sua collaborazione con Vogue e con l’allora direttore Alexander Liberman, durata 15 anni, segna il culmine della sua carriera in America. Realizza oltre cinquanta copertine per Vogue US tra cui i ritratti di modelle famose e donne dell'alta società del tempo, Babe Paley, Dovima, Jean Patchett e Carmen Dell'Orefice. Negli stessi anni lavora regolarmente con altre riviste americane come Life Magazine e Cosmopolitan (per la quale ritrae Grace Kelly nel 1955); inoltre realizza importanti campagne pubblicitarie per alcuni clienti, tra cui Dior, Elizabeth Arden, Max Factor, L'Oréal e Helena Rubenstein.
Profondamente inventivo, sperimentatore e spesso in opposizione ai codici convenzionali, Blumenfeld sviluppa uno stile proprio, utilizzando il fotomontaggio, la solarizzazione, le diapositive a colori e un’infinità di tecniche ibride.
Fin dall'inizio è influenzato dall'idea della fotografia come arte. Volendo essere considerato come un artista d'avanguardia piuttosto che come un fotografo di moda, introduce un’“arte di contrabbando” nei progetti commerciali. Blumenfeld, infatti, traeva spesso ispirazione dalla storia dell'arte, dal suo interesse per la grafica, e trovava il modo di citare i grandi pittori, ad esempio reinterpretando con un tocco di modernità l’opera di Vermeer La ragazza con l'orecchino di perla per Vogue US o rifacendosi all’opera di Manet Bar des Folies Bergères per un servizio pubblicato su Harper’s Bazaar nel 1941.

Blumenfeld Studio – New York, 1941-1960
Fino al 30 marzo 2014
Orari: tutti i giorni, ore 10.30 – 19.30; mercoledì e giovedì, ore 10.30 – 21.00
Mostra co-prodotta dal Museo Nicéphore Niépce, Chalon-sur-Saône e dal Museo Folkwang, Essen
Galleria Carla Sozzani, Corso Como 10, Milano; tel. 02.65353

LEISURE_Elio Fiorucci e Lia Bosch per Art Therapy

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Si è tenuta ieri sera, martedì 18 febbraio, nella Libreria di 10 Corso Como, la presentazione delle immagini realizzate da Lia Bosch per il progetto Art Therapy di Elio Fiorucci, ideato insieme all’amico Davide Rampello. Un evento che ha visto un’intensa affluenza di personalità del mondo della cultura, pubblico e giornalisti, tutti riuniti per celebrare la creatività dell’arte tout court.
Colori puri, forti e vibranti si liberano in forme di corpi e in dettagli anatomici, sublimati e trasformati in simboli e totem. Lia Bosch ha scelto di lavorare con semplici applicazioni grafiche per smartphone e tablet per restituire al corpo la sua centralità e alla sessualità una poetica quasi dimenticata. Linee forti e decise per un linguaggio libero e incisivo, che trascrive emozioni attraverso opere che sperimentano diversi materiali, tra cui anche le stoffe dei magici foulard realizzati da Lissa Spa, azienda comasca specializzata nella stampa di tessuti proprio per il suddetto progetto.
L’arte esce così dalle gallerie per inoltrarsi in mondi paralleli e raggiungere un pubblico sempre più vasto e trasversale, rincorrendo un’utopia di democrazia creativa.Una tappa importante del percorso di Lia Bosch verso un progetto più ampio, che comprende la creazione di oggetti e accessori da inserire in uno scenario quotidiano, scandito da nuove abitudini. Le sue opere sono dirette, totali, assolute, tanto “da poter essere comprese a diversi livelli”, come dice la stessa Lia Bosch, trasformandosi in multipli ed edizioni limitate. I foulard, realizzati da Lisa Spa, diventano così il “luogo” di incontro ideale tra tradizione e innovazione, tra arte e artigianalità, tra i codici riconoscibili del Made in Italy e il lessico universale della creatività. La percezione visiva dell’opera rimane intatta, cambia solo l’approccio sensoriale.
Il debutto di Lia Bosch coincide con l’avvio del nuovo progetto di Elio Fiorucci: Art Therapy. Elio Fiorucci coniuga la sua passione per l’arte con l’attenzione che ha sempre avuto nei confronti dell’universo giovanile, trasferendo le creazioni di giovani artisti emergenti in accessori, recuperando anche un linguaggio comune tra arte e artigianato, grazie alla collaborazione con aziende che fanno parte dell’eccellenza manifatturiera del made in Italy.
Ridare vita a una tendenza pop: arte da guardare e da indossare.  

ABOUT_Il magico mondo degli stivali

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Gli stivalihanno saputo conquistare l’immaginario collettivo, complice il supporto fornito da personaggi di fantasia che in essi hanno trovato il loro segno di riconoscimento: dal Gatto con gli Stivali, protagonista dell’omonima e celebre fiaba popolare, a I Tre Moschettieri di Alexander Dumas. A dar manforte, una miriade di personaggi cinematografici: per citarne qualcuno, John Wayne con i suoi camperos, Robert Redford con gli inseparabili stivaletti da aviatore nel film “La mia Africa”, Catherine Deneuve con fiammanti gambali appuntiti e tagliati a V sotto il ginocchio ne “La ragazza con gli stivali rossi” di Jean Louis Buñuel, Jane Fonda e l’interpretazione di Barbarella divenuta celeberrima anche grazie ai cuissardes quasi inguinali, quintessenza di audacia e sensualità.
Dal grande schermo al guardaroba di noi altri, il passo è stato breve. E così, gli stivali sono divenuti protagonisti indiscussi sia del côté femminile che di quello maschile: utili e indispensabili nella stagione invernale, dimostrano di possedere una versatilità a tutto tondo se visti nel loro approccio con la moda. Un legame che si è consolidato nel tempo, tanto da trasformare gli stivali in un must have perfetto in ogni stagione, complice l’elevata qualità dell’italian style.
Parlando proprio di made in Italy, gli stivali femminili e maschili prodotti nel nostro Paese occupano un posto di rilievo in tutte le vetrine del mondo, evocando i valori classicamente associati alle produzioni italiane. Eccellenza tecnica e ricerca stilistica sono i fattori chiave di successo con i quali vincere le sfide con i competitors. Un giusto mix che ha consentito nel tempo di coniugare la tradizione artigianale con l’innovazione in termini di stile. Un percorso non semplice, reso possibile dalla cura riposta nella scelta dei materiali, spesso ricercati, a volte inusuali, e dall’attenzione per la modellistica, che tende a privilegiare il comfort ad ogni costo. La realizzazione di un paio di stivali parte da una meticolosa valutazione delle forme, della suola e dei tacchi oltre che dei materiali certificati da utilizzare per ottenere una comodità che non sacrifica la bellezza estetica.
Dal canto loro gli stivali vantano una storia di tutto rispetto: molte, infatti, sono le tappe che li hanno portati dagli antichi Greci, quando coprivano solo la caviglia, ai giorni nostri. A metà polpaccio nel 1500 e fino al ginocchio nel 1700, erano prerogativa degli uomini di potere o dei militari; con i lacci e i bottoni nel 1800 conquistano anche le donne. Nel 1900, divenuti oramai una consuetudine, vestono dame eleganti e signore bon ton. Ma è negli anni ’70 che vedono una nuova vita. Correva il tempo di Mary Quant e delle sue gonne ben sopra il ginocchio: gli stivali escono così allo scoperto. Si mettono in mostra e mostrano le gambe, senza pudori né esitazioni, bensì con un pizzico di ironia. Questo è il primo passo della scalata nell’olimpo della moda e della creazione con essa di un legame indissolubile. Un legame consolidato nel tempo, che ha reso gli stivali i protagonisti di un processo creativo e stilistico inarrestabile e li ha introdotti nei guardaroba di dive, celebreties e semplici estimatrici dello stile. Sono così andati ben oltre il concetto di stagionalità, diventando un passe-partout valido tutto l’anno: complici personaggi come Miranda Kerr e Kate Moss che li indossano anche d’estate, gli stivali hanno subito un’ulteriore interpretazione, assumendo i tratti di summer boots, realizzati in pelle sfoderata, camoscio o tela, da indossare con shorts e abiti leggeri.

Materiali: cuoio, suede, vernice, pelle. Quest’ultima anche stampata o invecchiata. E poi, cavas, denim, velluto, rete, tulle, raso, pelliccia, lana tricottata. Con ricami e decorazioni di perline, cristalli, paillettes, borchie, piume, nastri.

Forme: largo, dritto e comodo, fino al ginocchio o a metà polpaccio, nei modelli unisex. Aderente, persino a calza; morbido, quasi afflosciato; con bordo in contrasto di colore o con risvolto; chiuso in alto da un cinturino o stretto da una coulisse; chiuso dietro da lacci o fibbiette.

Suole: di diversi materiali, a seconda del look e dello stile. Il classico e super intramontabile vero cuoio, eccellenza tutta italiana: leggero e flessibile. La gomma carrarmato o la para nei modelli destinati all’inverno. Non  da ultimo, la sperimentazione della corda, della plastica, persino del camoscio e del sughero.

Colori: il marrone e il cuoio, il nero e il grigio, il blu e il bordeaux. Ma anche il rosso rubino e il verde bottiglia o militare; tutta la gamma dei pastello, fino al bianco; i fluorescenti; i metallizzati e i marmorizzati. E perché no, un mix multicolor o grafismi optical.

Tacchi: basso e squadrato, solido e rientrante. A stiletto e a spillo; a rocchetto e da gattina; a cono rovesciato o a parallelepipedo; a banana e a virgola; scultoreo e di design. Sì anche a zeppa e plateaux interni. Dai 2 centimetri si arriva in un battibaleno ai 15 centimetri di altezza.

Modelli: camperos e texani, da cavallo e da biker, Beatles e doposci. Stringati alla russa o alla Belle Epoque; con le frange da squaw; con la fibbia alla Richelieu; cut-off, bondage, a gabbia. La nuova tendenza: open toe e slingback. Classici evergreen: i cuissardes. 

STYLE_Krizia autunno-inverno 2014-15

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Krizia, la signora della stile italiano, la prossima stagione autunno-inverno 2014-15 torna con una moda fluida, duttile, apparentemente semplice, in realtà attentamente studiata per poter scivolare addosso come una suadente seconda pelle. L’eleganza si fa essenziale, ma, al tempo stesso, impeccabile, cercando una rotondità priva di spigoli o sovrastrutture.
Si tratta di capi pensati per una donna indipendente, determinata, che ama sentirsi a proprio agio con quello che indossa e mentre si muove. Una donna che volteggia leggera nel caos delle metropoli invernali.
I materiali sono corposi: pelle morbidissima, pelle doppiata con cachemere o mohair, tessuti double per una tenuta scultorea, neoprene, maglia, raso, georgette, ricamo fitto di minicrescents, cannutiglie o piastrine rettangolari. Dulcis in fundo, pelliccia mescolata a marabout in un inaspettato patchwork di lucentezze e spessori diversi.
I colori non lasciano spazio a fraintendimenti o esitazioni, essendo ben definiti: all black, irrevocabile seppur movimentato. Contraltare, all white: liscio, latteo, compatto. Note di colore con il ruggine declinato in varie tonalità, l’ottanio, il grigio asfalto e l’oro spento.
Dettaglio imprescindibile della Maison, l’animale portafortuna. Sempre lei, la prediletta, simbolo della moda Krizia: la pantera. Geometrizzata si affaccia nella maglia come un dévoré; il suo profilo si traccia tra le pieghe di un top di pelle ruggine oppure si combina a fotocopie di rose e fiori in inconsuete aiuole patchwork che adornano abiti in seta stampata. Spesso, però, ama apparire più come idea o come simbolo di stile appena evocato, portando alla memoria un rimando di significati e ispirazioni: è l’idea della lucentezza del suo manto che si legge, per esempio, nei riflessi dei ricami folti di sottili virgole smaglianti o di lucide cannutiglie.
Altro tratto inconfondibile, il plissé, citato sotto forma di plissé soleil usato in un unico pannello sbieco che avvolge totalmente la persona, senza tagli che ne interrompano la morbidezza sinuosa. Un gran classico, irrinunciabile quanto inimitabile, il plissé di pelle. Un dettaglio del dna della Maison evocato anche dalle coste della maglieria utilizzate in pannelli orizzontali che lo simulano nella sua strutturazione geometrica.
Last but not least, lo spirito di contraddizione tanto caro alla moda Krizia: capi rigorosamente androgini - dal taglio superslim – scandiscono una collezione tutta al femminile, che sceglie persino pantaloni tagliati di sbieco per essere più fluidi e scarpe con punte e tacchi assottigliati per essere più sexy. 

STYLE_Persol Film Noir Edition

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Persol, sinonimo di stile italiano riconosciuto in tutto il mondo per la qualità eccelsa dei materiali e un design da sempre capace di suscitare emozioni, lancia Film Noir Edition, una capsule collection che celebra il patrimonio di stile del marchio, riportando sotto i riflettori un’elegante versione anni ’50 della Freccia Persol.
Per creare questa nuova iconica edizione, il brand intraprende un viaggio di esplorazione e reinterpretazione di una decade particolarmente ricca di fascino e di storia. Le meticolose ricerche d’archivio hanno così rivelato che la classica Freccia Persol – firma inconfondibile del marchio - aveva ai tempi varie declinazioni, fra le quali la Freccia Phoenix che oggi, reinterpretata con un tocco contemporaneo, rinasce in esclusiva per gli occhiali della Film Noir Edition.
La Freccia Phoenix – dal caratteristico disegno a righe - è un elemento ispirato al mito della Fenice, la favolosa creatura capace di resuscitare dalle proprie ceneri e simbolo universale di eterna rinascita. Per la Fenice l’Arte è vista come la capacità di inventare continuamente se stessi, e per questo è stata scelta da Persol come elemento chiave della reinterpretazione del proprio patrimonio di stile.
Ispirandosi all’estetica del “film noir”, il genere-simbolo degli anni ’50, Persol dà nuova vita all’iconica Freccia Phoenix che, reinterpretata con un tocco contemporaneo, con il suo particolare design dà un’impronta inconfondibile alle aste. Il risultato è la capsule collection Film Noir, che trasfonde le atmosfere misteriose, intriganti e oniriche del cinema in due nuovissimi occhiali da sole (PO3072S e PO3074S) e due occhiali da vista (PO3070V e PO3073V).
Il richiamo alle trame dei celebri film polizieschi è reso ancora più evocativo dai nomi dei quattro modelli protagonisti di questa appassionante “movie collection”: il Gangster (PO3072S), la Femme Fatale, (PO3070V), il Reporter (PO3073V), il Detective (PO3074S). Le versioni da sole PO3072S e PO3074S sono disponibili con lenti Polar e Photo-Polar, anche sfumate. Realizzate in cristallo secondo le tecnologie più avanzate e realizzate con scrupolosa cura artigianale, queste lenti hanno caratteristiche eccezionali per chi cerca protezione dai raggi solari nocivi e una visione perfettamente nitida.
Le lenti Polar, infatti, minimizzano il riflesso in luoghi ad alto riverbero grazie a filtri-barriera che bloccano completamente i raggi UV. Le lenti Photo-Polar combinano l’azione del filtro polarizzato con quella del filtro fotocromatico: il primo blocca la luce riflessa e favorisce una visione chiara e definita, il secondo cambia l’intensità cromatica delle lenti con il variare della luce garantendo una visione ottimale in tutte le condizioni atmosferiche, anche le più estreme.



PO3072S
Il Gangster: questa l’ispirazione per il modello da sole in acetato dalle linee decise e maschili che reinterpreta in chiave contemporanea lo stile anni ’50. L’occhiale ha un frontale dalla silhouette squadrata che si unisce armoniosamente alle aste con il lampo metallico della Freccia Phoenix. Le aste sono firmate dal classico Meflecto Persol. Ricca la palette di cromie: nero con lente verde o Polar verde; marrone striato con lente blu; blu scuro opalino con lente sfumata grigia Polar; rosso scuro opalino con lente Photo-Polar sfumata marrone; avana con lente verde o marrone polarizzata.

PO3074S
Il Detective è il personaggio da “film noir” al quale rende omaggio questo modello da sole in acetato di forma rettangolare. Comodo e aderente rievoca in modo contemporaneo il fascino dark degli anni’ 50, anche grazie alla citazione della Freccia Phoenix, che illumina con il suo design inconfondibile il frontale e le aste con sistema Meflecto. Nei colori: nero con lente verde o Polar verde; marrone striato con lente blu; opalino verde scuro con lente Polar grigio sfumato; opalino grigio scuro con lente Photo-Polar grigio sfumato; avana con lente verde o lente Polar marrone.

PO3070V
Alla Femme Fatale, immancabile protagonista del cinema anni ’50, si ispira questo modello da vista in acetato dalla linea leggermente a gatto che reinterpreta, attualizzandolo, il glamour delle dive. La montatura sinuosa e seduttiva svela il suo carattere nel lampo metallico della Freccia Phoenix, che illumina il frontale e le aste con sistema Meflecto. Oltre ai classici colori nero, avana e marrone striato, alla palette si aggiungono le sofisticate nuances opaline blu scuro e rosso scuro.

PO3073V
Il Reporter, classico ruolo delle pellicole noir, apprezzerebbe questo occhiale da vista rettangolare dal design bilanciato e regolare, perfetto per adattarsi a ogni viso. Nella sua reinterpretazione contemporanea, il mood anni ’50 è evocato dalla Freccia Phoenix, decisivo dettaglio di design che illumina il frontale e le aste con sistema Meflecto. Montature in acetato nei colori: nero, avana, verde striato e negli esclusivi verde scuro opalino e grigio scuro opalino.

Dalla prima settimana di Marzo 2014 Persol lancerà il concorso Phoenix Reborn, un video contest finalizzato alla realizzazione da parte degli utenti di un mini film noir, sarà possibile accedere al concorso attraverso il sito www.persol.com .

STYLE_Filippo Gabriele

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Sono immediatamente identificabili per l’assoluta femminilità, essenza primordiale nonché tratto distintivo che le pone in cima alla classifica delle luxury shoes per eccellenza. Si tratta delle creazioni di FG Milano-Filippo Gabriele: non a caso il logo è una corona da regina e ogni modello possiede un nome di donna.
Nato dall’unione tra l’esuberante creatività della stilista Alessandra Tonelli e l’intuito manageriale di Filippo Maria Guidotti, il marchio prodotto da FG Milano punta sull’eccellenza del made in Italy: materiali esclusivi come astrakan e cincillà, velluto di seta e raso di seta, vernice e pitone, macramé e rafia; forme ricercate e originali, come sandali-stivale o sandali con le ali frontali, oltre a décolletée, ballerine e ciabattine; lavorazioni artigianali, come la sottile catena diamantata brevettata, la fodera e la soletta interna in nappa francese cucite a mano, il fondo in tessuto cachemire e la suola in color argento effetto specchio. Piccoli grandi tratti distintivi, che rappresentato le cifre di uno stile improntato al futuro ma fedele alla tradizione manifatturiera del passato.
Le scarpe FG Milano-Filippo Gabriele sono la quintessenza di una geniale creatività: ogni modello racchiude in sé grandi segreti, invitando a un’esperienza unica e magica, in grado di suscitare desideri e dar vita a bellissimi sogni.

STYLE_Almala bags. Borse da amare

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Femminilità, stile e carattere: queste le caratteristiche di Almala, brand specializzato nella realizzazione di adorabile bags – e ora anche accessori – nato nel 2008 dall’intuito creativo di tre amiche, Alessandra Vitali, Mariavittoria Pasotti e Laura Bartoli.
In men che non si dica, Almala è divenuta un’icona d’eleganza, summa esemplificativa di tutti quei tratti che riportano ai giorni nostri il senso autentico del buon gusto. Un buon gusto reinterpretato in chiave contemporanea, senza però incappare nella trappola degli eccessi: nulla è ostentato né gridato, nel rispetto di un’essenzialità impeccabile sempre più sinonimo di personalità e, al tempo stesso, unicità. Perché, infatti, per ogni occasione dalla più informale alla più glam, le bags di Almala consentono di distinguersi con stile, percorrendo la strada della raffinatezza combinata a tocchi di audacia.
Le forme, così come i materiali e i colori, variano a seconda delle esigenze, in modo da soddisfare i gusti più sofisticati di donne moderne impegnate a districarsi nella quotidianità al ritmo di una frenesia metropolitana che non dà tregua, alternando attimi informali ad altri formali.  
Tote bag, cluth e shopping bag compongono la gamma offerta, incontrando il sogno di ogni donna. Anche se a trionfare su tutte, vi è lei, la BB, il modello icona già nelle inziali che evocano un mito femminile della storia del cinema e qui a identificare la Bracelets Bag, resa inconfondibile dai manici ad anello realizzati in acetato con la tecnica laser.
Per quanto concerne le nuances, il marchio si avvale di una palette che spazia dalle tinte più intense a quelle più delicate. I pellami sono morbidi e preziosi, come il suede, il pitone, il camoscio e il cavallino.
Almala non si ferma mai: la sperimentazione e la ricerca di nuovi materiali e nuove lavorazioni prosegue costantemente, anticipando le tendenze in fatto di stile. L’alta qualità, l’origine italiana e l’artigianalità dei processi produttivi sono i dictat che caratterizzano il dna di Almala, ora distribuito nei migliori negozi italiani e stranieri.
Un successo tutto made in Italy, che fa dell’italianità intesa come passione, senso del bello, qualità e intraprendenza, la forza motrice con la quale affermare la propria identità con stile e determinazione. 

LEISURE_La camicia bianca di Ferré in mostra

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Resterà aperta fino al 15 giugno prossimo la mostra “La camicia bianca secondo me. Gianfranco Ferré”, organizzata dalla Fondazione Museo del Tessuto di Prato e dalla Fondazione Gianfranco Ferré e curata da Daniela Degl’Innocenti per rendere omaggio al talento di una delle figure più significative della moda internazionale.
Concepita con l’intento di mettere in luce la poetica sartoriale e creativa dello stilista, l’esposizione conduce il visitatore, attraverso diverse tipologie di lettura, alla scoperta della camicia bianca, vero e proprio paradigma dello stile Ferré, evidenziandone gli elementi progettuali più innovativi e le infinite – nonché affascinanti - interpretazioni.
Presenza costante che corre come un fil rouge lungo tutta la sua carriera, la camicia bianca è stata definita dallo stesso stilista “segnodel mio stile” oppure “lessico contemporaneodell’eleganza”.
Pensato per dare forza ai diversi linguaggi figurativi con cui l’universo camiciaè stato letto, scomposto e rimodellato, il percorso espositivo gioca con la suggestione e la valorizzazione di elementi diversi, a corollario dei capi indossati su manichino: disegni, dettagli tecnici, bozzetti, fotografie, immagini pubblicitarie e redazionali, video e istallazioni.
L’incipit è affidato ad un sistema sospeso di teli su cui scorrono macro immagini dei disegni autografi di Ferré, lampi perfetti che delineano la sua visione creativa e che rappresentano la chiave per accedere all’universo insito a ciascun progetto.
Nel primo ambiente emergono i canoni di costruzione e gli elementi strutturali innovativi della camicia attraverso il fascino inedito di macroistallazioni fotografiche (simulazioni x-ray), che offrono una lettura tecnica e poetica allo stesso tempo di una selezione di capi, restituendo l’impalcatura formale e materica di ciascuna camicia e mettendo in evidenza texture e stratificazioni.
La resa aerea e particolarmente suggestiva di questo linguaggio è frutto di una ricerca tecnica sviluppata in collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e realizzata dal fotografo fiorentino Leonardo Salvini. Questo tipo di restituzione fotografica è presentata per la prima volta come chiave di interpretazione dei contenuti di una mostra di moda.
Il cuore della mostra vive nel centro della grande sala successiva, dove le ventisette camicie bianche, piccolo esercito di capolavori sartoriali, testimoniano silenziosamente vent’anni di genialità creativa e progettuale. Esposte rispettando la cronologia della loro nascita, le camicie sono sculture bagnate da luce pensata per consentire al bianco di accendersi in diverse tonalità e alle ombre di fare da contrappunto, per ottenere un suggestivo effetto plastico. Taffetas, crêpe de chine, organza, raso, tulle, stoffe di seta o di cotone, merletti e ricami meccanici, impunture eseguite a mano, macro e micro elementi si susseguono in un crescendo di maestria ed equilibrio.
Ai lati della grande sala espositiva, sono presenti disegni tecnici, bozzetti per le uscite in sfilata, scatti di grandi maestri della fotografia, immagini pubblicitarie e redazionali provenienti dall’Archivio della Fondazione Ferré. Particolare interesse suscitano i disegni originali che illustrano l’incredibile capacità di dare vita ad ogni creazione, sintetizzando tutti gli elementi necessari alla realizzazione del modello: silhouettes, volumi, dettagli,  leggerezza o corposità  della materia,  sono già descritti nel tratto più o meno marcato, elegante e velocissimo.
A chiusura del percorso espositivo, un sistema di macro proiezioni presenta un affascinante montaggio di sequenze delle sfilate più importanti, dal 1978 al 2007.  Le camicie in esposizione prendono così vita: nel gesto studiato e nel movimento elegante delle modelle restituiscono la sensibilità, il gusto e la raffinatezza proprie dell’universo poetico di Gianfranco Ferré.
A corollario della mostra, il libro-catalogo edito da Skira, la cui direzione artistica è di Luca Stoppini, che ha anche reinterpretato le camicie con nuove immagini fotografiche. Il volume che si apre con i saluti di Andrea Cavicchi ed Alberto Ferré, presidenti delle due Fondazioni e presenta poi un testo sulle motivazioni del progetto della mostra, a cura di Filippo Guarini e Rita Airaghi, approfondisce i temi della mostra con il saggio introduttivo di Daniela Degl’Innocenti e gli  interessanti contributi di personaggi e protagonisti dello stile, della moda e dell’architettura italiana quali Quirino Conti, Anna Maria Castro, Margherita Palli, Daniela Puppa e Franco Raggi, che raccontano ed interpretano la visione creativa e progettuale del grande stilista-architetto. Un intervento di Alessandra Arezzi Boza sul significato dell’heritage nelle attività della Fondazione Ferré e una presentazione del museo del Tessuto di Prato e della sua storia chiudono il catalogo.
Per rendere la mostra ancora più esperienziale, è stato messo a punto un vivace calendario di eventi e attività collaterali pensati in relazione ai contenuti espositivi e caratterizzati da una significativa offerta didattica rivolta sia all’alta formazione nel settore della moda sia che alle scuole, agli istituti, ai corsi e alle accademie dei settori design, architettura e arti applicate.

La camicia bianca secondo me. Gianfranco Ferré
Fino al 15 giugno 2014
Museo del Tessuto, via Puccetti 3, Prato
Orari: martedì-giovedì 10.00-15.00; venerdì e sabato 10.00-19.00; domenica 15.00-19.00: lunedì chiuso

LEISURE_Cappelli griffati in mostra a Firenze

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Fino al 18 maggio piovono cappelli a Firenze. La Galleria del Costume di Palazzo Pitti, infatti, ospita la prima mostra monografica - e supergriffata - che rende omaggio a un oggetto estetico di culto, le cui collezioni, patrimonio del museo, ammontano a oltre mille esemplari: il cappello.
Esposte decine di creazioni di importanti maison di moda tra cui Christian Dior, Givenchy, Chanel, Yves Saint Laurent, John Rocha, Prada, Gianfranco Ferré, celebri griffe internazionali del presente e del passato come Philip Treacy, Stephen Jones, Caroline Reboux, Claude Saint-Cyr, Paulette, e prestigiose modisterie italiane e fiorentine.
Il cappello diviene così opera d’arte, complice l’armonia estetica che lo caratterizza dettata dalla perfetta simbiosi tra conformazione scultorea, componente cromatica e raffinatezza ornamentale. In particolare, è il cappello mutevole e soggettivo, il cappello “oggetto di design” del Novecento e del terzo millennio a scandire le note espositive. Un cappello che può essere studiato da un punto di vista storico-artistico e, al contempo, essere interpretato sotto un profilo puramente estetico, prendendosi la libertà di formulare giudizi o esprimersi mediante aggettivi omnicomprensivi quali bello, fascinoso, fantastico e divertente. Sulla finalità didattica viene così a prevalere quella ludica. 
A completare il percorso espositivo, i bellissimi prestiti di Cecilia Matteucci Lavarini, collezionista privata di haute couture e illustre donatrice della Galleria del Costume, nonché gli straordinari bozzetti realizzati appositamente dal maestro Alberto Lattuada e gli esemplari creati da Clemente Cartoni, celebre modista romano degli anni ’50-‘60.
Alla realizzazione della mostra, promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana, la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, la Galleria del Costume di Palazzo Pitti con Firenze Musei, ha contribuito Il Consorzio Il Cappello di Firenze (Angiolo Frasconi,  bettina®-Raffaello  Bettini,  Luca  della  Lama prodotto e  distribuito da  Facopel  Produzione,  Grevi, Corti by Cleò, Marzi Cappelli Firenze, Nanà Firenze by Mazzanti Piume, Luigi & Guido Tesi, Soprattutto…Cappelli, Trendintex, Memar, Fratelli Reali & C spa, Santelli Francesca, Inverni Firenze 1892, Michelagnoli Giuseppe & Figli, Ambuchi & Bandinelli) di cui sono esposte alcuni fra gli esemplari più caratteristici delle principali aziende toscane della manifattura del cappello, eredi dell’antica lavorazione artigianale del Cappello di Paglia di Firenze.
Il catalogo, edito da Sillabe, è corredato dalle schede storico-scientifiche di Simona Fulceri e da testi di Katia Sanchioni, Aurora Fiorentini, Dora Liscia Bemporad, Nicola Squicciarino.

Il Cappello tra arte e stravaganza 
fino al 18 maggio 2014
Palazzo Pitti, Firenze

ART & CULTURE_Grevi a teatro

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Grevi è un marchio storico nella produzione artigianale di cappelli.Correva l’anno 1875 quando la fabbrica sorge a Signa, nella provincia di una Firenze da sempre devota al dolce stilnovo: da lì in poi, quattro generazioni si sono susseguite, attraversando la storia di oltre un secolo e scandendo le tappe socio-culturali con inimitabili creazioni. Estro, stile e qualità sono i tratti che caratterizzano l’heritage di Grevi: un patrimonio artistico e manifatturiero che non ha eguali e, seppur attualizzato in forme contemporanee, non tralascia mai di valorizzare la tradizione quale elemento emblematico per segnarsi una strada sicura nell’innovatività. Perché per sapere dove andare, è inevitabile conoscere da dove si viene…e, quindi, origini, passato, ispirazioni divengono chiavi di volta per aprire le porte del futuro.
Ma la preziosità e l’esclusività di Grevi passano anche dal legame che il marchio ha creato e mantenuto nel tempo con il mondo dell’arte e, in particolar  modo, della cultura cinematografica e teatrale. Ultima, solo in ordine cronologico, la realizzazione dei cappelli per Manon Lescaut, l’opera di Puccini in scena fino all’8 marzo al Teatro Opera di Roma, con la regia di Chiara Muti e diretta da Riccardo Muti.
Le modiste di Grevi hanno contribuito alla spettacolarizzazione di una sì importante rappresentazione teatrale con cappelli unici nel loro genere, prodotti interamente a mano nel laboratorio di Signa, un luogo magico dove la sapienza artigianale, la storia e la visionaria interpretazione delle tendenze sono il fil rouge di una vocazione che si è spinta oltre il tempo e lo spazio, arrivando a conquistare platee internazionali.
Oltre 50 i cappelli realizzati per Manon Lescaut: creazioni originali in perfetto stile settecento, che d’un tratto catapultano nei fasti di un’epoca andata, preludio di una grandi cambiamenti culturali e sociali. Ogni modello è stato realizzato sia nella versione “luce”, in paglia chiara e toni naturali, che nella versione “ombra”, nelle sfumature del nero e del grigio. Nell’Atelier di Grevi, inoltre, è stato realizzato il lussuoso cappello avorio e acquamarina che Manon indossa nel II Atto. 

ABOUT_Il cappello di paglia di Firenze

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Bisogna volare fino al XIX secolo per scoprire la storia che si cela dietro il cappello di paglia realizzato in terra fiorentina. Un’antica tradizione artigianale rispettata ancora oggi in ogni suo minimo dettaglio; ma, ancora più, un’arte di cui i produttori vanno orgogliosi al punto da tutelarla con la costituzione, nel 1986, del Consorzio “Il Cappello di Firenze”. Come spiega il presidente Giuseppe Grevi, lo scopo è proprio quello di salvaguardare il valore della manualità e di quell’artigianalità propria del made in Italy, fiore all’occhiello delle nostre produzioni e asset fortemente apprezzato a livello mondiale, nonché tratto caratteristico e vincente sulla concorrenza dei Paesi emergenti.
Cuore e fulcro di questa esclusiva produzione, l’area intorno al capoluogo toscano che abbraccia i Comuni di Signa, Campi Bisenzio e Lastra a Signa: accuratezza dei materiali, manualità d’esecuzione e controllo di qualità sono gli elementi che fanno la differenza.
Dall’estro creativo degli artigiani fiorentini e dall’abilità manuale di esperte modiste, nascono vere e proprie opere d’arte, che vedono la paglia abbinata alle materie più diverse come raso, seta, merletti, piume, nonché la mise en scene di forme asimmetriche e accorgimenti strutturali che rendono il cappello di paglia di Firenze immediatamente riconoscibile (come non citare, per esempio, i fiori ricamati a mano?!).
Per scovare le origini bisogna correre indietro nei secoli. Nella Chiesa di San Miniato a Signa si trova una lapide che recita “Qui giace Domenico Sebastiano Michelacci di Bologna, che per primo vendette i cappelli agli Inglesi e arricchì se stesso, Signa e i paesi vicini con il commercio della paglia”. Fu proprio nei primi anni del ‘700 che Michelacci si adoperò per trovare la ricetta segreta per una paglia perfetta, procedendo, in seguito, con la produzione e la vendita di cappelli nel mercato inglese.
La materia prima, la paglia, era ottenuta dalla lavorazione di particolari varietà di grano (soprattutto il “semone” o il “Santa Fiora”). La coltivazione di questo grano avveniva di solito in terreni privi di materiali organici e in miti condizioni climatiche: condizioni che caratterizzavano il distretto toscano compreso tra i fiumi Arno, Bisenzio e Ombrone. Simili condizioni climatiche permettevano di ottenere fibre e policromie diversificate, ma allo stesso tempo uniche. Una volta raggiunta la maturazione, le piante venivano sbarbate e gli steli esposti a sole per tre giorni alla fine dei quali raccolti in mazzetti. Oggigiorno, anche se la materia prima è in massima parte di importazione, la lavorazione è ancora legata alla tradizione passata e le trecce vengono cucite manualmente.
La produzione di cappelli di paglia ha attraversato i secoli e il mondo intero, passando dai raffinati modelli indossati agli inizi dell’800 dalle signore alla moda d’Europa e d’America, per i primi viaggi sui transatlantici e poi in aereo, a quelli esportati oggi in tutto il mondo, Stati Uniti e Giappone in testa.
Un viaggio nel tempo, che ha lambito popoli e culture e ha sposato il mondo dell’arte, fornendo modelli ad hoc a registi e artisti internazionali per le loro opere. Un approccio che denota il desiderio delle imprese del Consorzio di coniugare le produzioni alla cultura e alla storia, tracciando un ideale fil rouge tra dimensioni eterogenee e aumentando la riconoscibilità a livello internazionale.
Un binomio, quello tra industria e cultura, che rappresenta un servizio alla collettività e le integra sempre di più nel tessuto sociale in cui operano. 

ART & CULTURE_Frida Kahlo in mostra a Roma

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Frida Kahlo, artista messicana simbolo dell’avanguardia del ‘900, dal 20 marzo al 31 agosto 2014 è protagonista a Roma, alle Scuderie del Quirinale, di una mostra che indaga il suo rapporto con i movimenti culturali dell’epoca, dal Modernismo messicano al Surrealismo internazionale, analizzandone le influenze sulle sue opere.
Attorno alla figura e all'opera di Frida Kahlo (1907-1954) si è sviluppato un mito di dimensione globale, che l’ha resa icona indiscussa della cultura messicana novecentesca, venerata anticipatrice del movimento femminista, marchio di culto del merchandising universale, seducente soggetto del cinema hollywoodiano: il suo legame arte-vitaè senz’altro tra i più affascinanti della storia del XX secolo e della cultura contemporanea. Eppure i suoi dipinti non sono soltanto lo specchio della sua vicenda biografica, segnata a fuoco dalle ingiurie fisiche e psichiche subite nel terribile incidente in cui fu coinvolta all'età di 17 anni. La sua arte si fonde con la storia e lo spirito del mondo a lei contemporaneo, riflettendo le trasformazioni sociali e culturali che portarono alla Rivoluzione messicana e che ad essa seguirono.
Fu proprio lo spirito rivoluzionario che portò alla rivalutazione del passato indigeno e delle tradizioni folkloriche, intesi come insopprimibili codici identitari generatori di un'inedita fusione tra l'espressione del sé e il linguaggio, l'immaginario, i colori e i simboli della cultura popolare messicana.
Allo stesso tempo Frida è un'espressione dell'avanguardia artistica e dell'esuberanza culturale del suo tempo e lo studio della sua opera permette di intersecare le traiettorie di tutti i principali movimenti culturali internazionali che attraversarono il Messico dell’epoca: dal Pauperismo rivoluzionario all'Estridentismo, dal Surrealismo a quello che decenni più tardi avrebbe preso il nome di Realismo magico.
La mostra intende riunire attorno ad un corpus capolavori assoluti provenienti dai principali nuclei collezionistici, opere chiave appartenenti ad altre raccolte pubbliche e private in Messico, Stati Uniti, Europa. Completa il progetto, una selezione dei ritratti fotografici dell'artista, tra cui quelli realizzati da Nickolas Muray negli anni quaranta, indispensabile quanto suggestivo complemento all'arte di Frida Kahlo sotto il profilo della codificazione iconografica del personaggio.
Se, infatti, la mostra intende presentare e approfondire la produzione artistica di Frida Kahlo nella sua evoluzione, dagli esordi ancora debitori della Nuova Oggettività e del Realismo magico alla riproposizione dell'arte folklorica e ancestrale, dai riflessi del realismo americano degli anni venti e trenta (Edward Hopper, Charles Sheeler, Georgia O'Keefe) alle componenti ideologico-politiche ispirate dal muralismo messicano (Rivera, Orozco), è il tema dell'autorappresentazione a prevalere in questo progetto di mostra, sia in rispetto del peso numerico che il genere "autoritratto" assume nella produzione complessiva dell'artista, sia - e soprattutto - per lo specialissimo significato che esso ha rappresentato nella trasmissione dei valori iconografici, psicologici e culturali propri del "mito Frida".
Un mito che ancora oggi ispira il mondo dell’arte a tutto tondo, lambendo anche i confini della moda. Etro, infatti, oltre a sponsorizzare la moda, le ha dedicato la collezione primavera-estate 2014 così come la designer israeliana Ayala Bar una linea di gioielli; Moschino con la sua moda recente e Raffaella Curiel con il suo tripudio di pon pon, nappe, frange, pantaloni gaucho, camicie di mussola e sangallo, invece, ne hanno omaggiato lo stile.
La progettazione della mostra e del catalogo è affidata alla cura di Helga Prignitz-Poda, accreditata specialista dell'opera di Frida Kahlo, autrice con Salomon Grimberg e Andrea Kettenmann del catalogo ragionato dell'artista nel 1988.

A corollario, il Palazzo delle Esposizioni organizza un calendario di incontri di approfondimento sui temi della mostra (19 marzo/21 maggio 2014): alcuni fra i più autorevoli conoscitori e interpreti dell'opera di Frida Kahlo introducono i visitatori alla biografia e ai tratti più salienti e distintivi dell'opera della celebre artista messicana. Un percorso didascalico-formativo che prevede anche la realizzazione di laboratori per scuole e famiglie (dal 20 marzo al 31 agosto 2014) e la rassegna cinematografica “Siamo donne” (dal 22 marzo al 13 aprile 2014), incentrata sulla figura femminile.

Frida Kahlo
Scuderie del Quirinale, Roma
Dal 20 marzo al 31 agosto 2014 

ART & CULTURE_“Manifesto della moda femminile futurista”, Milano 1920

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“….La signora elegante sarà da noi trasformata in un vero e proprio complesso plastico vivente…mille nuove materie rivoluzionarie tumultuano in piazza reclamando di essere ammesse alla confezione della veste muliebre. Noi spalancheremo le porte degli ateliers di moda alla carta, al cartone, al vetro, alla stagnola, all’alluminio, alle maioliche, al caucciù, alla tela di imballaggio, alla stoppa, alla canapa, alle piante fresche”.
Questo proclamava il Manifesto della moda femminile futurista del 1920, preludio di abiti dinamici, aggressivi, urtanti, volitivi, agilizzanti, gioiosi, illuminanti”…dai colori muscolari “violettissimi, rossissimi, turchinissimi, verdissimi, gialloni, arancione, vermiglioni…”. Nasceva così il concetto futurista di vestito: insolente, acceso di colori iridasti, dinamico nelle linee, semplice e, soprattutto, di breve durata allo scopo di accrescere le attività industriali e dare un continuo godimento del nuovo al nostro corpo. Quasi ad affermare che il nostro destino era iniziato già 100 anni fa…
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